27.11.06

Atesia, sentenza del Tar del Lazio: nel call center torna la precarietà

Annullati, dopo il ricorso dell’azienda, i verbali degli ispettori del lavoro.

«Appare preminente garantire il mantenimento della situazione in essere», dice l’ordinanza emessa ieri dal Tar del Lazio in merito ai verbali degli ispettori del lavoro dopo le ispezioni del 21 e del 24 agosto al call center romano Atesia. Vengono così sospesi l’assunzione di 3200 collaboratori a progetto, riconosciuti a tutti gli effetti come lavoratori subordinati e il pagamento dei contributi pregressi.
E’ stato accolto, cioè, il ricorso presentato dai legali di Atesia Spa poiché, come dice l’ordinanza, «a fronte dei rischi paventati dalla ricorrente ed alla luce dell’imminente (ancorché eventuale) mutamento del quadro giuridico di riferimento», «il potere di diffida (…) appare idoneo ad arrecare una lesione concreta ed attuale all’impresa destinataria dell’accertamento». Dinanzi alla minaccia di chiusura paventata dai manager di Atesia e alle misure previste in Finanziaria (art. 178), quindi, tutto deve rimanere com’è: migliaia di collaboratori a progetto, erroneamente definiti lavoratori autonomi (e dunque privati del contratto collettivo, di ferie, malattia e maternità) nonostante siano lavoratori subordinati: non solo economicamente dipendenti, ma anche sottoposti all’organizzazione e a rigidi strumenti di controllo. Sembra entrare in crisi, dunque, il percorso avviato la scorsa estate dalla Circolare n. 17 del ministro del Lavoro Damiano, nella quale si distingueva tra l’inbound, definito lavoro subordinato, e l’outbound, nel quale si faceva salva la possibilità di utilizzare lavoro parasubordinato, seppur a condizioni più stringenti. Il verbale degli ispettori sembrava aver scompaginato ancora le carte: molti tra i 3200 cocoprò riconosciuti come lavoratori autonomi, infatti, lavoravano nell’outbound. Ma il ministro, pur difendendo il lavoro degli ispettori, restò fermo sulla sua strada, e il 4 ottobre officiò alla stipula di un primo accordo tra Confindustria e sindacati: un «avviso comune» che, collegato all’art. 178 della finanziaria garantiva alle imprese che avessero assunto con contratti subordinati (non a tempo indeterminato), un forte sostegno pubblico per il pagamento dei contributi pregressi. Inoltre l’avviso comune delegava alla contrattazione aziendale la conciliazione sul pregresso (un via libera ad un vero e proprio condono), e scaglionava le nuove assunzioni in gruppi dal 25% per trimestre, allungando di un anno i tempi di applicazione.

Adesso, com’è evidente, l’ordinanza del Tar cambia l’equilibrio della forze in campo. I primi a notarlo sono i Tripi, padre e figlio: «E’ certamente motivo di soddisfazione apprendere che le conclusioni dell’indagine degli ispettori sono state respinte dalla giustizia amministrativa». Tripi continua con un’apertura: «Ritengo che questa decisione debba essere considerata positiva soprattutto per riprendere il dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali, per attuare il programma che prevede la stabilizzazione di tutti i collaboratori a progetto del gruppo, che altrimenti sarebbero rimasti in una condizione di incertezza». Dove per stabilizzazione certo non si intende l’assunzione a tempo indeterminato, ma l’applicazione dell’intesa-bidone firmata (e poi sconfessata) a maggio anche dalla Cgil: contratti di apprendistato e di inserimento e l’uso, nell’outbound, di nuovi cocoprò. Sembra dunque fondata la preoccupazione di Giorgio Santini, segretario della Cisl, che teme il ritorno «ad una interpretazione più vicina a quella formulata dall’azienda». Tanto è vero che anche il sindacalista torna indietro sui passi dell’avviso comune: «sui cocoprò, più che accapigliarsi per capire se e quando c'è un progetto, che è sempre difficile da dimostrare, si deve invece andare avanti sulla strada della parificazione contributiva». Ovviamente lasciando intatta la legge 30. Anche Enrico Miceli, segretario dell’Slc-Cgil, giudica negativamente l’ordinanza del Tar, mentre per Nicoletta Rocchi, segretaria confederale Cgil «l’ordinanza dimostra che, come sempre, la contrattazione è la strada maestra perché dà certezza ai lavoratori». Ma, aggiunge, «l’azienda fino ad oggi non è stata disponibile». La sottosegretaria al lavoro Rosa Rinaldi, invece, difende degli ispettori e rilancia: «Andremo avanti sulla strada della regolarizzazione di questo settore, anche con le misure contenute in finanziaria». I lavoratori del Collettivo Precari Atesia, dal cui esposto era partita l’ispezione, annunciano un ricorso al Consiglio di Stato, mentre martedì prossimo al Senato è prevista un conferenza stampa organizzata da Prc, Fiom, Rete 28 aprile, Cobas e Snater per chiedere ai parlamentari un emendamento che abroghi l’art 178 della Finanziaria. Una misura che Daniela Cortese, del circolo telecomunicazioni del Prc, definisce «un condono per Tripi».

Da Liberazione

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