di Michela Bevere
31/01/2008
Dopo solo un anno di stabilizzazione, torna il mostro della precarietà per i ragazzi del call center Atesia del gruppo Almaviva di proprietà di Alberto Tripi. Gli ultimi contratti a tempo indeterminato sono stati firmati a dicembre, grazie al decreto del Ministro del Lavoro Cesare Damiano, che però quasi il 30% dei lavoratori Atesia ha rifiutato. "Ora nonostante abbia fatturato più delle previsioni, come riportato nelle pagine del Sole 24 Ore - racconta Valerio, uno dei cinque ragazzi licenziati nel luglio del 2005 - l'azienda minaccia di chiudere le sedi romane del gruppo Almaviva per l'eccessivo costo del lavoro e vorrebbe, quindi, tornare ai contratti a progetto, dopo aver oltretutto attinto ai finanziamenti statali presenti nella Legge Finanziaria 296/06".
Per questo lunedì i sindacati hanno indetto uno sciopero, a cui ha partecipato l'80% dei lavoratori del gruppo Almaviva. La mobilitazione è stata organizzata per protestare contro la minaccia di chiusura di alcune sedi aziendali, la reintroduzione dei contratti a progetto, e la mancata applicazione degli accordi per il miglioramento salariale. "Da qualche mese - dichiara Alessio De Luca, Cdlt Cgil Roma Sud - si stava affrontando la contrattazione tra il Gruppo Almaviva e i sindacati per il miglioramento salariale e delle condizioni di lavoro. Fase in questi giorni interrotta bruscamente da parte datoriale".
I contratti a tempo indeterminato firmati nell'arco del 2007 sono, infatti, part time con un compenso di 550 euro e con una clausola che imponeva la rinuncia del pregresso. "In realtà -secondo Cristian, uno dei lavoratori che non ha firmato il contratto a dicembre - tutta questa operazione fa gioco a Tripi, che mira all'assegnazione di altre commesse pubbliche, nonostante abbia ultimamente preso il servizio del Comune di Milano 020202". Se non si interviene immediatamente il rischio è che tornino i contratti a progetto, siano messi in cassa integrazione gli operatori stabilizzati prima del decreto Damiano e un radicale peggioramento delle condizioni e dell'orario di lavoro.
Questa è la situazione dei lavoratori del call center Atesia e del gruppo Almaviva. Tra l'altro del Collettivo Precari Atesia ormai non lavora più nessuno, tra chi è stato licenziato e chi non ha ceduto a un trattamento contrattuale iniquo. E domani esce il film di Ascanio Celestini, che fornisce un quadro della vicenda di queste ragazze e di questi ragazzi, vittime del lavoro precario.
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31.1.08
4.12.07
Call Center - I precari in sciopero
Torino, Lingotto. Interinali, co.co.pro., ormai i nuovi contratti di lavoro hanno tutti la stessa natura, la precarietà. Questa mattina hanno protestato con uno sciopero i "dipendenti" a tempo determinato della società Telegate, l'azienda dei servizi 89.24.24, di pagine gialle, e 1240, di pagine bianche. I motivi sono molteplici e vanno dallo stipendio troppo basso (5-600 euro al mese) all'insicurezza lavorativa, passando per le preoccupazioni di un futuro incerto.
Il problema è che ci sono, si, leggi che "tutelano" i lavoratori come ad esempio l'obbligo, da parte dell'impresa, ad assumere lavoratori che prestano servizio per più di un tot di tempo (in genere due anni), oppure per coloro che "subiscono" un certo numero di proroghe consecutive... ma, purtroppo, i "datori di lavoro" hanno anche scoperto l'escamotage per aggirare l'ostacolo dell'obbligo d'assunzione. Infatti, basta che ogni tot mesi il contratto venga modificato, oppure che dopo un tot di rinnovi si interrompa il rapporto di lavoro per una quindicina di giorni per poi ricominciare da zero, dove zero tende a infinito... o, ancora, basta far firmare al dipendente un documento dove dichiara le proprie dimissioni, con la promessa di essere nuovamente assunto con contratti "nuovi", ben più convenienti agli imprenditori. Un circolo vizioso che colpisce molti giovani e non più tanto giovani; un meccanismo perverso che spesso colpisce soprattutto le donne, costrette a rimandare il progetto di formare una famiglia, avere dei figli (una donna co.co.pro, per contratto, può essere esclusa dall'impiego in qualsiasi momento, senza preavviso e senza motivazione, a discrezione dell'azienda); un comportamento aziendale verso il quale il governo chiude un occhio, se non tutti e due...
03 / 12 / 2007
Articolo tratto da:
http://www.ecoditorino.org
Il problema è che ci sono, si, leggi che "tutelano" i lavoratori come ad esempio l'obbligo, da parte dell'impresa, ad assumere lavoratori che prestano servizio per più di un tot di tempo (in genere due anni), oppure per coloro che "subiscono" un certo numero di proroghe consecutive... ma, purtroppo, i "datori di lavoro" hanno anche scoperto l'escamotage per aggirare l'ostacolo dell'obbligo d'assunzione. Infatti, basta che ogni tot mesi il contratto venga modificato, oppure che dopo un tot di rinnovi si interrompa il rapporto di lavoro per una quindicina di giorni per poi ricominciare da zero, dove zero tende a infinito... o, ancora, basta far firmare al dipendente un documento dove dichiara le proprie dimissioni, con la promessa di essere nuovamente assunto con contratti "nuovi", ben più convenienti agli imprenditori. Un circolo vizioso che colpisce molti giovani e non più tanto giovani; un meccanismo perverso che spesso colpisce soprattutto le donne, costrette a rimandare il progetto di formare una famiglia, avere dei figli (una donna co.co.pro, per contratto, può essere esclusa dall'impiego in qualsiasi momento, senza preavviso e senza motivazione, a discrezione dell'azienda); un comportamento aziendale verso il quale il governo chiude un occhio, se non tutti e due...
03 / 12 / 2007
Articolo tratto da:
http://www.ecoditorino.org
26.10.07
Con Celestini i precari di Atesia
Alla presentazione domani alla Festa del Cinema di Parole Sante, di Ascanio Celestini, saranno presenti anche i veri protagonisti del documentario: i lavoratori precari riuniti nel collettivo Atesia del call center romano di Cinecittà, una realtà lavorativa divenuta un simbolo del mondo del lavoro nell'era del precariato.
Dopo la proiezione e il dibattiro di domani sera all'Auditorium, si terrà un concerto con Ascanio Celestini e i musicisti del disco di Parole Sante, edito da Radiofandango.
15.6.07
Paolo Virzì: "Racconto con la Ferilli i lavori dei giovani precari"
di Michele Anselmi - martedì 12 giugno 2007, 10:03
Roma - Il titolo va letto per contrasto, con sottolineatura amarognola, proprio come accadeva per La bella vita. Lì si narravano i giorni vuoti, sempre più desolati e improduttivi, di un operaio cassintegrato dell'Ilva di Piombino. Tredici anni dopo Paolo Virzì fa un altro film sui temi del lavoro, anzi dei nuovi lavori: Tutta la vita davanti. Una frase fatta, da presunta saggezza popolare, usata di solito per rassicurare chi è giovane e avrà tempo per sistemarsi. Il tema è il mondo dei call-center, tra sfruttamento, imbrogli e promesse, con un occhio alla commedia di costume.
Reduce dallo sfortunato N (Io e Napoleone), il quarantaduenne regista livornese torna dunque all'attualità italiana. Doveva essere un piccolo film, quasi sperimentale, in attesa di porre mano all'impegnativo Vita, dal romanzone di Melania Mazzucco, invece strada facendo Tutta la vita davanti ha preso corpo. Se la protagonista è la quasi esordiente Isabella Ragonese, apprezzata in Nuovomondo, attorno a lei spicca un cast di lusso: Sabrina Ferilli, il gettonatissimo Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini. Produce la Motorino Amaranto di Virzì con il decisivo contributo di Medusa, che distribuirà. Primo ciak a fine giugno, sceneggiatura, come sempre, scritto insieme al fedele Francesco Bruni.
Il call-center per parlare di flessibilità, contratti a termine, sfruttamento...
«No, soprattutto di persone. Con spirito leggero, senza toni apocalittici o riferimenti alla legge Biagi. L'idea è di raccontare un'odissea burlesca e avventurosa nel mondo di una certa precarietà giovanile. Sull'argomento si sono letti libri e reportage, anche di valore, la tv ha indagato. Il cinema, invece, è sembrato distratto, quasi avesse difficoltà a ritrarre quel pezzo di società».
Il punto di partenza?
«Il libercolo di una ragazza sarda, Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Studente in teologia, per guadagnare qualche euro finì a fare l'operatrice di telemarketing a caccia di casalinghe. Siamo partiti da lì, immaginando una venticinquenne laureata in filosofia teoretica, appunto Isabella Ragonese, immersa per necessità in quella specie di caverna di Platone. Sarà un call-center raccontato in chiave fantasmagorica, a tratti grottesca, ma anche realistica. La scoperta di un mondo parallelo che ci sta accanto. La curiosità è socio-antropologica, ma il tema suscita, ai nostri occhi, anche riflessioni di tipo filosofico».
Roma - Il titolo va letto per contrasto, con sottolineatura amarognola, proprio come accadeva per La bella vita. Lì si narravano i giorni vuoti, sempre più desolati e improduttivi, di un operaio cassintegrato dell'Ilva di Piombino. Tredici anni dopo Paolo Virzì fa un altro film sui temi del lavoro, anzi dei nuovi lavori: Tutta la vita davanti. Una frase fatta, da presunta saggezza popolare, usata di solito per rassicurare chi è giovane e avrà tempo per sistemarsi. Il tema è il mondo dei call-center, tra sfruttamento, imbrogli e promesse, con un occhio alla commedia di costume.
Reduce dallo sfortunato N (Io e Napoleone), il quarantaduenne regista livornese torna dunque all'attualità italiana. Doveva essere un piccolo film, quasi sperimentale, in attesa di porre mano all'impegnativo Vita, dal romanzone di Melania Mazzucco, invece strada facendo Tutta la vita davanti ha preso corpo. Se la protagonista è la quasi esordiente Isabella Ragonese, apprezzata in Nuovomondo, attorno a lei spicca un cast di lusso: Sabrina Ferilli, il gettonatissimo Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini. Produce la Motorino Amaranto di Virzì con il decisivo contributo di Medusa, che distribuirà. Primo ciak a fine giugno, sceneggiatura, come sempre, scritto insieme al fedele Francesco Bruni.
