3.10.06

La posizione dei Cip sulle disposizioni della finanziaria per la scuola

Comitato insegnanti precari

I C.I.P., Comitati Insegnanti Precari, esprimono forti riserve sui provvedimenti per la scuola contenuti nella finanziaria del 2007 varata dal governo Prodi.
"Innanzitutto – sostiene Gianfranco Pignatelli, presidente nazionale dei CIP - deploriamo il metodo, tutto italiano, di ricorrere a decisioni raffazzonate ed estemporanee, frutto del mercanteggiamento dell’ultima ora, che riducono o contraddicono gli impegni assunti in campagna elettorale.
Decisioni precedute da un estenuante chiacchiericcio di cifre in libertà, finalizzate solo a disorientare i cittadini tanto da far sì che le determinazioni finali siano accettate come il male minore e non già come le migliori o le più opportune". In quest’ottica rientrano le 150.000 assunzioni programmate nei prossimi tre anni. Rispetto al ventilato spauracchio del blocco del tour over è meglio, ma non basta. Infatti, sapendo che nel 2006/2007, i precari impegnati per incarichi annuali sono 145.000, e i pensionamenti crescono del 40-60% all’anno, è del tutto evidente che alla fine del prossimo triennio la quota dei precarizzati sarà aumentata. Esattamente come nell’era Moratti e al contrario di quanto indicato nel programma dell’Unione.
I CIP, pur apprezzando il mancato vincolo dei pensionamenti per il 2007, denunciano il taglio mascherato delle cattedre compiuto mediante l’aumento degli alunni per classe e la diminuzione degli istituti. A tale proposito il ministro dell’economia ha sostenuto la necessità di adeguare il rapporto alunni/docente agli standard europei, dimostrando d’ignorare la realtà territoriale e demografica del nostro paese e, peggio, di trascurare il livello di fatiscenza ed inadeguatezza alle norme di sicurezza degli edifici scolastici.
"Raccapricciante – spiega Pignatelli - risulta il ricorso allo stesso criterio e al medesimo gergo impiegati dal governo di centro-destra. L’istruzione non è intesa come settore strategico per la vita e il futuro del paese nel quale investire, ma come spreco o costo da razionalizzare che, in politichese bipartisan, ha un solo significato: tagliare!". Lo attesta il fatto che, sebbene il governo Berlusconi abbia riservato all’amministrazione e alla didattica, nel 2005, solo un terzo delle risorse disponibili nel 2001 (appena 110.871 milioni di euro contro i 331.440 di cinque prima), il governo Prodi sia intervenuto con ulteriori tagli. Gli effetti di questa bieca economia sono strutture sempre più fatiscenti e sempre meno conformi alle norme di sicurezza, una disparità retribuzione degli insegnanti dai 6.000 ai 20.000 euro annui in meno rispetto a quella media dei loro colleghi appartenenti ai paesi Ocse ed il precariato triplicato nell’ultimo decennio (+157% e 145.000 supplenti annuali, pari 20% dell’intero organico).
I CIP, inoltre, criticano il provvedimento lì dove prevede il blocco delle graduatorie permanenti per l’accesso all’insegnamento dal 2010. Esso, oltre a non essere risolutivo, costituisce un inaccettabile attentato ai diritti acquisiti dai precari e, alla luce del sospeso art.5 della riforma Moratti, fa da preludio alla chiamata diretta, (gestita dirigenti scolastici "a trattativa privata), al nepotismo ed al clientelismo, a discapito della trasparenza e del rispetto delle priorità conseguite mediante pubblici concorsi ed esperienza didattica pluriennale.
I CIP a tale riguardo ritengono imprescindibile il diritto alla collocazione in ruolo di tutti gli iscritti in graduatoria permanente e di merito fino al loro completo esaurimento. In questa materia la finanziaria risulta lesiva delle legittime aspettative professionali ed umane dei 450.000 precari iscritti nelle sole graduatorie permanenti. Questi, con i tagli occupazionali previsti ed il ventilato allungamento del limite di pensionamento, sarebbero espulsi dalla scuola prima ancora di esserne assunti. Sarebbe bastato impedire la dissennata creazione di ulteriore precariato mediante la sospensione delle SSIS, subordinando la creazione di qualsivoglia percorso abilitativo al reale fabbisogno.
Infine, per quanto si ritenga positivo il previsto innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, appare bizzarra la sua attuazione in mancanza di una ponderata riforma dell’istruzione superiore.
In estrema sintesi, in sede parlamentare, ci aspettiamo dal governo di centro-sinistra e dall’opposizione quegli idonei emendamenti che evitino alla scuola una gestione clientelare e mercenaria, agli studenti la deriva dell’autoapprendimento o l’affidamento al più improvvisato dilettantismo didattico. Al CIP interessa una scuola di tutti e per tutti, evoluta, equa e solidale, dove le precarietà lasci il posto alla qualità dell’offerta formativa, direttamente connessa alla continuità didattica e, quindi, alla definitiva stabilizzazione del personale docente.

Roma, 30 settembre 2006
CIP - Direttivo Nazionale
02/10/2006

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