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4.1.07

Vivere o sopravvivere con 1000 euro al mese

Non è facile per nessuno: se poi uno è pure disabile…

1000 euro mensili. Questo è lo stipendio mensile medio per operai, impiegati, commesse del centro (che con questo reddito non sono mica le fate come cantava Luca Carboni).
Si avvicina molto anche al reddito dei piccoli artigiani. Che contrariamente ai luoghi comuni che li vogliono grandi evasori non se la passano poi molto meglio. Ma sì, evaderanno un po' il fisco. Certo. Ma magari per arrivare alla famosa quarta settimana mensile… E poi, quanti dell'esercito dei lavoratori dipendenti se fosse loro concesso, con tali entrate non lo farebbero?

E poi il girone dantesco dei precari… Sempre più numerosi. Con l'età anagrafica che si alza inesorabilmente… E più sono gli anni, e più è la sofferenza, il malessere, il disagio…Quelli ai quali un prestito bancario, (magari per comprarsi un'auto per recarsi al lavoro perché turnisti, e i mezzi pubblici si trovano solo nelle ore canoniche) non è concesso. Per forza. Non danno garanzie. Per non parlare di un mutuo per acquistare la prima casa visto che gli affitti sono alle stelle.. Utopia! Precari nel lavoro precari nella vita…

Per non parlare dei pensionati, che hanno visto un taglio sul potere d'acquisto delle loro pensioni da guinnes dei primati, perché non vengono mai aggiornate al vero costo della vita…
E per di più, se incrociano un giovane lavoratore abbassano la testa, perché pensano sia colpa loro se lui ha molte trattenute sullo stipendio, si è alzata l'aspettativa di vita e questo bene o male pesa sulla società… Anche questo devono subire dopo trenta-trentacinque anni di fabbrica, di fonderia, cantiere alle intemperie. Nemmeno i nostri vecchi che sono le nostre radici sappiamo rispettare…

Poi, se hai anche la "colpa" di essere un disabile, hai fatto bingo! Tutto più difficile… Il lavoro un privilegio, altro che diritto! Le spese di un disabile, chissà come mai, sono sempre più alte. Gli ausili che, sulla carta, dovrebbero essere "passati" dalle Asl di competenza, sempre più spesso devono essere integrati economicamente di tasca propria. I mezzi pubblici per la stragrande maggioranza sono ancora un diritto negato…. L'appartamento deve essere più grande perché la carrozzina è ingombrante. C'è niente da fare. Poi se hai una patologia pesante devono saltare fuori anche i soldi per l'assistenza per soddisfare i bisogni primari come lavarsi medicarsi ecc., e di esempi potremmo farne all'infinito…
E da un coglione in televisione devo sentire che sono privilegiati perché hanno - bada bene! - i posti riservati per parcheggiare!

Non penso che si possa vivere, non dico felicemente, ma neanche serenamente, dovendo fare i salti mortali per far quadrare i conti. E poi basta un rubinetto che perde, l'apparecchio per i denti del figlio, il ticket sugli esami del sangue per farti ripiombare nel baratro… Ma quanta dignità, in questi lavoratori, che quasi vivono come una loro colpa quella di avere un lavoro, e nonostante questo non riuscire a soddisfare i bisogni della loro famiglia…

Ed in piazza a protestare, chi ti vedo…. I notai, i farmacisti, gli avvocati, gli orafi (che denunciano redditi più bassi dei loro dipendenti), perché non ce la fanno più. Questo stato li opprime con le tasse… Strano però perché se li frequenti ti accorgi che non posano i loro glutei sui sedili delle loro auto, che non siano sotto i 50.000 euro… I ristoranti dove si sfamano non vanno mai sotto ai 50 euro per coperto…

Per quelli della mia generazione i poveri erano gli emarginati, quelli fuori dal mondo del lavoro. Spesso gli alcolizzati, emarginati, ecc. Ora lo sono i lavoratori. Ma questa Italia non starà andando troppo indietro, piuttosto che avanti?

Davvero cari lettori non capisco! Aiutatemi voi! Ditemi dove sto sbagliando!
E a proposito, buon anno… Chissà che il 31 dicembre si porti via almeno un po' di queste brutture...

[Valter Nicoletti]

La protesta parte da Cassino

CASSINO — La protesta parte da Cassino, pronta a dilagare negli altri comuni ciociari.
I precari della sanità, quelli che lavorano a contratti da 6 mesi in 6 mesi, puntano i piedi. E chiedono alla regione di tener fede agli impegni presi. All’impegno: stabilità occupazionale. La protesta, almeno ieri, si è limitata a un’assemblea nell’atrio del Santa Scolastica. Ma i lavoratori annunciano manifestazioni ben più clamorose. Proprio davanti la Pisana, sede del consiglio regionale. I lavoratori hanno ricevuto le visite del consigliere regionale Wanda Ciaraldi, del sindaco di Cassino Bruno Scittarelli, del senatore Oreste Tofani. A proposito, ma i sindacati dov’erano? I sindacalisti presenti si contavano sulle dita di una mano. Cosa ne pensano della vertenza? Il nuovo anno, sul fronte sanità, si annuncia scoppiettante. Più di quello che ci stiamo lasciando alle spalle. Ma intanto per i 150 precari cassinati, tra medici, infermieri e ausiliari, nessuna buona nuova. Di conseguenza, nessuna buona novità per gli utenti. E il Santa Scolastica somiglia sempre più ad una cattedrale nel deserto.

Giornalisti senza diritti. A chi giova un’informazione precaria e senza libertà

Sono oltre 20 mila i giornalisti senza una forma decente di contratto, a fronte di poco più di 12 mila contrattualizzati. Un piccolo esercito che permette ad editori grandi e piccoli, nazionali e locali, di prosperare e fare utili senza precedenti da oltre due anni, nonostante le loro litanie della “torta ridotta dei proventi pubblicitari, tutti a favore della TV” (!) e il solito ritornello dei giornalisti garantiti, ben pagati e corporativi.

Quella del giornalismo non è più una professione come poteva essere vent’anni fa. E dall’introduzione delle nuove tecnologie, dalla scomparsa dei poligrafici, dall’arrivo con prepotenza di capitali legati ad altri interessi e non più derivati da alcune famiglie di “editori puri”, che il giornalismo ha cambiato pelle.

Sono aumentati a dismisura i precari e sempre più gli editori e i loro direttori fanno ricorso alla “forza lavorativa esterna” alle redazioni: siano grandi opinionisti oppure semplici redattori inviati sui luoghi più disparati.

Forse come sindacato e ordine professionale non siamo riusciti negli anni scorsi a contrastare questa deriva illiberale, non abbiamo spinto con forza affinché la politica approvasse una legge moderna sullo statuto d’impresa, che pure il Gruppo di Fiesole (antesignano della corrente sindacale di Autonomia e solidarietà, alla guida della FNSI da anni) aveva discusso e preparato già agli inizi degli anni Novanta.

In tutto questo tempo, il mercato dell’editoria si è sviluppato senza regole, in sintonia quasi perfetta con l’anarchia mercantile delle televisioni. Da una parte, dunque, l’anomalia berlusconiana del duopolio televisivo pubblico e privato italiano, con il drenaggio di ingenti risorse pubblicitarie; dall’altro, l’ingresso nell’editoria scritta ( quotidiani, riviste, radio e tv locali, agenzie, siti web, free press) di potentati economici, che si servono della stampa per tessere intrecci politico-affaristici, strane alleanze politiche ed economiche per fare pressioni sul governo nazionale e su quelli locali.

Dietro alle principali testate scritte, agenzie nazionali e a veri e propri network locali e interregionali ci sono personaggi che contemporaneamente finanziano o compartecipano testate filogovernative oppure di opposizione.

Un mercato così vasto come quello della comunicazione è diventato oggi, e che tende ad allargarsi ancor più con la piena maturità della “WebPress”, ha bisogno di enormi quantità di “braccia da lavoro”, senza regole e a bassi salari.

Ecco allora che l’allargamento della professione giornalistica, grazie alle tante scuole post-universitarie di giornalismo riconosciute dall’Ordine, ai mille e più professionisti riconosciuti ogni anno attraverso l’esame di stato, se da una parte ha rotto la cortina di corporativismo e di “casta elitaria”, dall’altra ha permesso agli editori “impuri” di utilizzare una gran massa di professionisti precari, per dare vita a tutte le nuove iniziative editoriali.

Ma è vera libertà di stampa, quella che viene immessa sul mercato grazie al lavoro schiavistico di 20 mila professionisti che sopravvivono con meno di 800 euro di media al mese? La libertà, ce lo ricordano gli economisti di stampo neoliberista, ma anche i keynesiani e i marxisti puri, costa cara e va alimentata con regole chiare fatte rispettare da tutti. Ma in Italia le regole in questo mercato non esistono e quelle poche sono disattese. Mai che un giudice abbia indagato sulle condizioni di sfruttamento dei precari che nella propria regione di competenza permettono di far prosperare quei giornali che ogni mattina si ritrovano gratuitamente sulle scrivanie o quelle radio e televisioni locali che spesso li fanno conoscere al grande pubblico, dopo aver svolto magari un’indagine di rilievo.

Come se il precariato nel giornalismo fosse uno “scotto da pagare” per diventare professionisti, la mitica “gavetta” di un tempo. Solo che stiamo nel 2006/2007, nell’era di internet, nella società dove il successo spesso viene valutato più per i centimetri scoperti del corpo che per il quoziente di intelligenza!

Se il contratto nazionale non viene nemmeno discusso dagli editori ( i vari De Benedetti, Montezemolo, Tronchetti Provera, Della Valle, Angelucci, Caltagirone, Rieffeser-Monti, Berlusconi, le principali banche e società finanziarie italiane,che siedono nel “salotto buono” di Mediobanca), ci sarà pure una ragione “mercantile”! Ovvero ci sono interessi politici e affaristici affinché questa situazione di illeberalità e precarietà restino ben radicate nel settore della comunicazione italiana.

