di Alessandro Da Rold
Continua in Italia la bufera politica sulla possibile abolizione della Legge Biagi, chiamata anche legge 30, di riforma del mercato del lavoro, approvata il 5 febbraio del 2003. Romano Prodi, vincitore delle ultime elezioni politiche, appena salirà al governo, dovrà da subito confrontarsi con i pareri discordanti che compongono la sua frammentaria coalizione di centrosinistra. Oltre a comparire a pagina 162 del programma di governo dell’Unione (“Noi siamo contrari ai contenuti della legge 30 e dei decreti legislativi n. 276 e 368 che moltiplicano le tipologie precarizzanti”), la cancellazione di questa discussa riforma rimane tra le priorità di Oliviero Diliberto dei Comunisti Italiani (“La legge va abrogata totalmente”), di Antonio Di Pietro dell’Italia dei Valori (“È come un cappio al collo”) e di Fausto Bertinotti (“Monumento alla precarietà”). Anche per Margherita e Ds, “Servono modifiche radicali”. Gli unici nell’Unione a difendere la riforma del giuslavorista bolognese Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo del 2002, sono gli esponenti della Rosa nel Pugno.
Secondo i dati forniti dall’Istat il 21 Marzo di quest’anno, in Italia, nel 2005, l’occupazione è aumentata dello 0,7%, con un incremento di 158 mila posti di lavoro in più rispetto al 2004. Al contempo la disoccupazione è scesa dello 0,3%. L’Istat ha riconosciuto anche che “l’87% dei contratti di lavoro in Italia è a tempo indeterminato”. “Sono gli ottimi frutti - spiegò allora il ministro del welfare Roberto Maroni - che continua a dare la legge Biagi”. “Una volta arrivati al governo - disse Emma Bonino a Perugia prima delle elezioni - non aboliremo la legge Biagi”. Il neo deputato della Rosa nel Pugno alla Camera ha ribadito questa volontà anche giovedì scorso, durante la direzione nazionale del partito socialista-radicale. “Piaccia o non piaccia - ha detto la Bonino -, la questione della riforma del lavoro ci vede protagonisti in un dibattito che altrimenti vedrebbe Prodi schiacciato su posizioni massimaliste”. “La linea della pura e semplice abrogazione della Legge Biagi - ha spesso sottolineato Daniele Capezzone, sempre della Rosa nel Pugno - è un errore grossolano, e come tale va respinto. Siamo stati i primi a parlare di un completamento e di un riequilibrio della Legge Biagi, tornando anche al ‘Libro Bianco’ elaborato dal grande giuslavorista”.
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