19.12.06

Atesia, riunione a Cinecittà «Il part time è una beffa»

Via Lamaro. Contratto per 6.004 persone, 20 ore a settimana a 550 euro al mese

L'accordo con Almaviva non soddisfa i lavoratori: «Si guadagnava meglio da precari»
Roma
Delusione. «È un ricatto senza fine»
Tempo indeterminato a quattro ore al giorno

Simona Caleo

■ “Tutti assunti” dichiarano trionfanti i manifesti affissi in giro per la città, anche in via Lamaro, a Cinecittà, dove si trova la sede di Atesia.
MA SI TRATTA di un trionfo a metà, una conquista zoppicante, una vittoria di Pirro, che vede riconosciuto il diritto a un lavoro stabile ma non prevede
ancora la possibilità di viverci dignitosamente. Il 13 dicembre società e sindacati hanno firmato un accordo con Atesia e le aziende sorelle in Action, Cosmed e Alicos, tutte della famiglia Almaviva. Risultato: l’assunzione di 6.004 persone a tempo indeterminato. Fin qui la vittoria, il primo esito positivo di una battaglia che dura da più di due anni, durante i quali
400 precari hanno perso il lavoro. Tra loro, quelli che più si sono esposti, in prima linea anche ieri nell’assemblea organizzata in via Lamaro per spiegare meglio i contenuti dell’accordo e chiedere il pieno rispetto delle
istanze dell’Ispettorato del Lavoro: assunzione per tutti a tempo indeterminato, 36 ore la settimana. Il contratto che Atesia offre oggi è sì a tempo indeterminato. Ma è di sole 20 ore settimanali e può essere sottoscritto soltanto firmando una liberatoria con la quale si rinuncia
a tutti i diritti pregressi - tranne i contributi, che l’azienda si vede pagare per il 50 per cento dallo Stato. Tra Tfr, ferie non godute, permessi, adeguamento dello stipendio e contributi non versati ogni lavoratore dovrebbe ricevere 10 - 12 mila euro per ogni anno al call center.
Di questa cifra, i contributi sono una piccola parte e al resto si chiede di rinunciare in cambio dell’agognato contratto: quattro ore di lavoro nell'arco
della giornata, a orari variabili e vincolanti che che impediscono all’impiegato part time di trovare una seconda occupazione.
Alla fine, i precari di ieri guadagnavano più dei regolarizzati di domani. «Come si può esserecontenti – domanda il collettivo precari - di guadagnare solo 550 euro fissi al mese?»


■ «Quando dicono che questo accordo è il più importante raggiunto nel settore dicono la verità», commentava amaramente Marco ieri mattina davanti alle persone raccolte in assemblea all’ingresso di Atesia. Il gruppo ascoltava e applaudiva gli interventi, mentre altri passavano e si infilavano veloci dentro la porta a vetri. Ma poi, nel corso della giornata, si sono fermati in parecchi a fare domande sui particolari di questo accordo dove, per il momento, sta scritto nero su bianco il loro destino professionale. Nessuno è contento delle quattro ore al giorno e della flessibilità richiesta per lavorare queste quattro ore giornaliere, che possono cadere alla mattina
come alla sera. E neanche di dover rinunciare ai soldi che gli spettano. Per svestire i panni del precario sono costretti ancora al compromesso. «È un ricatto senza fine» dice una ragazza, a testa bassa. Si scusa per non riuscire a parlare meglio, ma è una faccenda triste e lo è anche lei ormai. Mi spiega che se firma questo contratto difficilmente potrà fare un secondo
lavoro e si chiede se riuscirà a continuare a vivere da sola, con 550 euro al mese. «Il tempo indeterminato è una bella vittoria, ci dicevano che era impossibile e invece lo abbiamo ottenuto. Ma ci stanno prendendo in giro, perché questo contratto è il risultato dei favori che hanno fatto al presidente Alberto Tripi, a partire dall’articolo 178 della Finanziaria». Quello che diceva Christian all’assemblea lo diceva a nome di tutti: «davvero
un bel regalo da parte del governo di centrosinistra».■

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