Il call-center per parlare di flessibilità, contratti a termine, sfruttamento...
«No, soprattutto di persone. Con spirito leggero, senza toni apocalittici o riferimenti alla legge Biagi. L'idea è di raccontare un'odissea burlesca e avventurosa nel mondo di una certa precarietà giovanile. Sull'argomento si sono letti libri e reportage, anche di valore, la tv ha indagato. Il cinema, invece, è sembrato distratto, quasi avesse difficoltà a ritrarre quel pezzo di società».
Il punto di partenza?
«Il libercolo di una ragazza sarda, Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Studente in teologia, per guadagnare qualche euro finì a fare l'operatrice di telemarketing a caccia di casalinghe. Siamo partiti da lì, immaginando una venticinquenne laureata in filosofia teoretica, appunto Isabella Ragonese, immersa per necessità in quella specie di caverna di Platone. Sarà un call-center raccontato in chiave fantasmagorica, a tratti grottesca, ma anche realistica. La scoperta di un mondo parallelo che ci sta accanto. La curiosità è socio-antropologica, ma il tema suscita, ai nostri occhi, anche riflessioni di tipo filosofico».
Precari Tele 2
dal Manifesto del 5 giugno 2007
Tele 2 è un grande gruppo internazionale, il fondo di investimenti svedese Kinnevik, che controlla non solo la compagnia Tele2, ma anche la società di call center Transcom Worldwide e il quotidiano gratuito Metro. I call center Transcom lavorano perlopiù per la stessa Tele2, come agenti di vendita (propongono offerte) e in ricezione telefonate (rispondono ai clienti). Sono insediati in 4 città, da Milano (la capostipite) all'Aquila, fino a Lecce e Bari. Applicano svariati tipi di contratto, dall'inserimento all'apprendistato e all'interinale, l'onnipresente progetto, fino allo "stagista". A Lecce diversi operatori lavorano 40 ore a settimana (8 ore per 5 giorni) per 400 euro al mese: il sindacato sta cercando di approfondire, dato che l'azienda non ha ancora fornito informazioni esaurienti su questi stage. I lavoratori dei call center Transcom-Tele2 da qualche settimana sono in agitazione, in particolare nella sede di Milano: è qui infatti, dove è presente il più alto numero di addetti a tempo indeterminato, più anziani e più costosi, che
il ramo italiano del colosso svedese ha annunciato una serie di licenziamenti. La sede, secondo quanto minacciato dall'amministratore delegato Roberto Boggio, potrebbe addirittura chiudere, dato che i 220 operatori impiegati nel capoluogo lombardo sarebbero tra gli eletti inclusi tra i 350 da licenziare: ciascuno di loro costa infatti - ha spiegato Boggio - 7 mila euro annui in più rispetto ai lavoratori dei concorrenti. Dunque ecco la proposta: o li licenziamo o evitiamo gli aumenti contrattuali dei prossimi anni, fino a quando la differenza di 7 mila euro non sarà
assorbita. Nelle ultime settimane c'erano già stati scioperi perchè l'azienda rifiutava di stabilizzare i cocoprò definendoli outbound, mentre per diversi
stabilizzandi ha proposto il passaggio al contratto tlc, trasformando la quattordicesima in premi variabili.
A Bari sono circa 400 operatori, e solo 150 sono stati stabilizzati (ma passando al secondo livello tlc, dunque perdendo la quattordicesima prevista nel contratto del commercio), altri 150 sono apprendisti e 100 a progetto. A Lecce, su 300 addetti, solo 60 sono a tempo indeterminato, 150 sono cocoprò a 5 euro lordi l'ora; ci sono poi apprendisti, interinali, in job sharing. All'Aquila ci sono 400 a tempo indeterminato.
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7.5.07
Assumi l'outbound
da Antonio Sciotto:
Il quotidiano "il manifesto" ha lanciato dalle pagine economiche, sabato 5 maggio, la campagna "Assumi l'outbound". Scopo della campagna è segnalare i call center in cui non sono stati assunti i dipendenti precari cosiddetti outbound.
Per segnalare la propria condizione o semplicemnete un call center (specialmente se piccolo) scrivete a:
asciottoCHIOCCIOLAilmanifesto.it
(ovviamente al posto della chiocciola dovete inserire il simbolo @)
Il quotidiano "il manifesto" ha lanciato dalle pagine economiche, sabato 5 maggio, la campagna "Assumi l'outbound". Scopo della campagna è segnalare i call center in cui non sono stati assunti i dipendenti precari cosiddetti outbound.
Per segnalare la propria condizione o semplicemnete un call center (specialmente se piccolo) scrivete a:
asciottoCHIOCCIOLAilmanifesto.it
(ovviamente al posto della chiocciola dovete inserire il simbolo @)
2.5.07
Comunicato Stampa PrecariAtesia 2/5/07
Nei giorni 5 e 12 aprile due individui, qualificatisi come funzionari del Ministero dell’Interno, appartenenti ad un fantomatico Centro Studi per la prevenzione dei conflitti sul lavoro, hanno atteso per strada due compagni, uno del LRO “Gatto Selvaggio” e uno rappresentante sindacale Aci Informatica, rispettivamente davanti l’abitazione e davanti al posto di lavoro. Ad entrambi i compagni è stato chiaramente fatto intendere che la loro attività politica e la loro vita privata erano attentamente seguite dall’apparato a cui i due individui dicevano di appartenere. In particolare ai compagni è stato ripetutamente richiesto di fornire informazioni sulla propria attività politica con specifico riferimento alla lotta alla precarietà ed alla vertenza Atesia.
Per quanto l’approccio di questi due individui sia stato improntato alla cortesia, non sfugge a noi e ai due compagni coinvolti il carattere intimidatorio della vicenda.
Se i due individui sono effettivamente agenti del Ministero degli Interni ci chiediamo quali possano essere i termini di legge che consentono tali procedure intimidatorie nei confronti di liberi cittadini. Le idee politiche dei due compagni coinvolti sono pubbliche, la loro attività politica è, fra le masse, alla luce del sole ed è nota a tutti a cominciare dai servizi repressivi dello stato, come gli stessi individui hanno mostrato di sapere. Per questo motivo i compagni, e noi con loro, non ritengono che sia dovuta alcuna informazione rispetto alla loro attività politica.
Vogliamo con questo comunicato stampa denunciare il tentativo di intimidazione nei confronti dei compagni, tanto più che le note vicende Telecom/servizi di sicurezza hanno evidenziato che esistono connivenze tra apparati dello stato e soggetti privati, volte alla schedatura di massa.
Ci appelliamo a tutto il movimento, ai democratici ed alle democratiche perché vengano respinte eventuali provocazioni e montature ai danni di questi compagni che appartengono al movimento di massa.
CONFERENZA STAMPA
VENERDI’ 4 MAGGIO 2007 h 11:00
presso Palazzo Valentini Via IV Novembre 119/A SALA DELLA PROVINCIA “Placido Martini”
Organizzatori: Coordinamento lavoratrici e lavoratori Roma Ovest, RSU
Autorganizzati ACI Informatica, Collettivo PrecariAtesia, CSO "I Pò" di
Marino e "Macchia Rossa" Magliana, LRO "Gatto Selvaggio", Comitato Precari
Roma Est, Coordinamento delle Autonomie, Assemblea Coordinata e Continuativa contro la Precarietà, Confederazione Cobas.
Partecipanti: On. Giovanni Russo Spena, On. Paolo Cento
Roma, 2 maggio 2007
Per quanto l’approccio di questi due individui sia stato improntato alla cortesia, non sfugge a noi e ai due compagni coinvolti il carattere intimidatorio della vicenda.
Se i due individui sono effettivamente agenti del Ministero degli Interni ci chiediamo quali possano essere i termini di legge che consentono tali procedure intimidatorie nei confronti di liberi cittadini. Le idee politiche dei due compagni coinvolti sono pubbliche, la loro attività politica è, fra le masse, alla luce del sole ed è nota a tutti a cominciare dai servizi repressivi dello stato, come gli stessi individui hanno mostrato di sapere. Per questo motivo i compagni, e noi con loro, non ritengono che sia dovuta alcuna informazione rispetto alla loro attività politica.
Vogliamo con questo comunicato stampa denunciare il tentativo di intimidazione nei confronti dei compagni, tanto più che le note vicende Telecom/servizi di sicurezza hanno evidenziato che esistono connivenze tra apparati dello stato e soggetti privati, volte alla schedatura di massa.
Ci appelliamo a tutto il movimento, ai democratici ed alle democratiche perché vengano respinte eventuali provocazioni e montature ai danni di questi compagni che appartengono al movimento di massa.
CONFERENZA STAMPA
VENERDI’ 4 MAGGIO 2007 h 11:00
presso Palazzo Valentini Via IV Novembre 119/A SALA DELLA PROVINCIA “Placido Martini”
Organizzatori: Coordinamento lavoratrici e lavoratori Roma Ovest, RSU
Autorganizzati ACI Informatica, Collettivo PrecariAtesia, CSO "I Pò" di
Marino e "Macchia Rossa" Magliana, LRO "Gatto Selvaggio", Comitato Precari
Roma Est, Coordinamento delle Autonomie, Assemblea Coordinata e Continuativa contro la Precarietà, Confederazione Cobas.
Partecipanti: On. Giovanni Russo Spena, On. Paolo Cento
Roma, 2 maggio 2007
16.4.07
La stabilizzazione dei precari dei call center a Taranto
A Taranto ha interessato 1568 lavoratori
Sta per giungere al termine il processo di stabilizzazione dei lavoratori del call center Teleperformance di Taranto: si tratta di un risultato importante, che riguarda 1568 persone e si inserisce all’interno delle nuove norme introdotte dalla Finanziaria 2007 per contrastare il lavoro precario.
Grande soddisfazione per i risultati ottenuti è stata espressa dall’Onorevole Giovanni Battafarano, che ha dichiarato: “La stabilizzazione dei lavoratori del Call center Teleperformance di Taranto è una buona notizia per una serie di ragioni.
