Data 6/4/2006
Ieri il convegno della Cgil di Terni per riflettere su questo problema in crescita
TERNI - Sempre più lavoratori sono costretti ad arruolarsi nell'esercito dei precari. In Umbria i contratti atipici sono 20mila di questi oltre il 50% nel pubblico impiego.
A Perugia la precarietà rappresenta il 14% dell'intera occupazione, a Terni il 10%. Quello del lavoro precario è un fenomeno in continua crescita e si va espandendo senza un monitoraggio ufficiale in tutti i settori della società produttiva. Dalle aziende private alla pubblica amministrazione passando per le cooperative sociali, il numero degli "assunti" con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, oggi contratto a progetto, cresce e coinvolge tanto gli uomini quanto le donne, che siano forza lavoro qualificata o non.
Ieri per riflettere su questo tema, che sta diventando una vera emergenza per le giovani generazioni, la Cgil di Terni ha organizzato un convegno a cui hanno preso parte, tra gli altri, Fulvio Fammoni, segretario nazionale Cgil, Manlio Mariotti, segretario generale della Cgil Umbria, Lucia Rossi, segretario generale della Cgil Terni e Maura Mauri della Nidil-Cgil.
"Non permettere alla flessibilità di rendere precario il tuo equilibrio" , questo il filo conduttore degli interventi che si sono susseguiti presso il salone convegni del Videocentro. "La legislazione varata dal governo in materia di mercati del lavoro ha accentuato le differenze sociali e ha fatto della compressione dei diritti l'unico fattore di competitività delle imprese" ha detto Lucia Rossi. Chi non ha un lavoro sicuro ha paura di perdere anche quella precarietà che gli consente di arrivare alla fine del mese, per questo soprattutto i giovani non si avvicinano al sindacato e non denunciano situazioni di falsi inquadramenti professionali, come nei tanti casi in cui tanto per fare un esempio ad un contratto a progetto corrisponde in realtà un rapporto di lavoro dipendente.
Anche l'attività di vigilanza esercitata dall'Inps per verificare casi di eventuali evasioni contributive parziali o totali ha perso la "spinta" iniziale. Dalla sede Inps regionale il direttore Giampaolo Cianchetta spiega che "all'inizio i controlli erano più numerosi, si procedeva a verifica nei luoghi di lavoro anche senza alcun sospetto, poi però ci siamo resi conto che mancava collaborazione da parte dello stesso dipendente che troppo spesso forniva versioni "non corrette" al solo scopo di non perdere il lavoro". Nell'intero 2005 gli ispettori di vigilanza hanno "visitato" in tutta la regione Umbria 1.339 aziende, di queste sono risultate irregolari 1030. Al precariato lavorativo si affianca quello psicologico.
"La nostra è una società malata, basata sulla flessibilità - ha detto Maura Mauri che rappresenta i lavoratori precari di Nidil-Cgil Terni - chi vive questa condizione spesso è preda di insicurezze, ansietà rispetto al futuro, una realtà accentuata soprattutto per l'universo femminile per cui alla scelta di maternità spesso corrisponde il mancato rinnovo del contratto di lavoro".
Ha concluso il convegno l'interevento del segretario nazionale Fulvio Fammoni che ha fatto riferimento ai recenti fatti francesi come esempio del rifiuto della precarietà: "in Italia per ora c'è la situazione peggiore perché non c'è stato nessuno sviluppo e si è puntato solo alla bassa via della riduzione dei costi, oggi nel nostro Paese flessibilità si sovrappone a precarietà, alle forze che si candidano a governare il nostro Paese chiediamo di cambiare al prospettiva: lavoro visto come valore sociale e non come variabile economica".
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