EUROMAYDAY 006
********************************************
--> info logistiche in fondo
Girando per le strade della vostra città avrete sicuramente notato un manifesto, di propaganda elettorale, che recita le testuali parole: "oggi precarietà domani lavoro".
Il senso di fastidio che questa immagine ci crea deriva certamente dalla consapevolezza che il mittente di questo messaggio è proprio quel centro sinistra che - varando la legge Treu - ha aperto le porte alla precarizzazione selvaggia e ha esposto la nostra vita, in ogni suo aspetto, al saccheggio sistematico delle imprese che dispongono di noi liberamente (questa è la loro libertà).
Non giova ricordarsi degli atteggiamenti da struzzo e delle lacrime da coccodrillo che, di volta in volta, di fronte all'enormità del problema, hanno assunto i vari esponenti politici: al principio hanno negato l'esistenza di un meccanismo di precarizzazione sistematico, poi hanno cercato di minimizzare il tutto e infine, di fronte l'evidenza, stanno cercando di cavalcare la "questione precarietà" distinguendo i lati negativi da quelli positivi o perlomeno necessari.
Fin qui ripetono semplicemente "le loro ragioni" di nove anni fa.
In verità, per chi avesse voglia di soffermarcisi, quella frase contiene un inghippo ben più grave che quello ipocrita sollevato sopra.
Lo slogan afferma che per sconfiggere la precarietà bisogna ottenere lavoro. Ma come?
Nell'opulento nord il tasso di disoccupazione è così basso da fare sì che gli economisti citino il raggiungimento della piena occupazione; tanto che tutti/e, ma in particolare modo i più precari/e, hanno più impieghi contemporaneamente e si è sempre disponibili: sere, sabati, domeniche e feste comandate.
Naturalmente i pagamenti, sempre più miseri, sono a 30, 60, 90 giorni, è "vietato" ammalarsi e le ferie, non retribuite, devono comunque coincidere con le esigenze dell'azienda.
Se nelle regioni settentrionali lo slogan "oggi precarietà domani lavoro" sembra essere una forte presa per il culo nelle regioni meridionali la frase suona un pò più drammatica.
Infatti alla "tradizionale" precarietà, da disoccupato a tempo indeterminato, si è affiancata una trasformazione del lavoro nero - unica boa per molti/e - nell'intento propagandistico di contenerne la diffusione - ma di fatto sdoganadolo - attraverso l'attribuzione alla mansione di un infinita varietà di contratti, dai nomi altisonanti, dalla praticabilità nulla, ma che recitano tutti: zero diritti, zero sicurezza, poco salario.
Finalmente! Il lavoro nero, liberato dalla negatività che si porta appresso attraverso un piccolo artifizio linguistico, senza troppi fronzoli, può assumersi il ruolo storico della normalizzazione del rapporto fra persona e impresa.
E quindi quello slogan letto da una parte dice l'esatto contrario dello stesso letto altrove: al sud risolviamo il problema con un piccolo maquillage, al nord con un'operazione chirurgica da centro estetico. Ma sempre di trucchi si parla.
Detto questo a noi piace essere più semplici: oggi siamo precari perché lavoriamo (tanto) ad orari pazzeschi e cangianti, per il bisogno di profitto delle imprese - che qualcuno afferma essere il progresso - prendendo due lire che con l'euro si sono pure dimezzate.
Tutto ciò avviene perchè le imprese sono troppo forti, e troppo gli è concesso, e lo sono perchè molte volte le forme di conflitto tradizionali non sono più state in grado di incidere nella complessità delle trasformazioni della produzione.
Quindi non siamo precari perchè non abbiamo il lavoro; lo siamo perché veniamo retribuiti male e sempre più tardi, perchè l'affitto delle case costa troppo, i servizi privatizzati sono troppo cari, il saltare da un capo all'altro della città per/o in cerca di lavoro ha dei costi e questi sono eccessivi.
Siamo precari/e perchè ci hanno atomizzato, perchè le identità di una volta non sono ricomponibili ma comunque esiste, ne siamo la prova vivente, ancora lo sfruttato e lo sfruttatore.
Senza farla troppo lunga è facile capire che chi ha concentrato in quattro parole un numero talmente alto di fesserie non capisce tutt'oggi quello che i precari e le precarie cominciarono a spiegare, narrandosi e confrontandosi, cinque anni orsono. Oltrepassando la sfiga (auto)organizzando la Mayday Parade - che anno dopo anno si è ingigantita ed è tracimata in altre città italiane ed europee fino a diventare la più importante manifestazione della critica al lavoro e del protagonismo precario - si è voluto battere il tempo del cambiamento e trasformare un grido d'aiuto in un segnale di svolta.
E' importante che la Mayday rimanga espressione autonoma e radicale dell'intelligenza dei conflitti, ed è importante che non diventi rito, mediatico o meno, perchè ciò la condannerebbe a diventare passerella ambita.
Se vi interessano le parole dei precari/e, le loro ( vere ) rivendicazioni e la loro voglia di conflitto:
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Assemblea Mayday domenica 19/3/006, ore 10.00 (mattina) @ Cascina
Autogestita Torchiera senzacqua piazzale cimitero maggiore 18, Milano
Tram 14/MM Uruguay + bus 40 http://www.trok.it/torchiera/dove.asp
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
A seguire, per ricordare DAX invitiamo tutti a partecipare a:
Ore 16.00 Manifestazione a Rozzano. da via G. Rossa, davanti alla scuola superiore, al cimitero di Rozzano. Ore 17.30 Alla Cascina Grande. Presentazione del libro: "La
resistenza di oggi", raccolta dei testi vincitori del concorso letterario "Davide
Cesare". Ore 19.30 Cena popolare presso lo spazio Aurora. Ore 21.00
Spettacolo teatrale di Walter Leonardi.
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Categorie: euromayday mayday marzo2006 torchiera assemblea teatro milano
Nessun commento:
Posta un commento