4.4.06

Flexsecurity: una strada nuova per affrontare la flessibilità del lavoro

Il mercato del lavoro, un tema principale nella competizione elettorale tra i due poli. E’ un elemento che ha indicato nel governo di centrodestra il forte fallimento creatosi da politiche che hanno aumentato la precarietà, l’incertezza per il futuro e la diminuzione della domanda di consumi, inficiando sulle entrate complessive del settore aziendale imprenditoriale. [Articolo di Alessandro Rizzo]

Il modello italiano è basato, dalla legge Treu, che ha introdotto questo ordinamento, alla legge Biagi, comunemente detta in senso errato, attribuendo il nome del giuslavorista ucciso barbaramente a una norma postuma, sulla flessibilità in entrata e in uscita, ossia la possibilità da parte del datore di lavoro di liberarsi della propria “mente d’opera”, si può dire, in ogni momento e alla scadenza del contratto stesso, assunta con forme contrattuali atipiche, ormai tipiche, quali il contratto di collaborazione prima e il contratto a progetto oggi.

La flessibilità deve cedere il passo a una nuova forma di organizzazione del rapporto di lavoro: la forma della precarietà è ormai una forma inaccettabile e fallimentare sotto ogni aspetto e punto di vista, da quello economico a quello sociale, nonché a quello aziendale e produttivo, essendo, come ben sappiamo, ormai chiaro che l’imprenditoria necessita di rapporti di collaborazione durevoli e duraturi, su cui si basa quella fiducia costante e coerente tra lavoratore e lavoratrice, da una parte, e datore di lavoro dall’altra.

Il modello, a detta di tanti economisti e giuslavoristi, potrebbe essere quello della “flexsecurity”, ossia flessibilità all’entrata ma non all’uscita, con forme di garanzia sociali forti e preponderanti e norme di tutela del rapporto di lavoro nel suo aspetto continuativo, tramite il diritto e il dovere di accedere alla formazione professionale permanente. Il modello della flexsecurity, ossia il modello del work fare, che significa lavoro sicuro e certo, è già adottato in Svezia, in Danimarca, in Norvegia e in Finlandia, e ha dato ottimi risultati.

La flexsecurity consente di avere tutele giuridiche protettive e assistenziali nella fase lavorativa ma anche un costante sussidio di disoccupazione nei periodi in cui la persona si trova senza impiego. Flexsecurity è sinonimo italiano di flessibilisicurezza, ossia accettare la mobilità ma garantire quei cuscinetti giuridici e sociali che possono garantire stabilità economica e formativa professionale della lavoratrice e del lavoratore.

Questa soluzione contro la precarietà, che detta incertezze nella vita sociale ed esistenziale, non solo economica, delle cittadine e dei cittadini, soprattutto giovani, oggi assunti con contratti precari e domani eliminati dal mercato del lavoro, senza nessun tipo di qualificazione e di miglioramento della propria professionalità, spendibile per altre occasioni e in altri contesti, è percorribile e non è chiaramente un abbassamento del livello di guardia sulle garanzie sociali.

Si tratta in termini socialdemocratici di un graduale compromesso tra capitale e lavoro, tale per cui il lavoro oggi preponderatamente precario può diventare flessibile, assicurando una forte dose di stabilità sociale ed esistenziale alla persona che accede a queste nuove forme atipiche di impiego. Partiamo da un presupposto: esiste l’instabilità del rapporto di lavoro, a causa di contesti internazionali e globali, definiti come elementi strutturali del post-fordismo e dell’economia dei servizi più che della produzione quantitativa? Bisogna scegliere due strade: costituire rapporti di impiego che siano certamente flessibili, che possano porre la persona a continui cambiamenti, a una certa dose di mobilità, soprattutto all’entrata, ma che non siano squalificanti la preparazione professionale, atta a dare gli strumenti per avanzare di qualità lavorativa, e che dettino norme e istituzioni che possano offrire garanzie sociali forti. Oppure, la seconda strada, potrebbe essere quella di adattare il rapporto alle esigenze di forte precarietà volute dal sistema di mercato, inficiando sulle garanzie sociali e sulla tutela della dignità della persona, utilizzata come “mente d’opera” appunto al servizio della grande produzione e della causa della produttività. Oggi servi ti utilizziamo, domani non servi perché sei un costo e ti rigettiamo, senza che tu abbia, di conseguenza, la possibilità di essere spendibile nuovamente sul mercato del lavoro, per la tua bassa qualificazione professionale.

Il modello scandinavo permette di scegliere una strada compromissoria al rialzo di questa eventualità tragica: ossia accettare la flessibilità come opportunità e non come elemento di neoschiavizzazione della persona. Dare certezza al rapporto di lavoro significa darle stabilità sociale e garanzie, incidendo sul costo del lavoro senza toccare quegli istituti storici previdenziali che devono essere assicurati, pena la dignità stessa e l’integrità fisica, sociale e culturale della lavoratrice e del lavoratore. Possiamo anche dire che il modello della flexsecurity può essere un toccasana per l’economia di un paese: non solo garantirebbe un aumento dell’occupazione non fasulla, come quella attuale, drogata dall’eccessiva presenza di queste forme atipiche e precarie di lavoro, e determinerebbe quella certezza nel proprio futuro frutto di una maggiore volontà del soggetto di investire per la propria esistenza e nella propria esistenza. I consumi potrebbero aumentare e gli investimenti della lavoratrice e del lavoratore potrebbero influire su una ripresa seria e scientifica dell’economia di un Paese. Il datore di lavoro confida maggiormente su un rapporto stabile e duraturo rispetto a un rapporto precario, oggi esistente e domani non più: questo + dato dal fatto che il rapporto di lavoro nasce su stabili basi di fiducia reciproca e sulla necessaria e reciproca conoscibilità delle inclinazioni e delle capacità assunte dai due soggetti attivi del rapporto di lavoro. Mancanti questi presupposti, la stessa azienda, nell’assumere oggi e nel licenziare domani, non rinnovando il contratto precario, si troverebbe a dover rinnovare rapporti su rapporti con soggetti non conosciuti e, il tutto, inficerebbe altamente sulla stessa produzione e sulla qualità della produzione.

In ultimo la ripresa dell’economia non solo beneficia della durevolezza del rapporto di lavoro ma, anche, della possibilità di migliorare la qualità professionale del soggetto lavoratore, garantendo, così, una riqualificazione continua professionale, attraverso forme di formazione permanente. La flexsecurity è il nuovo sbocco che potrà comprendere una nuova strada di garanzie sociali congiungibili con le forme contrattuali atipiche oggi presenti nel mondo del mercato del lavoro.

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