Anzitutto per il gran numero dei lavoratori interessati, 1568, che è il più alto dopo il Call center di Atesia. Secondo perché si tratta prevalentemente di lavoratori in out bound, a conferma che la stabilizzazione può riguardare anche tale categoria di lavoratori. Terzo perché interessa l’area di Taranto, dove tale stabilizzazione contrasta con la crescita del lavoro precario, anche in seguito al dissesto del Comune. Quarto perché è la conclusione di azioni positive del Governo volte ad accrescere il lavoro stabile: la circolare del ministro Damiano (giugno 2006); l’Avviso comune Confindustria, CGIL, CISL, UIL (ottobre 2006); le norme inserite in Finanziaria volte a ridurre le tasse sul lavoro (una riduzione dell’Irap di diecimila euro per ogni lavoratore stabilizzato, un’ulteriore riduzione nel caso di stabilizzazione di una lavoratrice, un consistente sconto previdenziale).
Questo accordo avvia la fase finale della stabilizzazione, in vista della scadenza del 30 aprile fissata dalla Finanziaria.
Il prossimo 18 aprile si riunirà nuovamente il Comitato di monitoraggio sugli accordi già stipulati o in fase di definizione per la stabilizzazione dei lavoratori dei Call center”.
Sta per giungere al termine il processo di stabilizzazione dei lavoratori del call center Teleperformance di Taranto: si tratta di un risultato importante, che riguarda 1568 persone e si inserisce all’interno delle nuove norme introdotte dalla Finanziaria 2007 per contrastare il lavoro precario.
Grande soddisfazione per i risultati ottenuti è stata espressa dall’Onorevole Giovanni Battafarano, che ha dichiarato: “La stabilizzazione dei lavoratori del Call center Teleperformance di Taranto è una buona notizia per una serie di ragioni.
Anzitutto per il gran numero dei lavoratori interessati, 1568, che è il più alto dopo il Call center di Atesia. Secondo perché si tratta prevalentemente di lavoratori in out bound, a conferma che la stabilizzazione può riguardare anche tale categoria di lavoratori. Terzo perché interessa l’area di Taranto, dove tale stabilizzazione contrasta con la crescita del lavoro precario, anche in seguito al dissesto del Comune. Quarto perché è la conclusione di azioni positive del Governo volte ad accrescere il lavoro stabile: la circolare del ministro Damiano (giugno 2006); l’Avviso comune Confindustria, CGIL, CISL, UIL (ottobre 2006); le norme inserite in Finanziaria volte a ridurre le tasse sul lavoro (una riduzione dell’Irap di diecimila euro per ogni lavoratore stabilizzato, un’ulteriore riduzione nel caso di stabilizzazione di una lavoratrice, un consistente sconto previdenziale).
Questo accordo avvia la fase finale della stabilizzazione, in vista della scadenza del 30 aprile fissata dalla Finanziaria.
Il prossimo 18 aprile si riunirà nuovamente il Comitato di monitoraggio sugli accordi già stipulati o in fase di definizione per la stabilizzazione dei lavoratori dei Call center”.
27.3.07
Call center. Assocontact: «Per noi gli outbound sono a progetto». Resterebbero precari in 40.000
Da: "il Manifesto", 24 marzo 2007
di Antonio Sciotto
Le stabilizzazioni nei call center si profilano più difficili del previsto, perché via via che si avvicina la data del 30 aprile - ultimo giorno utile per gli accordi incentivati dalla finanziaria - emergono le differenze di interpretazione (ma d'altra parte è prevedibile) tra imprese e sindacati: il nodo del contendere sta nella circolare Damiano, nel punto in cui prevede la possibilità per gli outbound (i lavoratori che fanno le telefonate) di essere assunti a progetto, e su cui peraltro Assocontact-Confindustria e Cgil-Cisl-Uil hanno firmato un avviso comune. Sul giornale di ieri le accuse della Slc Cgil: alcuni gruppi sfuggono in tutti i modi alle regolarizzazioni e in alcuni casi camuffano gli inbound (quelli che ricevono le telefonate) da outbound, pur di mantenerli a progetto. Il segretario nazionale del sindacato, Alessandro Genovesi, ci ha spiegato che finora la Slc non ha mai trovato un outbound che soddisfi i 7 criteri di autonomia indicati dalla circolare, e che dunque - fino a prova contraria - la forma normale di assunzione è il contratto a tempo indeterminato. Abbiamo sentito l'associazione dei call center in outsourcing (cioè che lavorano su commessa), l'Assocontact, che tra l'altro la settimana scorsa aveva pubblicato sul manifesto una locandina a pagamento in cui chiedeva ai committenti pubblici e privati una maggiore «responsabilizzazione» dati i maggiori costi che con le stabilizzazioni questi «contoterzisti» si starebbero caricando. Umberto Costamagna è presidente di Assocontact, nonché titolare del gruppo Call&Call, 1200 operatori in tutta Italia.
Partiamo da una «mappa» del vostro settore. Quanti sono i lavoratori dei call center in «outsourcing» e chi è interessato dai processi di stabilizzazione?
Parliamo di 80 mila operatori: 60 mila sono collaboratori e i restanti 20 mila subordinati. Quarantamila sono inbound e gli altri 40 mila outbound: dunque sono interessati alle stabilizzazioni in 20 mila, ovvero quelli che tra gli inbound sono ancora a progetto.
Escludete di stabilizzare ben 40 mila outbound? Per voi sono a priori cocoprò?
Non a priori, noi applichiamo la circolare Damiano. Abbiamo partecipato alla scrittura dei 7 punti che individuano l'autonomia: autonomia nelle fasce orarie, pause autogestite, nessuna gerarchia né controllo, ricevono informazione e non formazione, lavoro per obiettivi concordati e retribuzione a obiettivo raggiunto, possibilità di rifiutare le telefonate che partono automaticamente dal sistema. L'inbound è sicuramente subordinato, per l'outbound noi partiamo dalla considerazione che applica i 7 punti, dunque è autonomo e perciò a progetto. Questo, fino a prova contraria: ma la prova contraria non la offre il sindacato, che non può arrogarsi il diritto di dire se rispettiamo o meno una legge, ma spetta al giudice o all'ispettore del lavoro.
Dunque escludete di confrontarvi con il sindacato per stabilire la «genuinità» dell'autonomia e stabilizzare? Ad esempio la Slc afferma che il suo gruppo non ha aperto un tavolo nazionale e ne ha solo locali.
E' vero che non abbiamo un tavolo nazionale, e ne abbiamo locali, dedicati alla stabilizzazione solo dove ci sono inbound a progetto. A Reggio Calabria e Cosenza, dove a progetto ho solo outbound io non apro tavoli di stabilizzazione. Questo però non esclude che in futuro possa aprire tavoli specifici per trattare le condizioni dei cocoprò outbound, ma, ripeto, non per stabilizzarli.
Ma dove sta l'autonomia se i compensi li stabilite voi e se le telefonate partono in automatico dal sistema? Le liste dei clienti da chiamare chi le fornisce all'outbound?
Il compenso lo stabiliamo volta per volta con i singoli lavoratori, tarandolo sull'obiettivo da raggiungere. Ripeto: c'è un sistema che permette di rifiutare le telefonate. Le liste dei clienti ce le forniscono i committenti. Noi dobbiamo distinguere i lavoratori autonomi da chi non lo è: il nostro sistema ha bisogno di flessibilità perché le commesse che riceviamo dai clienti sono di un anno, due anni, o anche di una settimana. Faccio un esempio: per i primi cinque giorni un cliente mi chiede 40 inbound, e per il sesto giorno - per un calo fisiologico - gliene servono 5. Allora ci sono varie scelte che stanno facendo le diverse aziende. La Cos ha deciso di stabilizzare tutti, anche gli outbound, ma offre part time di 20 ore settimanali. La mia azienda, invece, che sceglie di stabilizzare solo gli inbound, può offrire contratti di 30-40 ore.
Il gruppo Datel di Abramo sta offrendo contratti di apprendistato e inserimento a operatori anziani. Altri chiedono deroghe ai contratti. Non sono abusi delle regole?
Certo, l'apprendistato e l'inserimento si devono giustificare, ma sono contratti legali. Le deroghe si chiedono per aiutare un settore che si riordina dopo anni di eccessi, di corse al risparmio. Una gara dell'Anas ci offriva 10 euro l'ora quando un subordinato ne costa 14-15. Così non si va da nessuna parte e credo che le aziende pubbliche, e dunque il governo, come i privati, devono capire che le regole sono cambiate. Quanto al sindacato: non servono le grida manzoniane, l'«assumiamo tutti e subito» crea tensione e i miei poi dicono: così traslochiamo in Romania.
di Antonio Sciotto
Le stabilizzazioni nei call center si profilano più difficili del previsto, perché via via che si avvicina la data del 30 aprile - ultimo giorno utile per gli accordi incentivati dalla finanziaria - emergono le differenze di interpretazione (ma d'altra parte è prevedibile) tra imprese e sindacati: il nodo del contendere sta nella circolare Damiano, nel punto in cui prevede la possibilità per gli outbound (i lavoratori che fanno le telefonate) di essere assunti a progetto, e su cui peraltro Assocontact-Confindustria e Cgil-Cisl-Uil hanno firmato un avviso comune. Sul giornale di ieri le accuse della Slc Cgil: alcuni gruppi sfuggono in tutti i modi alle regolarizzazioni e in alcuni casi camuffano gli inbound (quelli che ricevono le telefonate) da outbound, pur di mantenerli a progetto. Il segretario nazionale del sindacato, Alessandro Genovesi, ci ha spiegato che finora la Slc non ha mai trovato un outbound che soddisfi i 7 criteri di autonomia indicati dalla circolare, e che dunque - fino a prova contraria - la forma normale di assunzione è il contratto a tempo indeterminato. Abbiamo sentito l'associazione dei call center in outsourcing (cioè che lavorano su commessa), l'Assocontact, che tra l'altro la settimana scorsa aveva pubblicato sul manifesto una locandina a pagamento in cui chiedeva ai committenti pubblici e privati una maggiore «responsabilizzazione» dati i maggiori costi che con le stabilizzazioni questi «contoterzisti» si starebbero caricando. Umberto Costamagna è presidente di Assocontact, nonché titolare del gruppo Call&Call, 1200 operatori in tutta Italia.
