4.10.06

Contro tutte le precarietà il 4 novembre a Roma (il manifesto 4/10)

Il movimento di Genova riparte dalla lotta alla precarietà. Le stesse organizzazioni, movimenti, associazioni e gruppi, che diedero vita nel 2001 alle giornate di lotta contro la globalizzazione durante il vertice del G8, si sono dati appuntamento per il 4 novembre a Roma, per una grande manifestazione nazionale che ha come primo obiettivo l'abrogazione della Legge 30, della Bossi-Fini, della legge Moratti.
Dopo l'assemblea dell'8 luglio scorso che ha dato vita al movimento «Stop precarietà ora», l'appuntamento che proponiamo si pone l'obiettivo esplicito di rovesciare l'agenda della politica italiana, mettendo al primo posto le persone e i loro diritti.
Oggi quella agenda è ribaltata. Al primo posto ci sono il rigore e lo sviluppo e poi, se avanza qualcosa, si aggiunge la cosiddetta equità. Dopo una gigantesca redistribuzione della ricchezza ai danni del lavoro, dopo una diffusione della precarietà che l'ha resa condizione normale, la politica ragiona ancora una volta come se non fosse successo nulla.
Non si conoscono ancora tutti i dettagli della legge finanziaria, ma è chiaro che, al di là dei tagli da un lato e delle compensazioni dall'altro, il suo segno di fondo non cambia rispetto alle politiche economiche degli ultimi venti anni. E, soprattutto, la questione della precarietà resta marginale nelle misure e nelle scelte di fondo che vengono compiute.
Il centro sinistra aveva scritto nel suo programma il superamento della Legge 30. Non pare che la direzione di marcia sia quella. Il Dpef parlava solo di rivisitazione di quella legge, mentre il ministro del lavoro propone di affrontare la questione della precarietà sulla base di un accordo tra le parti sociali. Come chiedere a Bertoldo (la Confindustria in questo caso), di scegliere l'albero a cui impiccarsi.
D'altra parte il ministro degli interni, Giuliano Amato, ha chiarito che i Centri di permanenza temporanea (Cpt) non si chiudono, e che si faranno solo dei ritocchi alla legge Bossi-Fini, ma non se ne incrinerà la sostanza che impone ai migranti la tagliola del ricatto permanente. La scuola poi subisce alcuni degli effetti più negativi della finanziaria. Insomma, sul fronte dei diritti la situazione è negativa e al massimo non arretra.
La precarietà del lavoro, la precarietà sociale, la precarietà del futuro che oggi toccano sempre più persone non si combattono così. Senza una svolta sul terreno delle scelte politiche e sociali, la precarietà continuerà ad essere lo strumento principale con il quale il mercato e l'impresa liberista amministrano il proprio potere sulla vita delle persone. La precarietà non è un incidente di percorso della nostra società. Essa è il versante con il quale il mercato globale trasforma le persone in merci in continua competizione.
La legislazione italiana, sotto tutti gli ultimi governi ha agevolato il processo di precarizzazione del lavoro. In un certo senso hanno perciò ragione coloro che sostengono che le radici della Legge 30 risalgono al Pacchetto Treu e ad altre misure precedenti. Ma è vero però che questa legge riassume in sé ed estende tutte le scelte negative del passato.
Lo stesso avviene con la legge Bossi-Fini e con la controriforma Moratti. Ed è forse per questo che le forze del cosiddetto riformismo, e non solo quelle della destra, sono contrarie all'abrogazione di queste leggi. Perché con la loro cancellazione inizierebbe davvero un percorso di liberazione della politica dalla subalternità al mercato. E questo oggi purtroppo non è nell'aria.
La lotta alla precarietà non si esaurisce con l'abrogazione delle leggi simbolo del governo Berlusconi, ma senza quella misura le cose non cominceranno neppure a cambiare. L'abrogazione è la prima condizione, necessaria anche se non sufficiente, per invertire il processo di precarizzazione del lavoro e della vita.
Il movimento riparte da qui, provando a superare in concreto le incertezze, le divisioni e la passività di questo ultimo periodo. Proviamo davvero a incidere sulla politica e sulla società italiana ripartendo dalla sola cosa che l'ha fatta cambiare davvero: il protagonismo dei movimenti.

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