Continuando così, ovviamente a farne le spese sono i giornalisti, tutelati e precari, ma anche i lettori, gli spettatori, le forze sociali e soprattutto il governo di centrosinistra, guidato da Prodi.

Il contratto è scaduto a febbraio del 2005, in piena epoca berlusconiana, ma la sua odissea continua in piena epoca prodiana. Gli editori che allora facevano le pulci al mal governo di Sua Emittenza , oggi fanno altrettanto nei confronti del governo Prodi. Una semplice coincidenza? O non è cambiato davvero nulla nella società e nella politica italiana?

C’è un gioco delle parti che viene fatto alle nostre spalle( operatori dell’informazione e pubblico contribuente e votante)?

Di certo, assistiamo al perdurare dell’anarchia del mercato, in piena epoca di innovazione tecnologica al riposizionamento dei gruppi finanziari, all’indeterminatezza dei “poteri forti” a scegliere con chiarezza il campo politico dove installarsi per un certo, eventualmente lungo, periodo. E così tutti paghiamo lo scotto delle “non scelte”, anche i settori che dovrebbero avere un contratto sacrosanto dopo quasi due anni dal termine del precedente.

Ma è proprio la precarietà dell’establishment economico-finanziario-politico a creare un clima di evanescenza ed effervescenza nella società e nei luoghi di lavoro. Assistiamo, senza che i giornalisti producano analisi approfondite e comparazioni internazionali, al più grande risiko del sistema bancario. Siamo senza occhi ed orecchi per comprendere le mutazioni quasi genetiche che avvengono nei vari strati sociali, a partire dalla rivoluzione del mondo del lavoro, sempre più precario, sempre più senza tutele, dove la gente muore ( tre persone al giorno, record europeo!),

si ammala e non ha più prospettive di miglioramento. E il futuro, pensionistico e assistenziale, si chiama sempre e comunque precarietà!

Le città vivono nella violenza sottile e strisciante, senza che nessuna ricerca venga fatta per capire cosa sta succedendo tra chi abita nei centri storici e coloro che vivono nelle periferie (solo l’arcivescovo di Milano, monsignor Tettamanzi, ha azzardato sotto Natale un’analisi davvero interessante, la prima nel suo genere!).

Per non parlare dell’assenza nella grande informazione radiotelevisiva di quanto sta succedendo nel resto del mondo, che solo a tratti riusciamo a percepire quando però si tratta di casi di cronaca nera, guerre, epidemie, tsunami, o “cronaca rosa”, avvenimenti legati al paludato mondo dello spettacolo e del costume.

Questa non è la stampa, bellezza! Questa è il caos informativo indotto perché la gente, i milioni e milioni di elettori, contribuenti, lavoratori e pensionati vivano nella precarietà intellettuale, nell’incertezza del futuro. Questa è l’anticamera dell’illibertà e del regime. A meno che le coscienze libere e impegnate di questo paese non dimostrino uno scatto di orgoglio ed inizino a rialzare la testa, risolvendo i nodi più intricati di questo paese: cominciando proprio dal contratto nazionale collettivo dei giornalisti.

Agli inizi del Novecento, quando non esistevano i contratti collettivi, fu siglato per la prima volta nella storia dei rapporti sociali quello dei giornalisti. E da quella determinazione seguirono i contratti nazionali per altre più vaste ed importanti categorie. Oggi potrebbe accader l’esatto contrario: l’abolizione del contratto nazionale collettivo per i giornalisti farebbe così da battistrada al ridimensionamento dei contratti nazionali per metalmeccanici, chimici, commercio, e quanti altri, magari passando prima per la contrattazione locale e aziendale, per poi arrivare in tempi stretti agli sciagurati contratti individuali.

Cosa si aspetta ancora per fermare questa deriva illiberale? E dopo i contratti abrogati, ne siamo convinti, toccherà anche alla politica essere abrogata, perché senza certezze e dignità lavorative, l’informazione è solo asservita, precaria e di parte. E’ proprio vero: la libertà costa cara e la stampa libera lo è ancora di più! Ma questi sono i costi, benedetti, della democrazia.

ASL di Viterbo. Precari e cassintegrati assunti alla Asl

ASSUNZIONI a tempo indeterminato previste entro gennaio per dodici lavoratori precari della Asl di Viterbo, selezionati tra il personale socialmente utile e in cassa integrazione. Per i lavoratori socialmente utili della Provincia di Viterbo e per quelli in cassa integrazione guadagni straordinaria, ex Ciet, si è infatti concluso presso la Asl di Viterbo il percorso di stabilizzazione occupazionale, con l'approvazione delle relative graduatorie. Un impegno concordato con Regione, Provincia e Anci Lazio, formalizzato nel protocollo d'intesa sottoscritto lo scorso 31 luglio, con il consenso delle Organizzazioni sindacali confederali e che ha visto l'adesione del direttore generale della Asl di Viterbo Giuseppe Aloisio. «L'obiettivo è stato raggiunto — commentano da viale Trento — grazie anche alla collaborazione con gli enti che hanno sottoscritto l'accordo, nonchè grazie all'atteggiamento propositivo dei rappresentanti sindacali». La direzione generale ringrazia, inoltre, lo staff e l'unità operativa Risorse umane, per aver fattivamente contribuito alla riuscita del piano, e il dirigente regionale dell'Area 03 (Attuazione interventi politiche del lavoro) dell'assessorato Lavoro, pari opportunità e politiche giovanili della Regione Lazio. «Considerato, comunque, — afferma la direzione generale — che il percorso intrapreso è solo una parte del più generale progetto di stabilizzazione dei lavoratori interessati, 12 unità su 78 aspiranti, la Asl di Viterbo conferma la propria disponibilità a partecipare alla Società del servizi individuata nell'accordo del 31 luglio e augura ai lavoratori che troveranno stabilità presso la propria struttura un proficuo anno nuovo».

venerdì 29 dicembre 2006

L'Unione ha mentito a tutti gli insegnanti suoi elettori

La caduta.

Il governo ha avuto sulla finanziaria la fiducia del Parlamento. Non la nostra.

Michele Corsi, da ReteScuole del 27/12/2006

Un bel film di dieci anni fa che si intitola "L'odio" si apre con una voce fuori campo che dice: "è la storia di uno che si butta da un palazzo di 50 piani. E ad ogni piano mormora: fino a qui tutto bene... fino a qui tutto bene... fino a qui tutto bene..." Mi sono venute in mente queste frasi pensando al governo dell'Unione e alla sua finanziaria. L'Unione ha già tagliato, a pochi mesi dalla sua vittoria, le proprie relazioni con la base sociale che l'ha eletta, con una rapidità sbalorditiva. Precipita: nelle prospettive, nei consensi, nella lucidità, ma mormora tra sé e sé: fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene...

La scuola era stata protagonista di un movimento che ha contribuito grandemente alla sconfitta di Berlusconi, il suo popolo ha votato massicciamente per il centrosinistra, e non era certo scontato. Qualche mese dopo ecco il neoeletto governo votare una finanziaria che taglia sulla scuola quanto la Moratti. Col senno di poi possiamo dirci che la Moratti non era stronza come pensavamo, ma, semplicemente, poco furba: se qualcuno le avesse sussurrato all'orecchio "non tagliare i docenti del tempo pieno, aumenta invece gli alunni per classe!" avrebbe ottenuto risultati maggiori e senza troppi casini. L'Unione taglia in questo modo 50.000 docenti, e le sta andando liscia come l'olio. I personaggi che emettono circolari e declamano discorsi contro il bullismo, sono gli stessi che con la finanziaria lo favoriscono nei fatti: non credo occorra dedicare nemmeno mezza riga al nesso tra classi sovraffollate e diminuzione della qualità dell'insegnamento e della convivenza civile nelle scuole. Fioroni si "indigna" per l'esistenza dei bulli, ma è lui il bullo numero 1: ingolfa le classi e allo stesso tempo aumenta i finanziamenti alle scuole private. Bullismo ministeriale. Napolitano ha decretato il bullismo calamità nazionale, ma la finanziaria che ha controfirmato taglia i finanziamenti agli enti locali, che gestiscono gli edifici scolastici. Bullismo presidenziale. E le scuole che cadono a pezzi non sono una calamità? E poi, cari ministri: che ipocrisia versare lacrime di coccodrillo verso un disabile maltrattato dai propri coetanei, quando nello stesso istante si architetta di tagliare risorse sul sostegno all'handicap! Questi ministri, come i bulli, ti spintonano nelle pozzanghere, dopodiché: i ragazzini bulli si mettono a ridere, i ministri bulli, invece, si indignano perché ti sei sporcato i pantaloni.

I bulli hanno alle spalle famiglie disastrate, restituiscono in malo modo e ai soggetti sbagliati, quel che han subito. Ma i nostri governanti-bulli? Loro non hanno subito niente! Sono i movimenti, scendendo instancabilmente in piazza lungo questi anni, che hanno creato le condizioni per far cadere la destra mentre loro se ne stavano lì belli belli a volteggiare tra un convegno e l'altro, e dovevamo pure pregarli di dire qualcosa di vagamente progressista. E loro: non so, ci penso, vedremo... Li abbiamo eletti, e ora fanno quel che vogliono, cioé quel che sanno fare meglio: preparare le condizioni sociali per il ritorno della destra.

L'Unione ha mentito. E' vero, non aveva promesso l'abrogazione della riforma Moratti, ma c'era scritto qualcosa che ci andava molto vicino, nel famoso programma. All'inizio molti speravano: dal Ministero veniva un "linguaggio" nuovo, anche se pochi fatti. Poi ci sono stati i fatti, e il linguaggio che prima pareva "nuovo" poi, semplicemente, è parso ipocrita. La riforma Moratti sta lì, e nessuno la tocca. La circolare sulle iscrizioni è quasi indistinguibile da quella di un anno fa. L'Unione aveva detto: più soldi alla scuola, "perché i giovani..." "perché il futuro..." "perché..." e ha tagliato nella scuola più che in ogni altro settore, aumentando invece i soldi per le spese militari. Ha mentito. Mi viene da ridere, si fa per dire, quando sento qualcuno dentro l'Unione che si inalbera sui Pacs ed esclama: "i Pacs non c'erano nel programma!" e perché: i tagli alla scuola invece sì?

