GATTEO - Un’altra giornata fatta di adunate degli operai fuori dallo stabilimento, di trepidanti attese, di visite politiche incrociate, di attestati di solidarietà, di dibattiti. E anche di qualche tensione all’interno del fronte sindacale. Ma di proposte del management, ancora, neppure l’ombra. Il tavolo di crisi istituzionale, sotto la regia del sindaco Tiziano Gasperoni, non sarà convocato neppure questa sera. E’ tutto rinviato all’inizio della prossima settimana. Solo allora i manager di Arena risponderanno alla richiesta avanzata: riprendere le lavorazioni a S.Angelo, seppure a ritmo ridotto. Questa mattina a Roma ci sarà un summit tra i sindacati nazionali di categoria e i vertici dell’azienda, che si preannuncia decisivo: da lì dovrebbe partire l’inizio della fumata bianca o di quella nera.Nel complesso, è stato insomma un giovedì drammaticamente “ordinario”. Con le solite, uniche vittime designate “sulla graticola”: i 700 dipendenti della ditta di S.Angelo. Il momento clou di ieri si è così rivelato il Consiglio straordinario aperto alla cittadinanza che si è svolto a Gatteo, interamente dedicato all’emergenza locale in atto.La mattinata si era aperta con un’azione di “raffreddamento” della Flai-Cgil dopo che Agria Holding (ex Arena Holding Spa) si è detta “disponibile al confronto con le organizzazioni sindacali per trovare una soluzione praticabile e soddisfacente per lo stabilimento di Gatteo”. Dopo le pesanti accuse contro il management del colosso avicolo, il sindacato ha corretto il tiro: “Non è in discussione la fiducia verso l’azienda, ma deve dare un segnale importante e concreto riprendendo da subito l’attività produttiva dello stabilimento di Gatteo”.Giuliano Zignani, segretario della Uil cesenate, ha invitato tutti a rimanere uniti: “In un momento come questo, le dichiarazioni fatte da Chiriaco, della Flai-Cgil, sono state inopportune.
Al di là del merito, la sua scelta è stata tatticamente sbagliata, perché ha dato un’arma ad Arena per sfuggire al dialogo e ha rischiato di incrinare la compattezza a livello sindacale. In questo momento, c’è invece l’esigenza di restare tutti uniti. Mi appello al buon senso di ciascuna parte per arrivare all’unico obiettivo che conta: sapere dall’azienda, nel giro di qualche giorno, quale sarà il destino dello stabilimento di S.Angelo. Che il suo futuro sia in forte discussione e che Arena abbia difficoltà finanziarie lo sappiamo già, non c’era bisogno di ribadirlo”.Nel tardo pomeriggio il sindaco di Cesena, Giordano Conti, ha fatto visita agli operai a S.Angelo. “Stiamo cercando un’intesa con le banche per anticipare l’erogazione dei soldi della cassa integrazione ai lavoratori - ha detto - Ma il problema vero, qui, è la prospettiva futura. Come sindaci del comprensorio faremo pressione tutti insieme sull’azienda perché vengano mantenuti i posti di lavoro: non è accettabile chiudere lo stabilimento di S.Angelo per salvare quelli posizionati altrove”.Poco prima, una piccola delegazione di lavoratori si era recata in Provincia, a Forlì, in occasione della seduta dell’Assise per chiedere appoggio. Anche qui sono state spese promesse bipartisan: in particolare, è stato confermato che non verrà mai autorizzato alcun cambio di destinazione d’uso dell’area.Continua, nel frattempo, la pioggia di manifestazioni di solidarietà con i lavoratori in lotta da parte dei colleghi di altre aziende del territorio: ieri hanno fatto sentire il loro appoggio la rsa di Orogel, Pollini, Vicini ed Alea.E il Consiglio straordinario aperto alla cittadinanza? Il teatro “Paglughi” di Gatteo, che lo ha ospitato, era strapieno. Già dai primi interventi si è capito il leit-motiv: parole drammatiche di alcuni lavoratori (che hanno sottolineato che, più che parlare, si aspettavano risposte dai politici), critiche alla dirigenza di Arena, appelli dei sindacalisti alle istituzioni perché facciano la loro parte fino in fondo. Il tutto in un clima molto caldo, fino a tarda ora.
Gian Paolo Castagnoli
http://www.corriereromagna.it/
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31.3.06
31/3 [Milano] Precari in piazza
Protesta del personale del settore servizi all’infanzia del Comune di Milano. Lo sciopero è stato indetto dalle rappresentanze sindacali di Sdb Sin Cobas, RdB-Cub e Slai Cobas hanno proclamato uno sciopero del personale con rapporto di lavoro precario, che durerà per l'intera giornata, mentre per il personale a tempo indeterminato, con esclusione del personale educativo e dei funzionari del settore servizi all’infanzia e polizia municipale, l'astensione roguarderà le ultime due ore del servizio .
Sempre per la giornata di oggi anche le rappresentanze di Fp-Cgil, Fps-Cisl e Uil-Fpl hanno proclamato, per l’intera giornata, uno sciopero del personale del settore
Categorie: manifestazione sciopero milano marzo2006 precari comune sincobas rdbcub cub rdb slaicobas infanzia confederali foto
Sempre per la giornata di oggi anche le rappresentanze di Fp-Cgil, Fps-Cisl e Uil-Fpl hanno proclamato, per l’intera giornata, uno sciopero del personale del settore
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[Pisa] Precariuniversita ': una valanga!
Commenti e valutazioni sulla straordinaria partecipazione al referendum dei precari della ricerca e della didattica dell’Università di Pisa
Il primo dato che emerge inequivocabilmente da questo referendum è la straordinaria partecipazione in tutte le Facoltà da parte di tutte le figure precarie della ricerca e della didattica dell’Università di Pisa: 1087 votanti (Lettere 142; Ingegneria 220; Giurisprudenza 139; Scienze 252; Medicina 227; Agraria 106). Una partecipazione ancora più importante in quanto espressione di una categoria non organizzata che tramite la partecipazione e l’autorganizzazione ha deciso di prendere la parola e di esprimersi su una piattaforma rivendicativa dandosi degli obiettivi e individuando delle richieste precise.
Infatti questo referendum ha messo in evidenza in maniera inequivocabile la deregolamentazione assoluta dei rapporti di lavoro nel mondo universitario. Abbiamo registrato l’esistenza di oltre 17 figure differenti che quotidianamente lavorano nei nostri dipartimenti. Centinaia e centinaia di lavoratori che per anni e anni transitano da un contratto all’altro accomunati da una fortissima condizione di precarietà e dalla mancanza di prospettive vista l’assenza di qualsiasi forma di programmazione e di investimento da parte dell’ateneo. Emerge una vera e propria giungla in cui vivono assegnisti, borsisti, co.co.co, specializzandi, professori a contratto, dottorandi, la cui età media è molto elevata e la cui condizione di ricattabilità permanente
Questo referendum è stata l’occasione per una reale presa di coscienza del proprio status di lavoratori. Riteniamo, quindi, che l’Università non possa più chiudere gli occhi davanti a questi dati, nascondendosi dietro formali distinzioni tra le diverse figure professionali che non rispecchiano per nulla la realtà della vita lavorativa della nostra università.
Questa consultazione è stata anche un momento vero di confronto e di discussione fra i precari sulla propria condizione e sulle rivendicazioni da portare avanti come dimostrano i consensi sui quesiti : Primo quesito: Si 100% -No 0%; Secondo quesito: Si 96,4% - No 3,6%; Terzo quesito: 97,7% - No 2,3%; Quarto Quesito: Si 99% - No 1%; Quinto Quesito: Si 93,5% - No 6,5%; Sesto Quesito: SI 73,7% - No 26,3%; Settimo Quesito: Si 97,3% - No 2,7%.
L’Università di Pisa è chiamata ora a dare delle risposte ai precari della ricerca e della didattica, riconoscendo la nostra esistenza e il nostro lavoro a partire dall’apertura di un tavolo di confronto sui punti emersi dal referendum. L’esito di questo referendum mette al centro e pone una questione non più rinviabile, sulla quale invitiamo tutti coloro che vivono e lavorano nell’Università a prendere una posizione pubblica.
Assemblea dei precari della ricerca e della didattica dell’Università di Pisa
http://italy.indymedia.org/archives/display_by_id.php?feature_id=2788
www.precaripi.unmondodi.it
Categorie: precari ricerca università pisa referendum marzo2006 risultati didattica assemblea
Il primo dato che emerge inequivocabilmente da questo referendum è la straordinaria partecipazione in tutte le Facoltà da parte di tutte le figure precarie della ricerca e della didattica dell’Università di Pisa: 1087 votanti (Lettere 142; Ingegneria 220; Giurisprudenza 139; Scienze 252; Medicina 227; Agraria 106). Una partecipazione ancora più importante in quanto espressione di una categoria non organizzata che tramite la partecipazione e l’autorganizzazione ha deciso di prendere la parola e di esprimersi su una piattaforma rivendicativa dandosi degli obiettivi e individuando delle richieste precise.
Infatti questo referendum ha messo in evidenza in maniera inequivocabile la deregolamentazione assoluta dei rapporti di lavoro nel mondo universitario. Abbiamo registrato l’esistenza di oltre 17 figure differenti che quotidianamente lavorano nei nostri dipartimenti. Centinaia e centinaia di lavoratori che per anni e anni transitano da un contratto all’altro accomunati da una fortissima condizione di precarietà e dalla mancanza di prospettive vista l’assenza di qualsiasi forma di programmazione e di investimento da parte dell’ateneo. Emerge una vera e propria giungla in cui vivono assegnisti, borsisti, co.co.co, specializzandi, professori a contratto, dottorandi, la cui età media è molto elevata e la cui condizione di ricattabilità permanente
Questo referendum è stata l’occasione per una reale presa di coscienza del proprio status di lavoratori. Riteniamo, quindi, che l’Università non possa più chiudere gli occhi davanti a questi dati, nascondendosi dietro formali distinzioni tra le diverse figure professionali che non rispecchiano per nulla la realtà della vita lavorativa della nostra università.
Questa consultazione è stata anche un momento vero di confronto e di discussione fra i precari sulla propria condizione e sulle rivendicazioni da portare avanti come dimostrano i consensi sui quesiti : Primo quesito: Si 100% -No 0%; Secondo quesito: Si 96,4% - No 3,6%; Terzo quesito: 97,7% - No 2,3%; Quarto Quesito: Si 99% - No 1%; Quinto Quesito: Si 93,5% - No 6,5%; Sesto Quesito: SI 73,7% - No 26,3%; Settimo Quesito: Si 97,3% - No 2,7%.
L’Università di Pisa è chiamata ora a dare delle risposte ai precari della ricerca e della didattica, riconoscendo la nostra esistenza e il nostro lavoro a partire dall’apertura di un tavolo di confronto sui punti emersi dal referendum. L’esito di questo referendum mette al centro e pone una questione non più rinviabile, sulla quale invitiamo tutti coloro che vivono e lavorano nell’Università a prendere una posizione pubblica.
Assemblea dei precari della ricerca e della didattica dell’Università di Pisa
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Malpensa "Noi, i dannati dello smistamento bagagli"
Malpensa - Lamentele assortite da parte dei dipendenti di Sea handling: orari inumani, regolamenti discutibili, e una preoccupante spaccatura tra "garantiti" e interinali, italiani ed extracomunitari
"Noi, i dannati dello smistamento bagagli"
I più agguerriti fra i lavoratori che per tre ore hanno tenuto con il fiato sospeso Malpensa erano e restano i lavoratori dell'handling o smistamento bagagli, lavoro duro e delicato a un tempo. Durante l'assemblea molti di essi hanno letteralmente preso d'assalto i pochi giornalisti presenti, facendo presente la gravità dei problemi sul lavoro che incontrano di giorno in giorno. Non ne citeremo i nomi su loro espressa richiesta, per evitare ritorsioni sugli interessati.
Fra le lamentele ricorrenti vi è l'esplosione del numero di interinali, che ormai supera il 50% del personale, con effetti grotteschi. Da una parte i "garantiti", persone con esperienza spesso pluriennale in Sea e orgogliose di una professionalità costruita nel tempo, e che ancora avevano ricevuto una formazione. Dall'altra i precari, terrorizzati o ossequienti, fra cui un gran numero di extracomunitari messi al lavoro apparentemente senza formazione alcuna, demandata ai capisquadra. Uno di questi ultimi ammette: "È un problema. Non solo dobbiamo lavorare come bestie, essendo ormai ridotti a squadre di tre uomini per caricare interi voli intercontinentali, con bagagli che quasi mai rispettano il limite previsto dei 25 chili (si sa, il cliente ha sempre ragione), ma dobbiamo anche vigilare continuamente sugli interinali perchè non facciano sciocchezze o errori di cui poi saremmo chiamati a rispondere noi".
Quello dei precari è un capitolo nerissimo per l'handling. Secondo quanto riferiscono i lavoratori ("voi giornalisti dovreste venire a lavorare con noi un giorno, per rendervi conto di cos'è quaggiù"), i lavoratori interinali sarebbero "regolarmente" costretti a fare turni anche di 16 ore - un turno normale dalle 7 alle 15 poi, con due ore di pausa, straordinari dalle 17 alle 23: e questo con allarmante regolarità. "Se oggi un lavoro lo fanno in cinque, domani perchè non lo possono fare in quattro, di cui magari tre interinali? Così ragiona l'azienda: ma noi abbiamo una famiglia da mantenere. Invece si impiega in gran numero personale extracomunitario - indiani, pakistani, ragazzi che si spezzano la schiena per giornate intere, ma non fiatano, al loro Paese c'è la fame". Forse gli operai che costruirono le Piramidi d'Egitto erano trattati meglio: almeno credevano in ciò che facevano.
Altri dipendenti dell'handling puntano il dito contro le promesse di lavoro regolare e stabile avanzate da Sea e dai politici negli anni della nascita della Grande Malpensa, promesse non mantenute. "Malpensa darà lavoro a tutti, ci dicevano: ma la gente non dimentica" ringhia uno dei dipendenti. La cosa sarà di poca consolazione per chi, come gli ambientalisti e i comitati dei residenti della zona, a lungo e invano ha manifestato contro l'inevitabile scempio a venire, incontrando spesso l'incomprensione di chi si aspettava lavoro e sicurezza dalla nuova infrastruttura.
L'esasperazione dei lavoratori dell'handling è ulteriormente peggiorata da recenti disposizioni della direzione, molto criticate, circa i bagagli che pervengono aperti aagli addetti. Dato che in passato sono stati arrestati, processati e condannati decine di dipendenti nell'ambito di indagini che hanno gravemente danneggiato l'immagine dello scalo insubrico, la questione è gestita con i piedi di piombo - per tacere delle problematiche di sicurezza, acutissime dopo l'11 settembre. "Di norma quando trovavamo un bagaglio aperto chiamavamo una guardia di sicurezza della Sea, e insieme si provvedeva a richiuderlo. Ora ci è stato ordinato di trasportare di persona i bagagli aperti, mancando il personale di sicurezza. E con tutte le telecamere installate che ci seguono passo passo, basterà che cada qualcosa e lo raccogliamo per essere accusati di saccheggiare i bagagli: in passato, oltre ai ladri veri, sono stati accusati anche non pochi innocenti. Perfino la Polizia ci ha detto di lasciar perdere, di non toccare i bagagli aperti, e semmai di chiuderli alla presenza di un nostro collega, in modo da avere testimoni". E quando qualche dipendente si è rifiutato di gestire i bagagli aperti come sopra prescritto, sarebbero subito scattate sanzioni e minacce. Insomma, una situazione degna di Orwell, fra il paranoide e il delirante, nel ventre di Malpensa, là dove il confine tra il lavoro e la servitù si fa ogni giorno più labile.
Venerdi 31 Marzo 2006
SdA
redazione@varesenews.it
Categorie: malpensa lombardia sea interinali assemblea marzo2006 varese milano precari
"Noi, i dannati dello smistamento bagagli"
I più agguerriti fra i lavoratori che per tre ore hanno tenuto con il fiato sospeso Malpensa erano e restano i lavoratori dell'handling o smistamento bagagli, lavoro duro e delicato a un tempo. Durante l'assemblea molti di essi hanno letteralmente preso d'assalto i pochi giornalisti presenti, facendo presente la gravità dei problemi sul lavoro che incontrano di giorno in giorno. Non ne citeremo i nomi su loro espressa richiesta, per evitare ritorsioni sugli interessati.
Fra le lamentele ricorrenti vi è l'esplosione del numero di interinali, che ormai supera il 50% del personale, con effetti grotteschi. Da una parte i "garantiti", persone con esperienza spesso pluriennale in Sea e orgogliose di una professionalità costruita nel tempo, e che ancora avevano ricevuto una formazione. Dall'altra i precari, terrorizzati o ossequienti, fra cui un gran numero di extracomunitari messi al lavoro apparentemente senza formazione alcuna, demandata ai capisquadra. Uno di questi ultimi ammette: "È un problema. Non solo dobbiamo lavorare come bestie, essendo ormai ridotti a squadre di tre uomini per caricare interi voli intercontinentali, con bagagli che quasi mai rispettano il limite previsto dei 25 chili (si sa, il cliente ha sempre ragione), ma dobbiamo anche vigilare continuamente sugli interinali perchè non facciano sciocchezze o errori di cui poi saremmo chiamati a rispondere noi".
Quello dei precari è un capitolo nerissimo per l'handling. Secondo quanto riferiscono i lavoratori ("voi giornalisti dovreste venire a lavorare con noi un giorno, per rendervi conto di cos'è quaggiù"), i lavoratori interinali sarebbero "regolarmente" costretti a fare turni anche di 16 ore - un turno normale dalle 7 alle 15 poi, con due ore di pausa, straordinari dalle 17 alle 23: e questo con allarmante regolarità. "Se oggi un lavoro lo fanno in cinque, domani perchè non lo possono fare in quattro, di cui magari tre interinali? Così ragiona l'azienda: ma noi abbiamo una famiglia da mantenere. Invece si impiega in gran numero personale extracomunitario - indiani, pakistani, ragazzi che si spezzano la schiena per giornate intere, ma non fiatano, al loro Paese c'è la fame". Forse gli operai che costruirono le Piramidi d'Egitto erano trattati meglio: almeno credevano in ciò che facevano.
Altri dipendenti dell'handling puntano il dito contro le promesse di lavoro regolare e stabile avanzate da Sea e dai politici negli anni della nascita della Grande Malpensa, promesse non mantenute. "Malpensa darà lavoro a tutti, ci dicevano: ma la gente non dimentica" ringhia uno dei dipendenti. La cosa sarà di poca consolazione per chi, come gli ambientalisti e i comitati dei residenti della zona, a lungo e invano ha manifestato contro l'inevitabile scempio a venire, incontrando spesso l'incomprensione di chi si aspettava lavoro e sicurezza dalla nuova infrastruttura.
L'esasperazione dei lavoratori dell'handling è ulteriormente peggiorata da recenti disposizioni della direzione, molto criticate, circa i bagagli che pervengono aperti aagli addetti. Dato che in passato sono stati arrestati, processati e condannati decine di dipendenti nell'ambito di indagini che hanno gravemente danneggiato l'immagine dello scalo insubrico, la questione è gestita con i piedi di piombo - per tacere delle problematiche di sicurezza, acutissime dopo l'11 settembre. "Di norma quando trovavamo un bagaglio aperto chiamavamo una guardia di sicurezza della Sea, e insieme si provvedeva a richiuderlo. Ora ci è stato ordinato di trasportare di persona i bagagli aperti, mancando il personale di sicurezza. E con tutte le telecamere installate che ci seguono passo passo, basterà che cada qualcosa e lo raccogliamo per essere accusati di saccheggiare i bagagli: in passato, oltre ai ladri veri, sono stati accusati anche non pochi innocenti. Perfino la Polizia ci ha detto di lasciar perdere, di non toccare i bagagli aperti, e semmai di chiuderli alla presenza di un nostro collega, in modo da avere testimoni". E quando qualche dipendente si è rifiutato di gestire i bagagli aperti come sopra prescritto, sarebbero subito scattate sanzioni e minacce. Insomma, una situazione degna di Orwell, fra il paranoide e il delirante, nel ventre di Malpensa, là dove il confine tra il lavoro e la servitù si fa ogni giorno più labile.
Venerdi 31 Marzo 2006
SdA
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Varese: Quella da precari non è vita, nemmeno se sei un "jolly"
Varese - Il presidio davanti a Palazzo Estense è iniziato alle 16.30. Molte le lavoratrici del settore educativo
Quella da precari non è vita, nemmeno se sei un "jolly"
Sono circa 170 i lavoratori precari del comune di Varese: molti di loro, circa un centinaio, si sono ritrovati oggi pomeriggio davanti a Palazzo Estense per manifestare ancora una volta contro le loro condizioni lavorative.
«No al precariato, lavoro assicurato», «Vogliamo più certezze». Con questi slogan i precari, per la maggior parte donne del settore educativo, hanno quindi iniziato il presidio intorno alle 16.30 mentre i rappresentanti delle Rsu (Cgil Cisl e UIl, Alcobas e Siapol) e una delegazione del comitato precari si sono riuniti con gli amministratori comunali.
L’obiettivo delle Rsu è quello di riuscire a «strappare un minimo impegno all’amministrazione – spiegano in un’assemblea con i precari prima di salire in riunione -. Non possiamo certo pretendere di raggiungere oggi un accordo per farvi passare tutti di ruolo, ma è arrivato il momento di sottoscrivere un accordo».
Fra le proposte, quella di garantire i pochi posti disponibili dal piano occupazionale ai lavoratori precari, la costituzione di un piano che salvaguardi i lavoratori precari attualmente in servizio e la definizione di un piano pluriennale di stabilizzazione dei lavoratori precari. «È necessario garantire inoltre – continuano i rappresentanti Rsu – la parità dei diritti fra lavoratori precari e di ruolo. Questa situazione è ormai generalizzata a tutta l’Italia e nella nostra provincia anche ai comuni di Gallarate e Busto Arsizio. Questa iniziativa e quelle che sicuramente organizzeremo anche in futuro, hanno proprio lo scopo di cercare di generalizzare questo movimento, come è successo in Francia».
Fra i lavoratori presenti davanti all’ingresso del comune varesino, molti si trovano in condizioni di precarietà da oltre 15 anni soprattutto nel settore educativo dei servizi parascolastici.
«Ho iniziato a lavorare in Comune dal 1986, - spiega Antonella – e dal 1996, grazie al diploma di maestra di scuola materna, sono passata al settore educativo. Ogni anno ci assicurano il rinnovo del contratto, ma noi vogliamo un minimo di stabilità: io sono riuscita comunque a crearmi una famiglia, ma dopo vent’anni di precariato sono stanca: dal 2000 ad oggi ho dovuto fare due concorsi».
Come Antonella, anche Monica dal 2001 vive in questa condizione di instabilità. «Io sono fortunata, perchè ho una posizione alta in graduatoria e da quattro anni lavoro nella stessa struttura. Ma ormai la situazione è diventata frustrante perchè non ho un minimo di indipendenza economica, devo sempre dipendere da qualcun’altro».
Fra le meno fortunate, nei servizi parascolastici ci sono le cosiddette “jolly”: non hanno una sede stabile di lavoro, ma giornalmente vengono chiamate dalle diverse strutture scolastiche che hanno bisogno di una sostituzione. Fra loro c’è Monica. «Lavoro in questo settore solo da un anno, quindi nella graduatoria mi trovo ancora in una posizione bassa. Anche se non è una condizione ottimale di lavoro, voglio presentarmi anche l’anno prossimo perchè è il mio lavoro e mi piace».
Categorie: varese precari rsu comune gallarate busto_arsizio presidio marzo2006
Quella da precari non è vita, nemmeno se sei un "jolly"
Sono circa 170 i lavoratori precari del comune di Varese: molti di loro, circa un centinaio, si sono ritrovati oggi pomeriggio davanti a Palazzo Estense per manifestare ancora una volta contro le loro condizioni lavorative.
«No al precariato, lavoro assicurato», «Vogliamo più certezze». Con questi slogan i precari, per la maggior parte donne del settore educativo, hanno quindi iniziato il presidio intorno alle 16.30 mentre i rappresentanti delle Rsu (Cgil Cisl e UIl, Alcobas e Siapol) e una delegazione del comitato precari si sono riuniti con gli amministratori comunali.
L’obiettivo delle Rsu è quello di riuscire a «strappare un minimo impegno all’amministrazione – spiegano in un’assemblea con i precari prima di salire in riunione -. Non possiamo certo pretendere di raggiungere oggi un accordo per farvi passare tutti di ruolo, ma è arrivato il momento di sottoscrivere un accordo».
Fra le proposte, quella di garantire i pochi posti disponibili dal piano occupazionale ai lavoratori precari, la costituzione di un piano che salvaguardi i lavoratori precari attualmente in servizio e la definizione di un piano pluriennale di stabilizzazione dei lavoratori precari. «È necessario garantire inoltre – continuano i rappresentanti Rsu – la parità dei diritti fra lavoratori precari e di ruolo. Questa situazione è ormai generalizzata a tutta l’Italia e nella nostra provincia anche ai comuni di Gallarate e Busto Arsizio. Questa iniziativa e quelle che sicuramente organizzeremo anche in futuro, hanno proprio lo scopo di cercare di generalizzare questo movimento, come è successo in Francia».
Fra i lavoratori presenti davanti all’ingresso del comune varesino, molti si trovano in condizioni di precarietà da oltre 15 anni soprattutto nel settore educativo dei servizi parascolastici.
«Ho iniziato a lavorare in Comune dal 1986, - spiega Antonella – e dal 1996, grazie al diploma di maestra di scuola materna, sono passata al settore educativo. Ogni anno ci assicurano il rinnovo del contratto, ma noi vogliamo un minimo di stabilità: io sono riuscita comunque a crearmi una famiglia, ma dopo vent’anni di precariato sono stanca: dal 2000 ad oggi ho dovuto fare due concorsi».
Come Antonella, anche Monica dal 2001 vive in questa condizione di instabilità. «Io sono fortunata, perchè ho una posizione alta in graduatoria e da quattro anni lavoro nella stessa struttura. Ma ormai la situazione è diventata frustrante perchè non ho un minimo di indipendenza economica, devo sempre dipendere da qualcun’altro».
Fra le meno fortunate, nei servizi parascolastici ci sono le cosiddette “jolly”: non hanno una sede stabile di lavoro, ma giornalmente vengono chiamate dalle diverse strutture scolastiche che hanno bisogno di una sostituzione. Fra loro c’è Monica. «Lavoro in questo settore solo da un anno, quindi nella graduatoria mi trovo ancora in una posizione bassa. Anche se non è una condizione ottimale di lavoro, voglio presentarmi anche l’anno prossimo perchè è il mio lavoro e mi piace».
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31/3 Tessili oggi sciopero 4 ore
TESSILI: OGGI SCIOPERO
I lavoratori del settore tessile scioperano oggi per quattro ore a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto. La trattativa per il secondo biennio contrattuale riguarda circa 700.000 addetti. Il contratto e' scaduto il 31 dicembre 2005. ''Abbiamo segnali dai piu' grandi centri del settore come Biella, Como, Modena e Prato - ha detto all'Ansa la segretaria generale della Filtea-Cgil Valeria Fedeli - di uno sciopero molto partecipato''. Lo stop e' fissato per le ultime quattro ore del turno. Il prossimo incontro con gli industriali per cercare di fare l'accordo e' fissato per il 6 aprile. I sindacati puntano a partire da questo incontro a una trattativa ''no stop''. La richiesta in piattaforma e' di 78 euro medi lordi mensili a regime. L'ultima proposta degli industriali era di 72 euro medi lordi con un allungamento di sei mesi del contratto, offerta rifiutata dai sindacati che hanno proclamato lo sciopero di oggi.
31/03/2006 13.49
Categorie: tessili marzo2006 sciopero contratto cgil
I lavoratori del settore tessile scioperano oggi per quattro ore a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto. La trattativa per il secondo biennio contrattuale riguarda circa 700.000 addetti. Il contratto e' scaduto il 31 dicembre 2005. ''Abbiamo segnali dai piu' grandi centri del settore come Biella, Como, Modena e Prato - ha detto all'Ansa la segretaria generale della Filtea-Cgil Valeria Fedeli - di uno sciopero molto partecipato''. Lo stop e' fissato per le ultime quattro ore del turno. Il prossimo incontro con gli industriali per cercare di fare l'accordo e' fissato per il 6 aprile. I sindacati puntano a partire da questo incontro a una trattativa ''no stop''. La richiesta in piattaforma e' di 78 euro medi lordi mensili a regime. L'ultima proposta degli industriali era di 72 euro medi lordi con un allungamento di sei mesi del contratto, offerta rifiutata dai sindacati che hanno proclamato lo sciopero di oggi.
31/03/2006 13.49
Categorie: tessili marzo2006 sciopero contratto cgil
Pubblica Amministrazione: RdB in piazza
P.A./ RDB: IN MIGLIAIA A MANIFESTAZIONE CONTRO SMANTELLAMENTO
Roma, 31 mar. (Apcom) - I sindacati di base (Rdb) hanno manifestato oggi in 22 città contro "lo smantellamento della pubblica amministrazione". Secondo quanto riferiscono gli autonomi la partecipazione complessiva sarebbe stata di diverse migliaia di dipendenti pubblici, da Trieste a Palermo. Obiettivo della mobilitazione "la restituzione della dignità al lavoro della pubblica amministrazione, considerato ormai soltanto come un costo da tagliare e non nella sua primaria e fondamentale funzione".
L'altra grande questione è quella relativa alla presenza di oltre 350.000 lavoratori precari che dovranno essere necessariamente stabilizzati.
Categorie: pubblica_amministrazione manifestazione rdb triste palermo roma precari marzo2006
Roma, 31 mar. (Apcom) - I sindacati di base (Rdb) hanno manifestato oggi in 22 città contro "lo smantellamento della pubblica amministrazione". Secondo quanto riferiscono gli autonomi la partecipazione complessiva sarebbe stata di diverse migliaia di dipendenti pubblici, da Trieste a Palermo. Obiettivo della mobilitazione "la restituzione della dignità al lavoro della pubblica amministrazione, considerato ormai soltanto come un costo da tagliare e non nella sua primaria e fondamentale funzione".
L'altra grande questione è quella relativa alla presenza di oltre 350.000 lavoratori precari che dovranno essere necessariamente stabilizzati.
Categorie: pubblica_amministrazione manifestazione rdb triste palermo roma precari marzo2006
Parigi. Dentro le facoltà in agitazione contro il Cpe
Parigi. Dentro le facoltà in agitazione contro il Cpe
L'INTERVISTA
PARIGI. Siamo stati dentro una delle facoltà in rivolta della capitale francese. Abbiamo parlato con una delle rappresentanti che organizzano gli studenti e ci ha spiegato le ragioni dei giovani. Ecco cosa ci ha detto.
Parigi sembra essere tornata ai malumori del ’68 quando la protesta studentesca infuocò l’Europa.
Anche questa volta maggio è vicino, preceduto già da numerosi scontri e manifestazioni, e ancor prima era esploso il disagio delle periferie.
PrimaDaNoi.it ha intervistato Elodie, una delle tante rappresentanti degli studenti di Parigi XIII-Villetaneuse, che fa parte del comitato di sciopero. Una fra le tante attiviste che bene possono sintetizzare una ideologia ed un malessere che è proprio di moltissimi giovani che guardano con preoccupazione al loro futuro.
Quali sono le vostre richieste?
«Noi chiediamo il ritiro puro e semplice di questo contratto, senza dialogo e senza false concessioni da parte del governo».
Secondo te cosa comporterà questo contratto?
«Qui a Parigi XIII il 50% degli studenti hanno borse di studio, non saranno i genitori che li aiuteranno quando usciranno dalla facoltà, non saranno in grado di trovargli un lavoro. In questo modo si spinge ancora di più verso la precarizzazione, si finirà, se una forte protezione sociale non verrà messa in campo, come in America, con i suoi ghetti, con condizioni di lavoro precarie».
…Precarietà. Ma il Governo si impegna ad accordare dei mutui ai giovani che saranno assunti con il CPE.
«La carta che è stata firmata da alcune banche, carta che in teoria permetterebbe ai giovani di accedere a prestiti a lunga scadenza, non ha alcun valore contrattuale. È solo pubblicità. Una banca può erogare il prestito al giovane impiegato in CPE anche alla fine del periodo di prova, quando questo si trasforma in un CDI (contratto a tempo indeterminato)».
Secondo te, che strada sta seguendo il governo?
«Villepin vuole andare verso un contratto unico, dove saremo tutti precari per i primi due anni. Ha iniziato prima con le piccole imprese, poi con le grandi. Ora è il turno dei giovani, e poi tutte le fasce di età saranno sottoposte a questi due anni di prova».
Molti commentatori dicono che Villepin non sembra ascoltarvi…
«Villepin non ascolta noi che manifestiamo nelle strade ma sembra intendere molto bene studenti che non manifestano, che non si fanno sentire. È arrivato a dire che gli studenti che non manifestano sono pro CPE. Il 70% dei francesi è per il ritiro del CPE e, se non manifestano tutti, può essere perché anche loro sono precari, ho non possono manifestare apertamente la loro aderenza a queste manifestazioni, o ancora, non hanno capito cosa questo contratto comporta».
Come si svolge il vostro lavoro, quali sono i vostri compiti, cosa succede quando non siete in strada a manifestare?
«Noi ci organizziamo. È importante essere organizzati durante la protesta, per fare in modo che le persone siano sempre informate di quello che succede e perché, e perché un sempre maggior numero di persone aderisca al nostro movimento».
Voi avete scelto una forma diversa di protesta da quella dell’Università di Rennnes, dove hanno bloccato completamente la facoltà...
«Noi blocchiamo il nostro campus solo nei giorni di Assemblea Generale e nei giorni di sciopero e manifestazione. In questa maniera cerchiamo di non esasperare eccessivamente gli animi, e d’altra parte abbiamo un sempre maggior numero di persone che si iscrive ai comitati. Il nostro comitato si riunisce il lunedì, il mercoledì ed il venerdì. Di solito nella riunione del venerdì decidiamo il piano della settimana a venire, le attività, i dibattiti, le assemblee. Il martedì ed il giovedì invece sono giorni di assemblee e di scioperi».
Come mai, secondo te, il primo ministro si ostina a non ascoltarvi?
«Io credo che questa di Villepin sia una prova di forza. Ha voluto far capire che comprendeva gli avvenimenti del Novembre scorso e che ha trovato una soluzione per i giovani. Ma in realtà questo contratto è solo una manovra ideologica per far abituare i giovani a non ribellarsi».
Cioè?
«Se fino a 26 anni vivi con il terrore di essere licenziato da un giorno all’altro, se non puoi pretendere che ti vengano pagate le tue ore di straordinario, se magari devi nasconder la tua omosessualità per paura di essere licenziato, quando avrai più di 26 anni sarai abituato da più di 8 a non lamentarti, ad abbassare la testa e a non portare più avanti le tue rivendicazioni. Non è con questo tipo di contratti e decisioni che si va a rilanciare l’economia. Tutte le ultime modificazioni sociali che sono state apportate dei governi non hanno fatto che aumentare la pressione sui giovani, utilizzandoli come merce di scambio, o valvola di sfogo quando il mercato si fa troppo saturo»
Ma il Governo ha previsto la formazione in questo contratto. Non è così?
«La formazione che è prevista dal contratto si riduce a soli 20 giorni in due anni, questo è niente, è solo per permettere al governo di dire che il suo contratto permette la formazione. Se vieni licenziato prendi l’8% del tuo salario, nei primi quattro mesi.
In Italia, il fenomeno dei “casseurs” fa notizia. Come cercate di separarvi da loro, agli occhi dell’opinione pubblica?
«In questi ultimi tempi abbiamo visto che con l’ingrandirsi del movimento arrivano sempre più casseurs, sempre più ragazzi, che non rappresentano nessuno, non le università, non i partiti politici. Sono lì solo per creare disordini e si nascondono all’interno del corteo ufficiale. Con il nostro cordone di sicurezza proviamo a proteggere i nostri studenti da questi elementi».
E le forze dell’ordine cosa fanno?
«Il ministro dell’Interno ha autorizzato i poliziotti in borghese ad intervenire all’interno del corteo, a prendere e fotografare gli elementi agitati che approfittano della nostra presenza per nascondersi tra i manifestanti».
Alcuni studenti sono a favore di questo tipo di contratto, vorrebbero la riapertura delle facoltà, si sono organizzati in associazioni apolitiche. Cosa ne pensi?
«Si, è vero, ci sono alcuni studenti che manifestano per la riapertura delle facoltà, che vogliono che queste manifestazioni cessino subito. Secondo me sono appartenenti ad associazioni studentesche di destra, anche se loro si dichiarano apolitici. Non penso si rendano conto della gravità della situazione per i giovani nel mondo del lavoro di oggi, e credo che siano vicino alla politica liberale dell’UMP ( il partito di Villepin ). Questi sono giovani che sono fortunati, hanno la possibilità di studiare in buone scuole, hanno i genitori che hanno soldi e possono procurargli un lavoro senza troppi problemi».
Alessio De Laurentiis 31/03/2006 10.04
Categorie: parigi francia cpe marzo2006 facoltà università intervista precarietà
L'INTERVISTA
PARIGI. Siamo stati dentro una delle facoltà in rivolta della capitale francese. Abbiamo parlato con una delle rappresentanti che organizzano gli studenti e ci ha spiegato le ragioni dei giovani. Ecco cosa ci ha detto.
Parigi sembra essere tornata ai malumori del ’68 quando la protesta studentesca infuocò l’Europa.
Anche questa volta maggio è vicino, preceduto già da numerosi scontri e manifestazioni, e ancor prima era esploso il disagio delle periferie.
PrimaDaNoi.it ha intervistato Elodie, una delle tante rappresentanti degli studenti di Parigi XIII-Villetaneuse, che fa parte del comitato di sciopero. Una fra le tante attiviste che bene possono sintetizzare una ideologia ed un malessere che è proprio di moltissimi giovani che guardano con preoccupazione al loro futuro.
Quali sono le vostre richieste?
«Noi chiediamo il ritiro puro e semplice di questo contratto, senza dialogo e senza false concessioni da parte del governo».
Secondo te cosa comporterà questo contratto?
«Qui a Parigi XIII il 50% degli studenti hanno borse di studio, non saranno i genitori che li aiuteranno quando usciranno dalla facoltà, non saranno in grado di trovargli un lavoro. In questo modo si spinge ancora di più verso la precarizzazione, si finirà, se una forte protezione sociale non verrà messa in campo, come in America, con i suoi ghetti, con condizioni di lavoro precarie».
…Precarietà. Ma il Governo si impegna ad accordare dei mutui ai giovani che saranno assunti con il CPE.
«La carta che è stata firmata da alcune banche, carta che in teoria permetterebbe ai giovani di accedere a prestiti a lunga scadenza, non ha alcun valore contrattuale. È solo pubblicità. Una banca può erogare il prestito al giovane impiegato in CPE anche alla fine del periodo di prova, quando questo si trasforma in un CDI (contratto a tempo indeterminato)».
Secondo te, che strada sta seguendo il governo?
«Villepin vuole andare verso un contratto unico, dove saremo tutti precari per i primi due anni. Ha iniziato prima con le piccole imprese, poi con le grandi. Ora è il turno dei giovani, e poi tutte le fasce di età saranno sottoposte a questi due anni di prova».
Molti commentatori dicono che Villepin non sembra ascoltarvi…
«Villepin non ascolta noi che manifestiamo nelle strade ma sembra intendere molto bene studenti che non manifestano, che non si fanno sentire. È arrivato a dire che gli studenti che non manifestano sono pro CPE. Il 70% dei francesi è per il ritiro del CPE e, se non manifestano tutti, può essere perché anche loro sono precari, ho non possono manifestare apertamente la loro aderenza a queste manifestazioni, o ancora, non hanno capito cosa questo contratto comporta».
Come si svolge il vostro lavoro, quali sono i vostri compiti, cosa succede quando non siete in strada a manifestare?
«Noi ci organizziamo. È importante essere organizzati durante la protesta, per fare in modo che le persone siano sempre informate di quello che succede e perché, e perché un sempre maggior numero di persone aderisca al nostro movimento».
Voi avete scelto una forma diversa di protesta da quella dell’Università di Rennnes, dove hanno bloccato completamente la facoltà...
«Noi blocchiamo il nostro campus solo nei giorni di Assemblea Generale e nei giorni di sciopero e manifestazione. In questa maniera cerchiamo di non esasperare eccessivamente gli animi, e d’altra parte abbiamo un sempre maggior numero di persone che si iscrive ai comitati. Il nostro comitato si riunisce il lunedì, il mercoledì ed il venerdì. Di solito nella riunione del venerdì decidiamo il piano della settimana a venire, le attività, i dibattiti, le assemblee. Il martedì ed il giovedì invece sono giorni di assemblee e di scioperi».
Come mai, secondo te, il primo ministro si ostina a non ascoltarvi?
«Io credo che questa di Villepin sia una prova di forza. Ha voluto far capire che comprendeva gli avvenimenti del Novembre scorso e che ha trovato una soluzione per i giovani. Ma in realtà questo contratto è solo una manovra ideologica per far abituare i giovani a non ribellarsi».
Cioè?
«Se fino a 26 anni vivi con il terrore di essere licenziato da un giorno all’altro, se non puoi pretendere che ti vengano pagate le tue ore di straordinario, se magari devi nasconder la tua omosessualità per paura di essere licenziato, quando avrai più di 26 anni sarai abituato da più di 8 a non lamentarti, ad abbassare la testa e a non portare più avanti le tue rivendicazioni. Non è con questo tipo di contratti e decisioni che si va a rilanciare l’economia. Tutte le ultime modificazioni sociali che sono state apportate dei governi non hanno fatto che aumentare la pressione sui giovani, utilizzandoli come merce di scambio, o valvola di sfogo quando il mercato si fa troppo saturo»
Ma il Governo ha previsto la formazione in questo contratto. Non è così?
«La formazione che è prevista dal contratto si riduce a soli 20 giorni in due anni, questo è niente, è solo per permettere al governo di dire che il suo contratto permette la formazione. Se vieni licenziato prendi l’8% del tuo salario, nei primi quattro mesi.
In Italia, il fenomeno dei “casseurs” fa notizia. Come cercate di separarvi da loro, agli occhi dell’opinione pubblica?
«In questi ultimi tempi abbiamo visto che con l’ingrandirsi del movimento arrivano sempre più casseurs, sempre più ragazzi, che non rappresentano nessuno, non le università, non i partiti politici. Sono lì solo per creare disordini e si nascondono all’interno del corteo ufficiale. Con il nostro cordone di sicurezza proviamo a proteggere i nostri studenti da questi elementi».
E le forze dell’ordine cosa fanno?
«Il ministro dell’Interno ha autorizzato i poliziotti in borghese ad intervenire all’interno del corteo, a prendere e fotografare gli elementi agitati che approfittano della nostra presenza per nascondersi tra i manifestanti».
Alcuni studenti sono a favore di questo tipo di contratto, vorrebbero la riapertura delle facoltà, si sono organizzati in associazioni apolitiche. Cosa ne pensi?
«Si, è vero, ci sono alcuni studenti che manifestano per la riapertura delle facoltà, che vogliono che queste manifestazioni cessino subito. Secondo me sono appartenenti ad associazioni studentesche di destra, anche se loro si dichiarano apolitici. Non penso si rendano conto della gravità della situazione per i giovani nel mondo del lavoro di oggi, e credo che siano vicino alla politica liberale dell’UMP ( il partito di Villepin ). Questi sono giovani che sono fortunati, hanno la possibilità di studiare in buone scuole, hanno i genitori che hanno soldi e possono procurargli un lavoro senza troppi problemi».
Alessio De Laurentiis 31/03/2006 10.04
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A Milano oltre 20 mila "precari eccellenti"
Le emergenze del lavoro
A Milano oltre 20 mila «precari eccellenti»
Medici, ricercatori e tutti i giudici di pace: «Per noi niente ferie e se ci ammaliamo nessuno ci paga»
Non hanno le ferie pagate. Né la pensione. Se si ammalano, e non possono lavorare, niente stipendio. Stessa cosa per la gravidanza. Eppure i 153 giudici di pace di Milano smaltiscono oltre la metà delle cause civili e tutti i procedimenti di espulsione dei clandestini. Più una serie di altre cause penali e per violazioni amministrative. Il loro contratto è a termine. Nell’epoca del lavoro a tempo, sono i precari eccellenti. Alta formazione e posti di responsabilità, ma il futuro resta nebuloso e le garanzie non esistono. Capita anche a medici, ricercatori, insegnanti: a Milano sono più di 20 mila.
I giudici di pace vengono istituiti con una legge del 1991. All’epoca bisogna avere più di 50 anni e la laurea in giurisprudenza. Concorso per titoli. L’idea era quella di creare una figura che in base all’esperienza decidesse su questioni semplici. Con la modifica della legge, nel 1999, i giudici di pace acquisiscono nuove competenze. Per avere un’idea della mole di lavoro: tra luglio 2004 e giugno 2005 a Milano sono stati impegnati in oltre 87 mila cause civili (con 23.500 sentenze) e 1.794 cause penali (1.567 sentenze), più 935 convalide di espulsioni e 309 ricorsi. Ma la stessa legge, modificando i requisiti per l’accesso alla professione, di fatto ha creato una generazione di precari. L’età minima è scesa a 30 anni. Il concorso resta per titoli, ma bisogna essere avvocati (oppure aver svolto funzioni giudiziarie, notarili o di insegnamento). La nuova leva è formata così in maggioranza da giovani avvocati, che devono frequentare un tirocinio di 6 mesi in Tribunale e periodici corsi di aggiornamento, abbandonando via via la vecchia professione. «È un lavoro impegnativo — spiega Debora Ravenna, giudice di pace di Milano — di alta professionalità, che richiede studio e aggiornamento. Ma non ha le garanzie di un contratto a tempo indeterminato».
Il mandato dura quattro anni e può essere rinnovato al massimo due volte. La mancanza di garanzie, oltre i giudici di pace, riguarda magistrati onorari di tribunale, del tribunale dei minori e delle commissioni tributarie. Alla fine dei conti, la maggior parte della magistratura (9.668 posizioni onorarie in Italia) lavora in condizione di precariato (i magistrati "togati" sono 8.789). «E questo è un tema che va considerato — conclude Debora Ravenna — in vista del mantenimento dell’indipendenza e della dignità della magistratura». Situazione analoga ad altri precari eccellenti. I duemila ricercatori che lavorano nelle università milanesi sono scesi in piazza protestando contro il «precariato a vita». Gli insegnanti precari di Milano, dalle elementari ai licei, sono 15 mila. I medici di base confinati nelle guardie mediche (senza ferie e assicurazione) hanno costituito un’associazione (Asgimei). Per l’home page del sito hanno scelto un verso dantesco, dal quarto canto dell’Inferno: «gente di molto valore conobbi che ’n quel limbo eran sospesi».
di Gianni Santucci
Categorie: milano marzo2006 medici ricercatori giudici_di_pace ricerca scuola sanit
A Milano oltre 20 mila «precari eccellenti»
Medici, ricercatori e tutti i giudici di pace: «Per noi niente ferie e se ci ammaliamo nessuno ci paga»
Non hanno le ferie pagate. Né la pensione. Se si ammalano, e non possono lavorare, niente stipendio. Stessa cosa per la gravidanza. Eppure i 153 giudici di pace di Milano smaltiscono oltre la metà delle cause civili e tutti i procedimenti di espulsione dei clandestini. Più una serie di altre cause penali e per violazioni amministrative. Il loro contratto è a termine. Nell’epoca del lavoro a tempo, sono i precari eccellenti. Alta formazione e posti di responsabilità, ma il futuro resta nebuloso e le garanzie non esistono. Capita anche a medici, ricercatori, insegnanti: a Milano sono più di 20 mila.
I giudici di pace vengono istituiti con una legge del 1991. All’epoca bisogna avere più di 50 anni e la laurea in giurisprudenza. Concorso per titoli. L’idea era quella di creare una figura che in base all’esperienza decidesse su questioni semplici. Con la modifica della legge, nel 1999, i giudici di pace acquisiscono nuove competenze. Per avere un’idea della mole di lavoro: tra luglio 2004 e giugno 2005 a Milano sono stati impegnati in oltre 87 mila cause civili (con 23.500 sentenze) e 1.794 cause penali (1.567 sentenze), più 935 convalide di espulsioni e 309 ricorsi. Ma la stessa legge, modificando i requisiti per l’accesso alla professione, di fatto ha creato una generazione di precari. L’età minima è scesa a 30 anni. Il concorso resta per titoli, ma bisogna essere avvocati (oppure aver svolto funzioni giudiziarie, notarili o di insegnamento). La nuova leva è formata così in maggioranza da giovani avvocati, che devono frequentare un tirocinio di 6 mesi in Tribunale e periodici corsi di aggiornamento, abbandonando via via la vecchia professione. «È un lavoro impegnativo — spiega Debora Ravenna, giudice di pace di Milano — di alta professionalità, che richiede studio e aggiornamento. Ma non ha le garanzie di un contratto a tempo indeterminato».
Il mandato dura quattro anni e può essere rinnovato al massimo due volte. La mancanza di garanzie, oltre i giudici di pace, riguarda magistrati onorari di tribunale, del tribunale dei minori e delle commissioni tributarie. Alla fine dei conti, la maggior parte della magistratura (9.668 posizioni onorarie in Italia) lavora in condizione di precariato (i magistrati "togati" sono 8.789). «E questo è un tema che va considerato — conclude Debora Ravenna — in vista del mantenimento dell’indipendenza e della dignità della magistratura». Situazione analoga ad altri precari eccellenti. I duemila ricercatori che lavorano nelle università milanesi sono scesi in piazza protestando contro il «precariato a vita». Gli insegnanti precari di Milano, dalle elementari ai licei, sono 15 mila. I medici di base confinati nelle guardie mediche (senza ferie e assicurazione) hanno costituito un’associazione (Asgimei). Per l’home page del sito hanno scelto un verso dantesco, dal quarto canto dell’Inferno: «gente di molto valore conobbi che ’n quel limbo eran sospesi».
di Gianni Santucci
Categorie: milano marzo2006 medici ricercatori giudici_di_pace ricerca scuola sanit
Ricercatori e scienziati al governo "Così dilaga la fuga dei cervelli"
Giornata di protesta della ricerca. Manifestazione a Roma, quasi 30mila adesioni e l'intervento di molti dei più noti scienziati italiani
Ricercatori e scienziati al governo
"Così dilaga la fuga dei cervelli"
ROMA - E' stata la giornata della protesta del mondo della ricerca italiana, dopo le tante grida d'allarme anche internazionali per l'abbandono di un settore decisivo per il futuro di ogni paese. Oltre un migliaiao di ricercatori si sono riuniti davanti alla sede del Cnr, a Roma, in rappresentanza degli oltre 28 mila che hanno aderito alla manifestazione promossa dall'Osservatorio della Ricerca per protestare contro la politica del governo, che ha portato "ad una gestione fallimentare e clientelare della ricerca in Italia", e per chiedere "una gestione democratica del Cnr". A sostenerli vari sindacati del settore, il sindacato nazionale scrittori, e vari scienziati, da Carlo Bernardini a Tullio De Mauro, da Giunio Luzzatto e Tullio Regge.
Da loro un auspicio: che "si possa uscire al più presto da questo incubo". E così sono stati molti gli scienziati che hanno fatto arrivare la propria adesione. "Cinque anni fa avevo detto che stavamo per entrare in un inverno culturale - ha affermato il fisico Carlo Bernardini - e così è stato. Mi è sembrato di vivere un vero e proprio incubo: venivo da un mondo - ha sottolineato - in cui esisteva una ricerca libera e mi sono invece ritrovato in un mondo in cui i giovani non avevano altra possibilità che scappare via e cercare asilo in altri Paesi".
Della stessa opinione il matematico Giunio Luzzatto, il quale ha denunciato come un altro "buco nero" della politica del governo di centrodestra in questi anni sia stata la cancellazione della "dimensione europea" della ricerca: "Bisogna rilanciare - ha detto - una seria politica di europeizzazione, poiché uno dei punti di maggior debolezza dell'Italia è stato proprio questo. Un esempio? Solo l'Italia e la Polonia si sono opposte all'istituzione di un Consiglio europeo della ricerca che fosse governato dagli stessi ricercatori; la loro richiesta - ha concluso Luzzatto - era che ai vertici vi fosse esclusivamente il potere politico rappresentato dai ministri".
Una protesta anche da Ignazio Marino, direttore del centro trapianti di Philadelphia e candidato dei Ds al Senato: "La politica - dice la mano pesante sul lavoro degli scienziati. Ed è per questa ragione che diventa necessario che i politici tornino al loro ruolo, che è quello di programmare e favorire la ricerca e non quello di scegliere i curricula degli scienziati. Anche perché i politici non hanno le capacità per valutarli".
E il leader dei Ds Piero Fassino fa rientrare il tema nella polemica elettorale: "l'Unione intende investire molto di più, - ha detto - per arrivare nel 2011 al 2-3 per cento sul prodotto interno lordo, ma con strumenti di valutazione della qualità della ricerca". Secondo Fassino vanno assunti "cinquemila nuovi ricercatori stabili, non precari, nelle Università".
(30 marzo 2006)
Categorie: ricerca scienza ricercatori marzo2006 roma manifstazione fuga_dei_cervelli cnr osservatorio_sulla_ricerca elezioni
Ricercatori e scienziati al governo
"Così dilaga la fuga dei cervelli"
ROMA - E' stata la giornata della protesta del mondo della ricerca italiana, dopo le tante grida d'allarme anche internazionali per l'abbandono di un settore decisivo per il futuro di ogni paese. Oltre un migliaiao di ricercatori si sono riuniti davanti alla sede del Cnr, a Roma, in rappresentanza degli oltre 28 mila che hanno aderito alla manifestazione promossa dall'Osservatorio della Ricerca per protestare contro la politica del governo, che ha portato "ad una gestione fallimentare e clientelare della ricerca in Italia", e per chiedere "una gestione democratica del Cnr". A sostenerli vari sindacati del settore, il sindacato nazionale scrittori, e vari scienziati, da Carlo Bernardini a Tullio De Mauro, da Giunio Luzzatto e Tullio Regge.
Da loro un auspicio: che "si possa uscire al più presto da questo incubo". E così sono stati molti gli scienziati che hanno fatto arrivare la propria adesione. "Cinque anni fa avevo detto che stavamo per entrare in un inverno culturale - ha affermato il fisico Carlo Bernardini - e così è stato. Mi è sembrato di vivere un vero e proprio incubo: venivo da un mondo - ha sottolineato - in cui esisteva una ricerca libera e mi sono invece ritrovato in un mondo in cui i giovani non avevano altra possibilità che scappare via e cercare asilo in altri Paesi".
Della stessa opinione il matematico Giunio Luzzatto, il quale ha denunciato come un altro "buco nero" della politica del governo di centrodestra in questi anni sia stata la cancellazione della "dimensione europea" della ricerca: "Bisogna rilanciare - ha detto - una seria politica di europeizzazione, poiché uno dei punti di maggior debolezza dell'Italia è stato proprio questo. Un esempio? Solo l'Italia e la Polonia si sono opposte all'istituzione di un Consiglio europeo della ricerca che fosse governato dagli stessi ricercatori; la loro richiesta - ha concluso Luzzatto - era che ai vertici vi fosse esclusivamente il potere politico rappresentato dai ministri".
Una protesta anche da Ignazio Marino, direttore del centro trapianti di Philadelphia e candidato dei Ds al Senato: "La politica - dice la mano pesante sul lavoro degli scienziati. Ed è per questa ragione che diventa necessario che i politici tornino al loro ruolo, che è quello di programmare e favorire la ricerca e non quello di scegliere i curricula degli scienziati. Anche perché i politici non hanno le capacità per valutarli".
E il leader dei Ds Piero Fassino fa rientrare il tema nella polemica elettorale: "l'Unione intende investire molto di più, - ha detto - per arrivare nel 2011 al 2-3 per cento sul prodotto interno lordo, ma con strumenti di valutazione della qualità della ricerca". Secondo Fassino vanno assunti "cinquemila nuovi ricercatori stabili, non precari, nelle Università".
(30 marzo 2006)
Categorie: ricerca scienza ricercatori marzo2006 roma manifstazione fuga_dei_cervelli cnr osservatorio_sulla_ricerca elezioni
La Legge Biagi continua a dividere il mondo del lavoro
LEGGE BIAGI: CONTINUA A DIVIDERE PARTITI E SINDACATI
Non solo fisco, non solo Bot. Anche la questione lavoro e' un tema economico che divide le forze politiche e le parti sociali. Soprattutto la legge Biagi, la normativa approvata dal Parlamento il 5 febbraio del 2003 e che contiene una serie di innovazioni come il job on call (il lavoro a chiamata), il job sharing (il lavoro condiviso), il co.co.co, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa che viene sostituito dal lavoro a progetto, lo staff leasing (il lavoro offerto tramite agenzie specializzate), il part time, il contratto di inserimento o reinserimento, l'apprendistato (che ha mandato in pensione i contratti di formazione lavoro), l'outsourcing. Una legge, al centro di molte critiche, ma che secondo le ultime stime ha ridotto il tasso di disoccupazione dal 9,2% del 2001 al 7,1% del 2005. Del tema se ne sono occupati anche i media stranieri. E' il caso dell'International Herald Tribune che ieri in prima pagina, occupandosi del nuovo caso rappresentato dal libro ''Generazione 1.000 euro'' scritto da due ''precari'' italiani, ha riportato: ''Con Berlusconi e il suo sfidante Prodi che passano il tempo a insultarsi e difendere i loro trascorsi, l'incertezza del mercato del lavoro non e' diventato un tema chiave della campagna elettorale''.
Sulla materia, le posizioni sono divergenti. Anche la Casa delle Liberta', che pure ha approvato la legge, parla di un suo completamento. Il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, la difende 'tout court', definendola ''un insostituibile metro di misura della modernita' delle coalizioni''.
Proprio in questi giorni, la Confindustria, con il suo presidente Luca Cordero di Montezemolo, ha riportato la legge Biagi all'attenzione delle cronache, avvertendo che la normativa ''non si tocca'' ma va solo ampliata nel capitolo che riguarda gli ammortizzatori sociali e su cui ha chiesto un pronunciamento chiaro da parte del centrosinistra. Intanto, per i Ds, della legge 30 ''occorre abrogare tutti gli elementi di precarieta', mettendo in campo concreti strumenti di sostegno e gli ammortizzatori''. Secondo la Margherita va ridotta la ''pletora'' di forme contrattuali, abolendo in particolare il lavoro a chiamata, lo staff leasing ed il contratto di inserimento.
Sulla stessa lunghezza d'onda l'Udeur. Il segretario Mastella ha detto con franchezza che ''tra la mancanza di lavoro e il precariato meglio il precariato'' ma e' evidente che la normativa ''va modificata''. La Cgil, all'ultimo congresso, si e' espressa apertamente per l'abolizione della legge Biagi. Non la pensano cosi' Cisl e Uil. Per il sindacato guidato da Savino Pezzotta va ''cambiata in diversi punti''; per la confederazione di Luigi Angeletti ''va rivista'', soprattutto per evitare il precariato. Una normativa, in sostanza, su cui molte posizioni sono diverse e che le ricette per modificarla o completarla porteranno inevitabilmente a divisioni. Ma, come scriveva proprio Marco Biagi sul ''Sole 24 ore'' del 21 marzo 2002, ''ogni processo di modernizzazione avviene con travaglio, anche con tensioni sociali, insomma pagando anche prezzi alti alla conflittualita'''.
