La precarietà si sta rivelando il cardine del mercato del lavoro piacentino: nel 2005 oltre il 60 per cento delle nuove assunzioni vede il ricorso a contratti a tempo determinato, di collaborazione occasionale o a progetto, part time.
Una precarietà che rappresenta il 16 per cento dei lavoratori e caratterizza in maniera preponderante l'occupazione femminile (il 30 per cento). Sono i dati emersi dal report dell'Osservatorio del mercato del lavoro della Provincia di Piacenza, analisi relativa alla situazione del mercato del lavoro e del sistema scolastico nel 2005 e nei primi mesi del 2006, presentato ieri dall'assessore al Lavoro Fernando Tribi, dal dirigente di settore Pietro Natale e da Elena Bensi dell'Osservatorio.
La realtà piacentina mostra tuttavia segnali positivi. «Piacenza si conferma come territorio con indici di qualità, per quanto riguarda l'occupazione (64 per cento), con una media superiore a quella nazionale (57,5 per cento), ma inferiore rispetto a quella dell'Emilia Romagna (68,4 per cento)», ha esordito l'assessore Tribi.
«Nel 2005 abbiamo registrato una crescita della disponibilità di forza lavoro in provincia: quattromila persone in più rispetto all'anno precedente hanno cercato un'occupazione. Questo ha fatto sì che aumentassero entrambi gli indici, sia quello di occupazione che di disoccupazione. Un dato significativo, se si considera che la nostra provincia ha una popolazione più anziana rispetto alle altre province della regione». Altro aspetto messo in rilevo è il "sorpasso" delle tipologie contrattuali atipiche rispetto a quelle stabilizzanti: due terzi dei nuovi contratti lavorativi applicano forme di flessibilità.
Solo un terzo dei lavoratori neo assunti, dice Tribi, può contare su un contratto a tempo indeterminato, mentre il numero complessivo dei precari presenti a Piacenza oscilla tra i 18mila e i 20mila. Un calcolo indicativo - sottostimato, secondo Tribi e Bensi - definito in base agli iscritti alla gestione separata Inps e dei dati relativi agli avviamenti al lavoro presso i centri per l'impiego.
Il discorso cambia prendendo in considerazione i lavoratori stranieri, che possono contare su un maggior livello di stabilità.
I contratti a tempo indeterminato sono a quota 40 per cento (gli italiani al 26 per cento), mentre i tempi determinati sono il 56 per cento, contro il 66 per cento degli italiani, con una concentrazione nei livelli più bassi della scala delle professioni, manuali e poco qualificate.
Per quanto riguarda il tasso di attività, i livelli più elevati sono registrati nella fascia d'età compresa tra i 25 e i 44 anni (80 per cento), mentre soltanto il 13,2 per cento degli ultra cinquantenni appartiene ancora alle forze lavoro. Il peso dei giovani ha un ruolo marginale: solo il 35,3 per cento delle persone di età compresa tra i 15 - 24 anni ha un lavoro o è alla ricerca di un impiego.
Dato che si spiega, in parte con l'elevata scolarizzazione degli studenti piacentini: oltre il 90 per cento dei ragazzi (tra i 15 e i 19 anni) va ancora a scuola. Ed è elevato anche il tasso di scolarizzazione universitaria: il 73 per cento dei giovani piacentini è iscritto all'università.
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