Precari: in Francia e Italia la stessa lotta.
Dalla «primavera francese» all'«autunno italiano». Naturale che, a cominciare dalla prima, la discussione scivoli velocemente sul secondo. E non solo perchè, come notava qualcuno, «in quanto a precarietà del lavoro, qui in Italia siamo messi molto peggio». Piuttosto per il fatto che, a pochi giorni dal 4 novembre, il movimento italiano contro la precarietà appare più diviso che mai. Terremotato, come ci hanno raccontato le cronache degli ultimi giorni, da una manchette dei Cobas. Che ha rinvigorito contrasti forse già esistenti e scatenato defezioni importanti.
Occasione del dibattito è stata, ieri, la presentazione del libro scritto a quattro mani da Anna Maria Merlo e Antonio Sciotto sulla mobilitazione dei giovani francesi contro il Cpe («La rivoluzione precaria», Ediesse, pp.210, 11 euro, in uscita la prossima settimana), con un dibattito che ha visto presenti, oltre agli autori, Paolo Ferrero, ministro per la Solidarietà Sociale, e Carlo Podda, segretario generale della Funzione Pubblica Cgil, moderati da Massimo Mascini, giornalista de Il Sole24Ore. Una sorta di diario degli avvenimenti di quei mesi infuocati, letti attraverso le voci dei protagonisti, con la prefazione di Ignacio Ramonet e con un raffronto conclusivo (a cura di Alessandro Genovesi, del Dipartimento Politiche del lavoro Cgil) tra il mercato del lavoro francese e quello italiano.
La domanda per noi - ha esordito Ferrero - è come si possa contrastare la precarietà con un coinvolgimento sociale di massa, in un contesto che qui in Italia vede il governo in una situazione delicata e i corpi sociali, come il sindacato, in posizione più forte. Il rovescio della situazione francese, come ricordavano gli autori, dove invece, nonostante il risultato finale positivo, il sindacato non è stato capace di cogliere le istanze che provenivano dal mondo studentesco. E dove proprio «la forza dirompente della mobilitazione studentesca» è stato il vero contrassegno della protesta e ciò che poi ha portato il governo francese ad una letterale ritirata.
Mutatis mutandis, centrale resta, per il ministro Ferrero, l'elemento legislativo («fondamentale - dice - oltre alle modifiche della Legge 30, è rivedere radicalmente la questione del tempo determinato»). E il fatto che oggi si faccia un grande utilizzo di differenze esterne al processo produttivo (i giovani e gli immigrati davanti a tutti) per peggiorare la situazione di tutti i lavoratori, lo dimostra. Poi è evidente che - ammette Ferrero - quando si governa a pesare sono i rapporti di forza. «Perciò diventa fondamentale - dichiara il ministro - costruire un movimento di massa in grado di vincolare il governo al rispetto del programma per cui è stato votato». Per evitare di trovarsi a fare i conti con un corpo sociale impotente e una politica autoreferenziale.
E qui si arriva al punto, la manifestazione «Stop precarietà ora» del 4 novembre. «Comunque una sconfitta per me» ammette Podda, che dopo le esternazioni dei Cobas, ha ritirato la firma di adesione. «Sì ma - ribatte il ministro, che pure ha condannato il contenuto della manchette - come si evita allora che le forzature di qualcuno determinino una rottura nel movimento?». «Questo è già evvenuto» avanza Mascini. «No - risponde Ferrero - Che ci siano forze in campo contro il governo è fisiologico: la battaglia politica è quella di non farle prevalere». «Non siamo riusciti a coinvolgere gli studenti - conclude Podda - E solo convincendo le persone che la precarietà attenta al loro futuro, riusciremo a vincere la lotta».
Insomma, domandano gli autori nell'introduzione, «la Francia è dieci anni indietro o dieci avanti?». Il libro, che racconta «la nuova Rivoluzione francese, quella dei precari» avanza la seconda ipotesi. Ricordando una frase scritta sui muri di una facoltà occupata: «Riusciremo ad avere solo quello che sapremo prenderci».
(il manifesto)
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