Categorie: legge_biagi legge30 herald_tribune cgil cisl uil sole24ore sacconi elezioni marzo2006 outsourcing generazione1000euro staff_leasing
Non solo fisco, non solo Bot. Anche la questione lavoro e' un tema economico che divide le forze politiche e le parti sociali. Soprattutto la legge Biagi, la normativa approvata dal Parlamento il 5 febbraio del 2003 e che contiene una serie di innovazioni come il job on call (il lavoro a chiamata), il job sharing (il lavoro condiviso), il co.co.co, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa che viene sostituito dal lavoro a progetto, lo staff leasing (il lavoro offerto tramite agenzie specializzate), il part time, il contratto di inserimento o reinserimento, l'apprendistato (che ha mandato in pensione i contratti di formazione lavoro), l'outsourcing. Una legge, al centro di molte critiche, ma che secondo le ultime stime ha ridotto il tasso di disoccupazione dal 9,2% del 2001 al 7,1% del 2005. Del tema se ne sono occupati anche i media stranieri. E' il caso dell'International Herald Tribune che ieri in prima pagina, occupandosi del nuovo caso rappresentato dal libro ''Generazione 1.000 euro'' scritto da due ''precari'' italiani, ha riportato: ''Con Berlusconi e il suo sfidante Prodi che passano il tempo a insultarsi e difendere i loro trascorsi, l'incertezza del mercato del lavoro non e' diventato un tema chiave della campagna elettorale''.
Sulla materia, le posizioni sono divergenti. Anche la Casa delle Liberta', che pure ha approvato la legge, parla di un suo completamento. Il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, la difende 'tout court', definendola ''un insostituibile metro di misura della modernita' delle coalizioni''.
Proprio in questi giorni, la Confindustria, con il suo presidente Luca Cordero di Montezemolo, ha riportato la legge Biagi all'attenzione delle cronache, avvertendo che la normativa ''non si tocca'' ma va solo ampliata nel capitolo che riguarda gli ammortizzatori sociali e su cui ha chiesto un pronunciamento chiaro da parte del centrosinistra. Intanto, per i Ds, della legge 30 ''occorre abrogare tutti gli elementi di precarieta', mettendo in campo concreti strumenti di sostegno e gli ammortizzatori''. Secondo la Margherita va ridotta la ''pletora'' di forme contrattuali, abolendo in particolare il lavoro a chiamata, lo staff leasing ed il contratto di inserimento.
Sulla stessa lunghezza d'onda l'Udeur. Il segretario Mastella ha detto con franchezza che ''tra la mancanza di lavoro e il precariato meglio il precariato'' ma e' evidente che la normativa ''va modificata''. La Cgil, all'ultimo congresso, si e' espressa apertamente per l'abolizione della legge Biagi. Non la pensano cosi' Cisl e Uil. Per il sindacato guidato da Savino Pezzotta va ''cambiata in diversi punti''; per la confederazione di Luigi Angeletti ''va rivista'', soprattutto per evitare il precariato. Una normativa, in sostanza, su cui molte posizioni sono diverse e che le ricette per modificarla o completarla porteranno inevitabilmente a divisioni. Ma, come scriveva proprio Marco Biagi sul ''Sole 24 ore'' del 21 marzo 2002, ''ogni processo di modernizzazione avviene con travaglio, anche con tensioni sociali, insomma pagando anche prezzi alti alla conflittualita'''.
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Saiwa: è più buono il biscotto non precario (il Manifesto)
SAIWA, E' PIU' BUONO IL BISCOTTO NON PRECARIO
Accordo all'interno dell'azienda (400 dipendenti, gruppo Danone). Dopo una lunga vertenza ha accettato di regolarizzare, con contratti a tempo indeterminato, 40 lavoratori precari. Intesa anche sulla professionalità (abolito di fatto il 5° livello)
E' un accordo per certi versi 'storico'. E non a caso le rsu lo raccontano con orgoglio. Anche perché non è stata certo una passeggiata. Ma alla fine la Saiwa, (che fa parte del gruppo multinazionale Danone) ha accettato la trattativa e soprattutto ha accolto alcune richieste importanti delle rsu. In concreto, l'accordo ha permesso l'assunzione a tempo indeterminato di venti lavoratori interinali presenti in azienda, più la trasformazione a tempo indeterminato degli ultimi otto contratti a tempo. Aggiunti ad un'altra decina di posizioni, in totale vengono stabilizzate circa quaranta posizioni. Non solo, l'accordo prevede anche un capitolo professionalità.
«Un'altra chicca - dice Anna Poggio, della Flai Cgil - perché il nuovo sistema di professionalità prevede livelli crescenti in funzione dell'esperienza e delle competenze maturate. Per tutti inoltre il passaggio al 4° livello avverrà dopo sei mesi anche non continuativi. In altre parole aggiunge Poggio - viene eliminato il 5° livello questo è il giusto riconoscimento anche a quei lavoratori, quasi tutte donne, impegnate nel confezionamento e sempre confinate al livello più basso». Infine, l'accordo sulla professionalità riguarda sia i lavoratori a tempo indeterminato che quelli interinali. Quella della Saiwa, stabilimento di Capriata (unico stabilimento rimasto per la storica produttrice di biscotti e patatine), una vicenda importante perché ha visto una lotta compatta dei quattrocento dipendenti, molti dei quali interinali e quindi più ricattabili e meno propensi a scioperare. Invece, complice anche l'alta sindacalizzazione dell'azienda, le battaglie sono state sempre unitarie.
«A gennaio 2005 - racconta Anna Poggio - l'azienda ha dichiarato di non voler confermare un terzo dei contratti a tempo determinato con scadenza dicembre 2005. E questo - aggiunge - nonostante si trattasse di personale presente in azienda da più di tre anni, prima come interinale e poi assunto con contratto a tempo determinato di due anni». Gli scioperi per l'occupazione, come sottolineano le rsu, sono iniziati subito. A marzo dell'anno scorso. Si chiede la conferma dei contratti a tempo determinato, anche perché «in azienda - dice Mario Grosso, delegato Flai Cgil - un terzo dei lavoratori sono precari».
E giovani: un censimento svolto dal sindacato rivela infatti che più del 50% dei lavoratori ha meno di trent'anni. Ci sono attimi di tensione, nella vertenza lunga un anno. Come quando l'azienda, a maggio, non conferma il primo contratto a tempo determinato e vuole cambiare mansione ad un lavoratore della Cgil. Immediata la risposta, con la proclamazione di uno sciopero ad oltranza. I lavoratori stanno davanti ai cancelli e la situazione si sblocca dopo 23 ore di sciopero con un accordo che vede il ritiro dei provvedimenti lasciando ancora aperta la strada per la conferma dei precari. I momenti di tensione non sono finiti. A giugno infatti l'azienda, al tavolo delle trattative, riesce a dividere i sindacati e dopo assemblee molto tese ed un confuso referendum voluto dalla Cisl «si arriva ad un accordo separato. La Flai Cgil - dice Anna Poggio - non poteva firmare un accordo che nei fatti prevedeva un ulteriore aumento del lavoro interinale a fronte di un accordo solo salariale su sabati lavorativi che non ha mai avuto una giusta applicazione».
La trattativa è ancora lunga. Dopo le ferie la situazione in fabbrica rimane tesa. A novembre però si firma un primo accordo per il reparto magazzino che prevede sei assunzioni stabili (un interinale e cinque ex a tempo determinato). Le elezioni delle rsu confermano il primato della Cgil, che ottiene il 48,5% dei consensi. Il 2006 non si apre bene. Un mese fa infatti, dopo una forte nevicata, l'azienda non rispetta quanto concordato sugli orari con le rsu. Sciopero immediato. I vertici della Saiwa capiscono che è meglio arretrare. E si arriva a qualche giorno fa, con la sigla del triplice accordo. Oltre alla stabilizzazione dei quaranta lavoratori e alla professionalità viene anche trovata un'intesa sui sabati lavorativi in flessibilità. Per ogni sabato di sei ore lavorato, il lavoratore accantonerà otto ore di recupero. E non è ancora finita. Perché adesso i lavoratori vogliono definire i numeri ed i criteri delle assunzioni part time e stagionali, gli organici e l'organizzazione dei reparti.
Il Manifesto, 31 marzo 2006
Categorie: saiwa biscotti il_manifesto marzo2006 danone precari accordo flai_cgil rsu intesa
Accordo all'interno dell'azienda (400 dipendenti, gruppo Danone). Dopo una lunga vertenza ha accettato di regolarizzare, con contratti a tempo indeterminato, 40 lavoratori precari. Intesa anche sulla professionalità (abolito di fatto il 5° livello)
E' un accordo per certi versi 'storico'. E non a caso le rsu lo raccontano con orgoglio. Anche perché non è stata certo una passeggiata. Ma alla fine la Saiwa, (che fa parte del gruppo multinazionale Danone) ha accettato la trattativa e soprattutto ha accolto alcune richieste importanti delle rsu. In concreto, l'accordo ha permesso l'assunzione a tempo indeterminato di venti lavoratori interinali presenti in azienda, più la trasformazione a tempo indeterminato degli ultimi otto contratti a tempo. Aggiunti ad un'altra decina di posizioni, in totale vengono stabilizzate circa quaranta posizioni. Non solo, l'accordo prevede anche un capitolo professionalità.
«Un'altra chicca - dice Anna Poggio, della Flai Cgil - perché il nuovo sistema di professionalità prevede livelli crescenti in funzione dell'esperienza e delle competenze maturate. Per tutti inoltre il passaggio al 4° livello avverrà dopo sei mesi anche non continuativi. In altre parole aggiunge Poggio - viene eliminato il 5° livello questo è il giusto riconoscimento anche a quei lavoratori, quasi tutte donne, impegnate nel confezionamento e sempre confinate al livello più basso». Infine, l'accordo sulla professionalità riguarda sia i lavoratori a tempo indeterminato che quelli interinali. Quella della Saiwa, stabilimento di Capriata (unico stabilimento rimasto per la storica produttrice di biscotti e patatine), una vicenda importante perché ha visto una lotta compatta dei quattrocento dipendenti, molti dei quali interinali e quindi più ricattabili e meno propensi a scioperare. Invece, complice anche l'alta sindacalizzazione dell'azienda, le battaglie sono state sempre unitarie.
«A gennaio 2005 - racconta Anna Poggio - l'azienda ha dichiarato di non voler confermare un terzo dei contratti a tempo determinato con scadenza dicembre 2005. E questo - aggiunge - nonostante si trattasse di personale presente in azienda da più di tre anni, prima come interinale e poi assunto con contratto a tempo determinato di due anni». Gli scioperi per l'occupazione, come sottolineano le rsu, sono iniziati subito. A marzo dell'anno scorso. Si chiede la conferma dei contratti a tempo determinato, anche perché «in azienda - dice Mario Grosso, delegato Flai Cgil - un terzo dei lavoratori sono precari».
E giovani: un censimento svolto dal sindacato rivela infatti che più del 50% dei lavoratori ha meno di trent'anni. Ci sono attimi di tensione, nella vertenza lunga un anno. Come quando l'azienda, a maggio, non conferma il primo contratto a tempo determinato e vuole cambiare mansione ad un lavoratore della Cgil. Immediata la risposta, con la proclamazione di uno sciopero ad oltranza. I lavoratori stanno davanti ai cancelli e la situazione si sblocca dopo 23 ore di sciopero con un accordo che vede il ritiro dei provvedimenti lasciando ancora aperta la strada per la conferma dei precari. I momenti di tensione non sono finiti. A giugno infatti l'azienda, al tavolo delle trattative, riesce a dividere i sindacati e dopo assemblee molto tese ed un confuso referendum voluto dalla Cisl «si arriva ad un accordo separato. La Flai Cgil - dice Anna Poggio - non poteva firmare un accordo che nei fatti prevedeva un ulteriore aumento del lavoro interinale a fronte di un accordo solo salariale su sabati lavorativi che non ha mai avuto una giusta applicazione».
La trattativa è ancora lunga. Dopo le ferie la situazione in fabbrica rimane tesa. A novembre però si firma un primo accordo per il reparto magazzino che prevede sei assunzioni stabili (un interinale e cinque ex a tempo determinato). Le elezioni delle rsu confermano il primato della Cgil, che ottiene il 48,5% dei consensi. Il 2006 non si apre bene. Un mese fa infatti, dopo una forte nevicata, l'azienda non rispetta quanto concordato sugli orari con le rsu. Sciopero immediato. I vertici della Saiwa capiscono che è meglio arretrare. E si arriva a qualche giorno fa, con la sigla del triplice accordo. Oltre alla stabilizzazione dei quaranta lavoratori e alla professionalità viene anche trovata un'intesa sui sabati lavorativi in flessibilità. Per ogni sabato di sei ore lavorato, il lavoratore accantonerà otto ore di recupero. E non è ancora finita. Perché adesso i lavoratori vogliono definire i numeri ed i criteri delle assunzioni part time e stagionali, gli organici e l'organizzazione dei reparti.
Il Manifesto, 31 marzo 2006
Categorie: saiwa biscotti il_manifesto marzo2006 danone precari accordo flai_cgil rsu intesa
30.3.06
Precari italiani in prima sull'Herald Tribune
Punto di partenza il libro e il sito Web sulla generazione di «milleuristi»
Precari italiani in prima sull'Herald Tribune
Il titolo ironico del quotidiano americano: «L’Italia ha un problema di cui non parla». E bacchetta la campagna di Berlusconi e Prodi
MILANO - Giovani, superqualificati, ma senza garanzie e con le tasche quasi vuote. Il precariato cronico dei giovani italiani finisce in prima pagina sull'International Herald Tribune che bacchetta i politici italiani, scandalizzato di come nella loro accesa campagna elettorale stiano sottovalutando il problema.
LIBRO E SITO DEI «MILLEURISTI» - Il quotidiano newyorchese, nella sua edizione internazionale, gioca sul filo dell’ironia e titola: «Silenzio, l’Italia ha un problema, ma non se ne parla molto». Il giornale parte dalla storia di un giovane architetto, Antonio Incorvaia, che dopo la laurea è saltato da un posto di designer grafico a quello di editor di testi per la tv, per poi approdare al giornalismo web. Un «serial trainee», come si autodefinisce questo 31enne, ovvero un «apprendista seriale» sulla falsa riga del termine serial killer. Dalla sua storia, che lo accumuna a molti, troppi, trentenni e qualcosa, sono scaturiti un libro e un sito Web: «Generazione 1.000 euro» (www.generazione1000.com). Una community virtuale «dedicata ai Milleuristi, alle loro storie e alle loro testimonianze, alle loro frustrazioni e alle loro speranze», come si legge online. E un «reality book» come è stato definito, che racconta la vita quotidiana di un gruppo di giovani che non riescono a uscire dal labirinto fatto di stage, contratti a tempo o a progetto.
L'ACCUSA AI POLITICI - Citando il testo - in parte già leggibile sul web, e che uscirà come libro a maggio per Rizzoli - scritto a quattro mani dallo stesso Incorvaia con Alessandro Rimassa, il quotidiano americano sottolinea come la situazione di milioni di giovani sia sostanzialmente sottovalutata in questa campagna elettorale. «Con il premier Silvio Berlusconi e il suo principale avversario, Romano Prodi, che si scambiano vicendevolmente insulti e difendono i loro trascorsi, l’incertezza che circonda gli italiani che entrano nel mercato del lavoro non è stata una questione di primo piano» denuncia l'articolista.
L'INDAGINE - E mentre il quotidiano riprende i politici italiani, un'indagine del mensile «Campus» su 1000 studenti universitari tra i 18 e i 25 anni rileva che il 60% del campione per il vecchio e sicuro «posto fisso» è pronto a rinunciare al lavoro dei propri sogni e a uno stipendio alto ma a rischio licenziamento. Altro dato: i giovani sembrano sempre meno disponibili a periodi formativi gratuiti in azienda. Per il 68% degli interpellati lo stage in azienda dovrebbe essere retribuito mentre appena il 19% si dice disponibile a lavorare gratis per un periodo pur di trovare un impiego.
A.Mu.
30 marzo 2006
Categorie: precari generazione1000 libro herald_tribune elezioni marzo2006
Precari italiani in prima sull'Herald Tribune
Il titolo ironico del quotidiano americano: «L’Italia ha un problema di cui non parla». E bacchetta la campagna di Berlusconi e Prodi
MILANO - Giovani, superqualificati, ma senza garanzie e con le tasche quasi vuote. Il precariato cronico dei giovani italiani finisce in prima pagina sull'International Herald Tribune che bacchetta i politici italiani, scandalizzato di come nella loro accesa campagna elettorale stiano sottovalutando il problema.
LIBRO E SITO DEI «MILLEURISTI» - Il quotidiano newyorchese, nella sua edizione internazionale, gioca sul filo dell’ironia e titola: «Silenzio, l’Italia ha un problema, ma non se ne parla molto». Il giornale parte dalla storia di un giovane architetto, Antonio Incorvaia, che dopo la laurea è saltato da un posto di designer grafico a quello di editor di testi per la tv, per poi approdare al giornalismo web. Un «serial trainee», come si autodefinisce questo 31enne, ovvero un «apprendista seriale» sulla falsa riga del termine serial killer. Dalla sua storia, che lo accumuna a molti, troppi, trentenni e qualcosa, sono scaturiti un libro e un sito Web: «Generazione 1.000 euro» (www.generazione1000.com). Una community virtuale «dedicata ai Milleuristi, alle loro storie e alle loro testimonianze, alle loro frustrazioni e alle loro speranze», come si legge online. E un «reality book» come è stato definito, che racconta la vita quotidiana di un gruppo di giovani che non riescono a uscire dal labirinto fatto di stage, contratti a tempo o a progetto.
L'ACCUSA AI POLITICI - Citando il testo - in parte già leggibile sul web, e che uscirà come libro a maggio per Rizzoli - scritto a quattro mani dallo stesso Incorvaia con Alessandro Rimassa, il quotidiano americano sottolinea come la situazione di milioni di giovani sia sostanzialmente sottovalutata in questa campagna elettorale. «Con il premier Silvio Berlusconi e il suo principale avversario, Romano Prodi, che si scambiano vicendevolmente insulti e difendono i loro trascorsi, l’incertezza che circonda gli italiani che entrano nel mercato del lavoro non è stata una questione di primo piano» denuncia l'articolista.
L'INDAGINE - E mentre il quotidiano riprende i politici italiani, un'indagine del mensile «Campus» su 1000 studenti universitari tra i 18 e i 25 anni rileva che il 60% del campione per il vecchio e sicuro «posto fisso» è pronto a rinunciare al lavoro dei propri sogni e a uno stipendio alto ma a rischio licenziamento. Altro dato: i giovani sembrano sempre meno disponibili a periodi formativi gratuiti in azienda. Per il 68% degli interpellati lo stage in azienda dovrebbe essere retribuito mentre appena il 19% si dice disponibile a lavorare gratis per un periodo pur di trovare un impiego.
A.Mu.
30 marzo 2006
Categorie: precari generazione1000 libro herald_tribune elezioni marzo2006
Le Schifezze di DelTurco [1a Puntata]
FRANCAVILLA. Un bando “bizzarro” che prevede uno stipendio inferiore al minimo sindacale e dei requisiti non proprio “popolari”. In sindacato insorge.
Ha già creato scalpore e malumore, soprattutto per coloro che vorrebbero parteciparvi.
E così la Cgil scrive una lettera all’assessore Betty Mura e chiede di rivedere
alcuni “particolari” del bando pubblico per l’assegnazione dei servizi di
assistenza domiciliare integrata (leggi
il bando) pubblicato dall’Ambito Territoriale Sociale n.29 “Foro Alento”.
Si cercano operatori sociali qualificati ma l’importo orario indicato è di 12 euro, «assolutamente incongruente», dichiara il segretario Franco Leone, «rispetto all’applicazione del contratto nazionale del lavoro delle cooperative sociali».
Infatti, lo stipendio per le figure di operatori richieste nel bando è per i contratti nazionali collettivi superiore, come dire che il bando pubblico non rispetta nemmeno il “minimo sindacale”.
Una gaffe nonda poco visto che l’amministrazione pubblica dovrebbe essere la prima a rispettare tali tariffe e a non incentivare situazioni di fastidioso sfruttamento del lavoro.
Per l’assistenza domiciliare il contratto nazionale prevede 13,98 euro all’ora (3° livello), per gli operatori di assistenza domiciliare minori e centro diurno anziani 15,03 euro (4° livello) e per il Coordinatore Assistente Sociale, (figura non considerata nel bando, ma per la Cgil necessario per «l’ottimale gestione del servizio») 16,82 euro (6° livello).
