20.4.06

Giornalista in Sicilia: Usata, umiliata e spremuta come un limone

Giornalista in Sicilia: Usata, umiliata e spremuta come un limone
di Red online - 20 aprile 2006

Usata, umiliata e spremuta come un limone.Mi chiamo Natalia Bandiera, a dicembre compirò 33 anni e faccio parte dell’esercito dei precari del giornalismo italiano

Caro Carlo, ogni tanto affiora la punta di un iceberg. Nessuno è più in grado di controllare la barca del giornalismo siciliano. In questa lettera che ho ricevuto da una bravissima collaboratrice del Giornale di Sicilia c’è il dramma di decine e decine di giovani utilizzati dai giornali;giovani che credono - facendo anni di gavetta - di ottenere un giorno una sistemazione. Dietro questo dramma umano c’è anche quello economico delle aziende che secondo i dati pubblicati da Prima Comunicazione in Italia ed all’estero perdono il 30 per cento delle vendite e producono giornali contenitori di pubblicità. Il giornalismo, le inchieste, i servizi? Lontani ricordi di una stagione irripetibile: gli anni Sessanta e Settanta. Il sindacato? Accerchiato dai padroni che usano poveri cristi per fare uscire il foglio anche quando c’è sciopero; uno sciopero che - guarda caso - è per evitare la scomparsa delle figure professionali dal contratto nazionale di lavoro. Quindi una spaccatura tra gli ultimi redattori ed i giovani peones che lavorano con la schiena piegata. Che succederà? Per ora molti giornalisti tempestano di telefonate alcuni noti avvocati che già hanno vinto alcune vertenze di lavoro. Il metodo adottato dalla direzione sta producendo i suoi effetti. Una valanga di vertenze li seppellirà. E con loro anche le promesse mai mantenute a vecchi e giovani che hanno creduto nel mestiere, che si sono sacrificati per anni e che alla fine sono stati messi da parte, soppiantati da altri (contrattisti a termine). Senza speranza. Applausi. Un saluto.

Antonio Giaimo (già redattore de L’Ora)

P.S. Puoi sentire il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia Franco Nicastro, il segretario regionale dell’Ordine, Riccardo Arena, il segretario regionale del sindacato unico (associazione siciliana della stampa) Daniele Billitteri che è in aperta rotta di collisione con l’editore, i consiglieri regionali e quanti altri operano per fermare lo sfascio della categoria e l’impoverimento culturale del prodotto.

La lettera di Natalia Bandiera inviata a tutti gli indirizzi del GdS

Usata, umiliata e spremuta come un limone.Mi chiamo Natalia Bandiera, a dicembre compirò 33 anni e faccio parte dell’esercito dei precari del giornalismo italiano.Dopo oltre dieci anni di intensa collaborazione con il Giornale di Sicilia, un vero e proprio caso di sfruttamento di lavoro nero, ho deciso di alzare la testa e di non scendere più a compromessi con la mia dignità per soddisfare la mia passione per un mestiere che adesso, mi fa ritrovare con un pugno di mosche in mano. Si, perchè ormai sono troppo grande per ricominciare da capo, non ho più nè la forza, nè l’energia di tutti quei ragazzi adescati dall’azienda per riempire pagine di aria fritta, di pseudo notizie. Non mi faccio più ’ubriacare’ da una firma su un giornale che ormai ospita anche quelle di giovani alle prime armi che percorreranno la strada del nulla per arrivare, tra una manciata di anni al fallimento personale. Ed io, ringraziando a Dio, ho un marito. Mi chiedo come fanno tutti quei miei coetanei che hanno mogli e figli da sfamare e non hanno uno straccio di lavoro sicuro.Forse loro stanno continuando a lottare per l’assunzione o per l’ennesimo contratto di sei mesi che non darà loro mai sicurezza.Forse stanno continuando a sperare e non so se stanno facendo bene loro che perseverano o io che ho gettato la spugna.

Ho cominciato nel ’95 alla redazione del Gds di Messina.Poi, la redazione ha chiuso e nonostante le voci di corridoio che si sono succedute negli anni, non l’hanno mai riaperta. Un gruppo di collaboratori è sempre riuscito a garantire le notizie, raccolte a proprie spese, andando in giro la mattina, con il proprio telefono e senza un fax.Ho seguito casi ’delicati’ come lo scandalo all’università con la compravendita di esami. Omicidi ed inchieste di mafia. Per nove anni ho fatto cronaca nera e giudiziaria.Le querele me le sono ’risolte’ da sola e a spese mie.L’unico risultato raccolto è stato un articolo 12 nel novembre del 2001 , 158 euro al mese e sette lettere d’encomio da parte dell’editore. Una vita da cani e mai un contratto di sostituzione ferie, nè la minima possibilità di diventare professionista.A livello economico riuscivo a sopravvivere perchè seguendo due settori come la cronaca nera e giudiziaria, nonostante la pesantezza del lavoro in una città come Messina, riuscivo a scrivere quegli articoli giornalieri che mi garantivano di sbarcare a stento il lunario e di pagare le bollette salate del telefono.(riuscite ad immaginare cosa voglia dire fare il giro di nera a spese proprie e telefonare sui cellulari degli avvocati per l’esito delle sentenze dei processi?).Qualche anno fa, tuttavia, le cose si sono messe ancora peggio perchè sono stati ’adescati’ una sfilza incredibile di collaboratori perchè il territorio venisse coperto il meglio possibile. Una lotta continua per riuscire a continuare a scrivere con la concorrenza di ragazzi che, nonostante non avessero mai scritto una parola su un giornale, pretendevano di fare la loro parte.Così, gli articoli da scrivere sono diventati sempre meno e pur di difendere il mio lavoro, ho rinunciato a vacanze e feste.

Nel 2004, mi sono ritrovata a lavorare con una gravidanza a rischio e fino all’ottavo mese.(Non potevo permettermi di lasciare spazio ad altri pronti a prendere il mio posto). Non ho percepito alcun contributo per la mia maternità. L’anno scorso, mi sono trasferita ad Agrigento ed ho fatto l’esperienza della redazione. In un posto angusto, ho provato a rimettermi in gioco, ma è stato lì che ho capito di non essere nessuno per il giornale. La mia presenza è stata vista come una minaccia da tutti quei collaboratori che si scannano ogni giorno per vedere pubblicato il proprio articolo. Ad Agrigento ho capito che o mi assumevano o la smettevo perchè con trecentocinquanta euro al mese non era possibile subire quello stress. Non sono stata tutelata da nessuno. Ma è passato un altro anno e oggi, ho la consapevolezza che non lo faranno mai.Non sono figlia di politici o di gente che conta per ’meritarlo’. Dopo un periodo di riflessione, ho constatato che il Giornale di Sicilia vive con le centinaia di collaboratori che scrivono anche 10 articoli al giorno e che come ho fatto io, sopravvivono con la speranza della ’sistemazione’.Collaboratori che hanno lasciato gli studi come dieci anni fa ho fatto io.Ragazzi che stanno in redazione dalla mattina alla sera, che fanno pagine e titoli. Collaboratori che non consentono ai più anziani di ribellarsi perchè tanto se alzi la testa, vai via e c’è chi è pronto a rimpiazzarti e a ricominciare la strada del nulla.Perchè l’ordine consente tutto questo? Perché è permesso a editori e direttori sfruttatori di avviare alla professione per poi buttare sulla strada centinaia di giornalisti? A questo punto vi chiederete:perché ci hai raccontato tutto questo? Il perché è semplice. A 33 anni mi trovo spiazzata e senza un lavoro dignitoso. A chi è in tempo dico di non far passare gli anni come ho fatto io. Ai potenti del giornale dico che se si facessero i conti in tasca riscontrerebbero che con il prezzo di dieci collaboratori mediocri che contribuiscono alla crisi editoriale, potrebbero pagare e assumere tutti quei professionisti che aspettano da anni.

Giornalisti che hanno dato tanto al Giornale e che per dignità non possono farsi scavalcare da ragazzini alle prime armi.Che il nostro direttore la smetta di andare ospite nelle trasmissioni televisive, ma si renda una buona volta responsabile del ’reato’ di sfruttamento. Basta con i ’cinesi’ del giornalismo. Che si faccia qualcosa per mettere la parola fine a questa situazione vergognosa. Io ho rinunciato al mio lavoro, ma spero che la mia triste situazione serva a qualcosa anche se si dovesse trattare di una semplice riflessione. Grazie.

Natalia Bandiera

Da www.leinchieste.com

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