Quando mi capita di ascoltare qualche esponente della destra gridare frasi volgari e ripugnanti, mi dico: ma da dove sono saltati fuori questi qua? Come mai possono permettersi di dire tutto, di tutto, senza che nessuno del circo mediatico-politico si indigni, si alteri, protesti? Perché possono permettersi di insultare continuamente tutti, lavoratori, insegnanti, immigrati, musulmani, donne, omosessuali, senza che vi sia uno straccio di reazione da parte di chi ci dovrebbe rappresentare? E allora penso. Penso ai balletti sulla Rai e al fatto che tutti i pezzi della destra se ne stanno lì senza che nessuno li tocchi, qualcuno è stato spostato con molte scuse ad incarichi più lucrosi. Penso ai fischi a Prodi: quando era accaduto a Berlusconi i media avevano gridato ad un attacco terroristico. Pazienza: sappiamo in che mani erano e sono. Ma la sinistra? La ricordo perfettamente subito sulla difensiva, a porgere la propria solidarietà al "presidente". Ora che il "presidente" dice a Prodi che i fischi se li merita, nessuno che gridi allo scandalo, nonostante che il carattere più o meno organizzato di quella contestazione fosse palese. E penso ai cori schiamazzanti di quando viene bruciato in manifestazione un qualche simbolo di italianità, negli USA accade regolarmente e nessuno ci trova nulla da ridire, da noi casca il mondo. Ma se la destra dice cose sanguinarie tipo che i musulmani vanno buttati tutti a mare: silenzio. Allora penso: questa destra l'abbiamo creata noi, noi della sinistra. La destra, in ogni paese, non ha caratteristiche autonome, è la risposta politica dei ceti forti alla presenza organizzata della sinistra. Questi ceti, se potessero, farebbero a meno anche di rappresentanza politica. Per questo il loro personale politico, ha la qualità minima indispensabile ad affrontare la sinistra che c'è. E allora ogni sinistra ha la destra che si merita. Rutelli si "merita" Calderoli. Una sinistra che facesse il proprio mestiere, o che fosse semplicemente un po' più sveglia, costringerebbe la destra ad attrezzarsi con partiti e politici che fossero all'altezza del confronto.

Occupano i nostri terreni. La manifestazione della destra a Piazza San Giovanni, ad esempio. Certo, non erano un milione come dicevano. Ma: la sinistra sarebbe in grado di portarne in piazza altrettanti, ora, per difendere il suo operato? Non ci prova nemmeno. Eppure era quel che si doveva fare. Ma tutti sapevano che la base sociale che l'ha votata non sarebbe scesa in piazza per sostenerla, dopo quella finanziaria. Così abbiamo una destra che difende efficacemente gli interessi economici della sua base sociale e una sinistra che... ci dice Fassino: "tranquilli, ora parte la fase due". Così mi sono letto l'intervista dove parlava del rilancio dell'"azione riformista". La fase due sarebbe: privatizzazioni, allungamento dell'età pensionabile, via il tfr.... ma: una cosa, una sola cosa vagamente di sinistra è in grado di pronunciarla questa gente lì?

Non c'è nulla che possa convincere i capi della nostra sinistra che, portando avanti una politica di destra, la sinistra viene sconfitta. Nei fatti: che ci perdono, loro? Questo personale politico rimane sempre in pista: deputati lo sono comunque, anche se all'opposizione, mica ci rimettono la pensione. Per questo, appena un corteo dai toni semifascisti come quello dei poliziotti ha sfilato per Roma, Fassino li ha ricevuti di corsa, e subito si sono trovati i soldi per i loro aumenti. Ma a nulla sono valse le proteste del mondo della scuola per eliminare i tagli. Le lamentele dei ricchi per le tasse sui Suv e la successione, hanno avuto effetto immediato. Ma quando si sono fatti sentire gli operai di Mirafiori, Fassino ha commentato: "gli operai di Mirafiori vanno ascoltati, come tutti, per spiegare meglio il senso dell'azione di governo". "Spiegare"?!? Quando a muoversi sono categorie che fanno riferimento alla destra, non vengono "ascoltate": si fa quel che dicono e punto. Perché Fassino non usa lo stesso tono paternalista verso l'associazione italiana banchieri? Perché il pronunciamento di un vescovo vale sempre più dell'opinione della maggioranza degli italiani? E allora il problema non è solo che alle prossime elezioni vincerà di nuovo la destra, ma che questa alternanza produce, sconfitta dopo sconfitta, uno slittamento a destra del senso comune di questa società. L'altro giorno a scuola dovevo spiegare cos'erano la destra e la sinistra politica, in termini generali, ovviamente, e senza fare riferimento alla situazione italiana. E mi sono scoperto usare continuamente il condizionale: "la sinistra dovrebbe essere quella parte politica che difende..." "dovrebbe fare..." "dovrebbe dire....". Poveretti, chissà cosa avranno capito. Associano la parola "sinistra" alla faccia di Fioroni? Speriamo di no. Ma allora: a cosa l'associano?

Quando mi lamento dell'Unione, mi spiace, intendo tutta l'Unione. E' doloroso, per me, constatarlo perché la sinistra radicale che là si trova incastrata sta sicuramente patendo, ma vedere votata la finanziaria che taglia le risorse alla scuola da Rutelli fino ai deputati ultrarivoluzionari, boh, mi ha fatto un po' impressione. Sì, certo: "non avevamo scelta", "ma allora cosa facciamo, vuoi veder tornare su Berlusconi?" ecc. ecc. conosco i discorsi. Però, compagni, allora qualcosa della vostra fantastica strategia non ha funzionato: nel governo non contate un belìn, e allora ditelo, ditelo che qualche errorino in qualche momentino dovete pur averlo fatto.

A scanso di equivoci: non è che vedo grandi alternative politiche fuori dall'Unione. I cobas, che sono un gruppo sindacal-politico, come essi stessi si definiscono, fanno giuste critiche all'Unione, eppure quando leggo sul loro sito che lo sciopero, al quale ho aderito, è stato uno straordinario successo nella scuola, mi vien da ridere. Sembrano comunicati da Unione Sovietica. Hanno ragione a lamentarsi del carattere antidemocratico delle elezioni rsu, del resto, però, quelle regole c'erano anche nelle due elezioni precedenti, e i cobas diminuiscono costantemente i propri consensi, elezione dopo elezione. Una domandina su qualche errore di metodo circa la loro maniera di costruirsi nelle scuole e di approcciare i movimenti, se la sono fatta? Non potrebbero lasciare da parte per un attimo il trionfalismo da realismo socialista e dire anche qualcosa di sensato? L’attuale criticità antigovernativa della Gilda mi lascia freddo, quando penso che abbiamo dovuto impiegare due anni a convincerla che la Moratti faceva danni nella scuola. Credo poco anche alle scissioni politiche. Mussi si prepara a fondare un nuovo partito? E perché? In cosa si distingue la sinistra ds? Le manine le hanno alzate anche loro, per la finanziaria, pensano di essere più simpatici perché hanno dichiarato in qualche intervista di patire terribili mal di pancia? Scissioni nel prc? In quella giornata di sciopero a un certo punto mi sono trovato circondato da 10 "veri" partiti comunisti, quasi tutti "davvero" rifondati, ognuno con tre militanti di media e l'assicurazione di avere la linea giusta, in esclusiva. Ho pensato: come minimo 9 di loro sbagliano.

Ma si tratta di gente più o meno folcloristica che non ha vere responsabilità in questo casino. Tra i grossi veri responsabili ci sono sicuramente Cgil, Cisl e Uil. E dobbiamo essere consapevoli che se non fosse stato per l'acquiescenza di questi sindacati, la finanziaria non sarebbe passata, e nemmeno i tagli alla scuola. La Cgil è andata avanti giurando che avrebbe proclamato uno sciopero se il governo avesse persistito sui tagli, ha rimandato lo sciopero in prossimità delle elezioni rsu per "incidere di più sulla finanziaria", ha promesso "la più grossa manifestazione a difesa della scuola pubblica", poi ci sono state le elezioni rsu, ha incassato il risultato ed ha disdetto la "grande manifestazione". I tagli, ovviamente, sono rimasti tali e quali. E' un sindacato che per sudditanza politica non porta a casa risultati, ma, in compenso, ci sommerge con una montagna di chiacchiere.

Mi dispiace aver offerto un quadro che può sembrare pessimista. In realtà è solo incazzato. Anche chi come me è da sempre impegnato nei movimenti non può non vedere in faccia la realtà. E cioé che la stanchezza delle lotte contro Moratti - Berlusconi e la contemporanea delusione verso il "nostro" governo hanno prodotto una generale paralisi degli attivisti. Diciamocelo chiaramente: i movimenti non ci sono più. Ma chi conta su questo per tirare un sospiro di sollievo sbaglia di grosso, credo, spero. Ogni società produce i propri anticorpi. Non sono subito visibili al personale politico chiuso nei palazzi. Ma il successo della manifestazione dei precari, il dilagare della presenza dei migranti e di attività legate alla solidarietà con loro, una generale disillusione dei giovani verso chi fa politica ma con una contemporanea maggioritaria propensione verso valori di sinistra (per la seconda volta nella storia d'Italia la Camera, dove votano i giovani, è più a sinistra del Senato), mi dicono che qualcosa nel cuore profondo della società si muove. Questi anni di opposizione autorganizzata anche contro le direzioni del centrosinistra, poi, hanno formato centinaia di migliaia di persone che ora guardano, riflettono, aspettano... Del resto sappiamo che la scuola sarà "obbligata" a riprendersi la piazza e a far sentire la sua voce: Padoa Schioppa esprime in maniera molto limpida il pensiero delle elite: se si vuol diminuire la spesa pubblica i due bubboni da ridurre sono scuola e sanità, non si sfugge. Saremo attaccati di nuovo. E di nuovo al popolo della scuola spetterà l'incombenza di difendere questo presidio di civiltà. Certo, non è automatico. L'alternativa però è lo slittamento sempre maggiore dell'intera società verso destra, l'imbarbarimento dei rapporti, New Orleans dove nessuno ha trovato strano che Bush inviasse marines con mitra spianati invece che aiuti. Sono livelli che in Italia ancora, per poco, non possiamo immaginare, ma che si vivono in tanti altri Paesi, disgregati socialmente, dove va a votare un terzo dei cittadini, perché gli strati più oppressi della società non credono più a nulla. E' quel che non capiscono i nostri dirigenti, quelli che abbiamo eletto.

