Nel nome di San Precario
di Filippo Conticello
06/11/2006
C'è chi scade alla fine della prossima settimana, chi a fine mese e chi è già scaduto. Tutti, però, sono in piazza per una causa comune: contro un lavoro e un'esistenza precaria. Sono i 100.000 della manifestazione nazionale Stop Precarietà Ora, organizzata da associazioni, movimenti e porzioni di sindacato per chiedere "l'abrogazione delle tre leggi simbolo della precarietà: la legge 30, la Bossi-Fini e la Riforma Moratti". Provengono da tutta Italia i precari del terzo millennio e con canti, striscioni e slogan colorano un lungo corteo che nel pomeriggio di sabato 4 novembre si snoda da Piazza della Repubblica sino a Piazza Navona. Diverse le sigle e i movimenti: Cobas, Fiom-Cgil, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Arci, vari collettivi di precari. In piazza anche molti parlamentari di maggioranza ed esponenti del governo: si vede il segretario di Rifondazione Comunista Franco Giordano, il sottosegretario all'Economia Paolo Cento dei Verdi, il viceministro degli esteri Patrizia Sentinelli del Prc, il presidente della commissione Cultura della Camera Pietro Folena, il sottosegretario allo Sviluppo economico Alfonso Gianni del Prc, il sottosegretario all'Ambiente Laura Marchetti dei Verdi.
Poco importa se tra la folla sfilano striscioni come "No alla Finanziaria ammazza precari", "Damiano amico dei padroni vattene" o "Non vi votiamo più". E non conta neanche il fatto che i militanti di Action si spingano oltre, scagliandosi direttamente contro il sindaco di Roma Veltroni e il Presidente della Regione Lazio Marrazzo. Tra gli uomini di maggioranza non c'è imbarazzo per una presenza definita da molti "inopportuna": tutti sono pronti a giustificare la loro partecipazione contro "chi vuole strumentalizzarli". Agli umori del corteo provano, così, a rispondere i politici presenti, la sinistra che vuole stare al governo ma continua ad amare la piazza. Tutti sostengono di volere rispettare integralmente il programma di governo e che la manifestazione è solo un modo per ribadirlo e per spronare l'esecutivo smarrito. Lo dice a chiare lettere l'europarlamentare Vittorio Agnoletto che "chiede espressamente al governo di superare la Legge 30 così come promesso in campagna elettorale". Gli fa eco il sottosegretario di Rifondazione Comunista Alfonso Gianni per cui "occorre che questo governo istituisca una relazione dialettica con i movimenti sociali nonostante le loro durezze e le loro asperità". Per lo stesso Gianni, la linea tracciata nella finanziaria con la riduzione del cuneo fiscale e la riapertura delle assunzioni di 150.000 precari in tre anni nel pubblico impiego è quella giusta, anche se serve ancora "maggiore coraggio per nuova legislazione del mercato del lavoro che faccia del tempo indeterminato l'asse principale della sua azione".
Non mancano però le polemiche e le voci scomode tra i politici in corteo: Fernando Rossi, dissidente dei Comunisti italiani, sfila con un cartello con su scritto: "Sono un senatore, questa Finanziaria non la voto". Rincara la dose e non risparmia frecciate ai suoi vecchi compagni Marco Ferrando, segretario del Partito Comunista dei Lavoratori: "C'è qualcosa che non funziona o che funziona come era prevedibile: un governo legato ai banchieri non può che fare politiche di continuità rispetto al passato nel campo del lavoro precario". Polemiche politiche a parte, protagonisti della giornata rimangono sempre i lavoratori precari. In piazza migliaia di storie: uomini, donne, anziani e giovani qualificati. Tutti senza un impiego stabile e sicuro, senza una prospettiva vera, costretti a vivere nell'incertezza e con l'ansia di un lavoro a scadenza. Il problema del precariato rimane, così, nella sua drammatica urgenza: ai governanti e ai politici il popolo dei precari chiede una risposta forte, un segno evidente di discontinuità "perché ritorni la fiducia in un futuro, meno provvisorio e più nitido". Lo dice sommessamente un laureato e precario da 10 anni, lo pensano con vigore in 100.000.
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