di Paola Manduca ad Andrea Rustichelli, responsabile dei Freelance dell'Associazione della Stampa Romana
Qual è la vostra posizione all'interno di questa battaglia?
Questa vertenza è fatta in nome nostro, e questa protesta fatta per mettere in evidenza la fragilità del lavoro autonomo che allo stato attuale va chiamato con il suo vero nome, cioè lavoro parasubordinato. La fragilità di questo lavoro sia durante la ‘norma' sia durante la protesta.
Nel senso che voi siete più deboli anche e soprattutto durante lo sciopero?
Certo, perché il nostro problema non è solo economico. Per molti di noi aderire agli scioperi significa dimezzare o addirittura annullare il proprio introito mensile. Ma è un problema più vasto, che ha a che fare con i ricatti, con le pressioni psicologiche, con l'atteggiamento diffuso che se sgarri poi non ti chiamiamo più.
E cosa ne pensate dello sciopero della firma?
Un'iniziativa che ha funzionato molto bene, c'è stato un lavoro molto buono di coordinamento tra i giornalisti di Repubblica e tutti gli altri redattori delle testate facenti capo al gruppo Repubblica L'Espresso . E soprattutto apprezzo il lavoro di coordinamento che c'è stato tra interni ed esterni, tra gli assunti e i precari.
Riconoscimento dei vostri diritti, a cominciare dall'interno.
Sì, è importante che i cdr si occupino di noi, anche se la nostra situazione è strana, perché è difficile contare i precari, sapere realmente quanti sono, che tipo di collaborazione hanno, qual è il loro trattamento economico, estremamente variabile da collaborazione a collaborazione. Quindi per noi che veniamo trattati come gli extra-comunitari del giornalismo, è decisivo venir presi in considerazione nel prossimo contratto.
Uno scambio di forze. Gli ordinari vi supportano e voi, rischiando un po' di più, sostenete la battaglia generale. Di questi tempi, questo tipo di coesione è quasi un miracolo.
Crediamo molto nel lavoro che sta facendo la FNSI in questa direzione. Non c'è riunione in cui non sia coinvolta anche la consulta dei freepress, ed è insieme che si prendono le decisioni. Il precario che sciopera corre rischi quadrupli rispetto ad un redattore assunto, e a pensarci bene, è anche assurdo che scioperi. Non s'è mai visto un libero professionista che sciopera, è alquanto bizzarro. Ma noi non possiamo far altro che scioperare, perché siamo noi il soggetto trainante dell'intera questione, noi che subiamo i ricatti, noi che lavoriamo in delle condizioni assurde. Su questo il sindacato si gioca la sua unità, e perciò la sua forza.
Sintetizzando, che cosa avete chiesto al Governo?
Che non ci sia alcuna applicazione indiscriminata della legge Biagi alla nostra situazione, perché questo vorrebbe dire non solo disconoscere il nostro lavoro, il nostro ruolo, i nostri diritti, ma dimostrerebbe anche la libertà assoluta di mettere le mani liberamente e indiscriminatamente dentro il mondo del lavoro nella sua accezione più ampia.
Da un punto di vista comunicativo, che cosa pensa dello sciopero della firma?
Lo sciopero della firma di per sé è una iniziativa estetizzante ma collaterale, che si accompagna perciò, e non sostituisce, forme più forti di protesta, come la nuova ondata di scioperi da qui a Natale. Temo che i tempi saranno molto lunghi. La Fieg si è dimostrata molto chiusa anche verso il dialogo con Damiano, e ai vari tavoli che il governo ha aperto su questo.
Perché Scalfari ha firmato oggi il suo editoriale su Repubblica ?
Non lo so, sinceramente. Poteva anche non firmare, tutti sanno qual è la sua collocazione fisica nelle pagine del giornale, si riconoscerebbe ugualmente per come scrive. Ma lo sciopero non era imposto. Deve esserci una motivazione dietro questa firma, come quella di Navarro Vals al secondo giorno della protesta. Ma davvero non saprei dire.
di Paola Manduca
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