"E' la storia di una società che sta precipitando e che mentre precipita si ripete per farsi coraggio: fino a qui tutto bene...fino a qui tutto bene...fino a qui tutto bene... il problema non è la caduta - concludeva il film - ma l'atterraggio."

27.12.06

LSU, lavoratori in nero legalizzati

Ci attendono all’entrata del Comune di Aversa, scherzano tra di loro, si sono inventati il “toto-assunzione”. Vincerà chi indovina, tra i 120 Lsu, i due nomi che verranno stabilizzati. Si, due nomi, non due persone, perché gli Lsu non lo sono affatto. “Il nostro è una sorta di lavoro in nero legalizzato, siamo senza identità e una forza lavoro in nero per il Comune è una comodità!” – ci riferisce uno di loro. Ma cosa si intende per Lsu? Sono lavori socialmente utili tutte le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l'utilizzo di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria o in disoccupazione speciale oppure mediante il coinvolgimento in progetti di lavori socialmente utili di soggetti in cerca di prima occupazione o disoccupati.
La gestione dei lavori socialmente utili è demandata alle Regioni che agiscono sulla base di convenzioni con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La normativa prevede una serie di incentivi per favorire la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili: incentivi per le imprese e le amministrazioni pubbliche che li assumono, finanziamenti per l'avvio di attività autonome, titoli di preferenza per le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni. Le Regioni possono finanziare con proprie risorse progetti di lavori socialmente utili (cosiddetti lavoratori socialmente utili autofinanziati) ed erogare incentivi per la stabilizzazione degli stessi in aggiunta a quelli finanziati dallo Stato. Lunedì 4 Dicembre, a margine di un confronto tra l’amministrazione comunale e i sindacati di categoria, che è iniziato a settembre con la creazione delle figure APO e la definizione della nuova dotazione organica, in Giunta Comunale è stato varato il Piano occupazionale. “Entro il 31 Dicembre – ci comunica Angelo Liguori dell’ufficio del personale – metteremo a concorso le nuove figure previste nella pianta organica; in particolare ci sarà un concorso interno per l’assunzione di due lavoratori socialmente utili”. Nel bando di concorso, pubblicato lo scorso 5 Dicembre, si legge che la selezione avverrà per titoli e colloquio. Lo scenario che viene fuori dalla nuova pianta organica è che nel piano comunale c’è una carenza di oltre 150 unità. “E’ chiaro che questi buchi vengono tappati da noi Lsu: in Comune ci utilizzano per coprire i buchi di chi va in pensione, siamo economici ed il Comune, che ha perso anche alcune occasioni per stabilizzarci, ne è contento” – ribatte un altro dei lavoratori “fantasma” che si unisce al gruppetto accorso all’entrata della Casa Comunale. Si, lavoratori “fantasma”, perché agli Lsu non vengono riconosciuti gli stessi diritti dei lavoratori dipendenti. Una grande contraddizione traspare da uno dei numerosi decreti legislativi in materia: anche se quello dei lavoratori socialmente utili viene riconosciuto come un tipo di lavoro assimilabile al lavoro dipendente, il loro non viene in alcun modo riconosciuto ai fini previdenziali. Con la nascita della figura dell’ Lsu nel Settembre del 1995 il Comune di Aversa ne contava più di 350. Oggi ne sono diventati 120, di cui 40 sono uomini, tutti con un’età superiore ai 50 anni d’età. Di questi il 30% è in possesso di un Diploma. “Eravamo tutti lavoratori fuoriusciti dalle industrie, molti dall’Indesit, operai, impiegati e l’Inps ha garantito ad ognuno di noi un sussidio di 495 euro, una cifra irrisoria se si pensa che in alcuni casi a trovarsi in questa situazione è il capofamiglia con la moglie casalinga” – continua un altro di loro. A partire dall’amministrazione Golia ad oggi, per 72 fortunati il Comune ha concesso l’integrazione che sommandosi al sussidio dell’Inps ha migliorato, seppur di poco, le condizioni in cui versava la stragrande maggioranza di loro. Nel corso di questi anni è stata trovata, per alcuni, una via d’uscita attraverso la costituzione di cooperative, le più note quelle afferenti al Consorzio di cooperative sociali Icaro, che ha stabilizzato circa 15 lavoratori socialmente utili, a quella dell’acquedotto, che ha inglobato 11 Lsu e degli ausiliari al traffico, che ne ha assunti sempre 11. Alcuni lavoratori sono poi riusciti a stabilizzarsi per conto proprio ed è lapalissiano che in questi interminabili anni molti siano andati in pensione. Dei 120 Lsu attualmente presenti ad Aversa non tutti sono impiegati negli uffici comunali: un gruppo è stato destinato all’assistenza per gli anziani, nelle scuole, alla cura del verde pubblico, alla collocazione della segnaletica stradale. “Siamo stanchi, scoraggiati, demotivati – esordisce uno tra loro, sarebbe ora che a livello governativo si provvedesse a trovare uno sbocco a un problema che lo Stato si porta dietro da anni; la nuova Finanziaria poi non ci è venuta incontro: il Governo ha dato la possibilità ai Comuni al di sotto di 5000 abitanti, una minima parte dei circa 800 comuni italiani, di stabilizzare i propri Lsu. Non ci sta bene in quanto la maggior parte dei comuni va dai 10000 abitanti in giù”. Apprendiamo che in uno dei più recenti decreti legislativi che ha regolato la normativa in materia è stato stabilito che ogni ente, in vista di assunzioni, deve impegnarsi a riservare il 50% dei posti disponibili ai lavoratori socialmente utili, ma non ci risulta che in tutto l’agro aversano in questo lungo periodo ciò sia avvenuto. Nella farraginosa e complicata vicenda degli Lsu una cosa è certa, che fin quando è lo Stato, attraverso l’Inps, a pagare in Comune fanno festa, si sfrutta al massimo una forza lavoro conveniente e a basso prezzo e si cerca di evitare nuove assunzioni per coprire le sedie vuote di coloro che sono andati in pensione, tanto ci sono i lavoratori socialmente utili a rendere un buon servizio che non ha nulla in meno di quello dei lavoratori dipendenti. “Allo stato attuale il Comune di Aversa con i suoi 120 Lsu, che non potrebbe mai stabilizzare tutti, altrimenti andrebbe in un ampio deficit di bilancio, è in una posizione senza dubbio più limpida rispetto a tutti gli altri comuni dell’agro aversano” – continua Angelo Liguori dell’ufficio del personale. “Ed è vero – conclude un Lsu che mi avvicina; in tutti questi anni qui al Comune di Aversa abbiamo sempre assicurato un ottimo lavoro ed abbiamo occupato dei posti importanti all’interno della macchina burocratica. Se, ad esempio, un giorno uno di noi viene meno non ci sarebbe un altro a fare il suo lavoro, l’apparato amministrativo, per quel determinato ambito, si fermerebbe appunto per un giorno”. Non ci troviamo certamente in un contesto come questo se ci spostiamo in qualsiasi altro comune dell’agro aversano in cui la stragrande maggioranza dei lavoratori socialmente utili timbrano il cartellino marcatempo la mattina e poi si dileguano, magari perché all’interno della loro macchina amministrativa sono un di più e non ci sarebbe lavoro per loro e soprattutto perché, se vogliono sostenere la propria famiglia, devono necessariamente intrattenere una seconda attività lavorativa.

24.12.06

No al precariato, si protesta ancora contro i call center

In via Lamaro i dipendenti di Atesia protestano ancora contro le dure condizioni contrattuali imposte

di Veronica D’Amico

Nessuna tregua natalizia per i dipendenti di Atesia, l’enorme call center di Via Lamaro a Cinecittà, che non contenti dei recenti risultati ottenuti grazie al sindacato si ritrovano ancora una volta tutti in strada per protestare contro le nuove condizioni contrattuali imposte loro dall’azienda.

Appena qualche mese fa, grazie all’intervento dei mass media, era venuta alla luce l’inquietante situazione dei dipendenti dei call center, tutti precari dal primo all’ultimo, spesso assunti con un contratto stagionale o a progetto, ed altrettanto frequentemente subordinati ad uno stipendio non solo scarsamente gratificante ma scarno al tempo stesso. Quindici centesimi a contatti utili sono tutte quelle telefonate dove l’operatore riesce a trattenere in linea l’utente per almeno un minuto d’orologio, e dunque a presentargli il servizio su cui in quel momento il call center ha l’appalto. Ma quanti di noi, spesso stufi di sentirsi rifilare questo o quel prodotto, mettono giù la cornetta lasciando inconsapevoli dall’altra parte un povero operatore che neanche quella volta sarà riuscito nell’intento di guadagnarsi il ricco emolumento?