Partiamo da una «mappa» del vostro settore. Quanti sono i lavoratori dei call center in «outsourcing» e chi è interessato dai processi di stabilizzazione?
Parliamo di 80 mila operatori: 60 mila sono collaboratori e i restanti 20 mila subordinati. Quarantamila sono inbound e gli altri 40 mila outbound: dunque sono interessati alle stabilizzazioni in 20 mila, ovvero quelli che tra gli inbound sono ancora a progetto.
Escludete di stabilizzare ben 40 mila outbound? Per voi sono a priori cocoprò?
Non a priori, noi applichiamo la circolare Damiano. Abbiamo partecipato alla scrittura dei 7 punti che individuano l'autonomia: autonomia nelle fasce orarie, pause autogestite, nessuna gerarchia né controllo, ricevono informazione e non formazione, lavoro per obiettivi concordati e retribuzione a obiettivo raggiunto, possibilità di rifiutare le telefonate che partono automaticamente dal sistema. L'inbound è sicuramente subordinato, per l'outbound noi partiamo dalla considerazione che applica i 7 punti, dunque è autonomo e perciò a progetto. Questo, fino a prova contraria: ma la prova contraria non la offre il sindacato, che non può arrogarsi il diritto di dire se rispettiamo o meno una legge, ma spetta al giudice o all'ispettore del lavoro.
Dunque escludete di confrontarvi con il sindacato per stabilire la «genuinità» dell'autonomia e stabilizzare? Ad esempio la Slc afferma che il suo gruppo non ha aperto un tavolo nazionale e ne ha solo locali.
E' vero che non abbiamo un tavolo nazionale, e ne abbiamo locali, dedicati alla stabilizzazione solo dove ci sono inbound a progetto. A Reggio Calabria e Cosenza, dove a progetto ho solo outbound io non apro tavoli di stabilizzazione. Questo però non esclude che in futuro possa aprire tavoli specifici per trattare le condizioni dei cocoprò outbound, ma, ripeto, non per stabilizzarli.
Ma dove sta l'autonomia se i compensi li stabilite voi e se le telefonate partono in automatico dal sistema? Le liste dei clienti da chiamare chi le fornisce all'outbound?
Il compenso lo stabiliamo volta per volta con i singoli lavoratori, tarandolo sull'obiettivo da raggiungere. Ripeto: c'è un sistema che permette di rifiutare le telefonate. Le liste dei clienti ce le forniscono i committenti. Noi dobbiamo distinguere i lavoratori autonomi da chi non lo è: il nostro sistema ha bisogno di flessibilità perché le commesse che riceviamo dai clienti sono di un anno, due anni, o anche di una settimana. Faccio un esempio: per i primi cinque giorni un cliente mi chiede 40 inbound, e per il sesto giorno - per un calo fisiologico - gliene servono 5. Allora ci sono varie scelte che stanno facendo le diverse aziende. La Cos ha deciso di stabilizzare tutti, anche gli outbound, ma offre part time di 20 ore settimanali. La mia azienda, invece, che sceglie di stabilizzare solo gli inbound, può offrire contratti di 30-40 ore.
Il gruppo Datel di Abramo sta offrendo contratti di apprendistato e inserimento a operatori anziani. Altri chiedono deroghe ai contratti. Non sono abusi delle regole?
Certo, l'apprendistato e l'inserimento si devono giustificare, ma sono contratti legali. Le deroghe si chiedono per aiutare un settore che si riordina dopo anni di eccessi, di corse al risparmio. Una gara dell'Anas ci offriva 10 euro l'ora quando un subordinato ne costa 14-15. Così non si va da nessuna parte e credo che le aziende pubbliche, e dunque il governo, come i privati, devono capire che le regole sono cambiate. Quanto al sindacato: non servono le grida manzoniane, l'«assumiamo tutti e subito» crea tensione e i miei poi dicono: così traslochiamo in Romania.
17.3.07
La dura lotta dei precari del Contact Center
Aperta la trattativa tra sindacati e azienda romana per l'assunzione dei numerosi precari; tra loro anche molti civitavecchiesi
Compagnia
CIVITAVECCHIA - Qualche spiraglio di luce per le centinaia di lavoratori del Contact Center, uno dei tanti emblemi del precariato italiano. Si è infatti aperto martedì scorso il tavolo di trattativa per l'assunzione dei numerosi precari che prestano servizio presso l'azienda romana, tra cui numerosi civitavecchiesi. Tra questi anche Daniele Perello, presente al tavolo delle trattive in qualità di rappresentante dei lavoratori. La trattativa ha visto l'offerta di una prima bozza di contratto da parte della società, tuttavia rifiutata in quanto ritenuta inadeguata dai sindacati che hanno avanzato a loro volta una controproposta sulla quale l'azienda ha chiesto dieci giorni di riflessione per valutare, aggiornando la trattativa al prossimo 23 marzo.
In questo gruppo militano persone di età mista tra i 22 fino ai 40. Tutti auspichiamo un esito positivo di questa trattativa, perchè solo chi vive la realtà della precarietà sa cosa significhi essere precario nel lavoro e pertanto anche nella vita. Pertanto vogliamo comunque ringraziare Daniele Perello che si batte da tempo per noi in nome dei tanti precari italiani su cui incombe sempre più opprimente il peso dell'incertezza della vita>.
Compagnia
CIVITAVECCHIA - Qualche spiraglio di luce per le centinaia di lavoratori del Contact Center, uno dei tanti emblemi del precariato italiano. Si è infatti aperto martedì scorso il tavolo di trattativa per l'assunzione dei numerosi precari che prestano servizio presso l'azienda romana, tra cui numerosi civitavecchiesi. Tra questi anche Daniele Perello, presente al tavolo delle trattive in qualità di rappresentante dei lavoratori. La trattativa ha visto l'offerta di una prima bozza di contratto da parte della società, tuttavia rifiutata in quanto ritenuta inadeguata dai sindacati che hanno avanzato a loro volta una controproposta sulla quale l'azienda ha chiesto dieci giorni di riflessione per valutare, aggiornando la trattativa al prossimo 23 marzo.
26.2.07
Salvi i 20 precari del call center 060606, almeno sembra
Nel nome di San Precario
di Michela Bevere
21/02/2007
Non saranno licenziati i 20 lavoratori del call center del Comune di Roma 060606, che avevano scritto al sindaco Walter Veltroni, per chiedere di essere "salvati", in vista della scadenza del loro contratto il 31 marzo prossimo. Nella lettera (peraltro non firmata) ricordavano che il "Chiama Roma" è "un servizio stabile, e nonostante ciò non riconosce ai suoi lavoratori un ruolo stabile, perché non ci vediamo rinnovare scadenze sempre più brevi e strategiche, un contratto di lavoro che non dà stabilità, non riconosce i nostri diritti, non ci tutela". L'assessore capitolino alla Semplificazione, Mariella Gramaglia, ideatrice del call center, ha assicurato: "Riusciremo a sventare il licenziamento".
Dopo un rinnovo del contratto solo per 55 giorni, i precari dello 060606, che in tutto sono 200, hanno temuto il licenziamento, a causa della scadenza dell'appalto di Poste Italiane (che a sua volta ha dato incarico di reperire il personale alla società di somministrazione Inwork Italia S.p.A.). Secondo l'assessore Gramaglia "non mancano certo i fondi per il rinnovo del servizio, in bilancio sono stati stanziati 5 milioni e 900 mila euro, come basa d'asta per il nuovo bando di gara, nel quale prevederemo che la stabilizzazione dei lavoratori sia portata dal 60 all'80%".
Nonostante questo tentativo di riconoscere la professionalità dei lavoratori del call center 060606, sul fronte sindacale è in atto una vertenza per 20 lavoratori precari dei 50 già licenziati, portata avanti da Nidil-Cgil. "Noi sapevamo, tra l'altro, che tutti i lavoratori sarebbero stati assunti - ha spiegato Stefano Fusco della Nidil-Cgil Roma Sud - invece proprio all'indomani dell'approvazione dell'emendamento al bilancio, che aumenta la soglia di stabilizzazione, ad altri sette lavoratori non è stato rinnovato il contratto". Inoltre, Alberto Manzini, segretario di Roma e del Lazio Slc-Cgil ha aggiunto: "Se le cose non dovessero andare bene, siamo pronti ad intervenire di nuovo in difesa di ulteriori eventuali licenziamenti".
La stabilizzazione dei precari dello 060606 si intreccia, poi, con l'apertura dello 060607, il call center per le azienda collegate al Campidoglio, dal quale i cittadini potranno ricevere informazioni personalizzate (ad esempio, su multe e bollette). "In questo momento la questione è nelle mani dell'Assessore al Bilancio, Marco Causi, che sta trattando con le aziende per la centralizzazione del servizi - ha spiegato Mariella Gramaglia - ma soprattutto per definire come avverrà il coordinamento delle risposte ai cittadini. Una volta che saranno definiti questi aspetti partiremo con la gara d'appalto".
di Michela Bevere
21/02/2007
Non saranno licenziati i 20 lavoratori del call center del Comune di Roma 060606, che avevano scritto al sindaco Walter Veltroni, per chiedere di essere "salvati", in vista della scadenza del loro contratto il 31 marzo prossimo. Nella lettera (peraltro non firmata) ricordavano che il "Chiama Roma" è "un servizio stabile, e nonostante ciò non riconosce ai suoi lavoratori un ruolo stabile, perché non ci vediamo rinnovare scadenze sempre più brevi e strategiche, un contratto di lavoro che non dà stabilità, non riconosce i nostri diritti, non ci tutela". L'assessore capitolino alla Semplificazione, Mariella Gramaglia, ideatrice del call center, ha assicurato: "Riusciremo a sventare il licenziamento".
Dopo un rinnovo del contratto solo per 55 giorni, i precari dello 060606, che in tutto sono 200, hanno temuto il licenziamento, a causa della scadenza dell'appalto di Poste Italiane (che a sua volta ha dato incarico di reperire il personale alla società di somministrazione Inwork Italia S.p.A.). Secondo l'assessore Gramaglia "non mancano certo i fondi per il rinnovo del servizio, in bilancio sono stati stanziati 5 milioni e 900 mila euro, come basa d'asta per il nuovo bando di gara, nel quale prevederemo che la stabilizzazione dei lavoratori sia portata dal 60 all'80%".
Nonostante questo tentativo di riconoscere la professionalità dei lavoratori del call center 060606, sul fronte sindacale è in atto una vertenza per 20 lavoratori precari dei 50 già licenziati, portata avanti da Nidil-Cgil. "Noi sapevamo, tra l'altro, che tutti i lavoratori sarebbero stati assunti - ha spiegato Stefano Fusco della Nidil-Cgil Roma Sud - invece proprio all'indomani dell'approvazione dell'emendamento al bilancio, che aumenta la soglia di stabilizzazione, ad altri sette lavoratori non è stato rinnovato il contratto". Inoltre, Alberto Manzini, segretario di Roma e del Lazio Slc-Cgil ha aggiunto: "Se le cose non dovessero andare bene, siamo pronti ad intervenire di nuovo in difesa di ulteriori eventuali licenziamenti".
La stabilizzazione dei precari dello 060606 si intreccia, poi, con l'apertura dello 060607, il call center per le azienda collegate al Campidoglio, dal quale i cittadini potranno ricevere informazioni personalizzate (ad esempio, su multe e bollette). "In questo momento la questione è nelle mani dell'Assessore al Bilancio, Marco Causi, che sta trattando con le aziende per la centralizzazione del servizi - ha spiegato Mariella Gramaglia - ma soprattutto per definire come avverrà il coordinamento delle risposte ai cittadini. Una volta che saranno definiti questi aspetti partiremo con la gara d'appalto".
16.2.07
L'obiettivo è stabilizzare 70 mila operatori
Call center
"Un mese dopo l'approvazione della Finanziaria, 8 mila persone sono già state stabilizzate grazie agli accordi sindacali e alle norme volute dal governo ma noi stimiamo che grazie alle risorse stanziate si possa raggiungere l'obiettivo di 60-70 mila contratti a tempo indeterminato". Cesare Damiano, ministro del Lavoro, parlando al popolo dei call center riunito in una albergo palermitano dai sindacati confederali di categoria si dice ottimista "perché -sottolinea- anche piccoli risultati possono costituire le premesse per raggiungere grandi obiettivi". E' lo stesso Damiano a ricordare che in tutta Italia ci sono 700 aziende di call center con circa 250 mila addetti.
Nelle sei maggiori aziende del settore che operano a Palermo, su circa 6.300 ne sono stati stabilizzati poco più della meta' ma per gli altri sono gia' stati siglati accordi. “Alle aziende – spiega il segretario provinciale Slc-Cgil Rosario Faraone - chiediamo di rendersi disponibili alla contrattazione e ai lavoratori di uscire dall'anonimato".
Da parte sua il ministro Damiano ha annunciato la costituzione di un Osservatorio nazionale, insieme con le parti sociali, per verificare la sottoscrizione degli accordi e la stabilizzazione dei precari e ha ricordato che "le norme approvate al governo partono dai call center ma vanno applicate in tutti i settori. Ma le buone norme nazionali non bastano –ha spiegato il ministro del Lavoro- se a livello locale non si passa al controllo del territorio attraverso le ispezioni e gli accordi tra le parti sociali".
''Abbiamo riscontrato che in molti casi i lavoratori a progetto nei call center - ha detto il ministro - avevano un rapporto di dipendenza. Siamo per la regolarizzazione. A un mese dall'approvazione della Finanziaria otto mila persone sono diventate stabili grazie agli accordi sindacali e alle norme del governo. Ma non si tratta di regolarizzare una azienda: vi sono 700 aziende di call center in Italia, 250 mila addetti, le risorse che abbiamo stanziato in Finanziaria possono consentire di stabilizzare 60/70 mila persone''.
(www.rassegna.it, 30 gennaio 2007)
"Un mese dopo l'approvazione della Finanziaria, 8 mila persone sono già state stabilizzate grazie agli accordi sindacali e alle norme volute dal governo ma noi stimiamo che grazie alle risorse stanziate si possa raggiungere l'obiettivo di 60-70 mila contratti a tempo indeterminato". Cesare Damiano, ministro del Lavoro, parlando al popolo dei call center riunito in una albergo palermitano dai sindacati confederali di categoria si dice ottimista "perché -sottolinea- anche piccoli risultati possono costituire le premesse per raggiungere grandi obiettivi". E' lo stesso Damiano a ricordare che in tutta Italia ci sono 700 aziende di call center con circa 250 mila addetti.
Nelle sei maggiori aziende del settore che operano a Palermo, su circa 6.300 ne sono stati stabilizzati poco più della meta' ma per gli altri sono gia' stati siglati accordi. “Alle aziende – spiega il segretario provinciale Slc-Cgil Rosario Faraone - chiediamo di rendersi disponibili alla contrattazione e ai lavoratori di uscire dall'anonimato".
Da parte sua il ministro Damiano ha annunciato la costituzione di un Osservatorio nazionale, insieme con le parti sociali, per verificare la sottoscrizione degli accordi e la stabilizzazione dei precari e ha ricordato che "le norme approvate al governo partono dai call center ma vanno applicate in tutti i settori. Ma le buone norme nazionali non bastano –ha spiegato il ministro del Lavoro- se a livello locale non si passa al controllo del territorio attraverso le ispezioni e gli accordi tra le parti sociali".
''Abbiamo riscontrato che in molti casi i lavoratori a progetto nei call center - ha detto il ministro - avevano un rapporto di dipendenza. Siamo per la regolarizzazione. A un mese dall'approvazione della Finanziaria otto mila persone sono diventate stabili grazie agli accordi sindacali e alle norme del governo. Ma non si tratta di regolarizzare una azienda: vi sono 700 aziende di call center in Italia, 250 mila addetti, le risorse che abbiamo stanziato in Finanziaria possono consentire di stabilizzare 60/70 mila persone''.
(www.rassegna.it, 30 gennaio 2007)
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Palermo: I sindacati si appellano agli operatori di call center
CGIL, CISL e UIL dialogano con i lavoratori delle decine di call center del palermitano e chiedono loro di venire allo scoperto: è ora di passare all'azione e, sfruttando le attuali normative, superare il precariato
Palermo - Il mondo delle TLC è in agitazione da tempo sul fronte bollente dei call center ma ora i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL stanno cercando di "far uscire allo scoperto" i lavoratori delle più di 90 strutture che operano nel palermitano, per superare il precariato.
Proprio oggi alle 10 a Palermo i tre sindacati invitano i dipendenti di questi call center a partecipare alla mobilitazione con cui vogliono fare cornice al previsto intervento del ministro Cesare Damiano al San Paolo Palace Hotel, un intervento con cui il Ministro parlerà proprio della stabilizzazione dei precari dei call center e dei passi previsti per raggiungere l'obiettivo. In tutto sono circa 6mila gli operatori (2700 solo in Sicilia) che saranno assunti entro la fine dell'anno grazie alle nuove norme.
Per questo i sindacati si augurano che i precari vogliano "unirsi per aprire la fase di contrattazione con le imprese che dovrà portare alla loro stabilizzazione". "Dopo tante denunce di sfruttamento - ha dichiarato Rosario Farone di SLC CGIL - ora con gli strumenti di legge che esistono è il momento di pensare alla stabilizzazione delle migliaia di precari dei nostri call center". I sindacati chiedono alle imprese di collaborare e, come previsto dalla Finanziaria, chiudere gli accordi entro la fine di aprile. Per le società di settore è un obbligo: hanno tre mesi di sanatoria per sistemare la questione. "Altrimenti - avverte Faraone - riceveranno la visita degli ispettori".
L'invito, dunque, è quello di "venire fuori". "Mettetevi in contatto con noi - dicono i sindacati - scrivete ai nostri indirizzi email, raccontateci in che condizioni lavorate".
L'appello, secondo i sindacati, è necessario per contrastare l'ostruzionismo di molti imprenditori di settore che spingerebbero i propri lavoratori a non farsi sentire per evitare grane.
Palermo - Il mondo delle TLC è in agitazione da tempo sul fronte bollente dei call center ma ora i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL stanno cercando di "far uscire allo scoperto" i lavoratori delle più di 90 strutture che operano nel palermitano, per superare il precariato.
Proprio oggi alle 10 a Palermo i tre sindacati invitano i dipendenti di questi call center a partecipare alla mobilitazione con cui vogliono fare cornice al previsto intervento del ministro Cesare Damiano al San Paolo Palace Hotel, un intervento con cui il Ministro parlerà proprio della stabilizzazione dei precari dei call center e dei passi previsti per raggiungere l'obiettivo. In tutto sono circa 6mila gli operatori (2700 solo in Sicilia) che saranno assunti entro la fine dell'anno grazie alle nuove norme.
Per questo i sindacati si augurano che i precari vogliano "unirsi per aprire la fase di contrattazione con le imprese che dovrà portare alla loro stabilizzazione". "Dopo tante denunce di sfruttamento - ha dichiarato Rosario Farone di SLC CGIL - ora con gli strumenti di legge che esistono è il momento di pensare alla stabilizzazione delle migliaia di precari dei nostri call center". I sindacati chiedono alle imprese di collaborare e, come previsto dalla Finanziaria, chiudere gli accordi entro la fine di aprile. Per le società di settore è un obbligo: hanno tre mesi di sanatoria per sistemare la questione. "Altrimenti - avverte Faraone - riceveranno la visita degli ispettori".
L'invito, dunque, è quello di "venire fuori". "Mettetevi in contatto con noi - dicono i sindacati - scrivete ai nostri indirizzi email, raccontateci in che condizioni lavorate".
L'appello, secondo i sindacati, è necessario per contrastare l'ostruzionismo di molti imprenditori di settore che spingerebbero i propri lavoratori a non farsi sentire per evitare grane.
26.1.07
Wind cede il call center di Milano, è sciopero
Wind festeggia un milione di abbonati ma intanto esternalizza il call center di Sesto S. Giovanni che occupa 275 operatori. I sindacati pronti a proclamare lo sciopero di tutto il gruppo.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-01-2007]
In questi giorni Wind celebra con un'intera pagina su molti quotidiani il proprio milionesimo cliente di telefonia fissa; ma quello che non dice è che sta mettendo fuori dall'azienda 275 operatori, tutti quelli che lavorano nel call center di Sesto S. Giovanni (Milano), due terzi dei quali donne.
