4.4.06

Piacenza: "l'esercito degli atipici chiede parità di diritti"

«L'esercito degli atipici chiede parità di diritti»
Paola Percivalle (Nidil Cgil): gli enti locali dovrebbero riconoscere maggiori diritti a questi lavoratori

PIACENZA - Cresce il lavoro a progetto, il lavoro "precario". Ma cresce contestualmente tra i lavoratori flessibili la voglia di diritti parificati a quelli dei lavoratori dipendenti. E qualcosa si può fare, anche sul piano locale, per esempio nelle graduatorie comunali dei servizi a domanda individuale sfruttati spesso da chi ha famiglia e bambini piccoli, è auspicabile tener conto della posizione di questi lavoratori per esempio con abbattimenti di punteggio per accedere più facilmente a certi servizi. A fare il punto della situazione è Paola Percivalle, responsabile Nidil Cgil, categoria degli atipici. «Importante è sensibilizzare l'opinione pubblica su un fenomeno che ha assunto dimensioni significative, a Piacenza abbiamo 14 mila posizione attive nella gestione separata Inps, si valuta, come a livello nazionale, che il 75 per cento siano persone effettivamente occupate».

Solo pochi giorni fa, Percivalle ha preso parte a Roma alla manifestazione nazionale "Non ti scordar di me", un appello dei precari alle forze politiche per richiamare attenzione sulle condizioni di lavoro.
«E c'è interesse a stimolare il ministero del lavoro, che non ha risorse per effettuare ispezioni mirate e questo favorisce un abuso nell'utilizzo di queste collaborazioni che non corrispondono ad una crescita di professionalità,p, ma il più delle volte si traducono in lavoro dipendente camuffato da collaborazione». Molti i collaboratori e le collaboratrici che si rivolgono a Nidil, e proprio tra le donne cresce l'incidenza del lavoro atipico, come ha dimostrato di recente anche un report della Provincia dove risulta che 68 contratti al femminile su cento sono a tempo determinato.
«Un altro tema importante è l'estensione di garanzie del welfare ai collaboratori, le stesse che oggi hanno i dipendenti. Prendiamo il caso di una donna che resti incinta, con un lavoro a tempo determinato si sente persa, percepisce una indennità da fame da Inps, ma è priva di tutela, di permessi per l'allattamento, di congedi parentali. Per gli atipici c'è malattia, ferie, nessun trattamento di fine rapporto, vera tutela previdenziale, i contributi di un collaboratore sono la metà di quelli di un lavoratore dipendente».
FENOMENO IN AUMENTO - E' il momento che le forze politiche facciano i conti con questo nuovo universo del lavoro. «Anche a livello locale sarebbe possibile agire facilitando per esempio l'accesso ad asili, a servizi vari. Attualmente i collaboratori sono penalizzati, non ottengono abbattimenti di punteggio, non hanno neppure una opportunità di formazione adeguata».
In generale - si fa notare al Nidil - i lavoratori parasubordinati (Cococo, Cocopro, partite Iva) rappresentano circa il 9 per cento degli occupati.
Tra il 2003 e il 2004, gli attivi sono aumentati del 14,8 per cento. Rispetto al 1996 (primo anno di gestione del Fondo Parasubordinati) l'aumento degli attivi è del 148,63 per cento. Se al numero complessivo degli attivi, vengono sottratti i cosiddetti professionisti e consulenti professionali (amministratori di condomini, di società e di amministrazioni locali), la platea dei collaboratori risulta composta da circa 1.400.000 persone. Sottraendo la platea dei pensionati collaboratori (circa 186.000), i lavoratori parasubordinati sono oltre 1.200.000.
CONTRO GLI ABUSI - «Questi dati confermano l'urgenza di politiche nazionali e regionali di contrasto agli abusi e di regolazione del ricorso a queste modalità di lavoro - insiste Percivalle - nonché la necessità di ridisegnare il welfare nazionale e locale includendo questi lavoratori nella rete di protezioni sociali».
Inferiori anche i guadagni dei collaboratori, a parità di mansioni (il compenso medio annuo è di 10.880 euro lordi).
Si alza l'età (molti gli adulti rischiano di rimanere ingabbiati nella rete della precarietà in modo permanente, il 68 per cento ha una età compresa tra i 30 e i 59 anni, il 21 per cento inferiore a 30 anni, l'11 per cento oltre i 60 anni). Emerge, inoltre, una progressiva e costante crescita del numero delle donne, che raggiungono il 48,2 per cento degli iscritti. Il prezzo maggiore della precarizzazione del lavoro viene pagato dalle donne.
COINVOLTI TUTTI I SETTORI - Questi contratti parasubordinati al 1996 al 2003 sono cresciuti del 91 per cento e interessano tutti i settori merceologici e tutte le attività, nel settore privato come in quello pubblico. L'entrata in vigore della Legge 30 non ha affatto mutato le ragioni del ricorso alle collaborazioni, che si confermano elemento strutturale nell'organizzazione del lavoro.
Fermo restando quindi l'obiettivo della stabilizzazione del lavoro precario, la proposta della Cgil per la ridefinizione del lavoro subordinato in lavoro "economicamente dipendente" (con conseguente estensione delle garanzie normative e dei costi previsti per i lavoratori dipendenti anche nei confronti dei parasubordinati), consentirebbe l'avvio di un percorso di ricomposizione del mondo del lavoro, dando voce e rappresentanza anche al lavoro atipico, oggi praticamente escluso e reso invisibile.

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