Così per ovviare ad una situazione occupazionale drammatica dove il precariato la fa da padroni, il 13 dicembre sindacati e Atesia hanno firmato un accordo secondo cui l’azienda prometteva di assumere tutti i suoi dipendenti attuali con un contratto a tempo indeterminato. E la promessa è stata ad oggi mantenuta ma con risultati men che meno allettanti per i lavoratori: i contratti a tempo indeterminato stipulati recentemente sono infatti tutti dei part-time orizzontali dove ai dipendenti viene richiesta una disponibilità oraria totalmente flessibile. Ciò significa lavorare 20 ore a settimana, 4 ore al giorno con turni che possono variare dalla mattina alla sera, impedendo agli assunti di avere la possibilità di trovare un secondo lavoro per arrotondare con il primo. Non solo, ma a sentire le recenti proteste sfociate in Via Lamaro, l’occupazione part-time produce una remunerazione mensile inutile per vivere, mentre prima seppur precari si aveva l’opportunità di lavorare per più ore e guadagnare di più.

Insomma per le 6.004 persone che oggi hanno un contratto Atesia la dura lotta contro il potere per ottenere un minimo di dignità occupazionale non si ferma qui.
22/12/2006

Ricerca, università: per fortuna, io credo nella Befana

Marina Montacutelli*, 24 dicembre 2006
Letterina di Natale

Avevo preparato la letterina e l'avevo data per tempo a un signore coi baffi che mi sembrava proprio perbene. Avevo chiesto appena qualche soldino e il cominciare a ridarci un po' di speranza e di dignità: mi avevano spiegato che Babbo Natale quest'anno è povero. Poi, ho aspettato. Ed è successo che...

Ho scoperto che Babbo Natale non esiste: è terribile, anzi terribilissimo.
E' andata così.
Avevo preparato la letterina e l'avevo data per tempo a un signore coi baffi che mi sembrava proprio perbene. Sono previdente, io.

Non avevo chiesto tanto: mi avevano spiegato che Babbo Natale, quest'anno, è povero; mi avevano anche detto che siamo tanti: che ci sono i tassisti che menano e pure i notai che se lo annotano. E che ci sono i bisognosi, col macchinone fuoristrada o il negozio birichino. Insomma, avevo capito: sono giudiziosa, io.

Anche se mi ricordavo bene che l'altr'anni avevo trovato sotto l'alberello solo i gusci delle noci, e l'ultimo neanche quelli, avevo chiesto appena qualche soldino e il cominciare a ridarci un po' di speranza e di dignità. Poi, ho aspettato. Cercando di far la brava, è naturale. Io lo so che bisogna comportarsi bene e crederci tanto tanto, se vuoi che arrivi qualcosa. Io lo so che i bambini sono bambini e Babbo Natale è Babbo Natale: ciascuno al suo posto, insomma; ciascuno secondo le sue responsabilità, ciascuno secondo le sue competenze, dicono. Però si può anche parlare, ci si può anche aiutare. Magari è utile, disturbare ogni tanto il manovratore. E gliel'ho detto, al signore coi baffi, che Babbo Natale ci aveva promesso tanto l'altr'anno. Sono discola, io. E ho memoria, io.

Poi è successo che hanno cominciato tutti a litigare: non ho capito bene, per la verità. Dev'essere una cosa di grandi. Però vedevo il signore coi baffi agitarsi tanto e non succedeva niente: non lo so se è perché non conta tanto lui o perché Babbo Natale è cattivo o ha cambiato idea su questa storia della ricerca e dell'università come futuro del paese. E allora ho pensato che nella letterina avrei dovuto aggiungere che i soldini servono per scoprire a quale specie appartengono le renne, oppure cosa mangiano, oppure come si curano. Magari suggerendogli - come si usa adesso - che ci guadagna anche lui, che gli può tornare utile e non è solo cosa che si dice pensando alle favole, Babbo Natale forse si dava una regolata. Sono tarda, io.

Poi, ho capito pure io: Babbo Natale non esiste. E il signore coi baffi non lo so se gli perdona tutto perché ci crede ancora o è scurnacchiat' assaje. Il fatto è che neanche se mi avviluppo il cervello nella resina e fodero gli occhi in una fiducia davvero smarrita posso tornare a crederci, a Babbo Natale.
Ma c'è una cosa più grave ancora: non solo non esiste, o forse ha appeso la slitta al chiodo e mandato le renne a pascolare in ordine sparso: vuol farci credere che volano pure gli asini. E allora non ci sto. Sono analitica, io.

Perché se uso le tabelline, tre più due mi viene dubbio risultato; se mi impegno nel calcolo combinatorio, mi chiedo a che servono i dottori di ricerca: sono così tanti che ormai li prepara il cepu. Se passo all'analisi logica, non distinguo bene le università principali da quelle subordinate ma ne sento l'odorino come quando si brucia la torta (e chi andrà in castigo?); se il dizionario, mi dico che all'autorità che valuta e controlla preferirei l'autorevolezza. E quando mi tocca la biologia, vedo che hanno allevato le larve: quelle degli enti; e non ho ben capito che esperimento vogliono farci e se per comprovar l'eutanasia oppure il suicidio. Soprattutto, e questo riguarda l'ora di etica, sento una politica che delegittima se stessa: e non è antipolitica il gridarlo; sento aria di provincialismo, di rese dei conti interne. Di quattro spiccioli, e i precari stanno tutti lì: per programmare bisognerebbe fare un salto nel futuro e non ratificare le calze coi buchi o sancire i buchi sulle calze. Vedo mancette private: ma speriamo che Babbo Natale abbia sbagliato camino.

Sono stanca, io. Qui volano i cervelli, e gli asini siamo noi. Vorrei che fosse Pasqua, ma quella passata: quando le speranze c'erano tutte, ancora. E' triste, il Natale: l'allegrezza piena, e la fiducia, le ritrovi affogate quest'anno nella gravezza della disillusione. Non abbiamo più, proprio più, le parole per dirlo; anche, per crederci. Abbiamo solo la forza di sussurrare, giacché quella di parlare non ci è data: non fate niente. Lasciateci in pace.

Per fortuna, io credo nella Befana. La Befana è diversa da Babbo Natale: è donna, e pure meridionale. La Befana sfida la forza di gravità e le calze rotte sa cosa sono. La Befana non si veste coi colori della Coca Cola: ha personalità e dignità; un piano di volo non solo in base agli ordinativi, ma con obiettivi precisi e priorità. La Befana un programma ce l'ha davvero e sa distinguere le ciminiere dai comignoli.
La Befana sa cosa è proprio indifferibile; si ricorda che sapere sarà pure patire: ma che questo è già successo, e poi patire è altro da patimento; e che gli dei - che vogliono per definizione e non per conteggio postumo tener saldo il timone del mondo - devono prima o poi abbandonare la tracotanza, l'autolesionismo e l'autoreferenzialità se vogliono ‘ncamminarsi sulla diritta via. Non è difficile e non serve neanche il navigatore satellitare: basta la bussola di Flavio Gioia, o chi per lui., e qualche idea. Da parte nostra - che dei non siamo, né ci sentiamo - non cerchiamo più nemmen le stelle, che pure ci avevano promesso: ci basterebbe mantener i piedi in terra, e non in un continuo, estenuante, inutile rullio di una nave che va sempre e non viene mai; ci basterebbe che si smettesse di indicar la luna, quando non si vuole offrire nemmeno il dito. La Befana tutto questo, e altro ancora, lo sa.
La Befana esiste, senza dubbio. La Befana esiste, speriamo. Non muriamo i camini, ancora.

Buon anno, intanto.

*ricercatrice

City of gods, una voce della cospirazione precaria

Scarica City of God: freepress

No, non è subvertising (se non siete giornalisti potete passare alla riga sotto). O almeno, non solo.

Cosa avete in mano, o sul vostro schermo

City of gods - il primo free & free press (ovvero libero e gratuito) - è stato distribuito in 50.000 copie nelle città di Milano. E' la parola delle precarie e dei precari dell'informazione che si rivolge alle precarie e ai precari in generale.
I media non sono più un prodotto che vende informazioni al pubblico (troverete stime e dati all'interno di City of gods) ): sono lo spazio dell'inserzionista attraverso il quale l'editore vende i propri lettori, voi. E' un servizio che tra l'altro pagate pure 90 centesimi, 1 euro, 1 euro e 10. Più soldi hanno i lettori, più gli editori si arricchiscono dalla vendita degli spazi pubblicitari.
All'interno di questo meccanismo ci sono i giornalisti, precari, free lance, senza contratto, a cottimo, a pezzo, a parola, a riga, a comete millenarie e casi del destino. Precari e precarie sottoposti al ricatto dei precarizzatori, della manchette, della pagina di pubblicità all'ultimo momento, del “non
spingere troppo su questi che sono i nostri inserzionisti”, della creazione di quel complesso meccanismo di informazione, disinformazione che vi fa credere che se la vostra vita
è una merda, non potete farci un granché.
Per questo City of God è free & free: gratis, ma soprattutto libero, nelle parole, nell'irriverenza, nelle critiche, nello stile precario.
Per questo, in occasione dello sciopero dei giornalisti, che incredibilmente, ma non certo
casualmente, visto il contesto, da due anni aspettano che gli editori si siedano al tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro precari e precari dell'informazione e non, hanno deciso di uscire con City of Gods: la stagione della cospirazione precaria è iniziata.

E ancora una volta i precari hanno preso la parola, attivandosi cospirando e creando relazioni e complicità che permettono di stampare, distribuire 50 mila copie di City of Gods (e scriverne il contenuto che per una volta, non ti precarizza, ma ti informa).

