23.3.06

Isernia: in tanti vanno via in cerca di lavoro

Inchiesta

In Italia 2 milioni di giovani a rischio. 74 mila i laureati con un impegno instabile

di Mary Buccieri

Poveri si nasce. E altrettanto facilmente lo si diventa. Secondo dati Istat, una famiglia su quattro si trova nell’indigenza o rischia di scivolarci. Invece la parte più ricca della popolazione italiana registra profitti record. E la disparità nell’accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie condiziona pesantemente le chance di mobilità sociale. L’immagine di un paese a due velocità sembra calzante anche per descrivere l’universo giovanile. Non va meglio in provincia di Isernia, dove sono tantissimi i giovani contretti ad emigrare in cerca di lavoro. Si tratta in maggioranza di laureati che, una volta laureati, riescono a trovare un impiego stabili solo al nord. Tornando all'indagine Istat, intanto, sono circa 2 milioni di ragazzi italiani vivono in famiglie povere. Di questi, un milione e mezzo sono minorenni e 600mila hanno tra i 18 e i 24 anni.
Le tasche dei giovani si svuotano, ma crescono le aspettative: i consumi si mantengono tendenzialmente alti mentre avanza l’insoddisfazione perché molti non ce la fanno a sostenere un tenore di vita superiore alle proprie possibilità. Senza una seria politica di sostegno al reddito molti in Italia rischiano di non farcela. Il Rapporto 2004 del Ministero del Welfare sulle politiche contro la povertà afferma che una famiglia povera spendeva 855 euro al mese, un under 35 single nelle stesse condizioni economiche 430 euro, una coppia con meno di 35 anni, povera e senza figli, 740 euro. Le cifre Istat relative ai consumi del 2005 registrano un calo per cd, telefonia e computer, supporti magnetici e strumenti musicali. Nel 2005 i consumi sono cresciuti complessivamente dello 0,4% tornando ai livelli del 2003, dopo il saldo negativo del 2004. Nessuna inversione di tendenza rispetto al recente passato: il ceto medio sta scomparendo e a spendere sono sempre gli stessi.
Le statistiche ripropongono il confronto tra due Italie sempre più distanti. Non a caso, le inchieste sulle “povertà giovanili” mettono di fronte il paese dei “ragazzi che hanno due cellulari” o dei “ristoranti pieni” e il popolo di chi non ce la fa ad arrivare a fine mese. E mentre si allarga la ‘forbice’ tra ricchi e poveri, avanza anche tra i giovani il fenomeno dei poor worker, molto diffuso negli Usa. Si tratta di persone che hanno un lavoro ma non guadagnano abbastanza per restare al di sopra della soglia di indigenza. Ci sono ragazzi che all’interno della famiglia d’origine stanno abbastanza bene, ma se lasciassero la casa dei genitori diventerebbero poverissimi. “Ho 29 anni, lavoro saltuariamente con un’azienda, e non riesco ancora a guadagnare abbastanza – ha dichiarato un isernino – Purtroppo un lavoro non basta e sono costretto a crearmi delle alternative lavorative, quando posso infatti impartisco lezioni di francese ad alcuni studenti. E’vero – ha aggiunto il giovane - ormai non basta più un solo stipendio, e mi ritengo abbastanza fortunato del fatto di poter ancora vivere con i miei genitori.
Grazie a loro infatti, evito di affrontare alcune spese. Per quanto riguarda il mio lavoro principale ho detto di lavorare saltuariamente perché lavoro da tre anni con contratti a tempo determinato, che variano dai tre a cinque mesi, e dunque non so effettivamente fin quando ancora avrò la fortuna del rinnovamento. E non credo di essere l’unico in queste condizioni.
Mettere su famiglia? No, per il momento no, grazie!”. In Rete si trovano ormai numerose storie di precari , come questo ragazzo, che si sentono espropriati del proprio futuro che hanno sottoscritto nel giro di un anno anche 5 o 6 contratti diversi. Tutta gente con scarsissima copertura previdenziale che guadagna 800 euro al mese e deve ritenersi già fortunata rispetto ai coetanei senza lavoro. Ma si parla di lavoro precario anche con tanto di laurea come dichiarato da una giovane isernina: “Pensavo che avere un titolo in più potesse significare qualcosa, un biglietto da visita nel mondo del lavoro. Ma a quanto pare le cose non stanno esattamente così”.
Infatti secondo un’indagine Almalaurea condotta recentemente su 36 atenei e 74 mila laureati una laurea certamente aiuta i giovani a trovare lavoro, che però e' sempre di più precario, con il rischio di rimanere su mansioni di basso profilo. Piero Tosi, presidente della Conferenza dei rettori, ha sottolineato che “Occorre una riflessione sulla stabilità del lavoro per i neolaureati: un lavoro che aumenta sì in termini assoluti ma che e' precario”.

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