16.10.06

Incontrotempo3: “Sport: socialità, comunicazione o repressione politica?”

LO SPORT PER TUTTI E TUTTE DI TUTTE E DI TUTTI "Sport, voce del verbo TO SPORT: contare i passi, misurare il gioco con il proprio corpo, con la propria vita. Conquistare lo spazio, controllare il tempo, inventare un senso".

1. Lo sport del novecento
L’impianto ideologico dello sport del Novecento è mutuato dall’industrialismo: il primato della prestazione assoluta; la competizione universale come modello di comportamento; il progresso come crescita materiale illimitata; l’alleanza tra tecnica e lavoro disciplinato; il prestigio e la valorizzazione sociale vincolati al risultato unico.

Lo sport è stato per cento anni un fenomeno planetario di CIVILIZZAZIONE, di globalizzazione buona: pur tra mille contraddizioni e ipocrisie, nello sport andava in scena una società più aperta e paritaria di quella reale, una metafora della moderazione dei rapporti sociali (parità razziale, fair-play, democrazia delle pari opportunità, valorizzazione del corpo).

2. Tutta l’educazione è fisica
Un buon allenatore dovrebbe essere capace ad organizzare il movimento. Organizzarlo, non reprimerlo. È la responsabilità di gestire il movimento di un gruppo sociale negli spazi e nei tempi della scuola o dello stage. Di creare e condividere gli schemi corporei, le configurazioni motorie e le regole di relazione che attivano sicurezza, curiosità, familiarità, cooperazione. E valorizzazione di sé.
Giochi e risvegli sono un bisogno elementare, non della scuola elementare. Impegnare il corpo nell’esplorazione e nella rappresentazione del mondo è una modalità di base dell’apprendimento, non solo una modalità dell’apprendimento di base. Tutta l’educazione è fisica.

3. Che cosa esattamente intendiamo dire con lo sport per tutti e tutte, di tutti e di tutte?
Prima di tutto noi esprimiamo un obiettivo sociale, politico e culturale:noi consideriamo la pratica sportiva come un diritto di cittadinanza da realizzare. Tutti i cittadini devono poter fare sport. Un diritto da realizzare superando le storiche barriere di classe sociale, di sesso, di età e di condizione fisica che escludono ancora milioni di donne e di uomini da qualsiasi pratica sportiva.
Consideriamo lo sport per tutti come una parte essenziale del welfare che va garantito a tutti i cittadini. Ma le barriere sociali non sono le uniche barriere che ne impediscono la realizzazione: c’è anche una barriera tecnica, una barriera anche dentro lo sport. Infatti, se lo sport è soltanto massima prestazione e record, non può TECNICAMENTE essere per tutti. Può essere formalmente aperto a tutti, ma è tecnicamente riservato ai migliori. Pensiamo alla scuola: se lo sport nella scuola è indirizzato alla performance, alla selezione precoce dei migliori, non avrà effetti di inclusione ma di esclusione, creerà drop out. Per questo il nostro non è solo un obiettivo sociale ma anche un problema “tecnico”: è la ricerca incessante di nuove forme, di nuove regole, di nuove modalità di attività sportiva, effettivamente praticabili da tutti e a ogni età, non soltanto dai soggetti ottimali. E’ perciò impossibile concepire lo sport per tutti come un casa già pronta, come una costruzione compiuta: è un work in progress una tendenza culturale innovatrice che percorre tutto l’universo sportivo e che si esprime trasformando e rielaborando l’attività sportiva tradizionale e aprendo nuove strade.

4. Lo sport come diritto di cittadinanza
Lo sport e il mondo che lo caratterizza sono una realta' molto articolata e complessa fatta di miti, storia, campioni, atleti, squadre, manager, allenatori, allenamenti, gare, federazione, club,interessi economici, pubblicita', ideologie, attegiamenti, credenze competizioni, conflitti, divertimento,vincenti e perdenti.
Lo sport per tutti e tutte e' qualcos' altro, noi esprimiamo un obiettivo sociale, politico e culturale: noi consideriamo la pratica sportiva come un diritto di cittadinanza da realizzare. Tutti i cittadini devono poter fare sport. Un diritto da realizzare superando le storiche barriere di classe sociale, di sesso, di età e di condizione fisica che escludono ancora milioni di donne e di uomini da qualsiasi pratica sportiva. Consideriamo lo sport per tutti come una parte essenziale del welfare che va garantito a tutti i cittadini. Ma le barriere sociali non sono le uniche barriere che impediscono la realizzazione dello “sport per tutti”: c’è anche una barriera tecnica, una barriera anche dentro lo sport. Infatti, se lo sport è soltanto massima prestazione e record, non può tecnicamente essere per tutti. Può essere formalmente aperto a tutti, ma è tecnicamente riservato ai migliori. Pensiamo alla scuola: se lo sport nella scuola è indirizzato alla performance, alla selezione precoce dei migliori, non avrà effetti di inclusione ma di esclusione, creerà drop out. Per questo lo “sport per tutti” è un obiettivo sociale ma anche un problema tecnico: è la ricerca incessante di nuove forme, di nuove regole, di nuove modalità di attività sportiva, effettivamente praticabili da tutti e a ogni età, non soltanto dai soggetti ottimali. E’ perciò impossibile concepire lo sport per tutti come una casa già pronta, come una costruzione compiuta: è un work in progress una tendenza culturale innovatrice che percorre tutto l’universo sportivo e che si esprime trasformando e rielaborando l’attività sportiva tradizionale e aprendo nuove strade.
La Dichiarazione di Barcellona del 22 novembre 1998, a chiusura del Sesto Congresso mondiale dello sport per tutti promosso dal CIO, parla dello sport per tutti come di un “diritto umano”.

5. Ma che tipo di diritto umano è il diritto allo sport?
Nella cultura sportiva tradizionale, il diritto allo sport significa: se sei veloce, non importa che tu sia bianco o nero. Nella cultura dello sport per tutti, il diritto allo sport significa il diritto a correre, a nuotare, a giocare anche se non sei veloce, anche se sei lontano per età o condizione fisica dall’immagine ideale dello sportivo e del campione.
La pratica sportiva e' quindi intesa come mezzo per soddisfare altri bisogni: preservare un buono stato di salute stare in mezzo la natura, scaricare lo stress, socializzare con altre persone. A questa domanda si deve rispondere con strumenti legislativi e finanziari, adeguati. (Reddito di cittadinanza universale ed incondizionato).

appuntamento ore 18.00 @Incontrotempo

Nessun commento: