19.03.2006
«Sciopero obbligato, giornalisti sotto attacco»
Senza giornali in piena campagna elettorale. Sabato hanno scioperato i giornalisti della carta stampata. È la prima volta che accade. In edicola c’erano solo i giornali di destra. E scoppia la polemica perché sabato vi è stata la manifestazione per la pace. Perché all’assemblea della Confindustria a Vicenza è intervenuto Silvio Berlusconi che attaccato ancora una volta la stampa italiana. «È stata una scelta sindacale difficile ma obbligata, visto lo scontro durissimo con gli editori» chiarisce il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi che sottolinea la natura «sindacale» di quella scelta. Che è un modo per sottolineare l’autonomia della Fnsi a difesa di quella dell’intera categoria minacciata ancora una volta dal premier. «Se la prende con chi si permette soltanto di eccepire. Ha oltrepassato tutti i limiti della decenza, va contrastato» commenta.
Uno sciopero in piena campagna elettorale non rischia di favorire un’informazione fortemente squilibrata?
«Effettivamente questo è il primo sciopero della categoria fatto in piena campagna elettorale. Occorre aver presente anche l’anomalia, la straordinaria gravità della vertenza contrattuale nella quale ci troviamo. Non c’era mai stato un attacco così complessivo da parte degli editori. Sono 284 giorni che i giornalisti attendono di poter siglare il contratto. Ma non è solo questo: c’è l’attacco al contratto, la richiesta di mani libere nell’utilizzo di migliaia di precari e quindi di smantellare il sistema produttivo basato sulle redazioni e sul lavoro dipendente. Vi è un duro attacco ai livelli retributivi dei giornalisti. Di fronte a tutto questo dovevamo intervenire in un momento di particolare “carico pubblicitario” dei giornali. Da qui la decisione presa senza esitazione e all’unamità da tutta la categoria nell‘assemblea di venerdì scorso dei comitati di redazione e degli esecutivi di tutti gli organismi di categoria per lo sciopero di sabato 18 marzo, in piena campagna elettorale. Non c’è mai un momento giusto per lo sciopero dei giornalisti. Sappiamo che in questi giorni i giornali militanti di destra, non solo quelli di proprietà della famiglia Berlusconi, ma anche quelli che lo fiancheggiano sono in edicola e questo mi dispiace molto. Come mi è dispiaciuto molto uno sciopero nel giorno di una grande mobilitazione per la pace. Ma non possiamo guardare il “segno” dei giornali presenti in edicola ed i rischi che in questo senso si corrono per modificare le nostre decisioni. Non possiamo fare a meno di mobilitarci ugualmente. Quello che mi sarei aspettato è che chi si preoccupa di questa situazione di squilibrio avesse fatto qualcosa di più per facilitare una soluzione della vertenza».
A chi si riferisce?
«In particolare alle grandi testate e ai gruppi editoriali più forti, che poi sono i più duri e chiusi al tavolo della trattativa. In questi giorni ho proposto più volte l’apertura di un tavolo senza pregiudiziali. Gli editori si sono riuniti e hanno confermato la loro posizione di netta chiusura».
Intanto la destra vi attacca per lo sciopero di sabato. Vi accusa di aver voluto offuscare il premier che è intervenuto all’assemblea di Confindustria a Vicenza dove ha continuato ad attaccare la stampa...
«Berlusconi parla molto e tutti i giorni, quindi era impossibile “non colpirlo” qualsiasi giorno avessimo scelto. Ma quello che mi ha scandalizzato è stato il suo attacco, rivolto questa volta ad un vasto fronte di giornali, con indirizzi ben precisi. Sono intervenuto stigmatizzandolo perché nella vertenza contrattuale difendiamo anche il diritto di questi giornali, di questi direttori, di questi corpi redazionali di essere indipendenti ed autonomi e di esprimere liberamente le loro opinioni senza essere attaccati, minacciati e intimiditi. Sono abbastanza consueti gli attacchi di Berlusconi alla stampa. Ve ne sono stati di gravissimi, come quelli a L’Unità. Ora mi pare che il premier stia oltrepassando tutti i limiti della decenza. È arrivato ad una offensiva massiccia contro chi si permette soltanto di eccepire e questo è assolutamente grave e va contrastato».
Le critiche sono arrivate anche da sinistra. Il direttore di Liberazione Piero Sansonetti ha contestato la data prescelta per lo sciopero, quel 18 marzo, visto che così si sarebbe oscurata la manifestazione per la pace.
«Agli attacchi della destra e di Forza Italia si è unito quello che considero ingeneroso del direttore e della vicedirettrice di Liberazione. Sono un militante del movimento della pace. Come Fnsi abbiamo aderito alla Tavola della pace e partecipato a decine di manifestazioni. Noi ribadiamo questo nostro impegno. Vi è il mio personale rammarico per aver dovuto scioperare nel giorno della manifestazione di sabato. Ma la nostra è stata una scelta puramente sindacale. Non politica. Una scelta votata da tutta la categoria. Non era possibile spostare quella data per i giornali politici. Avrebbe voluto dire spezzare lo sciopero. Abbiamo fatto bene a tenere unita la categoria. Noi non siamo “eterodiretti” da nessuno. Lo siamo eventualmente solo dai comitati di redazione e dalle redazioni».
Il prossimo 25 marzo sciopereranno i giornalisti di radio e televisioni, e poi?
«Vi sono molti colleghi che chiedono un altro sciopero prima delle elezioni. Valuteremo questa proposta. Abbiamo a disposizione ancora sei giorni di sciopero. C’è chi ha proposto di essere presenti con le ragioni della vertenza il giorno dell’apertura del nuovo parlamento. Mi sembra una proposta intelligente. Ne discuteremo nei prossimi giorni».
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