5.11.06

Precari d'Italia, cuore rosso di rabbia e mille euro per tirare avanti

I mille volti della manifestazione di Roma. Storie di marginalità e di resistenza
"Siamo qui per scuotere il governo e far sentire la nostra voce"

di CLOTILDE VELTRI

Molto colore e fantasia alla manifestazione contro il precariato
ROMA - E' rosso il cuore dei precari d'Italia. Non tanto o non solo perché oggi in piazza Esedra sventolano centinaia di bandiere di Rifondazione o della Fiom o dei mille comitati e rivoli in cui si riconosce la sinistra di lotta e di governo. E' rosso di rabbia. Una rabbia sottile che leggi sulle facce di chi, come Silvio, lavora a mille euro al mese. Con contratti che scadono come lo yogurt e che, se l'azienda gradisce, ti rinnovano o forse no.


"Il Nord Est che sfrutta il precariato". Silvio ha 26 anni ed è iscritto a Rifondazione. E' venuto da Verona per far sentire la propria voce. Con lui tanti, tantissimi, migliaia la cui vita è appesa all'incertezza di arrivare a fine mese. Mille euro al mese, questo guadagna il ragazzo veneto, di cui 450 se ne vanno nell'affitto "della casa che io e la mia ragazza abbiamo trovato fuori città, per risparmiare".

La sua vita professionale si gioca in una società multi-utility, così chiamano le ex municipalizzate privatizzate dagli enti locali. Quelle, per intendersi, che forniscono acqua, gas, luce ai cittadini. "Sono un lavoratore interinale, da un anno e mezzo mi fanno contratti a tre mesi. I miei studi? Sono laureato in filosofia".

Silvio però, non è arrabbiato con il governo Prodi. "Manifestare serve a fare pressione sul governo perché applichi il programma e abolisca la legge Biagi e poi serve a dire a tutti che anche a Verona, avanzato e ricco nord-est, il lavoro precario viene sfruttato perché a basso costo. Parlano sempre del sud Italia per giustificare la flessibilità, vengano a farsi un giro dalle nostre parti. Quelli come me non beneficiano della crescita economica".

Immigrato, disoccupato. A pochi passi dal gruppo veronese c'è Mohamed Ngala. Lui è del Senegal ed è in Italia da 6 anni. In attesa di ricongiungimento familiare, dice. Mai avuto un lavoro regolare, vive in una casa occupata al Flaminio con altri 250 disperati, stranieri e non. E' avvolto in una grande bandiera rossa, quasi a proteggersi attraverso una qualche appartenenza, e se gli chiedi come possa pensare di avere un lavoro vero in un paese che non lo garantisce neppure ai propri cittadini, ti guarda come se venissi dalla luna: "Io sono disoccupato e credo di avere gli stessi diritti di altri".

Sanità, l'altro volto dell'incertezza. Precari non si nasce, si diventa. Il dramma è rimanerci a vita. Questa la paura che circola tra gli striscioni dell'Arci o degli universitari precari o della Fiom o dei Cobas che invocano una sterzata. Che pretendono risposte concrete da un governo che dovrebbe rappresentarli. Che, si aspettano, li rappresenti. Se lo aspettano le ragazze dell'ospedale Sant'Andrea di Roma. Caterina, Marzia, Daniela, Rosa, Grazia si sono travestite da fantasmi perché il concetto fosse chiaro: "Noi non esistiamo, siamo invisibili", urla Caterina, 39 anni, agguerritissima. La loro battaglia di infermiere, amministrative, ausiliare della sanità capitolina, non si consuma solo in piazza: "Abbiamo piazzato le tende nei giardini dell'ospedale dove dormiamo a turno per protesta. Non ha idea del freddo... ma non molliamo, lo scriva. Prima o poi dovranno riconoscerci il diritto a un contratto a tempo indeterminato".
Precari d'Italia, cuore rosso di rabbia
e mille euro per tirare avanti


Per ora - che significa da 5 lunghi anni - si devono accontentare di contratti a sei mesi. "Quanti siamo in queste condizioni? 316 lavoratori - anche uomini, certo - e alla manifestazione siamo venuti solo in venti perché gli altri assicurano il servizio. Mica siamo come certi politici. Noi i malati non li abbandoniamo".

