8.3.06

Il giardiniere Brunetta (Alessandro Robecchi - il manifesto)

Dal Manifesto del 5 marzo 2006:

CONTRORDINE
Il giardiniere Brunetta
ALESSANDRO ROBECCHI

Prendiamo per buone le affermazioni di Renato Brunetta (questa sì che è satira, ragazzi!). Cioè che «la crescita dell'albero non è merito o colpa del giardiniere». Una metafora poetica con cui il noto economista tascabile intende questo: il governo non può farci niente se il pil non cresce e sta inchiodato a zero, dunque se la crescita italiana è pari a un rotondo 0,0 non dipende certo dall'abilità o dalla scarsa abilità di Brunetta e dei suoi amici, giardinieri che passavano di lì mentre l'albero si atrofizzava. È una cosa che fa riflettere, in effetti, anche se mi sentirei meglio a rifletterci dopo aver licenziato il giardiniere. Resta il fatto che l'albero non cresce, e in queste condizioni tutto il bello (?) e il buono (?) che i giardinieri della destra hanno fatto in questi anni poteva andare meglio. Ecco cosa dice a proposito della legge Biagi l'amministratore delegato di Fastweb: «Una legge che ha dato risultati importanti, ma che poteva dare di più poiché ha lavorato in un periodo di recessione economica». Con veloce traduzione simultanea, ecco cosa significa: precarizzare il mondo del lavoro, specie per i giovani, avrebbe avuto più senso in un periodo di crescita economica, invece, siccome lo si è fatto in periodo critico, i risultati non sono proprio eccellenti.

In pratica, il giardiniere era ubriaco, o distratto, o se n'è fregato alla grande, e in un periodo di crisi ha ritenuto giusto precipitare intere generazioni di lavoratori in una crisi ancora più nera.

Ora, nonostante gli italiani sappiano benissimo quali sono le trappole di insicurezza sociale e spaventevole futuro che la legge 30 gli dona gentilmente, i vari giardinieri se ne vanno in tour a illustrare le magnifiche sorti e progressive di una legge che secondo loro avrebbe dato una grossa mano ai giovani. Ed ecco che in margine alla presentazione del libro (elettorale) del sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi (scritto con Michele Tiraboschi) si scoprono alcune cose notevoli, che vale la pena di appuntarsi, a futura memoria. Un futuro da precari?, è il titolo, e francamente vien da chiedersi il perché di quel punto di domanda. Segue dibattito. Vi risparmio l'analisi sul mercato del lavoro, dove si cantano le lodi dei contrattini, degli interinali a vita, dei progetti continuamente rinnovati, delle vite sezionate a tre-sei mesi, tutte cose che concorrono a dire che l'occupazione è aumentata quando è solo spaventosamente peggiorata. Vi risparmio anche Sacconi che se la prende con l'Istat e le sue cifre, dicendo che le 100.000 unità lavorative in meno segnalate dall'istituto di statistica sono «un'astrazione teorica». Interessanti, invece, in qualche modo illuminanti, certe conclusioni dei maggiorenti, amici e sodali dei giardinieri, invitati a commentare l'opera. Come mai autori e corifei di una simile legge non vengono osannati e ringraziati, magari portati in trionfo, dai tanti giovani beneficiati dalla legge 30? Perché dopo aver usufruito di una così raffinata architettura di fregature contrattuali, i ragazzi italiani non fanno la òla inneggiando a Brunetta e Sacconi? Già, buona domanda. Rispondono gli interessati.

Per esempio perché c'è una cultura che «atrofizza gli stimoli individuali». Perbacco. Oppure perché ci si balocca troppo con i diritti anziché darsi da fare: bisogna «cercare la responsabilità e il dovere, non i diritti». O ancora, perché se ne stanno con le mani in mano, come chiosa Confalonieri «sgridando» i giovani italiani perché essi «hanno meno iniziative dei giovani europei». Riassumendo: cari giovani, vi abbiamo fatto una buona legge per precarizzarvi, ma voi siete dei fessi, pensate solo ai vostri diritti, non avete iniziativa, sotto sotto siete delle merde che remano contro, alberelli stenti che non vogliono crescere.

Insomma: poca voglia di lavorare, vecchio réfrain da maggioranza silenziosa e liberale (non ci sono più le mezze stagioni, tutta colpa dei sindacati ecc. ecc.). Ed ecco spiegato, in due parole, perché i giovani italiani (e anche i meno giovani) quella legge lì non la vogliono, non la reggono e gli fa schifo. È colpa dell'albero, scusate, cosa c'entra il giardiniere? Applausi.(alessandro robecchi)

Categorie: , , ,

Nessun commento: