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27.3.07

Call center. Assocontact: «Per noi gli outbound sono a progetto». Resterebbero precari in 40.000

Da: "il Manifesto", 24 marzo 2007

di Antonio Sciotto

Le stabilizzazioni nei call center si profilano più difficili del previsto, perché via via che si avvicina la data del 30 aprile - ultimo giorno utile per gli accordi incentivati dalla finanziaria - emergono le differenze di interpretazione (ma d'altra parte è prevedibile) tra imprese e sindacati: il nodo del contendere sta nella circolare Damiano, nel punto in cui prevede la possibilità per gli outbound (i lavoratori che fanno le telefonate) di essere assunti a progetto, e su cui peraltro Assocontact-Confindustria e Cgil-Cisl-Uil hanno firmato un avviso comune. Sul giornale di ieri le accuse della Slc Cgil: alcuni gruppi sfuggono in tutti i modi alle regolarizzazioni e in alcuni casi camuffano gli inbound (quelli che ricevono le telefonate) da outbound, pur di mantenerli a progetto. Il segretario nazionale del sindacato, Alessandro Genovesi, ci ha spiegato che finora la Slc non ha mai trovato un outbound che soddisfi i 7 criteri di autonomia indicati dalla circolare, e che dunque - fino a prova contraria - la forma normale di assunzione è il contratto a tempo indeterminato. Abbiamo sentito l'associazione dei call center in outsourcing (cioè che lavorano su commessa), l'Assocontact, che tra l'altro la settimana scorsa aveva pubblicato sul manifesto una locandina a pagamento in cui chiedeva ai committenti pubblici e privati una maggiore «responsabilizzazione» dati i maggiori costi che con le stabilizzazioni questi «contoterzisti» si starebbero caricando. Umberto Costamagna è presidente di Assocontact, nonché titolare del gruppo Call&Call, 1200 operatori in tutta Italia.

Partiamo da una «mappa» del vostro settore. Quanti sono i lavoratori dei call center in «outsourcing» e chi è interessato dai processi di stabilizzazione?
Parliamo di 80 mila operatori: 60 mila sono collaboratori e i restanti 20 mila subordinati. Quarantamila sono inbound e gli altri 40 mila outbound: dunque sono interessati alle stabilizzazioni in 20 mila, ovvero quelli che tra gli inbound sono ancora a progetto.

Escludete di stabilizzare ben 40 mila outbound? Per voi sono a priori cocoprò?
Non a priori, noi applichiamo la circolare Damiano. Abbiamo partecipato alla scrittura dei 7 punti che individuano l'autonomia: autonomia nelle fasce orarie, pause autogestite, nessuna gerarchia né controllo, ricevono informazione e non formazione, lavoro per obiettivi concordati e retribuzione a obiettivo raggiunto, possibilità di rifiutare le telefonate che partono automaticamente dal sistema. L'inbound è sicuramente subordinato, per l'outbound noi partiamo dalla considerazione che applica i 7 punti, dunque è autonomo e perciò a progetto. Questo, fino a prova contraria: ma la prova contraria non la offre il sindacato, che non può arrogarsi il diritto di dire se rispettiamo o meno una legge, ma spetta al giudice o all'ispettore del lavoro.

Dunque escludete di confrontarvi con il sindacato per stabilire la «genuinità» dell'autonomia e stabilizzare? Ad esempio la Slc afferma che il suo gruppo non ha aperto un tavolo nazionale e ne ha solo locali.
E' vero che non abbiamo un tavolo nazionale, e ne abbiamo locali, dedicati alla stabilizzazione solo dove ci sono inbound a progetto. A Reggio Calabria e Cosenza, dove a progetto ho solo outbound io non apro tavoli di stabilizzazione. Questo però non esclude che in futuro possa aprire tavoli specifici per trattare le condizioni dei cocoprò outbound, ma, ripeto, non per stabilizzarli.

Ma dove sta l'autonomia se i compensi li stabilite voi e se le telefonate partono in automatico dal sistema? Le liste dei clienti da chiamare chi le fornisce all'outbound?
Il compenso lo stabiliamo volta per volta con i singoli lavoratori, tarandolo sull'obiettivo da raggiungere. Ripeto: c'è un sistema che permette di rifiutare le telefonate. Le liste dei clienti ce le forniscono i committenti. Noi dobbiamo distinguere i lavoratori autonomi da chi non lo è: il nostro sistema ha bisogno di flessibilità perché le commesse che riceviamo dai clienti sono di un anno, due anni, o anche di una settimana. Faccio un esempio: per i primi cinque giorni un cliente mi chiede 40 inbound, e per il sesto giorno - per un calo fisiologico - gliene servono 5. Allora ci sono varie scelte che stanno facendo le diverse aziende. La Cos ha deciso di stabilizzare tutti, anche gli outbound, ma offre part time di 20 ore settimanali. La mia azienda, invece, che sceglie di stabilizzare solo gli inbound, può offrire contratti di 30-40 ore.

Il gruppo Datel di Abramo sta offrendo contratti di apprendistato e inserimento a operatori anziani. Altri chiedono deroghe ai contratti. Non sono abusi delle regole?
Certo, l'apprendistato e l'inserimento si devono giustificare, ma sono contratti legali. Le deroghe si chiedono per aiutare un settore che si riordina dopo anni di eccessi, di corse al risparmio. Una gara dell'Anas ci offriva 10 euro l'ora quando un subordinato ne costa 14-15. Così non si va da nessuna parte e credo che le aziende pubbliche, e dunque il governo, come i privati, devono capire che le regole sono cambiate. Quanto al sindacato: non servono le grida manzoniane, l'«assumiamo tutti e subito» crea tensione e i miei poi dicono: così traslochiamo in Romania.

