19.12.06

Un sentiero a tappe per il mondo del lavoro

Per uscire dal vicolo cieco va ripensata la flessibilità: ecco la mia proposta
Emanuela Bambara

(E POLIS del 19 dicembre 2006)

Del “percorso a tappe verso la stabilità”, messo a punto con l'amico e collega Pietro Garibaldi, docente all'Università di Torino, l'economista
Tito Boeri aveva scritto, un mese fa, sul sito di informazione specializzata www.lavoce.info creato insieme a un gruppo di studiosi per confrontarsi sulle questioni economiche e proporre soluzioni.
Non sapeva, però, che la sua proposta sarebbe diventata il cavallo di battaglia dell'Istituto nazionale di previdenza sociale sul tavolo della contrattazione che si aprirà, ai primi dell'anno 2007, intorno al tema del lavoro e riforma delle pensioni. Per Boeri, però, i problemi economici sono,
innanzitutto, questioni di “buonsenso”. E in questa chiave vanno affrontati.
In cosa consiste esattamente la sua proposta?
Apparentemente, ci troviamo in un vicolo cieco. Da un lato, la flessibilità
è vissuta dai lavoratori come precarietà insostenibile ed esclusione dai diritti fondamentali di cittadinanza. Molti temporanei arriveranno all'età della pensione con versamenti contributivi insufficienti a usufruire di
una pensione superiore al minimo e i salari sono al di sotto della soglia di povertà. Dall'altro lato, Confindustria reclama una flessibilità nel mercato del lavoro come condizione per l'occupazione.
Esiste una via d'uscita, per garantire una flessibilità d'ingresso al lavoro e assicurare standard minimi salariali, previdenziali e assicurativi, in un processo di stabilizzazione del lavoro che ci porti fuori dalla condizione attuale di un mercato parallelo, a due binari.
Lo abbiamo chiamato “sentiero a tappe verso la stabilità”, in tre fasi. Un periodo di prova di sei mesi, perché il datore di lavoro possa testare le competenze del lavoratore. L'inserimento, dal sesto al terzo anno, tutelato dall'art. 18, con un indennizzo da due a sei mensilità retributive in caso
di licenziamento economico. Al terzo anno, la tutela reale di stabilità.
I contratti a tempo determinato non dovrebbero superare i due anni, non rinnovabili. Contributi previdenziali più elevati per il datore di lavoro per queste forme di contratto, perché devono prevedere una quota di sussidio
di disoccupazione per quando si interromperà il rapporto senza rinnovo. Trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato senza periodo di prova.
Che ne dice di un intervento legislativo per limitare i contratti a tempo determinato?
Non credo nella regolazione per costrizione legislativa. È più efficace l'autoregolamentazione del mercato con regole semplici e un sistema di incentivazione dei contratti stabili. I contratti di lavoro a tempo determinato devono essere ridotti ai casi in cui l'impresa necessita davvero di lavoratori a termine. Ripeto, la flessibilità deve essere soltanto in
ingresso. Su questo progetto, stiamo preparando una seria campagna di comunicazione. Con un piano di informazione per gli immigrati, affinché conoscano il salario minimo garantito a tutti i lavoratori in Italia, senza discriminazioni e diseguaglianze, sulla base della qualifica professionale.
Quali sono le prospettive per chi ha iniziato a lavorare negli ultimi dieci
anni, in modo discontinuo?
Si tratta di un problema serio, che non abbiamo ancora affrontato. Molti avranno il tempo di regolarizzare la loro posizione lavorativa e previdenziale, dopo la riforma.
In ogni caso, bisogna intervenire per garantire la copertura anche nei casi di discontinuità lavorativa e indipendentemente dal tipo di contratto e dall'età.
Chi siederà al tavolo della concertazione, il prossimo gennaio?
I posti al tavolo verde di Palazzo Chigi non sono ancora tutti assegnati.
Certamente, ci saranno i sindacati, Cgil, Cisl e Uil, Confindustria. Andrebbe riformata anche questa modalità di confronto, per garantire una rappresentanza a tutti i soggetti interessati e non soltanto a una parte, come avviene adesso. A mio avviso, bisognerebbe creare un organo permanente
di consulto, formato dalle autorità competenti e da una rappresentanza di tutti i gruppi di interesse: esperti, lavoratori dipendenti, autonomi, datori
di lavoro e studenti. Questi sono, infatti, i lavoratori del futuro, su cui ricadono i maggiori effetti delle riforme e delle scelte legislative.
Spesso sono le vittime di giochi politici ai quali oggi non sono invitati a partecipare.

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