«Se aggiungiamo», continua Leone, «che uno dei criteri di valutazione, ai fini dell’aggiudicazione, è l’offerta di ribasso sull’importo orario a base d’asta, i calcoli vengono presto fatti. E’ insopportabile», spiega a gran voce il sindacato, «l’idea che l' Amministrazione pubblica prosegua nella sua azione negativa di ampliamento del fenomeno del “Lavoro nero” e che una risposta concreta deve essere data a quanto già denunciato dalla Cgil nel suo Congresso Regionale».
I Progetti e i bandi, sono frutto di finanziamenti partecipati dalla Regione Abruzzo, «la quale è tenuta», sottolinea Leone, «unitamente agli enti aggiudicatori, nella predisposizione delle gare di appalto, a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro, come determinato dal Ministero del Lavoro e dai rispettivi contratti collettivi di lavoro».
Sarebbe inoltre «inquietante» un altro dei passaggi dal bando in questione ovvero «la previsione del possesso della sede operativa nell’Ambito Territoriale Sociale Foro Alento, come requisito per l’ammissione alla gara».
Il sindacato considera questa come una «evidente violazione dei principi della libera concorrenza sanciti dall’ordinamento nazionale e comunitario».
Quanti interessati potrebbero avere a disposizione già una sede per il progetto?
Difficile dare una risposta ma c’è da scommetterci: questo bando non andrà deserto.
La Cgil invita ad una verifica attenta del bando e a «prendere provvedimenti».
Categorie: del_turco abruzzo francavilla assistenza_domiciliare bando regione regione_abruzzo cgil operatori_sociali cooperative_sociali marzo2006
Ha già creato scalpore e malumore, soprattutto per coloro che vorrebbero parteciparvi.
E così la Cgil scrive una lettera all’assessore Betty Mura e chiede di rivedere
alcuni “particolari” del bando pubblico per l’assegnazione dei servizi di
assistenza domiciliare integrata (leggi
il bando) pubblicato dall’Ambito Territoriale Sociale n.29 “Foro Alento”.
Si cercano operatori sociali qualificati ma l’importo orario indicato è di 12 euro, «assolutamente incongruente», dichiara il segretario Franco Leone, «rispetto all’applicazione del contratto nazionale del lavoro delle cooperative sociali».
Infatti, lo stipendio per le figure di operatori richieste nel bando è per i contratti nazionali collettivi superiore, come dire che il bando pubblico non rispetta nemmeno il “minimo sindacale”.
Una gaffe nonda poco visto che l’amministrazione pubblica dovrebbe essere la prima a rispettare tali tariffe e a non incentivare situazioni di fastidioso sfruttamento del lavoro.
Per l’assistenza domiciliare il contratto nazionale prevede 13,98 euro all’ora (3° livello), per gli operatori di assistenza domiciliare minori e centro diurno anziani 15,03 euro (4° livello) e per il Coordinatore Assistente Sociale, (figura non considerata nel bando, ma per la Cgil necessario per «l’ottimale gestione del servizio») 16,82 euro (6° livello).
«Se aggiungiamo», continua Leone, «che uno dei criteri di valutazione, ai fini dell’aggiudicazione, è l’offerta di ribasso sull’importo orario a base d’asta, i calcoli vengono presto fatti. E’ insopportabile», spiega a gran voce il sindacato, «l’idea che l' Amministrazione pubblica prosegua nella sua azione negativa di ampliamento del fenomeno del “Lavoro nero” e che una risposta concreta deve essere data a quanto già denunciato dalla Cgil nel suo Congresso Regionale».
I Progetti e i bandi, sono frutto di finanziamenti partecipati dalla Regione Abruzzo, «la quale è tenuta», sottolinea Leone, «unitamente agli enti aggiudicatori, nella predisposizione delle gare di appalto, a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro, come determinato dal Ministero del Lavoro e dai rispettivi contratti collettivi di lavoro».
Sarebbe inoltre «inquietante» un altro dei passaggi dal bando in questione ovvero «la previsione del possesso della sede operativa nell’Ambito Territoriale Sociale Foro Alento, come requisito per l’ammissione alla gara».
Il sindacato considera questa come una «evidente violazione dei principi della libera concorrenza sanciti dall’ordinamento nazionale e comunitario».
Quanti interessati potrebbero avere a disposizione già una sede per il progetto?
Difficile dare una risposta ma c’è da scommetterci: questo bando non andrà deserto.
La Cgil invita ad una verifica attenta del bando e a «prendere provvedimenti».
Categorie: del_turco abruzzo francavilla assistenza_domiciliare bando regione regione_abruzzo cgil operatori_sociali cooperative_sociali marzo2006
Occupata Arena, la fabbrica del pollo con i bond
Occupata Arena, la fabbrica del pollo con i bond
AN. SCI.
Gli operai della Arena di Gatteo, in provincia di Cesena, famosa industria del pollo, ieri hanno occupato lo stabilimento: ottanta di loro da ieri si trovano all'interno dello stabilimento, e chiedono alla proprietà di recedere dalle ultime decisioni, comunicate lo scorso 20 marzo alle Rsu. Causa crisi aviaria, la Arena ha chiesto ai sindacati di firmare una cassa integrazione a zero ore per tutti i 700 dipendenti dello stabilimento (580 dei quali stagionali), a tempo indeterminato. La macellazione e lavorazione dei polli dovrebbe continuare in altri due stabilimenti, nelle Marche e nel Molise, non interessati alla misura. «E' un provvedimento ingiusto - spiega Gabriele Marchi, segretario Flai di Cesena - Sarebbe giusto condividere tutti insieme gli effetti della crisi, con una cassa a rotazione. In questo modo, al contrario, si decreta la chiusura del nostro stabilimento». Gli industriali avicoli, dopo la crisi dell'aviaria, hanno ricevuto dal governo la possibilità di accedere a un fondo speciale di 100 milioni di euro, insieme a ulteriori 100 milioni destinati alla cassa integrazione, di cui il settore è normalmente sprovvisto. Misure di emergenza che ad Arena però non basterebbero, e la crisi dell'aviaria pare un pretesto per tappare altri «buchi »: «Il patrimonio della società - spiega Marchi - è di 195 milioni di euro, mentre il debito è di 270 milioni. Inoltre, il 15 giugno scade un bond di 135 milioni di euro, dovuto alla scelta di puntare sulla finanza anziché sull'industria. E adesso dobbiamo pagare noi». Nella «valle del pollo» dunque - in Romagna sono presenti anche Amadori e il gruppo Martini - i più inguaiati sono proprio gli operai dell'Arena, che come recita un detto del luogo, si sentono sulla «schiena del buratello» (un'anguilla). Franco Chiriaco, segretario generale Flai Cgil, si chiede «quanto l'azienda sia sana e quanto realisticamente c'entri l'influenza dei polli: di fronte ad quadro così sconcertante la lotta va avanti, fino a quando i responsabili del gruppo Arena non saranno disposti a parlare di un nuovo piano industriale serio».
il manifesto 28 marzo 2006
Categorie: marzo2006 arena flai_cgil cgil occupazione pollo gatteo emilia_romagna bologna rsu il_manifesto
AN. SCI.
Gli operai della Arena di Gatteo, in provincia di Cesena, famosa industria del pollo, ieri hanno occupato lo stabilimento: ottanta di loro da ieri si trovano all'interno dello stabilimento, e chiedono alla proprietà di recedere dalle ultime decisioni, comunicate lo scorso 20 marzo alle Rsu. Causa crisi aviaria, la Arena ha chiesto ai sindacati di firmare una cassa integrazione a zero ore per tutti i 700 dipendenti dello stabilimento (580 dei quali stagionali), a tempo indeterminato. La macellazione e lavorazione dei polli dovrebbe continuare in altri due stabilimenti, nelle Marche e nel Molise, non interessati alla misura. «E' un provvedimento ingiusto - spiega Gabriele Marchi, segretario Flai di Cesena - Sarebbe giusto condividere tutti insieme gli effetti della crisi, con una cassa a rotazione. In questo modo, al contrario, si decreta la chiusura del nostro stabilimento». Gli industriali avicoli, dopo la crisi dell'aviaria, hanno ricevuto dal governo la possibilità di accedere a un fondo speciale di 100 milioni di euro, insieme a ulteriori 100 milioni destinati alla cassa integrazione, di cui il settore è normalmente sprovvisto. Misure di emergenza che ad Arena però non basterebbero, e la crisi dell'aviaria pare un pretesto per tappare altri «buchi »: «Il patrimonio della società - spiega Marchi - è di 195 milioni di euro, mentre il debito è di 270 milioni. Inoltre, il 15 giugno scade un bond di 135 milioni di euro, dovuto alla scelta di puntare sulla finanza anziché sull'industria. E adesso dobbiamo pagare noi». Nella «valle del pollo» dunque - in Romagna sono presenti anche Amadori e il gruppo Martini - i più inguaiati sono proprio gli operai dell'Arena, che come recita un detto del luogo, si sentono sulla «schiena del buratello» (un'anguilla). Franco Chiriaco, segretario generale Flai Cgil, si chiede «quanto l'azienda sia sana e quanto realisticamente c'entri l'influenza dei polli: di fronte ad quadro così sconcertante la lotta va avanti, fino a quando i responsabili del gruppo Arena non saranno disposti a parlare di un nuovo piano industriale serio».
il manifesto 28 marzo 2006
Categorie: marzo2006 arena flai_cgil cgil occupazione pollo gatteo emilia_romagna bologna rsu il_manifesto
Stabilimento Arena occupato. Il tavolo di crisi
GATTEO - Forse adesso uno spiraglio si inizia ad intravederlo, ma è davvero microscopico. I dirigenti di Arena si sono presi qualche giorno tempo fino a domani pomeriggio per valutare le richieste avanzate ieri dai sindacati, nell’ambito del tavolo istituzionale di crisi convocato a Gatteo. La proposta del sindaco Tiziano Gasperoni, affiancato da quasi tutti gli altri colleghi dell’area Rubicone e dai rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, è stata semplice: riprendere rapidamente l’attività all’interno dello stabilimento di S.Angelo, seppure a volumi ridotti. E questo sia per i polli sia per i tacchini. Come? L’unica strada che sembra praticabile è quella che hanno indicato i sindacati: organizzare una rotazione delle produzioni fra i tre stabilimenti che il gruppo ha in Italia.Di fronte a questa ipotesi, i dirigenti di Arena (erano presenti Petrarca e Giancola) hanno detto che avevano bisogno di fare un approfondimento prima di dare una risposta. Un’analisi di fattibilità tecnica per valutare gli attuali volumi di produzione e il quadro organizzativo. Ci si è così riaggiornati a domani alle 18.30. Fino ad allora l’occupazione dello stabilimento di S.Angelo andrà avanti. Poi si deciderà il da farsi in base alla proposta concreta che i vertici dell’azienda si sono impegnati a formalizzare nel sumit-bis di domani.Il vero problema, però, resta un altro: qual è lo stato di salute finanziario dell’intero gruppo? In queste ore il cda del colosso avicolo sta discutendo il bilancio e forse si capirà qualcosa di più. Ma la sensazione è che la situazione sia critica, e non solo per la contingenza del crollo dei consumi di carni bianche provocato dalla psicosi per l’influenza aviaria.
Se è così, tornare a lavorare rischierebbe di essere semplicemente un prolungamento dell’agonia. Meglio di niente, ma non è una bella prospettiva per gli oltre 700 dipendenti della ditta di S.Angelo, che hanno bisogno di certezze per il futuro.L’incontro di ieri è stato seguito, con il fiato sospeso, da una delegazione di una cinquantina di operai, che si sono recati in corteo dal cortile della ditta alla piazza del municipio. L’attesa, fino alle 21.30, quando sono usciti i protagonisti della riunione, è stata straziante. E di fronte alle bocche semicucite dei segretari confederali, i lavoratori hanno dovuto aspettare le comunicazioni dei loro rappresentanti di categoria, che hanno parlato al microfono, fino a tarda serata, nel piazzale dello stabilimento di S.Angelo: solo a quel punto si è saputo qualcosa di un po’ più definito. Che comunque è sostanzialmente un nulla di fatto con annessa una pausa di riflessione fino a domani sera.
Gian Paolo Castagnoli
Fonte: http://www.corriereromagna.it/
Categorie: confederali occupazione arena polli gatteo marzo2006 sant'angelo emilia_romagna bologna cesena aviaria licenziamenti
Se è così, tornare a lavorare rischierebbe di essere semplicemente un prolungamento dell’agonia. Meglio di niente, ma non è una bella prospettiva per gli oltre 700 dipendenti della ditta di S.Angelo, che hanno bisogno di certezze per il futuro.L’incontro di ieri è stato seguito, con il fiato sospeso, da una delegazione di una cinquantina di operai, che si sono recati in corteo dal cortile della ditta alla piazza del municipio. L’attesa, fino alle 21.30, quando sono usciti i protagonisti della riunione, è stata straziante. E di fronte alle bocche semicucite dei segretari confederali, i lavoratori hanno dovuto aspettare le comunicazioni dei loro rappresentanti di categoria, che hanno parlato al microfono, fino a tarda serata, nel piazzale dello stabilimento di S.Angelo: solo a quel punto si è saputo qualcosa di un po’ più definito. Che comunque è sostanzialmente un nulla di fatto con annessa una pausa di riflessione fino a domani sera.
Gian Paolo Castagnoli
Fonte: http://www.corriereromagna.it/
Categorie: confederali occupazione arena polli gatteo marzo2006 sant'angelo emilia_romagna bologna cesena aviaria licenziamenti
Francia: il 4 aprile nuovo sciopero generale
Il 4 aprile in francia nuovo sciopero generale
Le organizzazioni sindacali confederali e quelle studentesche hanno proclamato per il 4 aprile una nuova giornata di scioperi e di manifestazioni per costringere il governo a ritirare il Cpe, il contratto di primo impiego.
A decidere la data dello sciopero state le cinque organizzazioni confederali - Cgt, Cfdt, Fo, Cftc e Cfe-Cgc - e quelle degli studenti universitari e liceali che avevano già proclamato la giornata nazionale "d' azione" di ieri, che ha visto - secondo i sindacati - tre milioni di persone in piazza. Ma 870mila secondo la questura. Disagi in settori vitali quali i trasporti e la scuola, scontri a Parigi con la polizia che ha effettuato diverse cariche e quasi quattrocento fermati. Questo il bilancio dello sciopero generale di ieri.
La manifestazione più grande si è svolta a Parigi nel pomeriggio. Ma anche in altre città francesi la contestazione ha assunto dimensioni imponenti: oltre 40mila persone a Nantes, decine di migliaia a Tour, Rouen e le Mans, 250mila a Marsiglia. In tutto il Paese 135 cortei. I sindacati hanno sottolineato "il dato storico" dei tre milioni di partecipanti. Tuttavia il primo ministro Dominique de Villepin esclude che il Cpe possa essere ritirato e conferma tutt'al più di essere "aperto" a modifiche, purché non siano di "ordine legislativo". Parere diverso è stato espresso dal ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy, favorevole alla sospensione immediata dell'applicazione del Cpe in attesa di una soluzione di "compromesso". In settimana è annunciato l'intervento del Presidente Chirac invocato dai leader sindacali e politici per sbloccare la situazione.
Gli incidenti più gravi si sono verificati alla grande manifestazione di Parigi. Un gruppo di giovani a volto coperto ha rotto le vetrine di un bar e aggredito alcuni manifestanti. Lungo il percorso altri giovani con il volto coperto hanno cercato di penetrare in un supermercato. La polizia ha utilizzato i lacrimogeni per disperdere ragazzi armati di bottiglie molotov. I fermati sono stati 200 a Parigi, 187 nelle altre manifestazioni.
Gli effetti dello sciopero si sono fatti sentire soprattutto nel settore dei trasporti: aerei, treni, metropolitane. Nella scuola circa la metà degli insegnanti e del personale di altro tipo si è astenuta dal lavoro. Un 'alta partecipazione è stata registrata anche negli uffici postali e in generale in quelli statali. Bloccata la distribuzione dei giornali e adesioni anche nel settore metalmeccanico.
Categorie: francia cpe sciopero aprile2006 de_villepin trasporti scuola giornali metalmeccanici chirac parigi manifestazione
Le organizzazioni sindacali confederali e quelle studentesche hanno proclamato per il 4 aprile una nuova giornata di scioperi e di manifestazioni per costringere il governo a ritirare il Cpe, il contratto di primo impiego.
A decidere la data dello sciopero state le cinque organizzazioni confederali - Cgt, Cfdt, Fo, Cftc e Cfe-Cgc - e quelle degli studenti universitari e liceali che avevano già proclamato la giornata nazionale "d' azione" di ieri, che ha visto - secondo i sindacati - tre milioni di persone in piazza. Ma 870mila secondo la questura. Disagi in settori vitali quali i trasporti e la scuola, scontri a Parigi con la polizia che ha effettuato diverse cariche e quasi quattrocento fermati. Questo il bilancio dello sciopero generale di ieri.
La manifestazione più grande si è svolta a Parigi nel pomeriggio. Ma anche in altre città francesi la contestazione ha assunto dimensioni imponenti: oltre 40mila persone a Nantes, decine di migliaia a Tour, Rouen e le Mans, 250mila a Marsiglia. In tutto il Paese 135 cortei. I sindacati hanno sottolineato "il dato storico" dei tre milioni di partecipanti. Tuttavia il primo ministro Dominique de Villepin esclude che il Cpe possa essere ritirato e conferma tutt'al più di essere "aperto" a modifiche, purché non siano di "ordine legislativo". Parere diverso è stato espresso dal ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy, favorevole alla sospensione immediata dell'applicazione del Cpe in attesa di una soluzione di "compromesso". In settimana è annunciato l'intervento del Presidente Chirac invocato dai leader sindacali e politici per sbloccare la situazione.
Gli incidenti più gravi si sono verificati alla grande manifestazione di Parigi. Un gruppo di giovani a volto coperto ha rotto le vetrine di un bar e aggredito alcuni manifestanti. Lungo il percorso altri giovani con il volto coperto hanno cercato di penetrare in un supermercato. La polizia ha utilizzato i lacrimogeni per disperdere ragazzi armati di bottiglie molotov. I fermati sono stati 200 a Parigi, 187 nelle altre manifestazioni.
Gli effetti dello sciopero si sono fatti sentire soprattutto nel settore dei trasporti: aerei, treni, metropolitane. Nella scuola circa la metà degli insegnanti e del personale di altro tipo si è astenuta dal lavoro. Un 'alta partecipazione è stata registrata anche negli uffici postali e in generale in quelli statali. Bloccata la distribuzione dei giornali e adesioni anche nel settore metalmeccanico.
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Roma: 31/3 anche studenti in piazza contro la precarietà
volantino distribuito nelle scuole per partecipare al corteo contro la precarietà di venerdì 31
Partecipiamo dalle scuole al corteo cittadino contro la precarietà di venerdì 31 marzo, promosso da diverse realtà dei sindacati di base, da comitati autorganizzati di lavoratori, da associazioni degli immigrati:
-per avere un momento di collegamento reale tra tutte le lotte che si sviluppano dal basso nella città, dalle nostre scuole ai luoghi di lavoro ed alle lotte degli immigrati, perché solo lottando insieme possiamo cambiare le nostre condizioni di vita
- per far sentire la nostra solidarietà ai lavoratori licenziati a causa delle mobilitazioni nei call center Atesia e XCos, così come nei canili comunali e tra gli operatori sociali
- contro la precarietà che investe sempre di più la nostra vita:
nella scuola con gli stage e l’alternanza scuola-lavoro, nel sistema della formazione professionale – sostanzialmente privatizzata con le ultime riforme, nei costi della vita insostenibili dai trasporti fino all’accesso alla cultura, nella impossibilità di trovare casa.