Quello di Sesto S. Giovanni è uno dei cinque call center del gruppo dell'unico operatore, oltre a Telecom Italia, che si occupi di telefonia fissa (con il marchio Infostrada), telefonia mobile (con il marchio Wind) e di internet (con il marchio Libero).
La direzione ha annunciato la decisione in questi giorni ai sindacati, dopo che nel luglio scorso aveva negato decisamente le ipotesi di chiusura che già circolavano allora: il call center milanese sarà esternalizzato.
Da luglio a oggi è successo che l'Enel, cioè lo Stato, è uscito completamente dalla proprietà di Wind, che è stata costituita e si è sviluppata grazie ai capitali pubblici, per lasciare in mano tutto all'impreditore egiziano Sawiris; quest'ultimo probabilmente si sente oggi più libero dai condizionamenti politici, anche rispetto a quei vincoli sull'occupazione che si era assunto con il governo e i sindacati quando due anni fa è entrato in Wind.
Il call center di Sesto S. Giovanni è l'unico in Wind dove la maggior parte del personale è a tempo pieno (che significa riuscire a portare a casa circa mille euro al mese, in una città costosa come Milano), obbiettivo raggiunto grazie alle dure lotte dei lavoratori, che ora temono sia tutto messo in discussione dall'esternalizzazione.
I sindacati hanno già proclamato lo stato di agitazione e in febbraio dovrebbe esserci uno sciopero nazionale di tutto il gruppo Wind, a sostegno di questi lavoratori e per chiedere al nuovo proprietario un serio rilancio degli investimenti che non sia finanziato solo da tagli al costo del lavoro.
Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-01-2007]
In questi giorni Wind celebra con un'intera pagina su molti quotidiani il proprio milionesimo cliente di telefonia fissa; ma quello che non dice è che sta mettendo fuori dall'azienda 275 operatori, tutti quelli che lavorano nel call center di Sesto S. Giovanni (Milano), due terzi dei quali donne.
Quello di Sesto S. Giovanni è uno dei cinque call center del gruppo dell'unico operatore, oltre a Telecom Italia, che si occupi di telefonia fissa (con il marchio Infostrada), telefonia mobile (con il marchio Wind) e di internet (con il marchio Libero).
La direzione ha annunciato la decisione in questi giorni ai sindacati, dopo che nel luglio scorso aveva negato decisamente le ipotesi di chiusura che già circolavano allora: il call center milanese sarà esternalizzato.
Da luglio a oggi è successo che l'Enel, cioè lo Stato, è uscito completamente dalla proprietà di Wind, che è stata costituita e si è sviluppata grazie ai capitali pubblici, per lasciare in mano tutto all'impreditore egiziano Sawiris; quest'ultimo probabilmente si sente oggi più libero dai condizionamenti politici, anche rispetto a quei vincoli sull'occupazione che si era assunto con il governo e i sindacati quando due anni fa è entrato in Wind.
Il call center di Sesto S. Giovanni è l'unico in Wind dove la maggior parte del personale è a tempo pieno (che significa riuscire a portare a casa circa mille euro al mese, in una città costosa come Milano), obbiettivo raggiunto grazie alle dure lotte dei lavoratori, che ora temono sia tutto messo in discussione dall'esternalizzazione.
I sindacati hanno già proclamato lo stato di agitazione e in febbraio dovrebbe esserci uno sciopero nazionale di tutto il gruppo Wind, a sostegno di questi lavoratori e per chiedere al nuovo proprietario un serio rilancio degli investimenti che non sia finanziato solo da tagli al costo del lavoro.
Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus
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25.1.07
Assistenza Wind: due facce della medaglia
Mi è stato chiesto dagli amici di WindWorld di parlare di un caso molto importante che sta prendendo di mira quasi 300 dipendenti Wind. Con l'occasione ne parlo sia nel "bene" (se questo potrebbe mai esser definito tale) che nel "male".
Saltando comunicati stampa e commenti, i fatti sono questi: Wind aveva annunciato tempo addietro che avrebbe riorganizzato l'assetto societario, riducendo in modo civile il personale. Arriva ora la pillola amara: 275 addetti al call center di Milano Sesto San Giovanni (e permettetemi di dire che credo sia quello che funzioni meglio) verranno esternalizzati. Questa parola è un modo carino per non dire licenziati; chiaramente, chiedere ad una persona -magari con famiglia e figli- di spostarsi di 600-700km per un lavoro si può tranquillamente equiparare ad un licenziamento.
Dal 1 marzo 2007 dovrebbe essere dismesso non solo lo storico call-center di Sesto San Giovanni, ma pure la gestione della rete radiomobile di Milano (per tutto il nord Italia). Tutto questo verrà trasferito a Roma, probabilmente nel nuovo quartier generale di cui si parlava in passato, nelle vicinanze del Colosseo.
Se questo è il dramma dei dipendenti, sbattuti di fronte ad una scelta in modo così repentino, è giusto mettere in luce quelli che saranno i contraccolpi che subiranno i clienti (e lo farò attraverso una mia esperienza appena subita).
Quando un call-center viene gestito da altre società, che fanno solitamente contratti precari e paghe da fame, la qualità del servizio non può che cadere in un baratro (da cui -tra le altre cose- quello di Wind già proveniva e in cui sono finite altre società mobili italiane).
E se questo è il futuro che si prospetta, io vi racconto il presente. Dopo un'offerta di passaggio di ADSL sulla mia utenza, la portante dati è caduta. In 15 giorni di tentativi di chiamata all'assistenza tecnica all'155, ne ho subite di tutti i colori:
- escludiamo le chiamate di attesa a vuoto, mediamente di 22 minuti, ma che hanno raggiunto per me i 54 minuti di musica ripetitiva, intervallate da chiamate che finivano con "Non ci sono operatori disponibili"
- ogni operatore che mi rispondeva si stupiva dell'accaduto e apriva segnalazione, invitandomi a richiamare dopo 48 ore se nulla fosse accaduto. Non è mai successo che uno mi abbia detto "ne vedo già una aperta da un mio collega", cosa invece possibile.
- molti dopo aver attivato la conversazione restavano in inesorabile silenzio, mentre sotto si sentivano i colleghi vicini parlare (il metodo principe di coloro che vogliono apparire occupati al capo reparto, ma che in realtà preferiscono riposarsi qualche minuto)
- un paio mi hanno fatto spiegare in modo scarno l'accaduto, mettendomi poi in attesa per qualche fantomatico controllo. Mi pare superfluo dire che dall'attesa non tornavano, ma lasciavano che la linea cadesse dopo circa 20 minuti
Per concludere, la situazione che stanno vivendo alcuni dipendenti all'interno dell'azienda è particolarmente grave (la vicenda può essere seguita da qui), ma Wind deve rimettere mano non tanto all'organizzazione logistica dei propri dipendenti, ma alla vera e propria struttura su cui poggia una azienda seria: l'assistenza.
Con il senno di poi, il Codacons ha pienamente ragione.
Saltando comunicati stampa e commenti, i fatti sono questi: Wind aveva annunciato tempo addietro che avrebbe riorganizzato l'assetto societario, riducendo in modo civile il personale. Arriva ora la pillola amara: 275 addetti al call center di Milano Sesto San Giovanni (e permettetemi di dire che credo sia quello che funzioni meglio) verranno esternalizzati. Questa parola è un modo carino per non dire licenziati; chiaramente, chiedere ad una persona -magari con famiglia e figli- di spostarsi di 600-700km per un lavoro si può tranquillamente equiparare ad un licenziamento.
Dal 1 marzo 2007 dovrebbe essere dismesso non solo lo storico call-center di Sesto San Giovanni, ma pure la gestione della rete radiomobile di Milano (per tutto il nord Italia). Tutto questo verrà trasferito a Roma, probabilmente nel nuovo quartier generale di cui si parlava in passato, nelle vicinanze del Colosseo.
Se questo è il dramma dei dipendenti, sbattuti di fronte ad una scelta in modo così repentino, è giusto mettere in luce quelli che saranno i contraccolpi che subiranno i clienti (e lo farò attraverso una mia esperienza appena subita).
Quando un call-center viene gestito da altre società, che fanno solitamente contratti precari e paghe da fame, la qualità del servizio non può che cadere in un baratro (da cui -tra le altre cose- quello di Wind già proveniva e in cui sono finite altre società mobili italiane).
E se questo è il futuro che si prospetta, io vi racconto il presente. Dopo un'offerta di passaggio di ADSL sulla mia utenza, la portante dati è caduta. In 15 giorni di tentativi di chiamata all'assistenza tecnica all'155, ne ho subite di tutti i colori:
- escludiamo le chiamate di attesa a vuoto, mediamente di 22 minuti, ma che hanno raggiunto per me i 54 minuti di musica ripetitiva, intervallate da chiamate che finivano con "Non ci sono operatori disponibili"
- ogni operatore che mi rispondeva si stupiva dell'accaduto e apriva segnalazione, invitandomi a richiamare dopo 48 ore se nulla fosse accaduto. Non è mai successo che uno mi abbia detto "ne vedo già una aperta da un mio collega", cosa invece possibile.
- molti dopo aver attivato la conversazione restavano in inesorabile silenzio, mentre sotto si sentivano i colleghi vicini parlare (il metodo principe di coloro che vogliono apparire occupati al capo reparto, ma che in realtà preferiscono riposarsi qualche minuto)
- un paio mi hanno fatto spiegare in modo scarno l'accaduto, mettendomi poi in attesa per qualche fantomatico controllo. Mi pare superfluo dire che dall'attesa non tornavano, ma lasciavano che la linea cadesse dopo circa 20 minuti
Per concludere, la situazione che stanno vivendo alcuni dipendenti all'interno dell'azienda è particolarmente grave (la vicenda può essere seguita da qui), ma Wind deve rimettere mano non tanto all'organizzazione logistica dei propri dipendenti, ma alla vera e propria struttura su cui poggia una azienda seria: l'assistenza.
Con il senno di poi, il Codacons ha pienamente ragione.
