23.10.06

4 Novembre, movimento e lavoro finalmente uniti (il Manifesto)

In tanti, e tante volte, abbiamo provato a far vivere nel movimento dei movimenti il tema della precarietà, affermando che il progressivo attacco ai diritti sociali e del lavoro rappresentasse la frontiera più avanzata delle politiche neoliberiste che volevamo combattere. Non a caso, dicevamo, le giornate del luglio genovese erano state precedute dallo sciopero «separato» della Fiom che metteva al centro della battaglia sul contratto proprio il tema della precarietà. Eppure questo ragionamento ha faticato ad entrare nel dna del popolo «altermondialista», spesso (e non sempre a torto) sospettoso nei confronti della «pesantezza» delle dinamiche «sindacali». Ma i suoi germi hanno portato molti di noi ad essere davanti ai cancelli della Fiat, da Termini Imerese a Cassino, insieme ai lavoratori che si battevano contro la cassaintegrazione, o con gli autoferrotranvieri che bloccavano i depositi chiedendo il rispetto del contratto, o ancora nella campagna referendaria per l'estensione dell'articolo 18, convinti che solo estendendo un diritto lo si difenda, ma che solo difendendo quelli acquisiti si possa crearne di nuovi.
Anche da tutto questo nasce, oggi, il percorso che ci ha portato all'assemblea di luglio al Brancaccio, e che ci porterà, speriamo in tanti, il 4 novembre in piazza dietro lo slogan «Stop precarietà ora!»
La forza del 4 risiede nella capacità di mettere in rete esperienze diverse, sindacati e associazioni, collettivi studenteschi e reti migranti... cogliendo la necessità di sferrare un attacco «coordinato e continuativo» alla precarietà, offrendo una sponda nazionale alle miriadi di lotte e vertenze che si sviluppano nei luoghi di lavoro e nei territori, ma anche nella «esigibilità» delle rivendicazioni contenute nella piattaforma, a partire dalla richiesta chiara e non aggirabile di abrogazione delle tre «leggi vergogna» del governo Berlusconi (la 30 e Bossi-Fini, la riforma Moratti).
E' evidente, quindi - pena il nascondere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi - che la manifestazione del 4 è tutta dentro la fase politica attuale e lo scontro sulla prima finanziaria Prodi. Chi sarà in piazza per l'abrogazione della legge 30 non potrà certo condividere le affermazioni del ministro Damiano che continua a prospettarne solo parziali «correttivi», non potrà gioire del «salvataggio» che l'articolo 178 offre ad aziende come Atesia nell'emersione del lavoro falsamente autonomo, né dell'aumento dei contributi previdenziali per i lavoratori autonomi che rischia di essere scaricato per intero sui salari; chi sarà in piazza per l'abrogazione delle leggi Moratti e l'assunzione dei precari della scuola e del pubblico impiego non sarà certo contento degli ennesimi tagli annunciati all'istruzione pubblica, del tetto del 40 % per la stabilizzazione dei precari del pubblico impiego, e del saldo negativo tra le assunzioni annunciate e i pensionamenti previsti, né potrà sostenere l'ennesimo aumento di finanziamenti alle scuole private; chi, infine, sarà in piazza per l'abrogazione della legge Bossi-Fini non potrà che condannare la volontà del ministro Amato di mantenere in vita i Cpt, né la timidezza con cui il governo affronta il tema dei diritti dei migranti. Per tutti questi motivi, quindi, il 4 sarà il primo passaggio di una battaglia lunga, che potrà vivere solo se saprà sviluppare l'autonomia e la radicalità necessarie alla costruzione del conflitto. Il successo del 4 misurerà anche la possibilità di mantenere aperto lo spazio dei movimenti nella nuova fase, fuggendo la tentazione della delega alla politica istituzionale e dell'illusione del governo amico.

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