Parigi. Dentro le facoltà in agitazione contro il Cpe
L'INTERVISTA
PARIGI. Siamo stati dentro una delle facoltà in rivolta della capitale francese. Abbiamo parlato con una delle rappresentanti che organizzano gli studenti e ci ha spiegato le ragioni dei giovani. Ecco cosa ci ha detto.
Parigi sembra essere tornata ai malumori del ’68 quando la protesta studentesca infuocò l’Europa.
Anche questa volta maggio è vicino, preceduto già da numerosi scontri e manifestazioni, e ancor prima era esploso il disagio delle periferie.
PrimaDaNoi.it ha intervistato Elodie, una delle tante rappresentanti degli studenti di Parigi XIII-Villetaneuse, che fa parte del comitato di sciopero. Una fra le tante attiviste che bene possono sintetizzare una ideologia ed un malessere che è proprio di moltissimi giovani che guardano con preoccupazione al loro futuro.
Quali sono le vostre richieste?
«Noi chiediamo il ritiro puro e semplice di questo contratto, senza dialogo e senza false concessioni da parte del governo».
Secondo te cosa comporterà questo contratto?
«Qui a Parigi XIII il 50% degli studenti hanno borse di studio, non saranno i genitori che li aiuteranno quando usciranno dalla facoltà, non saranno in grado di trovargli un lavoro. In questo modo si spinge ancora di più verso la precarizzazione, si finirà, se una forte protezione sociale non verrà messa in campo, come in America, con i suoi ghetti, con condizioni di lavoro precarie».
…Precarietà. Ma il Governo si impegna ad accordare dei mutui ai giovani che saranno assunti con il CPE.
«La carta che è stata firmata da alcune banche, carta che in teoria permetterebbe ai giovani di accedere a prestiti a lunga scadenza, non ha alcun valore contrattuale. È solo pubblicità. Una banca può erogare il prestito al giovane impiegato in CPE anche alla fine del periodo di prova, quando questo si trasforma in un CDI (contratto a tempo indeterminato)».
Secondo te, che strada sta seguendo il governo?
«Villepin vuole andare verso un contratto unico, dove saremo tutti precari per i primi due anni. Ha iniziato prima con le piccole imprese, poi con le grandi. Ora è il turno dei giovani, e poi tutte le fasce di età saranno sottoposte a questi due anni di prova».
Molti commentatori dicono che Villepin non sembra ascoltarvi…
«Villepin non ascolta noi che manifestiamo nelle strade ma sembra intendere molto bene studenti che non manifestano, che non si fanno sentire. È arrivato a dire che gli studenti che non manifestano sono pro CPE. Il 70% dei francesi è per il ritiro del CPE e, se non manifestano tutti, può essere perché anche loro sono precari, ho non possono manifestare apertamente la loro aderenza a queste manifestazioni, o ancora, non hanno capito cosa questo contratto comporta».
Come si svolge il vostro lavoro, quali sono i vostri compiti, cosa succede quando non siete in strada a manifestare?
«Noi ci organizziamo. È importante essere organizzati durante la protesta, per fare in modo che le persone siano sempre informate di quello che succede e perché, e perché un sempre maggior numero di persone aderisca al nostro movimento».
Voi avete scelto una forma diversa di protesta da quella dell’Università di Rennnes, dove hanno bloccato completamente la facoltà...
«Noi blocchiamo il nostro campus solo nei giorni di Assemblea Generale e nei giorni di sciopero e manifestazione. In questa maniera cerchiamo di non esasperare eccessivamente gli animi, e d’altra parte abbiamo un sempre maggior numero di persone che si iscrive ai comitati. Il nostro comitato si riunisce il lunedì, il mercoledì ed il venerdì. Di solito nella riunione del venerdì decidiamo il piano della settimana a venire, le attività, i dibattiti, le assemblee. Il martedì ed il giovedì invece sono giorni di assemblee e di scioperi».
Come mai, secondo te, il primo ministro si ostina a non ascoltarvi?
«Io credo che questa di Villepin sia una prova di forza. Ha voluto far capire che comprendeva gli avvenimenti del Novembre scorso e che ha trovato una soluzione per i giovani. Ma in realtà questo contratto è solo una manovra ideologica per far abituare i giovani a non ribellarsi».
Cioè?
«Se fino a 26 anni vivi con il terrore di essere licenziato da un giorno all’altro, se non puoi pretendere che ti vengano pagate le tue ore di straordinario, se magari devi nasconder la tua omosessualità per paura di essere licenziato, quando avrai più di 26 anni sarai abituato da più di 8 a non lamentarti, ad abbassare la testa e a non portare più avanti le tue rivendicazioni. Non è con questo tipo di contratti e decisioni che si va a rilanciare l’economia. Tutte le ultime modificazioni sociali che sono state apportate dei governi non hanno fatto che aumentare la pressione sui giovani, utilizzandoli come merce di scambio, o valvola di sfogo quando il mercato si fa troppo saturo»
Ma il Governo ha previsto la formazione in questo contratto. Non è così?
«La formazione che è prevista dal contratto si riduce a soli 20 giorni in due anni, questo è niente, è solo per permettere al governo di dire che il suo contratto permette la formazione. Se vieni licenziato prendi l’8% del tuo salario, nei primi quattro mesi.
In Italia, il fenomeno dei “casseurs” fa notizia. Come cercate di separarvi da loro, agli occhi dell’opinione pubblica?
«In questi ultimi tempi abbiamo visto che con l’ingrandirsi del movimento arrivano sempre più casseurs, sempre più ragazzi, che non rappresentano nessuno, non le università, non i partiti politici. Sono lì solo per creare disordini e si nascondono all’interno del corteo ufficiale. Con il nostro cordone di sicurezza proviamo a proteggere i nostri studenti da questi elementi».
E le forze dell’ordine cosa fanno?
«Il ministro dell’Interno ha autorizzato i poliziotti in borghese ad intervenire all’interno del corteo, a prendere e fotografare gli elementi agitati che approfittano della nostra presenza per nascondersi tra i manifestanti».
Alcuni studenti sono a favore di questo tipo di contratto, vorrebbero la riapertura delle facoltà, si sono organizzati in associazioni apolitiche. Cosa ne pensi?
«Si, è vero, ci sono alcuni studenti che manifestano per la riapertura delle facoltà, che vogliono che queste manifestazioni cessino subito. Secondo me sono appartenenti ad associazioni studentesche di destra, anche se loro si dichiarano apolitici. Non penso si rendano conto della gravità della situazione per i giovani nel mondo del lavoro di oggi, e credo che siano vicino alla politica liberale dell’UMP ( il partito di Villepin ). Questi sono giovani che sono fortunati, hanno la possibilità di studiare in buone scuole, hanno i genitori che hanno soldi e possono procurargli un lavoro senza troppi problemi».
Alessio De Laurentiis 31/03/2006 10.04
Categorie: parigi francia cpe marzo2006 facoltà università intervista precarietà
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