Al principio
"Al principio" fu la parola, poi venne il racconto ed infine l’informazione. A questo punto la storia presenta una sorpresa, o quasi: il diritto all’informazione si trasforma immediatamente nella disinformazione compensatrice delle vostre sfighe quotidiane, affinché esse siano “inevitabili”, “oggettive”, “certe”, “inattaccabili”.
Insieme, informazione + disinformazione, diventano propaganda, che trova nei media di massa il naturale alleato e nel brand la sua punta di diamante. Nella costruzione del brand, intimamente connesso alle informazioni che leggete ogni giorno sui giornali o sentite in radio e televisione,
è celato un meccanismo più complesso di quello che potrebbe sembrare.
Nel brand si determina la strutturazione di un potente retro_informatore che agisce anticipando l’informazione, creando quel bacino comporta/mentale all’interno del quale l’informazione stessa, e il suo contrario, si collocano. E’ un processo comunicazionale superiore alla propaganda. La rende, alternativamente, compatibile o inutile. In ciò tutta la difficoltà del presente. Ma anche il terreno
su cui agire.


L'intelligence precaria
Se vi siete persi il numero odierno di City of Gods lo troverete sul sito dell’intelligence precaria, che si attiva proprio da oggi in intima e sinergica collaborazione con i giornalisti e le giornaliste precari e precarie. L’intelligence è patrimonio comune dei precari e non solo del giornalismo. In esso confluiranno le mille sfaccettature dell’oppressione dei precarizzatori e dei contropiedi precari.
Ma che cosa rappresenta questo sito?
Immaginate un sito che non è un semplicemente tale, ma piuttosto un luogo che fa circolare informazione, non per informare, bensì per formare quel bacino di notizie da cui si estrarrà il bazar della creazione di conflitto. E che contiene anche i prodotti di queste creazioni e gli strumenti che le hanno consentite. Un sito crudele e spietato, scorretto verso le imprese, le istituzioni sociali, le merci ad alto contenuto ideologico e tutti i loro gli adepti: fazioso ma mai frazioso. Un sito che ha la classe del purosangue, la ricchezza del meticcio; che non esercita fashionismo e brigantaggio culturale, che vive da sé, con quello che fa e per quello che dà. Pone questioni di stile, perché lo stile è importante, e chiede, just in time, relazioni e complicità.

City of gods, una voce della cospirazione precaria

22.12.06

Fma, stabilizzazione per i precari: cresce la produzione

Avellino

I dirigenti della Fma di Pratola Serra, azienda del gruppo Fiat comunicano la stabilizzazione dei lavoratori che erano stati assunti con contratto a tempo determinato ed il prolungamento sino al prossimo giugno di quelli assunti con contratto interinale. Questi lavoratori avrebbero dovuto cessare di lavorare presso la Fma il prossimo 31 dicembre.
La decisione testimonia come, dopo diversi anni di recessione, sia in aumento il mercato delle auto e soprattutto di quelle prodotte dalla Fiat. Il direttore della Fma annuncia infatti un aumento di produzione dei motori che vengono assemblat nella fabbrica irpina. In questo anno che sta passando il 2006 la fabbrica di Pratola Serra ha fatto uscire dalle sua officine 530 mila motori. Per il prossimo anno, il 2007, si prevede un aumento di produzione di 80 mila unità. Saranno, infatti, 630 mila i motori che verranno prodotti. Il buon momento del mercato automobilistico. Questo ha determinato un’ottima ricaduta su i livelli occupazionali. Il buon momento della Fiat dovrebbe continuare nei prossimi anni.

22-12-2006

21.12.06

Invalsi e Ministero dell'istruzione: divorzio all'italiana

Nel nome di San Precario
di Valerio Di Paola

21/12/2006

Con ogni probabilità il 31 dicembre i 71 precari di Invalsi vedranno scadere il loro contratto con il Ministero dell'istruzione e andranno a casa. Di mestiere, l'Invalsi compila e verifica test per valutare le conoscenze degli studenti italiani nelle scuole elementari e medie. I dati un po' astratti che vengono fuori servono al Ministero per dissertare di scolarizzazione in sedi ovattate come il Parlamento europeo. Soprattutto, servono ad ogni scuola per correre ai ripari in caso di gravi deficienze grazie all'autonomia scolastica, ossia la possibilità di gestire in modo creativo le proprie, scarse, risorse. Invalsi si è lamentata di molta stampa, per alcuni articoli che "veicolano l'impressione che il personale sia numeroso, costoso e incapace" e che i risultati prodotti dall'istituto di ricerca siano inattendibili. Ma i professori dicono che i test, formalmente, sono ineccepibili: allora dov'è il problema?

Sarà pigrizia o diffidenza verso il nuovo, ma molti insegnati hanno subito l'Invalsi con fastidio: accadeva quando i test erano facoltativi e dopo, quando il ministro Moratti li ha resi obbligatori. Il primo difetto dei test, dicono, è strutturale. Le domandine "all'americana", le crocette e le risposte multiple mal si adattano al nostro sistema d'insegnamento, concettuale e discorsivo: chiunque sia stato tra i banchi ne ha un pur vago ricordo. Molti poi sono convinti che il test possa tramutarsi in un pericoloso strumento di valutazione del proprio operato: i questionari non tengono conto di variabili come la territorialità, il degrado sociale o la scarsa scolarizzazione, eppure fanno la differenza tra una classe modello e una di asini. Un test Invalsi, dunque, può diventare un oggetto contundente da utilizzare nelle rivalità tra colleghi e dirigenti, nelle faide che affliggono numerose scuole pubbliche del paese. Così i test sono finiti a fare compagnia ad un'altra bestia nera degli insegnati italiani, il "portfolio delle competenze": il ricco e voluminoso dossier che avrebbe dovuto accompagnare tutta la carriera scolastica. Complicatissimo da compilare e oggi sospeso dal ministro Fioroni, il portfolio è un documento un po' inquietante: ricorda quelle diaboliche schede giapponesi che causano numerosi suicidi, per cui a un bambino dell'asilo poco brillante sarà precluso domani l'ingresso alle università più prestigiose.

L'Invalsi, lamentano gli insegnanti, è nato dalla sacrosanta esigenza di valutare la qualità della scuola e risolverne le magagne ma ha lavorato per anni ai suoi test senza calarsi nelle problematiche reali, producendo risultati falsati da piccoli e grandi boicottaggi. Negli anni, l'attività di screening inizia addirittura nel 1996, si sono succeduti Ministri di colore diverso, senza avvertire l'esigenza di correggere il tiro. Oggi un nuovo Ministro chiude bottega senza sentire ragioni e mette per strada 71 precari incolpevoli: insomma, pura commedia all'italiana.

Potrebbe arrivare a soluzione, questa settimana, la protesta dei lavoratori precari della Croce rossa italiana.

Giovedì alle 11.30 è stato fissato un incontro al ministero della Salute fra l'amministrazione della Cri e i rappresentanti dei dicasteri interessati. Ieri, infatti, mentre i precari manifestavano davanti al ministero della Salute, il capo di Gabinetto del sottosegretario Serafino Zucchelli ha confermato a una delegazione che i commi in materia del maxi-emendamento alla Finanziaria si applicano anche ai lavoratori precari della Cri. Lo stesso aveva detto ieri il sottosegretario Paolo Cento durante un'analoga manifestazione davanti al ministero dell'Economia.

La Croce Rossa, dunque, autonomamente dovrebbe procedere prima alla proroga e successivamente alla dovuta e stabilizzazione dei precari. In una nota i sindacati di base della Cri esprimono "prudente soddisfazione nella speranza di poter vedere finalmente avviarsi a conclusione una vertenza che avrebbe potuto e dovuto risolversi positivamente già da diverso tempo, riservandosi di dare un giudizio definitivo dopo l'incontro di giovedì", da cui dovrebbe scaturire un documento chiarificatore e conclusivo. Sempre giovedì i lavoratori precari della Croce rossa effettueranno comunque un presidio davanti al ministero della Salute dalle ore 11.00. I sindacati di base solleciteranno "nuovamente la costituzione di un tavolo sulla Croce rossa, che affronti la questione della corresponsione ai lavoratori di quanto spetta loro in base agli accordi sindacali sottoscritti, e quella più complessiva del rilancio dell'ente, attraverso l'attribuzione di deleghe operative da parte del Governo".

da doctornews

Il Tar del Lazio: gli insegnanti non di ruolo hanno una diversa età pensionabile

21 dicembre 2006 - Kataweb/cittadinolex
Diversa dai loro colleghi l’età pensionabile per gli insegnanti non di ruolo

(Tar Lazio 12541/2006)

Gli insegnanti non di ruolo che hanno compiuto sessantacinque anni non possono essere esclusi dalle graduatorie permanenti per l'insegnamento per raggiunti limiti di età. I precari, categoria di lavoratori non certo fortunata, lambiscono in età di pensionamento (o di non pensionamento) i magistrati e i professori universitari ordinari.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha così accolto il ricorso di una insegnante contro il Ministero dell'Istruzione e l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio che avevano escluso la ricorrente dalla graduatoria permanente definitiva per l'insegnamento nelle scuole materne e dell'infanzia perché aveva raggiunto i sessantacinque anni, età pensionabile prevista nel settore della scuola.

Secondo i giudici amministrativi il ricorso è fondato in quanto gli insegnanti non di ruolo iscritti nelle graduatorie permanenti non possono essere collocati a riposo d'ufficio al superamento dei sessantacinque anni, ma solo al compimento del settantesimo anno di età, in quanto è diversa la disciplina ad essi applicabile, come già in precedenza affermato dal Tar. (18 dicembre 2006) Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione terza quater, sentenza n. 12541/2006

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

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Lugo: posti a rischio per la Croce Rossa

Sono 9 i lavoratori che potrebbero essere licenziati
20/12/2006
Una convenzione che non si rinnova e nove contratti di lavoro a termine che scadono. Il comitato lughese della Cri (Croce Rossa) è al centro di una spiacevole situazione che probabilmente sarà chiarita dagli incontri previsti internamente alla Cri e dal confronto fra la dirigenza lughese guidata da Anna Claudia Bosi Ferruzzi ed il sindaco Raffaele Cortesi. Il rischio di licenziamento per il mancato rinnovo della convenzione fra Cri e Ausl per i servizi di emergenza che saranno internalizzati da quest’ultima, riguarda 7 autisti e 2 amministrativi. L’assemblea di bilancio del comitato locale di Lugo della Cri è servita a rasserenare parzialmente gli animi e a fare chiarezza sui conti dai quali dipende in buona parte l’impossibilità di assumere il personale precario. Il consiglio direttivo ha approvato, senza alcun voto contrario, il consuntivo del 2005, chiuso con un passivo di poco più di 1.000 euro ed ha valutato le variazioni di bilancio incorse nel 2006 dovute ad un aumento in uscita di oltre 130.000 euro di cui 112.000 riguardanti le spese del personale non di ruolo, gli straordinari, le maggiorazioni per il turno e gli arretrati da liquidare al personale a fronte di un aumento di entrate pari a 30.000 euro. L’operato del consiglio direttivo è stato apprezzato dai soci: «La gestione del comitato locale è corretta e varie sono le azioni messe in campo per assicurare un futuro ai lavoratori precari, ai quali è stato rinnovato il contratto già alcuni mesi fa quando l’Ausl aveva comunicato l’internalizzazione». Il consiglio direttivo del comitato lughese della Cri si riunirà a gennaio per ridisegnare lo scenario operativo ed elaborare le linee generali di sviluppo dell’attività del comitato. In quella sede sarà affrontato il futuro del servizio del quale non è prevista l’ internalizzazione da parte dell’Ausl, vale a dire il taxi sanitario a pagamento. L’Ausl intanto, attraverso il concorso finalizzato all’assunzione di personale da impiegare alla guida dei mezzi del servizio emergenze in vista dell’internalizzazione del servizio, sta cercando di porre rimedio alla situazione di precariato lamentata dai dipendenti Cri. «I candidati idonei alla prima prova - ha comunicato l’azienda - sono 290 ed i posti a copertura sono 47». La seconda prova si svolgerà in questi giorni. «Per gli altri servizi, come i trasporti programmati dei pazienti o taxi sanitario - precisa l’Ausl - resta invece aperta la possibilità di avviare collaborazioni con il volontariato pubblico e privato. Dopo la mancata volontà della Cri di prorogare la convenzione a tempo determinato per tutto il tempo della transizione per l’effettiva attivazione delle graduatorie concorsuali - continua l’Ausl - l’azienda ha più volte dichiarato la volontà di assumere a tempo determinato e con contratto individuale gli operatori della Cri necessari alla piena funzionalità del servizio. A tutt’oggi - precisa - l’azienda è ancora in attesa di conoscere la disponibilità della Cri a concedere in uso le ambulanze».

Monia Savioli

Roma: Salta il consiglio sul precariato

sotto accusa c'è la maggioranza
L'accordo sindacale raggiunto il 18 dicembre scontenta tutte le categorie del pubblico
EPOLIS
Emanuela Lancianese

■Alla fine, come nell’ultimo atto di Romeo e Giulietta, tutti ne escono sconfitti. La mancanza del numero legale alla seduta del Consiglio comunale di ieri, dedicato al precariato nel pubblico impiego, ha lasciato facce sgomente e un senso di pena tra i lavoratori: assistenti sociali, amministrativi, maestre d’asilo e non solo. Che aspettavano da basso un cenno dei consiglieri sulla discussione con un tema non da poco: le loro vite. Ma nessun cenno è arrivato, per mancanza del numero legale provocata dall'assenza ingiustificata dei consiglieri di maggioranza.
L’ACCORDO concluso il 18 dicembre da Cgil Fp, Cisl Fp e Fpl Uil, Csa Diccap, per la “stabilizzazione” dei lavoratori comunali a tempo determinato, e entro tre anni anche di quelli impiegati in servizi ad evidenza pubblica, oltre agli interinali con prestazioni di durata superiore ai 12 mesi, lascia di fatto l’amaro in bocca a molte categorie.
Maestre d’asilo che non sanno se e quante saranno incluse nella prima infornata di gennaio; assistenti sociali interinali, che l’ultimo concorso lo
hanno visto nel 2000 e nel frattempo operano nei municipi prendendo impegni a nome e per conto del Comune; i poliziotti municipali, sorpresi per l’esclusione dall’unico accordo di massima finora concluso. Tutti a caccia di un perché il numero legale sia di fatto mancato per “volontà” o meglio assenza della maggioranza. Solo 27 i consiglieri presenti. Stizza, palesemente mal dissimulata, trapela nelle parole e nelle espressioni degli stessi consiglieri della lista del sindaco Veltroni.
Mentre l’assessore alle risorse umane, Lucio d’Ubaldo, artefice del pre-accordo, allo scioglimento della seduta è uscito livido in volto. Lapidario Mirko Coratti, (Moderati per Veltroni), presidente del consiglio comunale: «È scandaloso che i consiglieri eletti non siano presenti.
Non si tratta solo di rispetto verso le istituzioni, ma verso i cittadini che li hanno votati. Soprattutto quando il consiglio è chiamato a discutere di
temi importanti come il lavoro». Gli stessi consiglieri di An, usciti dall’aula al momento dell’appello, hanno deciso con la loro assenza di non avallare il comportamento sibillino della maggioranza. I commenti non si sono fatti attendere: «Di maggioranza allo sbando», ha parlato Luca Malcotti (An), di «maggioranza irresponsabile», Vincenzo Piso (An).■



Roma■ «Oggi non parteciperò al Consiglio straordinario sul precariato
perché non credo sia questo il modo per rispondere alle loro giuste esigenze. Non è infatti con misure straordinarie, coi ‘bla, bla, bla’ o la demagogia
che si supera il disagio in cui vergognosamente vivono tante e tanti impiegati del Comune di Roma legati all’Amministrazione da un contratto di
precariato». Lo ha reso noto ieri, prima del consiglio, il capo gruppo della Rosa nel Pugno al comune Gianluca Quadrana. «Esistono – ha aggiunto Quadrana
- una commissione consiliare Lavoro e una commissione consiliare Personale che insieme ai capi gruppo di maggioranza e opposizione e agli assessori competenti, in primis quello delle Risorse Umane, Lucio D’Ubaldo, hanno tutta la legittimità e il potere per affrontare il tema con la stessa concretezza con la quale il Comune ha stabilizzato le figure professionali all’interno degli asili nido e delle scuole dell’infanzia».
Il leader della Rosa nel Pugno non si è fermato qui e ha rincarato la dose: «Credo – ha concluso Quadrana – che questo sia il percorso autentico e sincero per ridurre e superare il precariato all’interno dell’amministrazione
pubblica dando a questi lavoratori una certezza per il domani. Inoltre occorre riaffermare il valore delle professionalità interne all’amministrazione troppo spesso frustrate dal ricorso a consulenti esterni con un dispendio di risorse pubbliche che invece potrebbero e dovrebbero essere utilizzate per la formazione e l’aggiornamento del personale comunale». Nel pomeriggio il consiglio comunale non si è riunito, per mancanza del numero legale. Un'azione di “sabotaggio” dell'opposizione, che si è detta stanca di contribuire al normale andamento delle attività consiliari, quando i consiglieri della maggioranza non si presentano in Aula. Un sabotaggio che non ha frenato le polemiche.

Mamma operaia chiede mezz'ora flessibile ma l'azienda è contraria e la licenzia

Una lavoratrice del cremasco chiedeva 30 minuti per riprendere la figlia a scuola
Era disposta a un taglio in busta paga o a recuperare. Il caso in tribunale
Mamma operaia chiede mezz'ora flessibile
ma l'azienda è contraria e la licenzia

MILANO - Aveva chiesto mezz'ora di lavoro flessibile per poter riprendere la figlia da scuola, ma l'azienda, la Ipc Faip di Vaiano Cremasco (Cremona), ha deciso di risolvere il problema più drasticamente, licenziandola. Raffaella, operaia di 40 anni, aveva fatto domanda per poter avere trenta minuti di flessibilità da utilizzare per accudire la sua bambina, ma dopo un lungo braccio di ferro è stata messa alla porta.

Fino a qualche settimana fa la donna, divorziata e senza altri redditi se non la sua paga di mille euro, per prelevare la figlia a scuola aveva sempre usato la pausa pranzo. Recentemente un accordo sindacale l'ha accorciata però di mezz'ora. La signora aveva chiesto quindi una deroga, con la disponibilità a recuperare la mezzora o a perdere la retribuzione. Ma niente da fare: dopo una serie di iniziative, e dopo gli scioperi di mezzora indetti dalla Flm Uniti-Cub per consentire alla lavoratrice di accudire la figlia, l'azienda ha deciso il licenziamento.

La decisione della Ipc Faip, azienda leader nella produzione di strumenti per la pulizia domestica e professionale ad acqua, è stato subito impugnata; la prima udienza davanti al giudice è fissata per il 9 gennaio a Crema.

(20 dicembre 2006)

Precari Saiwa: "promesse non mantenute"

21/12/2006 9.46.04

Proteste del sindacato CGIL contro la Saiwa, Multinazionale Danone, di Capriata D’Orba che, come scrive il sindacato, continua nell’abuso al ricorso di personale precario in fabbrica.

A fine anno, quando gli accordi sull’assunzione di 24 precari doveva concretizzarsi, l’azienda "non ha rispettato né i numeri , né i criteri".

Fa sapere la CGIL: "Così si è verificato ancora una volta che lavoratori presenti in fabbrica da 12 –18 mesi sono stati lasciati a casa perché giudicati inidonei, altri devono aspettare la chiamata dell’agenzia interinale ed altri ancora sono stati assunti con contratti di 4 giorni!
Inoltre l’azienda sta attuando in modo unilaterale un progetto di riorganizzazione mirato a ridurre i costi, che peggiora le condizioni già critiche di lavoro in fabbrica".