- contro le riforme liberiste di questi anni, anzitutto su lavoro (prima pacchetto treu e poi legge biagi), sulla scuola e l’università (berlinguer-zecchino e moratti), immigrazione (turco-napolitano e bossi-fini), che hanno dimostrato la continuità sostanziale nelle politiche del centrosinistra e del centrodestra
Venerdì 31 marzo ore 17.00
piazza Barberini
studenti contro la precarietà
Categorie: roma marzo2006 precari studenti manifestazione corteo berlinguer zecchino moratti atesia xcos canili operatori_sociali casa trasporti scuola
Partecipiamo dalle scuole al corteo cittadino contro la precarietà di venerdì 31 marzo, promosso da diverse realtà dei sindacati di base, da comitati autorganizzati di lavoratori, da associazioni degli immigrati:
-per avere un momento di collegamento reale tra tutte le lotte che si sviluppano dal basso nella città, dalle nostre scuole ai luoghi di lavoro ed alle lotte degli immigrati, perché solo lottando insieme possiamo cambiare le nostre condizioni di vita
- per far sentire la nostra solidarietà ai lavoratori licenziati a causa delle mobilitazioni nei call center Atesia e XCos, così come nei canili comunali e tra gli operatori sociali
- contro la precarietà che investe sempre di più la nostra vita:
nella scuola con gli stage e l’alternanza scuola-lavoro, nel sistema della formazione professionale – sostanzialmente privatizzata con le ultime riforme, nei costi della vita insostenibili dai trasporti fino all’accesso alla cultura, nella impossibilità di trovare casa.
- contro le riforme liberiste di questi anni, anzitutto su lavoro (prima pacchetto treu e poi legge biagi), sulla scuola e l’università (berlinguer-zecchino e moratti), immigrazione (turco-napolitano e bossi-fini), che hanno dimostrato la continuità sostanziale nelle politiche del centrosinistra e del centrodestra
Venerdì 31 marzo ore 17.00
piazza Barberini
studenti contro la precarietà
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Lavoro: agli studenti piace fisso
Lavoro: agli studenti piace fisso
Secondo un'indagine del mensile"Campus"
Meglio un posto fisso, sicuro, con uno stipendio magari non proprio esaltante, rispetto a un lavoro interessante ma a rischio, a una carriera dinamica ma densa di incognite. Altro che flessibilità e adattabilità: tra i giovani resiste il mito del posto sicuro, possibilmente a orario fisso e "da ufficio" che garantisce a fine mese lo stipendio. E' questo il risultato di un'indagine realizzata dal mensile "Campus" in occasione del Salone dello Studente - Campus Orienta di Firenze.
Insomma, la legge Biagi resta ancora "sulla carta" e gli universitari italiani direbbero volentieri no a stage, lavoro a tempo determinato, contratti a progetto e "co.co.pro." L'indagine è stata realizzata intervistando un campione di oltre mille universitari, maschi e femmine, di età compresa tra i 18 e i 25 anni. E, dai risultati risulta che ben sei giovani su dieci hanno il mito del posto fisso: per raggiungerlo sarebbero disposti a rinunciare anche al lavoro dei loro sogni o a una retribuzione particolarmente alta. E infatti a flessibilità, dinamicità, intraprendenza i giovani preferiscono sicurezza, stabilità, tranquillità, ma anche e soprattutto comodità. Insomma, lavorare stanca, e per gli under 25 oggi è meglio un anno da disoccupato che tre mesi da stagista. Uno stipendio sicuro, orari fissi e poche responsabilità sono preferibili rispetto all'ipotesi di sgobbare tutta la vita rischiando magari di non raggiungere il successo sperato.
Oltre un ragazzo su due (il 54%) è infatti convinto che gli atenei italiani non preparino adeguatamente per entrare nel modo migliore nel mondo del lavoro. Tuttavia sembra anche che i ragazzi non vogliano più sentir parlare di apprendistato o di lavori precari in attesa di imparare un mestiere. E così sei su dieci (64%) mettono in conto di dover aspettare almeno n anno per trovare un lavoro degno delle loro aspirazioni. Che per quasi sette giovani su dieci significa soprattutto un "posto fisso".
Gli studenti ritengono che le aziende ai giovani, neo-laureati compresi, dovrebbero offrire soprattutto garanzie di sicurezza e stabilità (31%) e una equa retribuzione (22%), più che una formazione adeguata (16%) o un periodo in cui fare esperienza (14%) per poi scegliere quale carriera intraprendere. Un dato confermato anche dal fatto che soltanto l'8% pensa soprattutto a un'occupazione davvero gratificante o a un ambiente in cui crescere e migliorare assumendosi responsabilità sempre più importanti (4%).
Risulta che tra i giovani non ancora laureati lo stage e i periodi di prova, così diffusi ormai per "introdurre" negli ambienti di lavoro, non siano molto graditi. Per uno studente su tre (31%) lo stage dovrebbe essere prerogativa soltanto di chi ha conseguito una laurea breve, in pratica in sostituzione del biennio di specializzazione, mentre il 24% ritengono più formativo frequentare un master, e un periodo in azienda consisterebbe in sostanza di una alternativa ai corsi di specializzazione post laurea.
Soltanto 16 su cento ritengono che un periodo da stagista sia comunque molto importante per imparare un mestiere, mentre il 18% bocciano in toto il sistema dello stage. Che in ogni caso, per sette ragazzi su dieci (68%) non dovrebbe mai essere gratuito, ma ben retribuito. Quanto? Almeno 500 euro al mese per il 36%. Un universitario su tre (30%) non accetterebbe mai per meno di 800 o mille euro al mese. Insomma, un vero e proprio stipendio.
Solo un ragazzo su cinque (19%) dice di essere disposto a lavorare gratis per un breve periodo pur di trovare un impiego. E allo stesso modo, il 24% accetterebbero un contratto a tempo determinato o part-time solo come prima occupazione, sempre che vi sia la conferma assicurata, e a tempo indeterminato, alla scadenza del contratto (22%). Soltanto il 15% accetterebbero di sicuro pur di lavorare. In ogni caso, secondo i giovani stage e contratti a progetto non dovrebbero superare i tre mesi (42%), o al massimo i sei (il 18%), ma c'è anche chi ritiene che un mese sia sufficiente (21%).
Categorie: posto_fisso indagine dati campus marzo2006 firenze giovani
Secondo un'indagine del mensile"Campus"
Meglio un posto fisso, sicuro, con uno stipendio magari non proprio esaltante, rispetto a un lavoro interessante ma a rischio, a una carriera dinamica ma densa di incognite. Altro che flessibilità e adattabilità: tra i giovani resiste il mito del posto sicuro, possibilmente a orario fisso e "da ufficio" che garantisce a fine mese lo stipendio. E' questo il risultato di un'indagine realizzata dal mensile "Campus" in occasione del Salone dello Studente - Campus Orienta di Firenze.
Insomma, la legge Biagi resta ancora "sulla carta" e gli universitari italiani direbbero volentieri no a stage, lavoro a tempo determinato, contratti a progetto e "co.co.pro." L'indagine è stata realizzata intervistando un campione di oltre mille universitari, maschi e femmine, di età compresa tra i 18 e i 25 anni. E, dai risultati risulta che ben sei giovani su dieci hanno il mito del posto fisso: per raggiungerlo sarebbero disposti a rinunciare anche al lavoro dei loro sogni o a una retribuzione particolarmente alta. E infatti a flessibilità, dinamicità, intraprendenza i giovani preferiscono sicurezza, stabilità, tranquillità, ma anche e soprattutto comodità. Insomma, lavorare stanca, e per gli under 25 oggi è meglio un anno da disoccupato che tre mesi da stagista. Uno stipendio sicuro, orari fissi e poche responsabilità sono preferibili rispetto all'ipotesi di sgobbare tutta la vita rischiando magari di non raggiungere il successo sperato.
Oltre un ragazzo su due (il 54%) è infatti convinto che gli atenei italiani non preparino adeguatamente per entrare nel modo migliore nel mondo del lavoro. Tuttavia sembra anche che i ragazzi non vogliano più sentir parlare di apprendistato o di lavori precari in attesa di imparare un mestiere. E così sei su dieci (64%) mettono in conto di dover aspettare almeno n anno per trovare un lavoro degno delle loro aspirazioni. Che per quasi sette giovani su dieci significa soprattutto un "posto fisso".
Gli studenti ritengono che le aziende ai giovani, neo-laureati compresi, dovrebbero offrire soprattutto garanzie di sicurezza e stabilità (31%) e una equa retribuzione (22%), più che una formazione adeguata (16%) o un periodo in cui fare esperienza (14%) per poi scegliere quale carriera intraprendere. Un dato confermato anche dal fatto che soltanto l'8% pensa soprattutto a un'occupazione davvero gratificante o a un ambiente in cui crescere e migliorare assumendosi responsabilità sempre più importanti (4%).
Risulta che tra i giovani non ancora laureati lo stage e i periodi di prova, così diffusi ormai per "introdurre" negli ambienti di lavoro, non siano molto graditi. Per uno studente su tre (31%) lo stage dovrebbe essere prerogativa soltanto di chi ha conseguito una laurea breve, in pratica in sostituzione del biennio di specializzazione, mentre il 24% ritengono più formativo frequentare un master, e un periodo in azienda consisterebbe in sostanza di una alternativa ai corsi di specializzazione post laurea.
Soltanto 16 su cento ritengono che un periodo da stagista sia comunque molto importante per imparare un mestiere, mentre il 18% bocciano in toto il sistema dello stage. Che in ogni caso, per sette ragazzi su dieci (68%) non dovrebbe mai essere gratuito, ma ben retribuito. Quanto? Almeno 500 euro al mese per il 36%. Un universitario su tre (30%) non accetterebbe mai per meno di 800 o mille euro al mese. Insomma, un vero e proprio stipendio.
Solo un ragazzo su cinque (19%) dice di essere disposto a lavorare gratis per un breve periodo pur di trovare un impiego. E allo stesso modo, il 24% accetterebbero un contratto a tempo determinato o part-time solo come prima occupazione, sempre che vi sia la conferma assicurata, e a tempo indeterminato, alla scadenza del contratto (22%). Soltanto il 15% accetterebbero di sicuro pur di lavorare. In ogni caso, secondo i giovani stage e contratti a progetto non dovrebbero superare i tre mesi (42%), o al massimo i sei (il 18%), ma c'è anche chi ritiene che un mese sia sufficiente (21%).
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31/3 Milano: sciopero dei precari del Comune di Milano
DOMANI 31 MARZO 2006 CI SARA' LO SCIOPERO PER L'INTERA GIORNATA DEL PERSONALE PRECARIO DEL COMUNE DI MILANO.
A PARTIRE DALLE ORE 09/30 CI SARA' UN PRESIDIO IN PIAZZA DUOMO-LATO ARENGARIO.COME RETE PRECARIA ESTENDIAMO L'INVITO A PARTECIPARE AL PRESIDIO,A TUTTE LE REALTA' PRECARIE MILANESI E NON.LA NOSTRA SPERANZA E' CHE QUESTO SCIOPERO, SIA LA BASE DI PARTENZA PER UNA VERTENZA CITTADINA/NAZIONALE SULLA PIAGA SOCIALE DEL PRECARIATO.
PER INFORMAZIONI ED EVENTUALI ADESIONI
reteprecaria@virgilio.it
Ci presentiamo: siamo un gruppo di lavoratori precari del Comune di Milano, che ha deciso di dare una risposta collettiva e non più solamente individuale al problema del precariato e perciò abbiamo deciso di costituire nel dicembre 2005 la RETE PRECARIA.
Al Comune di Milano ci sono circa 3000 lavoratori precari, assunti sotto varie tipologie contrattuali, dai lavoratori a tempo determinato ai collaboratori a progetto, dagli ex interinali al personale delle cooperative. Noi precari eroghiamo servizi essenziali in quasi tutti i settori del Comune di Milano, senza che venga riconosciuta la professionalità acquisita, senza aver diritto a permessi studio, per concorsi, senza avere una rappresentanza sindacale propria.
I tagli della Finanziaria 2006 e le scelte politiche-finanziarie della Giunta Albertini (preferisce prorogare oltre la scadenza del suo mandato i contratti di 40 super dirigenti), hanno portato il nostro Ufficio del personale a ridurre la durata dei contratti o addirittura a non rinnovarli; mentre prima non avevamo speranze per il futuro, ora è in pericolo anche il presente, fatto di un lavoro precario.
Per protestare contro questi tagli, la mancanza di piani di assunzione del personale precario e per tanti altri motivi, su nostra richiesta le Organizzazioni sindacali RDB CUB, SDB SINCOBAS, SLAI COBAS, (la proposta di sciopero era stata fatta a tutte le sigle sindacali) hanno indetto per il 31 marzo 2006 una giornata di sciopero per tutto il personale precario, con astensione delle ultime due ore di lavoro dei 18000 colleghi a tempo indeterminato.
Nello stesso giorno terremo, a partire dalle ore 9.30, un presidio rumoroso e colorato in Piazza Duomo, lato Arengario.
Negli ultimi giorni, la protesta dei giovani francesi e la campagna elettorale in corso hanno portato all’ordine del giorno la piaga sociale del precariato. Gradiremmo la vostra presenza per rappresentare insieme la protesta di chi, a causa della precarietà del lavoro, è anche, o rischia di esserlo, PRECARIO NELLA VITA.
Per eventuali contatti: reteprecaria@virgilio.it
Categorie: milano sciopero precari comune rete_precaria marzo2006
A PARTIRE DALLE ORE 09/30 CI SARA' UN PRESIDIO IN PIAZZA DUOMO-LATO ARENGARIO.COME RETE PRECARIA ESTENDIAMO L'INVITO A PARTECIPARE AL PRESIDIO,A TUTTE LE REALTA' PRECARIE MILANESI E NON.LA NOSTRA SPERANZA E' CHE QUESTO SCIOPERO, SIA LA BASE DI PARTENZA PER UNA VERTENZA CITTADINA/NAZIONALE SULLA PIAGA SOCIALE DEL PRECARIATO.
PER INFORMAZIONI ED EVENTUALI ADESIONI
reteprecaria@virgilio.it
Ci presentiamo: siamo un gruppo di lavoratori precari del Comune di Milano, che ha deciso di dare una risposta collettiva e non più solamente individuale al problema del precariato e perciò abbiamo deciso di costituire nel dicembre 2005 la RETE PRECARIA.
Al Comune di Milano ci sono circa 3000 lavoratori precari, assunti sotto varie tipologie contrattuali, dai lavoratori a tempo determinato ai collaboratori a progetto, dagli ex interinali al personale delle cooperative. Noi precari eroghiamo servizi essenziali in quasi tutti i settori del Comune di Milano, senza che venga riconosciuta la professionalità acquisita, senza aver diritto a permessi studio, per concorsi, senza avere una rappresentanza sindacale propria.
I tagli della Finanziaria 2006 e le scelte politiche-finanziarie della Giunta Albertini (preferisce prorogare oltre la scadenza del suo mandato i contratti di 40 super dirigenti), hanno portato il nostro Ufficio del personale a ridurre la durata dei contratti o addirittura a non rinnovarli; mentre prima non avevamo speranze per il futuro, ora è in pericolo anche il presente, fatto di un lavoro precario.
Per protestare contro questi tagli, la mancanza di piani di assunzione del personale precario e per tanti altri motivi, su nostra richiesta le Organizzazioni sindacali RDB CUB, SDB SINCOBAS, SLAI COBAS, (la proposta di sciopero era stata fatta a tutte le sigle sindacali) hanno indetto per il 31 marzo 2006 una giornata di sciopero per tutto il personale precario, con astensione delle ultime due ore di lavoro dei 18000 colleghi a tempo indeterminato.
Nello stesso giorno terremo, a partire dalle ore 9.30, un presidio rumoroso e colorato in Piazza Duomo, lato Arengario.
Negli ultimi giorni, la protesta dei giovani francesi e la campagna elettorale in corso hanno portato all’ordine del giorno la piaga sociale del precariato. Gradiremmo la vostra presenza per rappresentare insieme la protesta di chi, a causa della precarietà del lavoro, è anche, o rischia di esserlo, PRECARIO NELLA VITA.
Per eventuali contatti: reteprecaria@virgilio.it
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29.3.06
Roma: Comunicato Stampa Coordinamento cittadino di lotta per la casa 29/3
*COMUNICATO STAMPA*
L’assessore agli Affari regionali, Regino Brachetti, si è recato questa mattina al San Michele, in Via di Casal de Merode, per verificare di persona come vivono le 120 famiglie che da oltre quattro mesi hanno preso possesso di una struttura abbandonata all’interno del complesso.
Dopo la manifestazione di ieri pomeriggio alla Giunta regionale, indetta dal Coordinamento cittadino di lotta per la casa, per richiedere, come in altre occasioni, un impegno preciso dalla parte della Regione Lazio e del Comune di Roma nel trovare una sistemazione decorosa alle persone che vivono all’interno dell’edificio del San Michele, l’Assessore Brachetti ha potuto vedere con i propri occhi la situazione di estrema precarietà in cui sono costrette centinaia di donne, uomini e bambini, distribuiti in sole 24 stanze. Così come ha potuto vedere lo stato di abbandono e degrado in cui sono lasciati molti edifici all’interno della struttura del San Michele.
Il Coordinamento e gli abitanti della struttura hanno richiesto, anche in questa occasione, che n si dia seguito agli impegni, più volte presi, di trovare una soluzione provvisoria e dignitosa.
Il Coordinamento, nel prendere atto dell’impegno assunto dall’Assessore Brachetti di convocare, per martedì 4 Aprile 2006, un tavolo interistituzionale per fare il punto della situazione e verificare eventuali proposte concrete, ribadisce che è necessario avviare immediatamente i lavori per il centro alloggiativo temporaneo all’interno del San Michele, che bisogna trovare una soluzione immediata per alleggerire la situazione della struttura occupata, che è necessario procedere immediatamente ad un tavolo congiunto tra tutte le Istituzioni interessate affinché sia ridefinito, di comune accordo, l’utilizzo dell’intera struttura del San Michele per farla uscire dall’attuale stato di degrado.
Per vigilare, affinché tali proposte, già accettate dalla Giunta regionale, siano attuate il coordinamento cittadino di lotta per la casa indice per martedì 4 Aprile 2006 una manifestazione sotto la Giunta regionale, durante i lavori del tavolo interistituzionale.
Coordinamento cittadino di lotta per la casa
Roma, 29 marzo ’06
PROSSIMO APPUNTAMENTO:
4 APRILE 2006
PRESIDIO VIA ROSA RAIMONDI GARIBALDI
GIUNTA REGIONE LAZIO.
Categorie: san_michele roma lazio marzo2006 aprile2006 coordinamento_cittadino_di_lotta_per_la_casa regione_lazio regione casa
L’assessore agli Affari regionali, Regino Brachetti, si è recato questa mattina al San Michele, in Via di Casal de Merode, per verificare di persona come vivono le 120 famiglie che da oltre quattro mesi hanno preso possesso di una struttura abbandonata all’interno del complesso.
Dopo la manifestazione di ieri pomeriggio alla Giunta regionale, indetta dal Coordinamento cittadino di lotta per la casa, per richiedere, come in altre occasioni, un impegno preciso dalla parte della Regione Lazio e del Comune di Roma nel trovare una sistemazione decorosa alle persone che vivono all’interno dell’edificio del San Michele, l’Assessore Brachetti ha potuto vedere con i propri occhi la situazione di estrema precarietà in cui sono costrette centinaia di donne, uomini e bambini, distribuiti in sole 24 stanze. Così come ha potuto vedere lo stato di abbandono e degrado in cui sono lasciati molti edifici all’interno della struttura del San Michele.
Il Coordinamento e gli abitanti della struttura hanno richiesto, anche in questa occasione, che n si dia seguito agli impegni, più volte presi, di trovare una soluzione provvisoria e dignitosa.
Il Coordinamento, nel prendere atto dell’impegno assunto dall’Assessore Brachetti di convocare, per martedì 4 Aprile 2006, un tavolo interistituzionale per fare il punto della situazione e verificare eventuali proposte concrete, ribadisce che è necessario avviare immediatamente i lavori per il centro alloggiativo temporaneo all’interno del San Michele, che bisogna trovare una soluzione immediata per alleggerire la situazione della struttura occupata, che è necessario procedere immediatamente ad un tavolo congiunto tra tutte le Istituzioni interessate affinché sia ridefinito, di comune accordo, l’utilizzo dell’intera struttura del San Michele per farla uscire dall’attuale stato di degrado.
Per vigilare, affinché tali proposte, già accettate dalla Giunta regionale, siano attuate il coordinamento cittadino di lotta per la casa indice per martedì 4 Aprile 2006 una manifestazione sotto la Giunta regionale, durante i lavori del tavolo interistituzionale.
Coordinamento cittadino di lotta per la casa
Roma, 29 marzo ’06
PROSSIMO APPUNTAMENTO:
4 APRILE 2006
PRESIDIO VIA ROSA RAIMONDI GARIBALDI
GIUNTA REGIONE LAZIO.
