24.11.06

Sardegna: «La mia vita da precario Millemiglia»

La storia di Antonio Ligori, insegnante leccese di 40 anni, che sta tre giorni fuori casa per lavorare in Sardegna

Dalla Puglia a Orgosolo per tre ore di lezione alle Medie
Dal nostro inviato Piera Serusi OrgosoloIl professor Antonio Ligori ha un sogno soltanto: andare a scuola leggero, con un paio di libri sottobraccio e la sua vecchia cartella di plastica. Per ora si arrangia: sistema due cambi di canottiera, calze e slip dentro un trolley, afferra la busta della spesa con due bottiglie d'acqua da litro e un paio di panini, bacia la moglie, dà una carezza ai bambini - e parte. Due giorni di viaggio, andata e ritorno, da Salice Salentino - paese a diciotto chilometri da Lecce - fino a Orgosolo. Quarantotto ore in pullman, in nave e poi di nuovo in postale per poter insegnare tre ore - tutti i giovedì - nella scuola media del paese barbaricino. Stipendio: 256 euro al mese. Spese di viaggio: 600 euro. Antonio Ligori parte il mercoledì mattina, sbarca a Olbia l'indomani con la nave di Civitavecchia, sale sulla freccia che lo porta a Nuoro e da qui sull'autobus che lo accompagna al paese giusto giusto in orario per la lezione. Si rimette in viaggio nel pomeriggio, Orgosolo-Nuoro-Olbia-Civitavecchia-Lecce-Salice Salentino, e quando alle 7 di venerdì sera finalmente arriva a casa i figli lo abbracciano come se stesse tornando dall'America, e la moglie lo saluta come è giusto venga salutato un emigrato che torna. Perché Antonio Ligori, 40 anni, maestro di musica, non è soltanto uno dei 300 mila insegnanti abilitati e senza cattedra fissa: è il precario Millemiglia, l'emigrante lastminute delle graduatorie docenti della scuola italiana. Uno che andando e tornando dalla Puglia si è sbucciato supplenze a Bosa, Tertenia, Aritzo, Arzana, Villagrande, Sindia, Macomer, e ora Orgosolo. Anche ieri mattina è arrivato puntuale per le tre ore di lezione alla scuola media "Sebastiano Satta", accompagnato dalla moglie Maria, 36 anni, maestra elementare di ruolo che insegna a un chilometro da casa. «Non era mai stata in Sardegna. Ci vediamo così poco - spiega lui - per via del mio lavoro, che ha deciso di passare questi tre giorni assieme a me. Un sacrificio, ma anche io lo faccio per la famiglia». Ma chi glielo fa fare? «Il punteggio, e basta. Ci rimetto pure di tasca, e meno male che mia moglie lavora, ma per il punteggio si fa questo e altro. Ho tre ore la settimana, ma per tutto l'anno. Il che mi garantisce dodici punti, che diventano 24, perché insegno in una scuola di montagna. Un sacrificio in più uno in meno: che differenza fa se un giorno potrò finalmente insegnare vicino a casa mia?». Ormai sono sei anni che il prof se la sogna, casa sua. Sei anni dal giorno in cui decise di mollare la vita da musicista a contratto per seguire la sua vera passione. «Da quando mi diplomai, nell'88, ho sempre presentato domande di supplenza, a Campobasso, Cosenza, e pure a Novara: non mi hanno mai chiamato. Sicché per campare facevo le feste patronali con la banda musicale, suonavo il trombone nei locali jazz. Ma il mio sogno è sempre stato quello di insegnare e così, nel 2000, ho voluto seguire il consiglio di alcuni amici che mi dicevano: ma perché non provi in Sardegna?». Lui ci ha provato, ed è precipitato nella lotteria dei punteggi, nel girone infernale delle chiamate dei presidi, nella corsa ai 360 giorni d'insegnamento per poter frequentare un corso e conquistare la tanto sospirata abilitazione per la graduatoria permanente (primo gradino per il passaggio di ruolo) che adesso rischia di essere annullata (la Finanziaria ne prevede l'azzeramento dopo l'assunzione di 150 mila insegnanti entro il 2010). «Capito? La metà di 300 mila precari dovrà ricominciare tutto daccapo, come se i sacrifici e i soldi spesi non avessero più senso». Lui, per dire, è uno che il più delle volte ha fatto supplenze di poche ore: erano nove a Bosa, tre a Tertenia, tre ad Aritzo («ma mica di fila: un paio il martedì e una il sabato»), e le 18 ore - cattedra completa - le ha racimolate, ma solo per un paio di mesi, a Villagrande, nel 2004. «La prima, e finora unica volta, che ho avuto uno stipendio vero: 1200 euro. Orario completo, impossibile viaggiare, avevo preso casa in Ogliastra. Ma non potevo permettermi neanche la macchina e siccome avevo qualche ora anche nella classe di Villanova Strisaili, dovevo arrangiarmi con l'autostop. Un giorno mi chiama la preside: "professore, scusi, lei come arriva fino alla scuola della frazione?". Come vuole la fortuna, le ho risposto. Per quelli come me è sempre così, come vuole la fortuna».

24/11/2006
Il prof ha uno stipendio di 256 euro al mese e ne spende 600 per viaggiare. «Lo faccio per il punteggio: soltanto per poter passare di ruolo, un giorno. E meno male che mia moglie lavora».

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