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18.1.07
Più posti fissi nei call center Comdata
Un accordo sindacale prevede l'assunzione a tempo indeterminato di 350 operatori a Torino e a Ivrea.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-01-2007]
La circolare del ministro Damiano sul lavoro nei call center che prevede che gli operatori inbound (cioè che ricevono le chiamate) non possano essere assunti con contratto a progetto. I bonus, previsti dalla nuova Finanziaria, per le aziende che trasformano i contratti precari in posti fissi, cominciano a dare dei frutti positivi in fatto di riduzione della precarietà del lavoro in questo settore.
In Piemonte, infatti, in questi giorni i sindacati di settore Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil e l'azienda di call center Comdata hanno siglato un accordo che prevede entro la fine dell'anno l'assunzione in pianta stabile di 350 operatori delle sedi di Torino e Ivrea, quelli che hanno già alle spalle 18 mesi di lavoro a termine presso la stessa azienda.
Comdata svolge attività di risposta in outsourcing per i servizi di assistenza clienti di Telecom Italia (il 187 e il 191) ma anche per i numeri verdi di aziende come Enel, Lavazza, Delonghi e Carrefour.
In questo modo si rispettano le percentuali previste dal contratto nazionale di lavoro delle Telco di un buon 60% di lavoratori a tempo indeterminato, contro il 40% a termine.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-01-2007]
La circolare del ministro Damiano sul lavoro nei call center che prevede che gli operatori inbound (cioè che ricevono le chiamate) non possano essere assunti con contratto a progetto. I bonus, previsti dalla nuova Finanziaria, per le aziende che trasformano i contratti precari in posti fissi, cominciano a dare dei frutti positivi in fatto di riduzione della precarietà del lavoro in questo settore.
In Piemonte, infatti, in questi giorni i sindacati di settore Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil e l'azienda di call center Comdata hanno siglato un accordo che prevede entro la fine dell'anno l'assunzione in pianta stabile di 350 operatori delle sedi di Torino e Ivrea, quelli che hanno già alle spalle 18 mesi di lavoro a termine presso la stessa azienda.
Comdata svolge attività di risposta in outsourcing per i servizi di assistenza clienti di Telecom Italia (il 187 e il 191) ma anche per i numeri verdi di aziende come Enel, Lavazza, Delonghi e Carrefour.
In questo modo si rispettano le percentuali previste dal contratto nazionale di lavoro delle Telco di un buon 60% di lavoratori a tempo indeterminato, contro il 40% a termine.
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24.12.06
No al precariato, si protesta ancora contro i call center
In via Lamaro i dipendenti di Atesia protestano ancora contro le dure condizioni contrattuali imposte
di Veronica D’Amico
Nessuna tregua natalizia per i dipendenti di Atesia, l’enorme call center di Via Lamaro a Cinecittà, che non contenti dei recenti risultati ottenuti grazie al sindacato si ritrovano ancora una volta tutti in strada per protestare contro le nuove condizioni contrattuali imposte loro dall’azienda.
Appena qualche mese fa, grazie all’intervento dei mass media, era venuta alla luce l’inquietante situazione dei dipendenti dei call center, tutti precari dal primo all’ultimo, spesso assunti con un contratto stagionale o a progetto, ed altrettanto frequentemente subordinati ad uno stipendio non solo scarsamente gratificante ma scarno al tempo stesso. Quindici centesimi a contatti utili sono tutte quelle telefonate dove l’operatore riesce a trattenere in linea l’utente per almeno un minuto d’orologio, e dunque a presentargli il servizio su cui in quel momento il call center ha l’appalto. Ma quanti di noi, spesso stufi di sentirsi rifilare questo o quel prodotto, mettono giù la cornetta lasciando inconsapevoli dall’altra parte un povero operatore che neanche quella volta sarà riuscito nell’intento di guadagnarsi il ricco emolumento?
Così per ovviare ad una situazione occupazionale drammatica dove il precariato la fa da padroni, il 13 dicembre sindacati e Atesia hanno firmato un accordo secondo cui l’azienda prometteva di assumere tutti i suoi dipendenti attuali con un contratto a tempo indeterminato. E la promessa è stata ad oggi mantenuta ma con risultati men che meno allettanti per i lavoratori: i contratti a tempo indeterminato stipulati recentemente sono infatti tutti dei part-time orizzontali dove ai dipendenti viene richiesta una disponibilità oraria totalmente flessibile. Ciò significa lavorare 20 ore a settimana, 4 ore al giorno con turni che possono variare dalla mattina alla sera, impedendo agli assunti di avere la possibilità di trovare un secondo lavoro per arrotondare con il primo. Non solo, ma a sentire le recenti proteste sfociate in Via Lamaro, l’occupazione part-time produce una remunerazione mensile inutile per vivere, mentre prima seppur precari si aveva l’opportunità di lavorare per più ore e guadagnare di più.
Insomma per le 6.004 persone che oggi hanno un contratto Atesia la dura lotta contro il potere per ottenere un minimo di dignità occupazionale non si ferma qui.
22/12/2006
di Veronica D’Amico
Nessuna tregua natalizia per i dipendenti di Atesia, l’enorme call center di Via Lamaro a Cinecittà, che non contenti dei recenti risultati ottenuti grazie al sindacato si ritrovano ancora una volta tutti in strada per protestare contro le nuove condizioni contrattuali imposte loro dall’azienda.
Appena qualche mese fa, grazie all’intervento dei mass media, era venuta alla luce l’inquietante situazione dei dipendenti dei call center, tutti precari dal primo all’ultimo, spesso assunti con un contratto stagionale o a progetto, ed altrettanto frequentemente subordinati ad uno stipendio non solo scarsamente gratificante ma scarno al tempo stesso. Quindici centesimi a contatti utili sono tutte quelle telefonate dove l’operatore riesce a trattenere in linea l’utente per almeno un minuto d’orologio, e dunque a presentargli il servizio su cui in quel momento il call center ha l’appalto. Ma quanti di noi, spesso stufi di sentirsi rifilare questo o quel prodotto, mettono giù la cornetta lasciando inconsapevoli dall’altra parte un povero operatore che neanche quella volta sarà riuscito nell’intento di guadagnarsi il ricco emolumento?
Così per ovviare ad una situazione occupazionale drammatica dove il precariato la fa da padroni, il 13 dicembre sindacati e Atesia hanno firmato un accordo secondo cui l’azienda prometteva di assumere tutti i suoi dipendenti attuali con un contratto a tempo indeterminato. E la promessa è stata ad oggi mantenuta ma con risultati men che meno allettanti per i lavoratori: i contratti a tempo indeterminato stipulati recentemente sono infatti tutti dei part-time orizzontali dove ai dipendenti viene richiesta una disponibilità oraria totalmente flessibile. Ciò significa lavorare 20 ore a settimana, 4 ore al giorno con turni che possono variare dalla mattina alla sera, impedendo agli assunti di avere la possibilità di trovare un secondo lavoro per arrotondare con il primo. Non solo, ma a sentire le recenti proteste sfociate in Via Lamaro, l’occupazione part-time produce una remunerazione mensile inutile per vivere, mentre prima seppur precari si aveva l’opportunità di lavorare per più ore e guadagnare di più.
Insomma per le 6.004 persone che oggi hanno un contratto Atesia la dura lotta contro il potere per ottenere un minimo di dignità occupazionale non si ferma qui.
22/12/2006
19.12.06
Atesia, riunione a Cinecittà «Il part time è una beffa»
Via Lamaro. Contratto per 6.004 persone, 20 ore a settimana a 550 euro al mese
L'accordo con Almaviva non soddisfa i lavoratori: «Si guadagnava meglio da precari»
Roma
Delusione. «È un ricatto senza fine»
Tempo indeterminato a quattro ore al giorno
Simona Caleo
■ “Tutti assunti” dichiarano trionfanti i manifesti affissi in giro per la città, anche in via Lamaro, a Cinecittà, dove si trova la sede di Atesia.
MA SI TRATTA di un trionfo a metà, una conquista zoppicante, una vittoria di Pirro, che vede riconosciuto il diritto a un lavoro stabile ma non prevede
ancora la possibilità di viverci dignitosamente. Il 13 dicembre società e sindacati hanno firmato un accordo con Atesia e le aziende sorelle in Action, Cosmed e Alicos, tutte della famiglia Almaviva. Risultato: l’assunzione di 6.004 persone a tempo indeterminato. Fin qui la vittoria, il primo esito positivo di una battaglia che dura da più di due anni, durante i quali
400 precari hanno perso il lavoro. Tra loro, quelli che più si sono esposti, in prima linea anche ieri nell’assemblea organizzata in via Lamaro per spiegare meglio i contenuti dell’accordo e chiedere il pieno rispetto delle
istanze dell’Ispettorato del Lavoro: assunzione per tutti a tempo indeterminato, 36 ore la settimana. Il contratto che Atesia offre oggi è sì a tempo indeterminato. Ma è di sole 20 ore settimanali e può essere sottoscritto soltanto firmando una liberatoria con la quale si rinuncia
a tutti i diritti pregressi - tranne i contributi, che l’azienda si vede pagare per il 50 per cento dallo Stato. Tra Tfr, ferie non godute, permessi, adeguamento dello stipendio e contributi non versati ogni lavoratore dovrebbe ricevere 10 - 12 mila euro per ogni anno al call center.
Di questa cifra, i contributi sono una piccola parte e al resto si chiede di rinunciare in cambio dell’agognato contratto: quattro ore di lavoro nell'arco
della giornata, a orari variabili e vincolanti che che impediscono all’impiegato part time di trovare una seconda occupazione.
Alla fine, i precari di ieri guadagnavano più dei regolarizzati di domani. «Come si può esserecontenti – domanda il collettivo precari - di guadagnare solo 550 euro fissi al mese?»