Università, vuoto a perdere. A due passi dal carro allegorico del Prc con carrellata dei volti di chi è in scadenza, c'è Gianni che viene da Bari. Lavora per l'università di Bologna "dove svolgo un dottorato senza borsa (senza reddito, quindi) da un anno e mezzo". Proviamo a fare due conti in tasca a questo pugliese, promessa dell'Italia del futuro, quella che dovrebbe puntare - nelle intenzioni e nel programma del governo di centrosinistra - sulla ricerca: "Dunque, negli ultimi due anni e mezzo ho percepito 1.900 euro lordi in totale. E non dall'università che mi deve circa 6mila euro, ma da un centro di ricerca con il quale ho collaborato".

Gianni è dottore in diritto ed economia e ha 26 anni. "A Bari pago un affitto di 150 euro al mese. Tra due mesi divento papà, la mia compagna è avvocato e la pagano in nero. Sa perché abbiamo deciso di tenere la bambina? Perché altrimenti questo sistema ingiusto avrebbe vinto e noi vogliamo dimostrare che siamo più forti, che le cose possono cambiare. Che mia figlia Andrea è una speranza".

"Se piove, stipendio ridotto". "La verità mi fa male lo sai..." ulula Caterina Caselli da uno dei carri del corteo. Lì accanto Antonio, 25 anni, giardiniere. E' arrivato da Genova, zaino in spalla. Si è fatto tutta la notte sul treno insieme ad altri 550. Ma va bene così. Perchè è stanco di contratti a progetto da 900 euro al mese se non piove. In che senso, se non piove? "Sì perché nella mia professione esiste l'indennità climatica. Se piove e tu non puoi lavorare ti pagano 2,5 euro al giorno contro gli 8 euro all'ora di una giornata normale". Tradotto: "Lo scorso mese, a Genova, ha piovuto sei giorni, fate voi i conti...".

Niente casa, siam precari. Dietro un enorme striscione e metà strada tra piazza Esedra e via Cavour, mamme e tanti bambini. Hanno facce peste di sonno, gonfie di stanchezza. Ma non è solo il viaggio da Palermo. Sono i mesi passati a dormire all'addiaccio, nelle baracche, per strada. Per sessanta giorni hanno occupato la cattedrale. Fanno parte del "Comitato di lotta per la casa" del capoluogo siciliano. Parla per tutti, per le 60 famiglie che hanno affrontato il viaggio per venire a gridare la propria disperazione, Elisabetta, 24 anni. "Abbiamo appena firmato un protocollo con il Comune di Palermo perché le case sequestrate alla mafia vengano assegnate alle famiglie senza tetto. Da lunedì 6 famiglie avranno finalmente un alloggio".

Elisabetta è impiegata da tre anni in un call center a 400 euro al mese: "Ormai, a Palermo, è l'unica opzione lavorativa", spiega. Poi torna sull'emergenza casa: "Nella mia città sono 10mila le famiglie che hanno fatto richiesta per un alloggio popolare. Sa in due anni quanti ne hanno assegnati? Trenta. Ecco perché siamo venuti a Roma, perché chi non ha la casa è precario a vita".

Pomigliano, Italia. Gli altoparlanti sparano I will survive di Gloria Gaynor. C'è chi balla e chi si mangia un panino. C'è chi urla slogan dai microfoni e chi si stringe in un girotondo. C'è anche Arcangelo, da Pomigliano, Napoli. E' venuto con i suoi colleghi della TnT a rivendicare un contratto decente. Mentre in Campania impazza la guerra di camorra e il ministro Amato manda mille agenti in più a presidiare le strade e i vicoli, i lavoratori precari chiedono di vivere onestamente, ma anche con dignità.

"Su 620 lavoratori alla TnT ci sono 120 precari con contratti come il mio che vengono rinnovati ogni due, tre settimane", spiega Arcangelo, barba sfatta e giaccone d'ordinanza. "Io sono figlio di nessuno perché non ho nessun diritto. Non posso comprarmi la macchina e non posso fare un mutuo. Ho due figli a carico e una moglie che non lavora. Guadagno 1100 euro al mese e pago un affitto di 450".

La testa del corteo ondeggia, avanza piano, parte. Tutti uniti, stretti sotto le tante sigle in cui si dispiega questa marea di incertezza, per farsi sentire. Niente di meglio di un fischietto. Li vende Romeo a tre euro l'uno. Tre euro? Vabbè, in fondo, è precario pure lui...

(4 novembre 2006)

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