27.11.06

Call center, la «toppa» del direttivo Cgil

Il direttivo Cgil, due giorni fa, ha deciso di mettere una «toppa» all'avviso comune tanto contestato, quello che autorizza il ricorso al lavoro a progetto per gli operatori outbound . L'avviso contraddice in modo lampante le conclusioni del Congresso di marzo, che auspica l'eliminazione della figura del lavoratore parasubordinato per via legislativa e l'estensione dell'intero corpus dei diritti - oggi riservati ai soli subordinati - a tutto il lavoro «economicamente dipendente». Come hanno riferito le cronache di ieri, il documento di Guglielmo Epifani è passato con 87 voti favorevoli, contro i 16 del testo di Dino Greco, che chiedeva il ritiro della firma. Il documento di Epifani rappresenta un compromesso con una parte della sinistra Cgil che aveva espresso contrarietà rispetto all'avviso comune: si è deciso di mantenere in piedi il testo dell'accordo con Cisl, Uil e imprese, indicando però un'interpretazione «restrittiva» per la futura contrattazione. Il direttivo ha dato mandato alla segreteria nazionale di inviare una lettera a Confindustria, «possibilmente di carattere unitario», che utilizzando «i nuovi spazi contrattuali aperti dall'avviso comune, ribadisca con nettezza» alcuni impegni negoziali. Sono dunque elencati i quattro punti su cui si impegna la Cgil (e, se mai accettassero, Cisl e Uil): 1) in situazioni come quella di Atesia, dove ci sia stato un intervento del servizio ispettivo, gli accordi dovranno essere coerenti con le conclusioni ispettive (non a caso Epifani aveva ribadito che «per la Cgil i 3200 lavoratori di Atesia sono subordinati»); 2) il lavoro autonomo non potrà avere costi e diritti inferiori rispetto a quelli previsti dal contratto nazionale, e dovrà avere come riferimento imprescindibile l'effettiva prestazione realizzata (in termini di autonomia, orari) e l'autodeterminazione delle modalità di prestazione rispetto all'organizzazione aziendale; 3) la stabilizzazione deve andare di norma verso il lavoro a tempo indeterminato, negoziando orari tali da garantire una retribuzione equa e il rispetto dei contratti nazionali; eventuali contratti a termine dovranno rispettare causali, tetti e durata dei contratti nazionali; l'apprendistato dovrà avere autentici fini formativi e non usi impropri; 4) i lavoratori che non accetteranno la transazione sindacale sui pregressi salariali, avranno comunque l'assistenza della Cgil. Il punto 2, che fissa un lavoro autonomo pressoché parificato al dipendente, è un generoso tentativo di far rientrare dalla finestra quanto delle tesi congressuali era stato messo alla porta. Come dire: se lavoro autonomo ci sarà (comunque reso più difficile dalla necessità di dimostrare «l'autodeterminazione delle modalità di prestazione rispetto all'organizzazione aziendale»), dovrà costare almeno quanto il lavoro dipendente, e riconoscere ferie, malattia, etc. (ma non, ovviamente, l'articolo 18). Tutto bene: ma Cisl, Uil e Confindustria come la vedono? L'avviso comune è stato firmato e adesso, ai singoli tavoli, sta alla forza contrattuale della sola Cgil difendere l'interpretazione «restrittiva»: fatica improba a cui vengono chiamate le strutture alle prossime trattative, pur di non ritirare una firma diventata pietra dello scandalo.

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