■ «Quando dicono che questo accordo è il più importante raggiunto nel settore dicono la verità», commentava amaramente Marco ieri mattina davanti alle persone raccolte in assemblea all’ingresso di Atesia. Il gruppo ascoltava e applaudiva gli interventi, mentre altri passavano e si infilavano veloci dentro la porta a vetri. Ma poi, nel corso della giornata, si sono fermati in parecchi a fare domande sui particolari di questo accordo dove, per il momento, sta scritto nero su bianco il loro destino professionale. Nessuno è contento delle quattro ore al giorno e della flessibilità richiesta per lavorare queste quattro ore giornaliere, che possono cadere alla mattina
come alla sera. E neanche di dover rinunciare ai soldi che gli spettano. Per svestire i panni del precario sono costretti ancora al compromesso. «È un ricatto senza fine» dice una ragazza, a testa bassa. Si scusa per non riuscire a parlare meglio, ma è una faccenda triste e lo è anche lei ormai. Mi spiega che se firma questo contratto difficilmente potrà fare un secondo
lavoro e si chiede se riuscirà a continuare a vivere da sola, con 550 euro al mese. «Il tempo indeterminato è una bella vittoria, ci dicevano che era impossibile e invece lo abbiamo ottenuto. Ma ci stanno prendendo in giro, perché questo contratto è il risultato dei favori che hanno fatto al presidente Alberto Tripi, a partire dall’articolo 178 della Finanziaria». Quello che diceva Christian all’assemblea lo diceva a nome di tutti: «davvero
un bel regalo da parte del governo di centrosinistra».■
L'accordo con Almaviva non soddisfa i lavoratori: «Si guadagnava meglio da precari»
Roma
Delusione. «È un ricatto senza fine»
Tempo indeterminato a quattro ore al giorno
Simona Caleo
■ “Tutti assunti” dichiarano trionfanti i manifesti affissi in giro per la città, anche in via Lamaro, a Cinecittà, dove si trova la sede di Atesia.
MA SI TRATTA di un trionfo a metà, una conquista zoppicante, una vittoria di Pirro, che vede riconosciuto il diritto a un lavoro stabile ma non prevede
ancora la possibilità di viverci dignitosamente. Il 13 dicembre società e sindacati hanno firmato un accordo con Atesia e le aziende sorelle in Action, Cosmed e Alicos, tutte della famiglia Almaviva. Risultato: l’assunzione di 6.004 persone a tempo indeterminato. Fin qui la vittoria, il primo esito positivo di una battaglia che dura da più di due anni, durante i quali
400 precari hanno perso il lavoro. Tra loro, quelli che più si sono esposti, in prima linea anche ieri nell’assemblea organizzata in via Lamaro per spiegare meglio i contenuti dell’accordo e chiedere il pieno rispetto delle
istanze dell’Ispettorato del Lavoro: assunzione per tutti a tempo indeterminato, 36 ore la settimana. Il contratto che Atesia offre oggi è sì a tempo indeterminato. Ma è di sole 20 ore settimanali e può essere sottoscritto soltanto firmando una liberatoria con la quale si rinuncia
a tutti i diritti pregressi - tranne i contributi, che l’azienda si vede pagare per il 50 per cento dallo Stato. Tra Tfr, ferie non godute, permessi, adeguamento dello stipendio e contributi non versati ogni lavoratore dovrebbe ricevere 10 - 12 mila euro per ogni anno al call center.
Di questa cifra, i contributi sono una piccola parte e al resto si chiede di rinunciare in cambio dell’agognato contratto: quattro ore di lavoro nell'arco
della giornata, a orari variabili e vincolanti che che impediscono all’impiegato part time di trovare una seconda occupazione.
Alla fine, i precari di ieri guadagnavano più dei regolarizzati di domani. «Come si può esserecontenti – domanda il collettivo precari - di guadagnare solo 550 euro fissi al mese?»
■ «Quando dicono che questo accordo è il più importante raggiunto nel settore dicono la verità», commentava amaramente Marco ieri mattina davanti alle persone raccolte in assemblea all’ingresso di Atesia. Il gruppo ascoltava e applaudiva gli interventi, mentre altri passavano e si infilavano veloci dentro la porta a vetri. Ma poi, nel corso della giornata, si sono fermati in parecchi a fare domande sui particolari di questo accordo dove, per il momento, sta scritto nero su bianco il loro destino professionale. Nessuno è contento delle quattro ore al giorno e della flessibilità richiesta per lavorare queste quattro ore giornaliere, che possono cadere alla mattina
come alla sera. E neanche di dover rinunciare ai soldi che gli spettano. Per svestire i panni del precario sono costretti ancora al compromesso. «È un ricatto senza fine» dice una ragazza, a testa bassa. Si scusa per non riuscire a parlare meglio, ma è una faccenda triste e lo è anche lei ormai. Mi spiega che se firma questo contratto difficilmente potrà fare un secondo
lavoro e si chiede se riuscirà a continuare a vivere da sola, con 550 euro al mese. «Il tempo indeterminato è una bella vittoria, ci dicevano che era impossibile e invece lo abbiamo ottenuto. Ma ci stanno prendendo in giro, perché questo contratto è il risultato dei favori che hanno fatto al presidente Alberto Tripi, a partire dall’articolo 178 della Finanziaria». Quello che diceva Christian all’assemblea lo diceva a nome di tutti: «davvero
un bel regalo da parte del governo di centrosinistra».■
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14.12.06
Call center, accordo raggiunto per l'assunzione di 6500 precari
Roma 13/12/2006 19:40
CALL CENTER, ACCORDO RAGGIUNTO PER ASSUNZIONE 6.500 PRECARI
Roma, 13 dic. (Apcom) - Accordo raggiunto tra sindacati e Atesia per l'assunzione a tempo indeterminato di 6.500 precari. Oggi infatti le organizzazioni sindacali confederali Uil-Uilcom, Cgil-Slc, Cisl-Fistel e il Gruppo Almaviva (Atesia-Cos-Cosmed-Aticos- In-action) sono giunte all'intesa che prevede che la stabilizzazione avverrà entro il 2007 e riguarderà 4000 lavoratori inbound e 2500 in attività mista, con l'assunzione a tempo indeterminato part-time a 4 ore al terzo livello del contratto delle Tlc.
CALL CENTER, ACCORDO RAGGIUNTO PER ASSUNZIONE 6.500 PRECARI
Roma, 13 dic. (Apcom) - Accordo raggiunto tra sindacati e Atesia per l'assunzione a tempo indeterminato di 6.500 precari. Oggi infatti le organizzazioni sindacali confederali Uil-Uilcom, Cgil-Slc, Cisl-Fistel e il Gruppo Almaviva (Atesia-Cos-Cosmed-Aticos- In-action) sono giunte all'intesa che prevede che la stabilizzazione avverrà entro il 2007 e riguarderà 4000 lavoratori inbound e 2500 in attività mista, con l'assunzione a tempo indeterminato part-time a 4 ore al terzo livello del contratto delle Tlc.
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Roma: Un giudice condanna il precariato nei call center
Sentenza rivoluzionaria a Roma: a una lavoratrice di telemarketing precaria di un call center Elitel viene riconosciuto il contratto di lavoro dipendente anziché "a progetto".
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-12-2006]
Sembrava troppo rivoluzionaria l'interpretazione degli ispettori del Ministero del Lavoro, che a Roma avevano giudicato illegale l'utilizzo del contratto a progetto (invece di contratti di lavoro dipendente) per i circa 3.000 operatori del call center di Atesia.
Il Tar aveva annullato nei giorni scorsi gli effetti dell'ispezione; ma una sentenza della Magistratura del Lavoro la conferma anche per gli operatori cosidetti "outbound", cioè quelli che fanno le chiamate in campagne di telemarketing.
La circolare del ministro Damiano, poi recepita anche da un accordo (il cosidetto "avviso comune" tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil), stabilisce infatti che solo per i lavoratori che ricevono le chiamate (gli "inbound") non si debba mai applicare il contratto a progetto mentre per i lavoratori del telemarketing l'utilizzo del contratto a progetto dovrebbe essere più facile.
Una lavoratrice del call center Team Promotion (un'azienda che lavora in appalto per l'Elitel) ha vinto la causa contro il suo licenziamento, avvenuto un anno fa, quando la Team Promotion non le aveva più confermato il contratto "a progetto". Il giudice ha dichiarato illegittimo il contratto a progetto che, per le caratteristiche del lavoro svolto, è da considerarsi invece un contratto a tempo indeterminato.
Questa causa potrebbe pesare sull'attuale confronto fra Atesia del gruppo Cos e i sindacati: l'azienda si è impegnata a stabilizzare un buon numero di contratti a progetto (quelli dei lavoratori "inbound") trasformandoli in contratti di apprendistato (che non è comunque a tempo indeterminato), sia pure con orari minori e minori retribuzioni.
Atesia invece non ha sciolto la riserva circa l'impegno, richiesto dai sindacati, a fare altrettanto per i lavoratori "outbound". Ma adesso c'è un precedente.
Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-12-2006]
Sembrava troppo rivoluzionaria l'interpretazione degli ispettori del Ministero del Lavoro, che a Roma avevano giudicato illegale l'utilizzo del contratto a progetto (invece di contratti di lavoro dipendente) per i circa 3.000 operatori del call center di Atesia.
Il Tar aveva annullato nei giorni scorsi gli effetti dell'ispezione; ma una sentenza della Magistratura del Lavoro la conferma anche per gli operatori cosidetti "outbound", cioè quelli che fanno le chiamate in campagne di telemarketing.
La circolare del ministro Damiano, poi recepita anche da un accordo (il cosidetto "avviso comune" tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil), stabilisce infatti che solo per i lavoratori che ricevono le chiamate (gli "inbound") non si debba mai applicare il contratto a progetto mentre per i lavoratori del telemarketing l'utilizzo del contratto a progetto dovrebbe essere più facile.
Una lavoratrice del call center Team Promotion (un'azienda che lavora in appalto per l'Elitel) ha vinto la causa contro il suo licenziamento, avvenuto un anno fa, quando la Team Promotion non le aveva più confermato il contratto "a progetto". Il giudice ha dichiarato illegittimo il contratto a progetto che, per le caratteristiche del lavoro svolto, è da considerarsi invece un contratto a tempo indeterminato.
Questa causa potrebbe pesare sull'attuale confronto fra Atesia del gruppo Cos e i sindacati: l'azienda si è impegnata a stabilizzare un buon numero di contratti a progetto (quelli dei lavoratori "inbound") trasformandoli in contratti di apprendistato (che non è comunque a tempo indeterminato), sia pure con orari minori e minori retribuzioni.
Atesia invece non ha sciolto la riserva circa l'impegno, richiesto dai sindacati, a fare altrettanto per i lavoratori "outbound". Ma adesso c'è un precedente.
Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus
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