19.12.06

Un sentiero a tappe per il mondo del lavoro

Per uscire dal vicolo cieco va ripensata la flessibilità: ecco la mia proposta
Emanuela Bambara

(E POLIS del 19 dicembre 2006)

Del “percorso a tappe verso la stabilità”, messo a punto con l'amico e collega Pietro Garibaldi, docente all'Università di Torino, l'economista
Tito Boeri aveva scritto, un mese fa, sul sito di informazione specializzata www.lavoce.info creato insieme a un gruppo di studiosi per confrontarsi sulle questioni economiche e proporre soluzioni.
Non sapeva, però, che la sua proposta sarebbe diventata il cavallo di battaglia dell'Istituto nazionale di previdenza sociale sul tavolo della contrattazione che si aprirà, ai primi dell'anno 2007, intorno al tema del lavoro e riforma delle pensioni. Per Boeri, però, i problemi economici sono,
innanzitutto, questioni di “buonsenso”. E in questa chiave vanno affrontati.
In cosa consiste esattamente la sua proposta?
Apparentemente, ci troviamo in un vicolo cieco. Da un lato, la flessibilità
è vissuta dai lavoratori come precarietà insostenibile ed esclusione dai diritti fondamentali di cittadinanza. Molti temporanei arriveranno all'età della pensione con versamenti contributivi insufficienti a usufruire di
una pensione superiore al minimo e i salari sono al di sotto della soglia di povertà. Dall'altro lato, Confindustria reclama una flessibilità nel mercato del lavoro come condizione per l'occupazione.
Esiste una via d'uscita, per garantire una flessibilità d'ingresso al lavoro e assicurare standard minimi salariali, previdenziali e assicurativi, in un processo di stabilizzazione del lavoro che ci porti fuori dalla condizione attuale di un mercato parallelo, a due binari.
Lo abbiamo chiamato “sentiero a tappe verso la stabilità”, in tre fasi. Un periodo di prova di sei mesi, perché il datore di lavoro possa testare le competenze del lavoratore. L'inserimento, dal sesto al terzo anno, tutelato dall'art. 18, con un indennizzo da due a sei mensilità retributive in caso
di licenziamento economico. Al terzo anno, la tutela reale di stabilità.
I contratti a tempo determinato non dovrebbero superare i due anni, non rinnovabili. Contributi previdenziali più elevati per il datore di lavoro per queste forme di contratto, perché devono prevedere una quota di sussidio
di disoccupazione per quando si interromperà il rapporto senza rinnovo. Trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato senza periodo di prova.
Che ne dice di un intervento legislativo per limitare i contratti a tempo determinato?
Non credo nella regolazione per costrizione legislativa. È più efficace l'autoregolamentazione del mercato con regole semplici e un sistema di incentivazione dei contratti stabili. I contratti di lavoro a tempo determinato devono essere ridotti ai casi in cui l'impresa necessita davvero di lavoratori a termine. Ripeto, la flessibilità deve essere soltanto in
ingresso. Su questo progetto, stiamo preparando una seria campagna di comunicazione. Con un piano di informazione per gli immigrati, affinché conoscano il salario minimo garantito a tutti i lavoratori in Italia, senza discriminazioni e diseguaglianze, sulla base della qualifica professionale.
Quali sono le prospettive per chi ha iniziato a lavorare negli ultimi dieci
anni, in modo discontinuo?
Si tratta di un problema serio, che non abbiamo ancora affrontato. Molti avranno il tempo di regolarizzare la loro posizione lavorativa e previdenziale, dopo la riforma.
In ogni caso, bisogna intervenire per garantire la copertura anche nei casi di discontinuità lavorativa e indipendentemente dal tipo di contratto e dall'età.
Chi siederà al tavolo della concertazione, il prossimo gennaio?
I posti al tavolo verde di Palazzo Chigi non sono ancora tutti assegnati.
Certamente, ci saranno i sindacati, Cgil, Cisl e Uil, Confindustria. Andrebbe riformata anche questa modalità di confronto, per garantire una rappresentanza a tutti i soggetti interessati e non soltanto a una parte, come avviene adesso. A mio avviso, bisognerebbe creare un organo permanente
di consulto, formato dalle autorità competenti e da una rappresentanza di tutti i gruppi di interesse: esperti, lavoratori dipendenti, autonomi, datori
di lavoro e studenti. Questi sono, infatti, i lavoratori del futuro, su cui ricadono i maggiori effetti delle riforme e delle scelte legislative.
Spesso sono le vittime di giochi politici ai quali oggi non sono invitati a partecipare.

Atesia, riunione a Cinecittà «Il part time è una beffa»

Via Lamaro. Contratto per 6.004 persone, 20 ore a settimana a 550 euro al mese

L'accordo con Almaviva non soddisfa i lavoratori: «Si guadagnava meglio da precari»
Roma
Delusione. «È un ricatto senza fine»
Tempo indeterminato a quattro ore al giorno

Simona Caleo

■ “Tutti assunti” dichiarano trionfanti i manifesti affissi in giro per la città, anche in via Lamaro, a Cinecittà, dove si trova la sede di Atesia.
MA SI TRATTA di un trionfo a metà, una conquista zoppicante, una vittoria di Pirro, che vede riconosciuto il diritto a un lavoro stabile ma non prevede
ancora la possibilità di viverci dignitosamente. Il 13 dicembre società e sindacati hanno firmato un accordo con Atesia e le aziende sorelle in Action, Cosmed e Alicos, tutte della famiglia Almaviva. Risultato: l’assunzione di 6.004 persone a tempo indeterminato. Fin qui la vittoria, il primo esito positivo di una battaglia che dura da più di due anni, durante i quali
400 precari hanno perso il lavoro. Tra loro, quelli che più si sono esposti, in prima linea anche ieri nell’assemblea organizzata in via Lamaro per spiegare meglio i contenuti dell’accordo e chiedere il pieno rispetto delle
istanze dell’Ispettorato del Lavoro: assunzione per tutti a tempo indeterminato, 36 ore la settimana. Il contratto che Atesia offre oggi è sì a tempo indeterminato. Ma è di sole 20 ore settimanali e può essere sottoscritto soltanto firmando una liberatoria con la quale si rinuncia
a tutti i diritti pregressi - tranne i contributi, che l’azienda si vede pagare per il 50 per cento dallo Stato. Tra Tfr, ferie non godute, permessi, adeguamento dello stipendio e contributi non versati ogni lavoratore dovrebbe ricevere 10 - 12 mila euro per ogni anno al call center.
Di questa cifra, i contributi sono una piccola parte e al resto si chiede di rinunciare in cambio dell’agognato contratto: quattro ore di lavoro nell'arco
della giornata, a orari variabili e vincolanti che che impediscono all’impiegato part time di trovare una seconda occupazione.
Alla fine, i precari di ieri guadagnavano più dei regolarizzati di domani. «Come si può esserecontenti – domanda il collettivo precari - di guadagnare solo 550 euro fissi al mese?»


■ «Quando dicono che questo accordo è il più importante raggiunto nel settore dicono la verità», commentava amaramente Marco ieri mattina davanti alle persone raccolte in assemblea all’ingresso di Atesia. Il gruppo ascoltava e applaudiva gli interventi, mentre altri passavano e si infilavano veloci dentro la porta a vetri. Ma poi, nel corso della giornata, si sono fermati in parecchi a fare domande sui particolari di questo accordo dove, per il momento, sta scritto nero su bianco il loro destino professionale. Nessuno è contento delle quattro ore al giorno e della flessibilità richiesta per lavorare queste quattro ore giornaliere, che possono cadere alla mattina
come alla sera. E neanche di dover rinunciare ai soldi che gli spettano. Per svestire i panni del precario sono costretti ancora al compromesso. «È un ricatto senza fine» dice una ragazza, a testa bassa. Si scusa per non riuscire a parlare meglio, ma è una faccenda triste e lo è anche lei ormai. Mi spiega che se firma questo contratto difficilmente potrà fare un secondo
lavoro e si chiede se riuscirà a continuare a vivere da sola, con 550 euro al mese. «Il tempo indeterminato è una bella vittoria, ci dicevano che era impossibile e invece lo abbiamo ottenuto. Ma ci stanno prendendo in giro, perché questo contratto è il risultato dei favori che hanno fatto al presidente Alberto Tripi, a partire dall’articolo 178 della Finanziaria». Quello che diceva Christian all’assemblea lo diceva a nome di tutti: «davvero
un bel regalo da parte del governo di centrosinistra».■

18.12.06

Finanziaria, protestano i lavoratori della Croce Rossa

lunedì 18 dicembre 2006
Dopo aver manifestato oggi sotto il ministero dell'Economia e delle Finanze per il mancato inserimento nella Finanziaria 2007 della proroga per l'anno prossimo dei contratti a tempo determinato degli oltre 2.400 precari che oggi assicurano il servizio, i lavoratori della Croce Rossa, fissi e precari,
manifesteranno domani dalle ore 9 sotto il ministero della Salute, in Lungotevere Ripa 1. «Durante la manifestazione odierna -si legge in una nota- una delegazione di lavoratori è stata ricevuta dal Sottosegretario al Tesoro, Cento, che ha espresso solidarietá ai lavoratori che rischiano il posto di lavoro e si è impegnato a riferire nel pomeriggio al ministro Padoa Schioppa, sollecitando una soluzione al problema».
«Continua intanto la mobilitazione anche in periferia, dove i lavoratori precari della Croce Rossa hanno dato vita a presidi permanenti dei Comitati Provinciali ed a manifestazioni nelle maggioricittá italiane. Richieste urgenti di incontro, finora senza risposta -rileva la nota- sono state inviate ai ministri della Salute, dell'Economia, della Funzione Pubblica e della Solidarietá Sociale».
I lavoratori della Croce Rossa chiedono al governo «l'immediata emanazione di un decreto legge che garantisca almeno la proroga per il 2007 ai lavoratori precari e l'adozione di iniziative politiche che risolvano la crisi che attraversa l'ente, ponendo le basi per il suo rilancio futuro».
Fonte: Sole24ore/Federfarma