Categorie: san_michele roma lazio marzo2006 aprile2006 coordinamento_cittadino_di_lotta_per_la_casa regione_lazio regione casa
Lazio: i precari della sanità cercano Marrazzo
COMUNICATO STAMPA
I PRECARI DELLA SANITA’ CERCANO MARRAZZO
“Progettare il futuro e’ impossibile!”: lo grideranno le delegazioni degli oltre 5000 lavoratori socialmente utili e precari delle aziende sanitarie del Lazio che domani parteciperanno all’assemblea regionale sul precariato indetta dalla RdB-CUB alle ore 10.00 presso la Sala Tirreno della Giunta Regionale del Lazio.
I 5000 Lavoratori Socialmente Utili e Precari della Sanità della Regione Lazio, aspettano risposte dal Presidente Marrazzo, e dopo un percorso di sacrifici e di lotte per uscire definitivamente dal precariato si ritrovano ancora una volta a combattere la politica dei “faremo e stiamo lavorando per voi”.
“Basta parole di circostanza – dichiara Sabino Venezia del Coordinamento RdB/CUB – il Presidente ha volutamente disatteso tutti gli appuntamenti con questa Organizzazione e non � pi� tempo di attendere. La politica partecipata non sembra appartenere a questa maggioranza: resta solo il conflitto sociale, lo stesso che costrinse il governo regionale di Storace ad arrestare il processo di precarizzazione nel 2004.”
“Mentre tutti si aspettavano un segnale in controtendenza sul precariato, questa Giunta ha autorizzato quello che nemmeno Storace aveva mai osato, - prosegue Venezia - l’affitto di 140 lavoratori da una agenzia interinale per il 118, i precari nell’unico servizio di emergenza sanitaria ancora pubblico d’Italia: un bel segnale di cambiamento.”
ROMA, 29.03.’06
Rdb/CUB
Categorie: lazio roma marzo2006 presidio assemblea rdb cub rdbcub marrazzo lsu sanità precari
I PRECARI DELLA SANITA’ CERCANO MARRAZZO
“Progettare il futuro e’ impossibile!”: lo grideranno le delegazioni degli oltre 5000 lavoratori socialmente utili e precari delle aziende sanitarie del Lazio che domani parteciperanno all’assemblea regionale sul precariato indetta dalla RdB-CUB alle ore 10.00 presso la Sala Tirreno della Giunta Regionale del Lazio.
I 5000 Lavoratori Socialmente Utili e Precari della Sanità della Regione Lazio, aspettano risposte dal Presidente Marrazzo, e dopo un percorso di sacrifici e di lotte per uscire definitivamente dal precariato si ritrovano ancora una volta a combattere la politica dei “faremo e stiamo lavorando per voi”.
“Basta parole di circostanza – dichiara Sabino Venezia del Coordinamento RdB/CUB – il Presidente ha volutamente disatteso tutti gli appuntamenti con questa Organizzazione e non � pi� tempo di attendere. La politica partecipata non sembra appartenere a questa maggioranza: resta solo il conflitto sociale, lo stesso che costrinse il governo regionale di Storace ad arrestare il processo di precarizzazione nel 2004.”
“Mentre tutti si aspettavano un segnale in controtendenza sul precariato, questa Giunta ha autorizzato quello che nemmeno Storace aveva mai osato, - prosegue Venezia - l’affitto di 140 lavoratori da una agenzia interinale per il 118, i precari nell’unico servizio di emergenza sanitaria ancora pubblico d’Italia: un bel segnale di cambiamento.”
ROMA, 29.03.’06
Rdb/CUB
Categorie: lazio roma marzo2006 presidio assemblea rdb cub rdbcub marrazzo lsu sanità precari
31/3 Roma: mobilitazione nazionale del Pubblico Impiego (Rdb)
COMUNICATO STAMPA
DIPENDENTI PUBBLICI: SIAMO UNA RISORSA, NON UN COSTO
Venerdì 31 marzo giornata di mobilitazione nazionale indetta dalle RdB-P.I contro lo smantellamento della Pubblica Amministrazione
Venerdì 31 marzo in tutte le regioni italiane si svolgerà la giornata di mobilitazione nazionale contro lo smantellamento della Pubblica Amministrazione. Sono previste manifestazioni in ben 22 città. Quella di Roma avrà luogo in Piazza SS Apostoli, di fronte alla sede dell’Unione.
Obiettivo della mobilitazione è in primo luogo la restituzione della dignità al lavoro della P.A., considerato ormai soltanto come un costo da tagliare e non nella sua primaria e fondamentale funzione: produttore ed erogatore di servizi e di garanzie sociali alla collettività.
Le RdB P.I. manifestano inoltre contro i processi di privatizzazione e di esternalizzazione, la modifica dell’assetto contrattuale, la precarizzazione e l’aumento dei carichi di lavoro. Chiedono invece un forte intervento a favore del rilancio del settore, per l’introduzione di una nuova scala mobile, per assunzioni a tempo indeterminato e democrazia nei luoghi di lavoro.
Al “capezzale del malato” sono invitate tutte le forze politiche che aspirano a governare il paese, affinché esprimano con chiarezza la propria posizione sulla riqualificazione della Pubblica Amministrazione.
Nel corso dell’iniziativa di Roma sarà possibile firmare la proposta di legge di iniziativa popolare per una nuova scala mobile. Rappresentanti delle RdB PI andranno a consegnare la propria piattaforma sul Pubblico Impiego agli esponenti dell’Unione.
Per il calendario delle iniziative nelle principali città italiane, visitare il sito www.rdbcub.it
Roma, 29 marzo 2006
Categorie: roma marzo2006 rdb pubblico_impiego pubblica_amministrazione manifestazione unione
DIPENDENTI PUBBLICI: SIAMO UNA RISORSA, NON UN COSTO
Venerdì 31 marzo giornata di mobilitazione nazionale indetta dalle RdB-P.I contro lo smantellamento della Pubblica Amministrazione
Venerdì 31 marzo in tutte le regioni italiane si svolgerà la giornata di mobilitazione nazionale contro lo smantellamento della Pubblica Amministrazione. Sono previste manifestazioni in ben 22 città. Quella di Roma avrà luogo in Piazza SS Apostoli, di fronte alla sede dell’Unione.
Obiettivo della mobilitazione è in primo luogo la restituzione della dignità al lavoro della P.A., considerato ormai soltanto come un costo da tagliare e non nella sua primaria e fondamentale funzione: produttore ed erogatore di servizi e di garanzie sociali alla collettività.
Le RdB P.I. manifestano inoltre contro i processi di privatizzazione e di esternalizzazione, la modifica dell’assetto contrattuale, la precarizzazione e l’aumento dei carichi di lavoro. Chiedono invece un forte intervento a favore del rilancio del settore, per l’introduzione di una nuova scala mobile, per assunzioni a tempo indeterminato e democrazia nei luoghi di lavoro.
Al “capezzale del malato” sono invitate tutte le forze politiche che aspirano a governare il paese, affinché esprimano con chiarezza la propria posizione sulla riqualificazione della Pubblica Amministrazione.
Nel corso dell’iniziativa di Roma sarà possibile firmare la proposta di legge di iniziativa popolare per una nuova scala mobile. Rappresentanti delle RdB PI andranno a consegnare la propria piattaforma sul Pubblico Impiego agli esponenti dell’Unione.
Per il calendario delle iniziative nelle principali città italiane, visitare il sito www.rdbcub.it
Roma, 29 marzo 2006
Categorie: roma marzo2006 rdb pubblico_impiego pubblica_amministrazione manifestazione unione
28.3.06
Alitalia: precari costretti a firmare “liberatorie”
Comunicato Stampa
SE FOSSE VERO SI TRATTEREBBE DELL’ENNESIMA VERGOGNA !
Lavoratori precari costretti a firmare “liberatorie” di carattere legale all’Alitalia per un posto fisso ?
Mentre in Italia si discute di precariato e di legalità ed in Francia è in corso uno scontro sociale senza precedenti su questo tema, sembra che tra gli Assistenti di Volo dell’Alitalia si stia consumando l’ennesima vessazione di lavoratori precari.
In questa Categoria il precariato è fortissimo: su circa 4000 lavoratori, circa 1000 hanno un contratto a termine, in molti casi da 7 od 8 anni (fino a 13 – 14 stagioni).
Con un organico ormai ridotto all’osso e voli che partono costantemente con equipaggi ridotti, l’Alitalia è stata finalmente costretta a trasformare in contratto a tempo indeterminato il rapporto di lavoro di 150 lavoratori precari, anche se con la forma del part-time (10 mesi di lavoro).
Da alcuni giorni questi lavoratori sono stati contattati ed invitati a presentarsi in azienda “accompagnati” da un sindacalista, precisando che non doveva comunque essere del Sult (!).
Assodato il fatto che le assunzioni non si sono mai effettuate e non si effettuano tramite un “sindacalista amico”, viene naturale pensare che la presenza del rappresentante sindacale, insieme probabilmente a quella di un dirigente Assaereo (Confindustria), sia “indispensabile”per far firmare al lavoratore una “liberatoria” rispetto a possibili motivi e rivendicazioni di carattere legale per eventi accaduti durante le stagioni effettuate nel passato.
PRIMA CONSIDERAZIONE: se fosse vero, ciò equivarrebbe a dire che l’Alitalia potrebbe aver commesso qualche illecito nei confronti di questi lavoratori … sarebbe praticamente un’ammissione di colpa.
SECONDA CONSIDERAZIONE: sempre se ciò fosse vero, come potrebbe prestarsi un sindacalista ad un’operazione di questo tipo, sarebbe veramente indegno e vergognoso per un rappresentante dei lavoratori.
TERZA CONSIDERAZIONE: se tutto ciò accadesse ed il lavoratore si trovasse poi nella condizione di ricorrere ad una vertenza legale, perché mai il giudice dovrebbe ritenere che il lavoratore stesso è stato costretto a firmare la “liberatoria” in cambio dell’assunzione, se era presente un rappresentante sindacale, per di più indicato dal lavoratore stesso ?
Invitiamo l’Alitalia a smentire, se può, queste voci e soprattutto le altre Organizzazioni Sindacali a non farsi complici di questa possibile azione indegna e violenta nei confronti di lavoratori precari che da anni, magari a quaranta anni di età, subiscono in silenzio per paura di non ottenere l’agognato “posto fisso”.
Sarebbe veramente la morte del sindacato !
27 Marzo 2006
SULT - Settore Assistenti di Volo
Un breve commento a questo evento sconcertante
Quello che si sta delineando in queste ore riguardo le modalita di assunzione dei 150 stagionali, è qualcosa che non può non gettare tutti noi nello sgomento.
Sta forse accadendo, magari irreversibilmente, dal punto di vista tecnico e legale, che si stiano superando anche i limiti dell'etica, del buon senso e della equità e si perdano, annullandoli per sempre, i valori ed il rispetto reciproco e dovuto, che regolano i rapporti tra rappresentanti di interessi diversi.
Viste le modalità, sembra che sarà difficilmente appellabile dal punto di vista legale quanto operato dall'azienda precedentemente all'assunzione.
Tutto ciò riguardo anche eventuali “errori” che possano aver causato disagi, anche per possibili e verificabili danni. Si dice che il sindacato si possa trovare seduto, accanto all'azienda per accompagnare queste assunzioni "vincolate", liberando così l’azienda da qualsiasi “ostacolo” o conseguenza legale, ed in ogni caso condividendone le responsabilità.
Perchè?
Riusciranno i delegati che dovessero accettare di compiere queste “transazioni”, a spiegarci, a spiegare alle persone che stanno aspettando da anni il posto di lavoro, come sia stato possibile accettare una imposizione così gravosa e priva di dignità?
Come ci si possa trovare a compiere tale umiliante genuflessione e che non ci siano altre possibilità, quando tutto questo, i recenti accordi e quant'altro sono stati definiti come il frutto della "più grande", e si può aggiungere anomala, mobilitazione da quando esiste questa azienda?
Come sia possibile scoprire di dover barattare i CONTRATTI con la rinuncia al DIRITTO?
Sarebbe questa la prova della fragilità di un sistema sindacale che tutela solo quanto l'azienda permette che sia.
Ci sarebbe mai un momento più oscuro di questo per IL SINDACATO?
Se accadesse, se questo si compirà davvero, il Sult non condividerà questa responsabilità ma ciò purtroppo non limiterà il danno.
Non ci può essere persona, non ci può essere sindacalista indifferente allo scempio.
Se sarà così e poiché non c'è singolo lavoratore che possa rifiutare un posto di lavoro, l’intera nostra categoria dovrà sopportare il peso di aver accettato, attraverso i propri rappresentanti, di rinunciare alla legittimità di chiedere l'espressione di un giudizio al di sopra delle parti.
Dopo aver contribuito a calpestare il diritto di sciopero, dopo aver colpito duramente il diritto costituzionale alla libera rappresentanza sindacale, oggi l’Alitalia, con il contributo del sindacato, arriverebbe ad imporre l’assurda autorinuncia alla possibilità di ottenere giustizia dalla magistratura.
Nulla di più disonorevole ed ingiusto potrebbe capitare...
27 Marzo 2006
SULT - Settore Assistenti di Volo
Categorie: alitalia precari liberatorie sult marzo2006 part-time assistenti_di_volo
SE FOSSE VERO SI TRATTEREBBE DELL’ENNESIMA VERGOGNA !
Lavoratori precari costretti a firmare “liberatorie” di carattere legale all’Alitalia per un posto fisso ?
Mentre in Italia si discute di precariato e di legalità ed in Francia è in corso uno scontro sociale senza precedenti su questo tema, sembra che tra gli Assistenti di Volo dell’Alitalia si stia consumando l’ennesima vessazione di lavoratori precari.
In questa Categoria il precariato è fortissimo: su circa 4000 lavoratori, circa 1000 hanno un contratto a termine, in molti casi da 7 od 8 anni (fino a 13 – 14 stagioni).
Con un organico ormai ridotto all’osso e voli che partono costantemente con equipaggi ridotti, l’Alitalia è stata finalmente costretta a trasformare in contratto a tempo indeterminato il rapporto di lavoro di 150 lavoratori precari, anche se con la forma del part-time (10 mesi di lavoro).
Da alcuni giorni questi lavoratori sono stati contattati ed invitati a presentarsi in azienda “accompagnati” da un sindacalista, precisando che non doveva comunque essere del Sult (!).
Assodato il fatto che le assunzioni non si sono mai effettuate e non si effettuano tramite un “sindacalista amico”, viene naturale pensare che la presenza del rappresentante sindacale, insieme probabilmente a quella di un dirigente Assaereo (Confindustria), sia “indispensabile”per far firmare al lavoratore una “liberatoria” rispetto a possibili motivi e rivendicazioni di carattere legale per eventi accaduti durante le stagioni effettuate nel passato.
PRIMA CONSIDERAZIONE: se fosse vero, ciò equivarrebbe a dire che l’Alitalia potrebbe aver commesso qualche illecito nei confronti di questi lavoratori … sarebbe praticamente un’ammissione di colpa.
SECONDA CONSIDERAZIONE: sempre se ciò fosse vero, come potrebbe prestarsi un sindacalista ad un’operazione di questo tipo, sarebbe veramente indegno e vergognoso per un rappresentante dei lavoratori.
TERZA CONSIDERAZIONE: se tutto ciò accadesse ed il lavoratore si trovasse poi nella condizione di ricorrere ad una vertenza legale, perché mai il giudice dovrebbe ritenere che il lavoratore stesso è stato costretto a firmare la “liberatoria” in cambio dell’assunzione, se era presente un rappresentante sindacale, per di più indicato dal lavoratore stesso ?
Invitiamo l’Alitalia a smentire, se può, queste voci e soprattutto le altre Organizzazioni Sindacali a non farsi complici di questa possibile azione indegna e violenta nei confronti di lavoratori precari che da anni, magari a quaranta anni di età, subiscono in silenzio per paura di non ottenere l’agognato “posto fisso”.
Sarebbe veramente la morte del sindacato !
27 Marzo 2006
SULT - Settore Assistenti di Volo
Un breve commento a questo evento sconcertante
Quello che si sta delineando in queste ore riguardo le modalita di assunzione dei 150 stagionali, è qualcosa che non può non gettare tutti noi nello sgomento.
Sta forse accadendo, magari irreversibilmente, dal punto di vista tecnico e legale, che si stiano superando anche i limiti dell'etica, del buon senso e della equità e si perdano, annullandoli per sempre, i valori ed il rispetto reciproco e dovuto, che regolano i rapporti tra rappresentanti di interessi diversi.
Viste le modalità, sembra che sarà difficilmente appellabile dal punto di vista legale quanto operato dall'azienda precedentemente all'assunzione.
Tutto ciò riguardo anche eventuali “errori” che possano aver causato disagi, anche per possibili e verificabili danni. Si dice che il sindacato si possa trovare seduto, accanto all'azienda per accompagnare queste assunzioni "vincolate", liberando così l’azienda da qualsiasi “ostacolo” o conseguenza legale, ed in ogni caso condividendone le responsabilità.
Perchè?
Riusciranno i delegati che dovessero accettare di compiere queste “transazioni”, a spiegarci, a spiegare alle persone che stanno aspettando da anni il posto di lavoro, come sia stato possibile accettare una imposizione così gravosa e priva di dignità?
Come ci si possa trovare a compiere tale umiliante genuflessione e che non ci siano altre possibilità, quando tutto questo, i recenti accordi e quant'altro sono stati definiti come il frutto della "più grande", e si può aggiungere anomala, mobilitazione da quando esiste questa azienda?
Come sia possibile scoprire di dover barattare i CONTRATTI con la rinuncia al DIRITTO?
Sarebbe questa la prova della fragilità di un sistema sindacale che tutela solo quanto l'azienda permette che sia.
Ci sarebbe mai un momento più oscuro di questo per IL SINDACATO?
Se accadesse, se questo si compirà davvero, il Sult non condividerà questa responsabilità ma ciò purtroppo non limiterà il danno.
Non ci può essere persona, non ci può essere sindacalista indifferente allo scempio.
Se sarà così e poiché non c'è singolo lavoratore che possa rifiutare un posto di lavoro, l’intera nostra categoria dovrà sopportare il peso di aver accettato, attraverso i propri rappresentanti, di rinunciare alla legittimità di chiedere l'espressione di un giudizio al di sopra delle parti.
Dopo aver contribuito a calpestare il diritto di sciopero, dopo aver colpito duramente il diritto costituzionale alla libera rappresentanza sindacale, oggi l’Alitalia, con il contributo del sindacato, arriverebbe ad imporre l’assurda autorinuncia alla possibilità di ottenere giustizia dalla magistratura.
Nulla di più disonorevole ed ingiusto potrebbe capitare...
27 Marzo 2006
SULT - Settore Assistenti di Volo
Categorie: alitalia precari liberatorie sult marzo2006 part-time assistenti_di_volo
31/3 Manifestazione dei medici specializzandi a Roma
In Italia 25000 Medici Specializzandi e migliaia di medici abilitati in attesa di entrare in specialità contribuiscono a prestare assistenza presso il SSN, occupandosi attivamente della salute dei cittadini italiani, SENZA DIRITTI ma CON DOVERI che frequentemente esulano dalle loro competenze.
Il bando di ammissione alle Scuole di Specializzazione per l’a.a. 2005/2006 non è ancora uscito e migliaia di medici abilitati rischiano di PERDERE UN ANNO di formazione e di lavoro.
