6.11.06

199.997 in corteo contro il precariato. Mancavano Fassino, Rutelli e Epifani (Liberazione)

E’ stata una manifestazione enorme, unita, pacifica. E’ servita a denunciare le nuove forme barbare di sfruttamento e schiavitù che in Italia riguardano 7 milioni di persone. Ds, Margherita e Cgil hanno perso una grande occasione. Fortissima la presenza Fiom.

Duecentomila persone hanno sfilato in corteo ieri a Roma, per ore, da piazza Esedra a piazza Navona. E’ stata una protesta fortissima, massiccia, pacifica, contro le politiche del lavoro degli ultimi governi che hanno esteso la piaga del precariato, cioè delle nuove feroci forme di sfruttamento del lavoro. Nel corteo i giovani erano la maggioranza. Sul piano delle organizzazioni, le presenze più forti erano quattro: la Fiom, Rifondazione comunista, l’Arci e i Cobas. Le assenze più forti erano quelle di Rutelli e Fassino (cioè Ds e Margherita) e poi quella di Epifani cioè della Cgil (esclusa, appunto, la Fiom). In testa al corteo, tra gli altri, Franco Giordano, Gianni Rinaldini, Paolo Beni, Piero Bernmocchi, Giorgio Cremaschi. Giordano, parlando coi giornalisti, ha detto: «Questa non è una manifestazione né contro né a favore del Governo, è contro la precarietà». Giordano ha anche manifestato apprezzamento per il vicepremier Massimo D'Alema, il quale, in un'intervista ha riconosciuto che questa manifestazione non è contro il Governo ed ha detto di condividere la lotta alla precarietà. «D'Alema ha colto lo spirito giusto- ha detto Giordano - e io gliene sono grato».

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Gli slogan di una bella giornata di lotta. “Stop” e “subito” le parole più gettonate. E al ministro del lavoro ci si rivolge sulle note di Guantanamera. La “città di sotto” riprende la parola: «Fate una cosa di sinistra, assumeteci».


Bella grande. Bella forte. Bella. Spettacolare, L’Internazionale cantata in piazza alle cinque della sera è un colpo di teatro, sorpresa, non è neanche il 7 novembre, è solo il 4... Si esagera, e vien e giù pure Bandiera Rossa. C’è tutto un plotone di Rifondazione comunista a chiudere, striscioni e bandiere intruppati insieme, guizzi rosseggianti sotto il ponentino romano.

Sono arrivata in fondo dopo due ore di “passaggio” - il corteo ha cominciato a sfilare alle 15 - e ho il taccuino pieno. Visto e registrato. Le parole per dirlo. Le parole degli striscioni, dei poster, degli adesivi, delle magliette, dei cappellini, degli slogan. In nero, rosso, verde, blu; preferiibilmente in giallo, la parola più gettonata è “stop”, subito seguita da “no”.

Stop e no al lavoro nero, al lavoro precario, alla privatizzazione, agli sfratti, alla discriminazione, alla Bossi-Fini, alla speculazione edilizia e ai suoi complici. Stop e no all’“università fabbrica di disoccupati”.

La seconda parola, maledetta, più gettonata, è precarietà, il dio cattivo del ventunesimo secolo. Gettonata, più che altro vituperata, in mille modi, sui cappellini rossi, le pettorine gialle, le magliette, gli adesivi Arci, i cartelli inalberati sui camion. Anche tatuata sulla fronte della bella ragazza - “scado il 12 dicembre 2006” - che sfila sotto il cartello “Un mare di precarieta in un mare di guai”; stampata sugli striscioni delle tante sigle di fabbriche aziende collettivi che passano inalberando la verità del neo-lavoro servile. Informatevi, per piacere, prendete nota di questo striscione: “La precarietà entra dentro la vita, muta la tipologia umana”.

Un corteo pieno di canzoni, ce n’è una anche per il ministro Damiano, allegra, conciliante, sull’aria di Guantanamera, ”Damiano dacci una mano“; una canzone che attutisce un po’ lo stendardo “cattivo” dei Cobas, quello che ha suscitato tante polemiche (anche a sinistra), qui tuttavia portato in alto, e bello grande: ”Damiano amico dei padroni vattene“.

Contro la Finanziaria, ce n’è. ”Più soldi per armi e banche, non era nel programma”. “Per combattere la precarietà ci vuole un’altra Finanziaria”. E anche contro “questo” governo, ci sono le voci “di dentro”, le voci cui dare attenzione, come ben dice Giordano. Ad esempio: “La città di sotto non ha governi amici”. “Non abbiamo votato né cpt né precariato”. “Ma da che parte state? ”. “Fate una cosa di sinistra, assumeteci”. Va bene, c’è anche un classico “Precarietà guerra pensioni, sciopero generale contro il governo dei padroni”, già molto visto e sentito (una volta). Va bene, ha ragione D’Alema, questa manifestazione «rafforza l’esecutivo»: se ha orecchi per sentire (ora e subito), però...

Di “ora” e “subito”, se ne vedono tanti, nel corteo. “Pace lavoro diritti subito”, dice il tazibao dei RossoVerdi; “Precarietà stop ora, mi sto per arrabbiare”, è l’adesivo Arci che segna il corteo dall’inizio alla fine; “Casa e diritti subito”, lo slogan dei tanti comitati casa, di Roma, Milano e tante altre città, che hanno deciso di partecipare, molto agguerriti e colorati. E anche quelli di Rieti che, sotto bandiera di Rifondazione, sfilano avvertendo: “Precari a tempo indeterminato? Mo’ basta”.

“Abroghiamola” (lei, la precarietà, la schifosa). Sfilano in tutto rosso - berretto casacca bandiera - i sessanta del Sap (sindacato autonomo precari), che raccontano la stupefacente storia della Rei Bluvia Navi Traghetto, società di Messina, che assume a viaggio, una tratta un contratto, 40 minuti per volta... Sfila la Freccia rossa dell’Unione degli studenti; Web la Radio che morde; il Coc - Comitato obiettivo casa - sfila il grande tir parlante e cantante dei Giovani Comunisti coi suoi cartelli multicolori, “Reddito Saperi Felicità”. L’orizzonte aperto, “Vogliamo il pane e anche le rose” (lo chiedevamo anche noi, già tanti anni fa). Sfila il compagno che indossa la maglietta rossa “Vuoi vedere che l’Italia cambia davvero? ”, anche se scuote la testa dubbioso; sfilano i più arrabbiati dei Cobas, “Contratto commedia, umana tragedia”. E sfila la storia non di Marinella, ma di Matteo. Matteo Valenti, 23 anni, morto bruciato nel capannone della Mobiliol di Lucca, un omicidio bianco come tanti...

Sfilano. “Non mi avrete mai come volete voi”. “Come si può essere vivi e felici se non lo possono essere tutti? ” (un’antica domanda del Che) e “Regole zero” e “Fucking authority” e “Qui nessuno è straniero”. Tra i tanti, l’ironIco, accusatore slogan di una Fiom fortissima, “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro precario”. E un “vecchio” ma sempre buono “lavoratori italiani ed emigrati, lotta di classe”. E anche quello che fa “il comunismo non si abolisce per decreto”, sacrosanto.

Beh, non manca niente.

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