Atipici, la vita appesa a un contratto
17/03/2006
Di Chiara Vergano
Per far quadrare il bilancio, i due terzi degli intervistati si appoggiano alla famiglia, o al partner. Negativo, all’unanimità, il giudizio espresso sulla riforma del mercato del lavoro; c’è perplessità e distanza anche rispetto ai servizi di informazione e sostegno all’occupazione e ai sindacati. E’, in sintesi, il quadro – con piu ombre che luci – rilevato dall’indagine condotta su un gruppo di lavoratori atipici dalla Fondazione Zancan onlus di Padova e dall’Università di Bologna (Facoltà di Psicologia, Dipartimento di Scienze dell’Educazione), presentata a Roma. Cinque le regioni italiane coinvolte (Veneto, Emilia-Romagna, Puglia, Abruzzo e Marche), 60 i lavoratori flessibili intervistati: 12 per ogni regione. L’intera indagine è stata pubblicata nel volume dal titolo “Lavorare da precari. Effetti psicosociali della flessibilità occupazionale”.
Ma cosa ha spinto la Fondazione Zancan (centro di studio, ricerca e sperimentazione che opera da oltre quarant’anni nell’ambito delle politiche sociali, sanitarie, educative) ad affrontare quest’argomento? “Alla crescita della diffusione del fenomeno della flessibilità lavorativa, non corrisponde ancora un adeguato livello di conoscenza e consapevolezza delle sue caratteristiche costitutive – premette Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione – . Da qui è nata l’esigenza di una ricerca di tipo qualitativo, per capire cosa comporta oggi lavorare in una società instabile e quali sono gli effetti del lavoro precario sull’esistenza delle persone; per analizzare storia lavorativa, condizioni di vita e aspettative per il futuro dei lavoratori flessibili. E per indagare sul ruolo di servizi pubblici e privati e del sindacato”.
“In merito alla legge 30, non è stata fatta nessuna valutazione preventiva – prosegue Vecchiato – , ed ora è chiaro: i danni superano i profitti. Certo, le persone intervistate dicono che, tutto sommato, tra l’essere disoccupati ed avere un contratto ‘atipico’ è meglio la seconda opzione. Fatto sta che i due terzi si appoggiano alla famiglia d’origine o al partner, e questo è solo uno degli aspetti negativi”. Il reddito percepito, per buona parte degli intervistati, non sembra costituire il principale punto dolente; l’aspetto piu problematico è proprio la forma contrattuale del lavoro, di fronte alla quale non ci sono grandi margini negoziali. Decisamente negativo il giudizio espresso sulla recente riforma del mercato del lavoro, ma a fronte di tale valutazione, condivisa da tutti, non c’è un’unica risposta a livello di atteggiamento. Quello che prevale, tuttavia, è un orientamento di accettazione piu o meno rassegnata della realtà.
Andare a vivere da soli, sposarsi, convivere. Mettere su casa, gestire le spese quotidiane. Avere dei figli. Tutto questo, per i lavoratori “flessibili” intervistati per la ricerca, diventano criticità affrontate talvolta con successo, ma richiedono perlopiu il sostegno da parte dei partner e, soprattutto, della famiglia. Gli intervistati affermano infatti di “consumare” pressoche integralmente il proprio stipendio e difficilmente riescono a risparmiare. All’interno della ricerca, è l’area di indagine sulle “reti di sostegno” ad avere una connotazione particolarmente negativa: i servizi pubblici e privati che svolgono funzioni informative e di sostegno all’occupazione sono abbastanza noti agli intervistati, tuttavia prevalgono giudizi tutt’altro che positivi o di forte perplessità.
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