NELL’INTERESSE DELLA QUALITÁ DELLA NOSTRA FORMAZIONE SPECIALISTICA, DELLA QUALITÁ DEL S.S.N. PRESENTE E FUTURO E DEI DIRITTI DEL MALATO, partecipiamo tutti alla
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
DEI MEDICI SPECIALIZZANDI PRESENTI E FUTURI
ROMA, VENERDì 31 MARZO 2006 ORE 10.00
EUR, P.le J.F. Kennedy 20 (davanti al MIUR)
PER RIBADIRE ANCORA UNA VOLTA LE NOSTRE LEGITTIME RICHIESTE:
* Un CONTRATTO – da redigere insieme ai rappresentanti della categoria – che regolamenti un’attività lavorativa di tipo subordinato, finalizzata alla formazione, mediante l’applicazione integrale del Decreto Legislativo 368/99;
* Il pieno riconoscimento dei diritti lavorativi (gravidanza, malattia, ferie), previdenziali (NO alla gestione separata INPS) e di una retribuzione adeguata all’impegno lavorativo al pari dei colleghi europei;
* La pubblicazione al più presto del BANDO DI CONCORSO per l’a.a. 2005/06, già in grave ritardo, con il recupero dei mesi colpevolmente perduti dal Ministero, nonché la ripresa dei prossimi concorsi di ammissione nei tempi regolari;
* Il diritto alla rappresentanza negli organi della propria Università.
per info: www.specializzandi.org
Categorie: roma marzo2006 manifestazione specializzandi medici sanità
Il bando di ammissione alle Scuole di Specializzazione per l’a.a. 2005/2006 non è ancora uscito e migliaia di medici abilitati rischiano di PERDERE UN ANNO di formazione e di lavoro.
NELL’INTERESSE DELLA QUALITÁ DELLA NOSTRA FORMAZIONE SPECIALISTICA, DELLA QUALITÁ DEL S.S.N. PRESENTE E FUTURO E DEI DIRITTI DEL MALATO, partecipiamo tutti alla
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
DEI MEDICI SPECIALIZZANDI PRESENTI E FUTURI
ROMA, VENERDì 31 MARZO 2006 ORE 10.00
EUR, P.le J.F. Kennedy 20 (davanti al MIUR)
PER RIBADIRE ANCORA UNA VOLTA LE NOSTRE LEGITTIME RICHIESTE:
* Un CONTRATTO – da redigere insieme ai rappresentanti della categoria – che regolamenti un’attività lavorativa di tipo subordinato, finalizzata alla formazione, mediante l’applicazione integrale del Decreto Legislativo 368/99;
* Il pieno riconoscimento dei diritti lavorativi (gravidanza, malattia, ferie), previdenziali (NO alla gestione separata INPS) e di una retribuzione adeguata all’impegno lavorativo al pari dei colleghi europei;
* La pubblicazione al più presto del BANDO DI CONCORSO per l’a.a. 2005/06, già in grave ritardo, con il recupero dei mesi colpevolmente perduti dal Ministero, nonché la ripresa dei prossimi concorsi di ammissione nei tempi regolari;
* Il diritto alla rappresentanza negli organi della propria Università.
per info: www.specializzandi.org
Categorie: roma marzo2006 manifestazione specializzandi medici sanità
Precari di Pisa, oggi il voto
dal Manifesto del 28 marzo 2006
I ricercatori chiedono un tavolo all'Ateneo. Con un referendum
ANTONIO SCIOTTO
Si apre oggi a Pisa, per chiudersi dopodomani, il primo referendum che vede coinvolti tutti i precari dell'Università: un'iniziativa importante e per il momento unica in Italia, che però il rettorato e l'alta dirigenza dell'Ateneo non hanno compreso. Con l'eccezione di diversi docenti, oltre 40, che nei giorni scorsi hanno diffuso un appello a sostegno delle votazioni: tra loro anche alcuni ordinari, come il filosofo Remo Bodei, e molti professori di materie scientifiche (Attardi, Barbera, Lazzeri, Tonelli, Turini, Zanelli), associati e ricercatori. Il referendum è organizzato su 7 quesiti e ha il fine di chiedere l'apertura di un tavolo di trattative sulle innumerevoli figure di contratti atipici presenti nell'Università: lavoratori che a vario titolo - assegnisti, borsisti, cocoprò, specializzandi - prestano la propria opera da anni, senza godere di diritti base quali la maternità, la malattia, i contributi pieni. Secondo i ricercatori precari che hanno indetto il referendum (www.precariunipi. unmondodi.it), le figure «sfruttate» e in molti casi utilizzate come tappabuchi alternativi ai «costosi» subordinati, sarebbero almeno 3 mila, a fronte di 1850 docenti di ruolo: sono compresi nella cifra, oltre a 1100 dottorandi, anche 900 specializzandi di medicina e 1538 collaboratori a progetto dichiarati dallo stesso Ateneo, alcuni di lunghezza annuale, altri attivati per poche settimane. E questo per stare alla sola ricerca e didattica, perché se guardiamo le pulizie e le portinerie potremo trovare servizi in larga parte esternalizzati alle cooperative, che specie nella custodia ricorrono a contratti di 3-6 mesi intervallati da periodi di non occupazione. Nell'amministrazione, servizi tecnici e biblioteche, infine, a fronte di circa 1500 fissi lavorano più di 900 tra tempi determinati e cocoprò, oltre a una ventina di interinali. Oggi si vota dalle 12 alle 17 presso il seggio della Sapienza, domani e dopodomani si vota rispettivamente dalle 9 alle 19 e dalle 9 alle 17, in diversi seggi: ad Agraria, Lettere, Ingegneria, Sapienza, Scuola Medica Santa Chiara e alla ex Marzotto. Basta esibire un documento di identità: nelle liste degli aventi diritto al voto sono inseriti coloro che prestano attualmente la loro attività di ricerca e/o di didattica in forme «non strutturate» e a tempo determinato presso l'Ateneo e/o che l'hanno prestata nel corso del 2005. Un'organizzazione che, come abbiamo detto, non ha trovato l'appoggio del Rettorato, a cui era stata chiesta l'agibilità e la pubblicazione nei siti ufficiali dell'Università. Al contrario, diversi prorettori sono usciti con dichiarazioni negative sulla stampa locale, affermando che solo i cococò (585 persone) e chi ha firmato un contratto di prestazione occasionale (150) possono essere compresi tra i ricercatori precari, o meglio tra le «figure non strutturate». Tutti gli altri - borsisti, dottorandi, specializzandi in medicina - sarebbero solo «personale in formazione». Oltre all'appello dei docenti di cui abbiamo riferito - i quali scrivono che «la situazione attuale è il risultato oltre che della miopia e dell'azione demolitrice del governo nazionale, anche della debolezza di iniziativa degli organi di governo dell'Ateneo» - si è aggiunta anche una mozione del Consiglio di facoltà di lettere e filosofia, che riconosce «piena legittimità alla consultazione referendaria ». Infine, la presidenza nazionale di Federspecializzandi, spiega che il referendum rispecchia le «rivendicazioni cha da alcuni anni affermano gli specializzandi, medici che si assumono spesso carichi di lavoro e responsabilità del personale strutturato ma che sono considerati ancora studenti in formazione privi di diritti quali le ferie, la maternità, la malattia, i contributi».
Categorie: precari pisa ricerca ricercatori_precari ateneo università cnr assegnisti cocopro dottorandi referendum marzo2006
I ricercatori chiedono un tavolo all'Ateneo. Con un referendum
ANTONIO SCIOTTO
Si apre oggi a Pisa, per chiudersi dopodomani, il primo referendum che vede coinvolti tutti i precari dell'Università: un'iniziativa importante e per il momento unica in Italia, che però il rettorato e l'alta dirigenza dell'Ateneo non hanno compreso. Con l'eccezione di diversi docenti, oltre 40, che nei giorni scorsi hanno diffuso un appello a sostegno delle votazioni: tra loro anche alcuni ordinari, come il filosofo Remo Bodei, e molti professori di materie scientifiche (Attardi, Barbera, Lazzeri, Tonelli, Turini, Zanelli), associati e ricercatori. Il referendum è organizzato su 7 quesiti e ha il fine di chiedere l'apertura di un tavolo di trattative sulle innumerevoli figure di contratti atipici presenti nell'Università: lavoratori che a vario titolo - assegnisti, borsisti, cocoprò, specializzandi - prestano la propria opera da anni, senza godere di diritti base quali la maternità, la malattia, i contributi pieni. Secondo i ricercatori precari che hanno indetto il referendum (www.precariunipi. unmondodi.it), le figure «sfruttate» e in molti casi utilizzate come tappabuchi alternativi ai «costosi» subordinati, sarebbero almeno 3 mila, a fronte di 1850 docenti di ruolo: sono compresi nella cifra, oltre a 1100 dottorandi, anche 900 specializzandi di medicina e 1538 collaboratori a progetto dichiarati dallo stesso Ateneo, alcuni di lunghezza annuale, altri attivati per poche settimane. E questo per stare alla sola ricerca e didattica, perché se guardiamo le pulizie e le portinerie potremo trovare servizi in larga parte esternalizzati alle cooperative, che specie nella custodia ricorrono a contratti di 3-6 mesi intervallati da periodi di non occupazione. Nell'amministrazione, servizi tecnici e biblioteche, infine, a fronte di circa 1500 fissi lavorano più di 900 tra tempi determinati e cocoprò, oltre a una ventina di interinali. Oggi si vota dalle 12 alle 17 presso il seggio della Sapienza, domani e dopodomani si vota rispettivamente dalle 9 alle 19 e dalle 9 alle 17, in diversi seggi: ad Agraria, Lettere, Ingegneria, Sapienza, Scuola Medica Santa Chiara e alla ex Marzotto. Basta esibire un documento di identità: nelle liste degli aventi diritto al voto sono inseriti coloro che prestano attualmente la loro attività di ricerca e/o di didattica in forme «non strutturate» e a tempo determinato presso l'Ateneo e/o che l'hanno prestata nel corso del 2005. Un'organizzazione che, come abbiamo detto, non ha trovato l'appoggio del Rettorato, a cui era stata chiesta l'agibilità e la pubblicazione nei siti ufficiali dell'Università. Al contrario, diversi prorettori sono usciti con dichiarazioni negative sulla stampa locale, affermando che solo i cococò (585 persone) e chi ha firmato un contratto di prestazione occasionale (150) possono essere compresi tra i ricercatori precari, o meglio tra le «figure non strutturate». Tutti gli altri - borsisti, dottorandi, specializzandi in medicina - sarebbero solo «personale in formazione». Oltre all'appello dei docenti di cui abbiamo riferito - i quali scrivono che «la situazione attuale è il risultato oltre che della miopia e dell'azione demolitrice del governo nazionale, anche della debolezza di iniziativa degli organi di governo dell'Ateneo» - si è aggiunta anche una mozione del Consiglio di facoltà di lettere e filosofia, che riconosce «piena legittimità alla consultazione referendaria ». Infine, la presidenza nazionale di Federspecializzandi, spiega che il referendum rispecchia le «rivendicazioni cha da alcuni anni affermano gli specializzandi, medici che si assumono spesso carichi di lavoro e responsabilità del personale strutturato ma che sono considerati ancora studenti in formazione privi di diritti quali le ferie, la maternità, la malattia, i contributi».
Categorie: precari pisa ricerca ricercatori_precari ateneo università cnr assegnisti cocopro dottorandi referendum marzo2006
Milano, pulitori incartano il Malpensa Express
da Liberazione del 24 marzo 2006
Singolare protesta dei lavoratori delle aziende appaltatrici delle pulizie per le Ferrovie Nord, ieri in sciopero per 4 ore, che hanno “incartato” con rotoloni di carta delle toilette un treno del Malpensa Express, che collega il centro città con l’aeroporto. Protestano contro una politica degli appalti che mira ad abbassare il costo del lavoro e non garantisce standard di qualità e sicurezza.
Categorie: pulitori milano malpensa sciopero appalti marzo2006
Singolare protesta dei lavoratori delle aziende appaltatrici delle pulizie per le Ferrovie Nord, ieri in sciopero per 4 ore, che hanno “incartato” con rotoloni di carta delle toilette un treno del Malpensa Express, che collega il centro città con l’aeroporto. Protestano contro una politica degli appalti che mira ad abbassare il costo del lavoro e non garantisce standard di qualità e sicurezza.
Categorie: pulitori milano malpensa sciopero appalti marzo2006
Giovani, la precarietà fa male. In aumento gli incidenti sul lavoro
da Liberazione del 25 marzo 2006
Nel 2004 oltre 380 mila “under 34” vittime di infortuni, quasi la metà di quelli totali
Roberto Farneti
Sottopagati, senza futuro ed esposti più di altri al rischio di infortuni o di contrarre malattie sul lavoro. Le statistiche parlano chiaro: la precarietà nuoce soprattutto ai giovani, per i quali l’assunzione a tempo indeterminato è diventata l’eccezione, mentre una volta era la regola. Ormai, tra i lavoratori con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, «un contratto su due è a termine», dice la Banca d’Italia.
La conseguenza immediatamente visibile è la perdita della sicurezza del posto di lavoro, ma le statistiche svelano altre insidie non meno gravi che pesano sulle spalle delle nuove generazioni.
Secondo i dati Inail, nel 2004 gli infortuni denunciati dagli “under 34” sono stati oltre 380 mila, quasi la metà di quelli complessivi registrati lungo il corso di tutto l’anno (869.522). Seppure la proporzione si è in parte ridotta in questi ultimi anni, in Italia, così come in Europa, l’incidenza di infortuni sugli occupati per la classe di età più giovane è ancora quasi doppia rispetto a quella degli altri lavoratori.
Non è un caso. Per capirlo, è sufficiente tornare ai dati dell’Inail, dai quali risultano in aumento gli infortuni, anche mortali, tra gli immigrati, mentre rimane alta la pericolosità dei cantieri edili, settore in cui c’è un’alta percentuale di lavoro al nero. Insomma, la probabilità di restare vittima di un incidente sul lavoro appare strettamente correlata alla “debolezza” contrattuale del lavoratore, al suo grado di ricattabilità. Del resto, non è facile chiedere il rispetto dei propri diritti, sapendo che si rischia il licenziamento o comunque il mancato rinnovo del contratto.
L’altro problema è che, quando si cambia lavoro troppo spesso, non si ha neanche il tempo di capire come ci si deve muovere in un determinato ambiente: «Dai dati che abbiamo noi - sottolinea Emilio Viafora, segretario generale di Nidil Cigl - si evince che il massimo degli infortuni avviene nelle somministrazioni, soprattutto nella prima missione». Il 73 per cento degli interinali, secondo un’indagine realizzata da Ispesl e Cgil, dice di non essere mai stato informato sui rischi presenti sull’attuale posto di lavoro e quasi sei su dieci non sanno neppure se nell’azienda esista o meno il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza».
Non solo incidenti ma anche malattie professionali. Per la ricerca dell’European survey on working conditions i lavoratori sotto i 24 anni sono quelli più esposti ai rumori, alle vibrazioni e al calore. Quasi uno su cinque di loro lavora tenendo una postura dannosa, il 12,5% è chiamato a sopportare sforzi fisici gravosi e molti di loro effettuano movimenti ripetitivi (capita al 35,8% dei giovani contro il 30% del resto della forza lavoro). Senza contare che quasi un giovane su tre lavora “ad alta velocità”. Soprattutto in ragione del controllo diretto del capo (capita al 46,9% di loro), perché indotti dai loro colleghi (per il 42,7%) o per la velocità automatica dei macchinari (al 24,2%).
Secondo il rapporto pubblicato a fine 2005 dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha coinvolto esperti di 14 paesi europei e Stati Uniti, la mancanza di attività fisica è il principale rischio emergente. Chi lavora in un call center, dicono gli esperti dell’Agenzia, è esposto a rischi multipli e interagenti: troppo tempo seduti, scrivanie e sedie poco ergonomiche, rumore di sottofondo, cuffie inadeguate, pressione elevata sui tempi di lavoro con conseguente stress mentale ed emotivo.
Ma i giovani sembrano stufi di essere l’anello debole del sistema produttivo, come dimostra la rivolta in Francia contro il contratto di primo impiego. A pensarla così è il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti: «L’idea della demolizione dei diritti dei giovani e dei lavoratori che ha guidato le politiche neoliberiste - dice Bertinotti in una intervista a Reuters - oltre che sbagliata è ormai impraticabile, perché contro questa idea finalmente c’è una ribellione di massa. La legge Biagi va abbattuta nella sua ispirazione ed è quello che stanno chiedendo i giovani in Francia e non solo. Bisogna che le classi dirigenti europee si rendano conto che questa politica che precarizza il lavoro è arrivata al capolinea».
Categorie: liberazione marzo2006 salute incidenti inail infortuni nidil_cgil banca_d'italia dati
Nel 2004 oltre 380 mila “under 34” vittime di infortuni, quasi la metà di quelli totali
Roberto Farneti
Sottopagati, senza futuro ed esposti più di altri al rischio di infortuni o di contrarre malattie sul lavoro. Le statistiche parlano chiaro: la precarietà nuoce soprattutto ai giovani, per i quali l’assunzione a tempo indeterminato è diventata l’eccezione, mentre una volta era la regola. Ormai, tra i lavoratori con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, «un contratto su due è a termine», dice la Banca d’Italia.
La conseguenza immediatamente visibile è la perdita della sicurezza del posto di lavoro, ma le statistiche svelano altre insidie non meno gravi che pesano sulle spalle delle nuove generazioni.
Secondo i dati Inail, nel 2004 gli infortuni denunciati dagli “under 34” sono stati oltre 380 mila, quasi la metà di quelli complessivi registrati lungo il corso di tutto l’anno (869.522). Seppure la proporzione si è in parte ridotta in questi ultimi anni, in Italia, così come in Europa, l’incidenza di infortuni sugli occupati per la classe di età più giovane è ancora quasi doppia rispetto a quella degli altri lavoratori.
Non è un caso. Per capirlo, è sufficiente tornare ai dati dell’Inail, dai quali risultano in aumento gli infortuni, anche mortali, tra gli immigrati, mentre rimane alta la pericolosità dei cantieri edili, settore in cui c’è un’alta percentuale di lavoro al nero. Insomma, la probabilità di restare vittima di un incidente sul lavoro appare strettamente correlata alla “debolezza” contrattuale del lavoratore, al suo grado di ricattabilità. Del resto, non è facile chiedere il rispetto dei propri diritti, sapendo che si rischia il licenziamento o comunque il mancato rinnovo del contratto.
L’altro problema è che, quando si cambia lavoro troppo spesso, non si ha neanche il tempo di capire come ci si deve muovere in un determinato ambiente: «Dai dati che abbiamo noi - sottolinea Emilio Viafora, segretario generale di Nidil Cigl - si evince che il massimo degli infortuni avviene nelle somministrazioni, soprattutto nella prima missione». Il 73 per cento degli interinali, secondo un’indagine realizzata da Ispesl e Cgil, dice di non essere mai stato informato sui rischi presenti sull’attuale posto di lavoro e quasi sei su dieci non sanno neppure se nell’azienda esista o meno il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza».
Non solo incidenti ma anche malattie professionali. Per la ricerca dell’European survey on working conditions i lavoratori sotto i 24 anni sono quelli più esposti ai rumori, alle vibrazioni e al calore. Quasi uno su cinque di loro lavora tenendo una postura dannosa, il 12,5% è chiamato a sopportare sforzi fisici gravosi e molti di loro effettuano movimenti ripetitivi (capita al 35,8% dei giovani contro il 30% del resto della forza lavoro). Senza contare che quasi un giovane su tre lavora “ad alta velocità”. Soprattutto in ragione del controllo diretto del capo (capita al 46,9% di loro), perché indotti dai loro colleghi (per il 42,7%) o per la velocità automatica dei macchinari (al 24,2%).
Secondo il rapporto pubblicato a fine 2005 dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha coinvolto esperti di 14 paesi europei e Stati Uniti, la mancanza di attività fisica è il principale rischio emergente. Chi lavora in un call center, dicono gli esperti dell’Agenzia, è esposto a rischi multipli e interagenti: troppo tempo seduti, scrivanie e sedie poco ergonomiche, rumore di sottofondo, cuffie inadeguate, pressione elevata sui tempi di lavoro con conseguente stress mentale ed emotivo.
Ma i giovani sembrano stufi di essere l’anello debole del sistema produttivo, come dimostra la rivolta in Francia contro il contratto di primo impiego. A pensarla così è il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti: «L’idea della demolizione dei diritti dei giovani e dei lavoratori che ha guidato le politiche neoliberiste - dice Bertinotti in una intervista a Reuters - oltre che sbagliata è ormai impraticabile, perché contro questa idea finalmente c’è una ribellione di massa. La legge Biagi va abbattuta nella sua ispirazione ed è quello che stanno chiedendo i giovani in Francia e non solo. Bisogna che le classi dirigenti europee si rendano conto che questa politica che precarizza il lavoro è arrivata al capolinea».
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