Bernocchi e i Cobas annunciano le prossime mobilitazioni. Il 4 novembre «Stop precarietà ora», il 17 sciopero anti-manovra.
I Cobas non usano mai mezzi termini, e ora hanno inventato una nuova parola per ribattezzare la prima finanziaria Prodi: è un «ammazzaprecari». Il neologismo un po' truculento viene da Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas scuola, che annuncia lo sciopero generale - insieme alla RdbCub - il 17 novembre. Nello stesso tempo, da ben 13 giorni, diversi esponenti dei Cobas scuola sono in sciopero della fame per vedersi riconosciuto dal ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni il diritto all'assemblea. Il nostro dialogo con Bernocchi è però partito da un'altra manifestazione, quella prevista il 4 novembre prossimo e che porterà in piazza un larghissimo arco di sigle della sinistra, del sindacato e del movimento, «Stop precarietà ora».
Dunque il 4 novembre scenderete in piazza anche voi.
Sì, partiamo da una piattaforma elaborata l'8 luglio e che tuttora condividiamo: chiede l'abrogazione della riforma Moratti, della legge 30 e della Bossi-Fini; la stabilizzazione di tutti i precari del pubblico impiego e il riassorbimento dei servizi pubblici esternalizzati. Ma è anche vero che in questi mesi il governo ha agito, e in una direzione che noi non condividiamo affatto. Dunque è indubbio che la nostra partecipazione deve essere attualizzata. Prendiamo ad esempio la legge 30: si è parlato di «abrogazione», poi di «superamento», di profonda modifica, ma ora addirittura siamo arrivati a recepirla e in molti casi a peggiorarla. Mi riferisco ovviamente al caso Atesia, un vero e proprio verminaio di sfruttamento scoperchiato grazie all'ispezione richiesta dai giovani del Collettivo precari, e che oggi la circolare Damiano e l'avviso comune firmato da sindacati e imprese vogliono annullare. Ecco: il sindacato avalla l'applicazione della legge 30, fatta eccezione per la Fiom, la Rete 28 aprile e Lavoro Società. A noi tutto questo non sta bene, come l'impostazione della finanziaria: perciò in piazza, dal palco, queste cose le vogliamo dire. Insomma non siamo d'accordo con chi afferma: «la manifestazione del 4 novembre non è contro la finanziaria», perché per noi sta dentro anche questo aspetto. Faremo presenti queste divergenze alla prossima riunione del tavolo, proponendoci comunque di venirci incontro e dialogare come fino a questo momento è stato.
Perché la finanziaria non vi piace?
Perché dà pochi euro con la riforma fiscale, ma ne toglie molti con l'aumento dei contributi pensionistici e il rischio di un rialzo incontrollato di tasse locali e costi sanitari. Il pubblico impiego vede dieci euro scarsi di aumento contrattuale, e un'assunzione dei precari risibile rispetto alle centinaia di migliaia di persone in attesa. Idem per la scuola, che addirittura avrà minori risorse: 350 milioni tagliati, il personale Ata che si riduce del 5% e i docenti del 2%. I 150 mila precari da assumere in tre anni restano solo un annuncio, per ora. E comunque non basterebbero a coprire neppure i due terzi degli insegnanti in uscita nel prossimo quadriennio. E le pensioni dove le mettiamo? Un aggravio dello 0,30% nei contributi dei dipendenti, un aumento di 5 punti per la previdenza dei parasubordinati, che per giunta dovranno pagarsi di tasca loro. Come se non bastasse, da gennaio si va a trattare per ridurre ulteriormente gli assegni e aumentare l'età di uscita. Ma di cosa stiamo parlando? Questa non è affatto una «finanziaria di svolta», come si ostina a dire non solo il governo, ma anche chi la sostiene a sinistra e nel sindacato, a partire da Rifondazione e dalla Cgil. Oltretutto, esaltarla oggi significa abbassare il prezzo domani, al tavolo su pensioni, mercato del lavoro e contratti. Lì le imprese diranno che i lavoratori hanno già avuto e che dunque è arrivato il momento di dare.
Intanto come Cobas scuola state continuando lo sciopero della fame.
Sì, la riforma Berlinguer del 1999 ha tolto il diritto di assemblea ai lavoratori per darlo ai «sindacati maggiormente rappresentativi». Una formula che ci nega i diritti basilari. Il ministro Fioroni, non volendoci riconoscere una riparazione, ha una grave responsabilità. A maggior ragione se - come noi crediamo lo avesse fatto per favorire i confederali.
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