17.3.07

Damiano: "Sussidio ai disoccupati solo se cercano lavoro"

Il Ministro del Lavoro vuole portare l'assegno al 60% dello stipendio
TERESA PITTELLI
ROMA
Ammortizzatori sociali più ampi per giovani e lavoratori delle piccole imprese. Alla trattativa che inizia tra due settimane il governo vuole arrivare con qualche certezza in più, e dopo gli incontri delle ultime ore tra i ministeri economici è pronta una proposta che ridisegna tutto il sistema degli ammortizzatori sociali, estendendo i sussidi antidisoccupazione anche ai lavoratori precari e alle imprese con meno di 15 dipendenti. L’esecutivo è intenzionato a metterla sul piatto del negoziato, e a trovare non meno di 2,5-3 miliardi di euro per la copertura. Sperando così di agevolare il confronto con i sindacati sulle pensioni, visto l’alt di Cgil, Cisl e Uil su alcune questioni spinose come la revisione dei coefficienti della legge Dini. Una linea che potrebbe essere vincente se si tiene in conto «il legame tra lotta alla disoccupazione e continuità previdenziale», sottolinea il segretario della Cisl, Giorgio Santini.

La riforma, del resto, è attesa da anni, ma a causa dei costi è stata sempre rimandata. Ora è diventata ormai un punto d’onore per il ministro del Lavoro, Casare Damiano, intenzionato a estendere le protezioni sociali alla metà del mercato del lavoro che ne è sprovvista, in particolare i giovani. Proprio l’allargamento del sussidio di disoccupazione è uno dei tre capisaldi sui quali poggia il progetto, che ipotizza di arricchire l’indennità portandola al 60% dell’ultima retribuzione in luogo dell’attuale 40-50%, e di estenderla anche ai lavoratori flessibili. La tutela risulta però sottoposta a una restrizione: l’attiva ricerca di un lavoro da parte del disoccupato. Un sistema già conosciuto in Europa come «welfare to work», che nel piano del governo dovrà essere interamente gestito dai centri per l’impiego, i quali prenderebbero il posto dell’Inps nell’erogazione del sussidio. «Bisogna creare maggiori sinergie tra politiche passive di competenza statale e politiche attive in mano alle regioni e alle province», spiega Giovanni Battafarano, capo della segreteria tecnica del ministro. Concentrare le funzioni di ente che concede il sussidio da un lato, e che offre formazione, orientamento e ricollocamento dall’altro, servirebbe a rendere più efficace il meccanismo. In altri termini al lavoratore che ha perso il posto spetterà sì il sussidio «passivo» per la disoccupazione, ma solo se si mostra «attivo» nel seguire la formazione e accettare le eventuali proposte di lavoro. In caso di rifiuto, l’indennità verrebbe sospesa.

Secondo caposaldo del nuovo welfare: l’estensione delle tutele contro la disoccupazione anche ai lavoratori delle piccole e medie imprese, per i quali si sta pensando a un trattamento sulla falsariga della cassa integrazione guadagni. Il piano prevede infine la semplificazione delle diverse voci di ammortizzatori sociali in modo da evitare sprechi e costi indiretti. L’obiettivo è arrivare a tre tipi di trattamento: una cassa integrazione guadagni unica sia per le situazioni che danno vita alla cig ordinaria che per quelle che richiedono la cigs (nel primo caso eventi transitori con certezza della ripresa lavorativa, nel secondo ristrutturazioni o crisi aziendali); un’indennità universale che contempli tanto la disoccupazione quanto la mobilità; e infine il trattamento per il lavoro discontinuo utilizzato in agricoltura. Resta ancora da definire la durata dei nuovi istituti, visto che i vari trattamenti contemplano talvolta periodi diversi. Una misura che in principio non vede sfavorevoli i sindacati. «A condizione però che la durata resti la stessa», ammonisce Fulvio Fammoni, segretario generale della Cgil.

Accanto a queste misure esiste poi un pacchetto-previdenza ad hoc per i lavoratori precari, che va dalla totalizzazione dei periodi contributivi sparsi tra più enti di previdenza ai contributi figurativi per coprire i buchi nei versamenti causati dalla discontinuità degli impieghi.

Precari Atesia: denunciamo all’opinione pubblica la decisione del ministro del lavoro Cesare Damiano

(14 marzo 2007)

Dopo un incontro ufficiale con l’Ispettorato del Lavoro, nella persona del dott. Notaro, denunciamo all’opinione pubblica la decisione del ministro del lavoro Cesare Damiano di rinunciare a ricorrere al Consiglio di Stato contro il provvedimento di sospensione del TAR degli effetti dei verbali ispettivi emessi il 22 agosto scorso contro Atesia.

Con tale decisione il ministro del lavoro viene meno alla propria funzione di tutela del lavoro e delle attività ispettive dei propri organi pur di sostenere Alberto Tripi, proprietario di Atesia ed “imprenditore” amico e finanziatore dell’Unione.

Vogliamo ricordare che l’Ispettorato del Lavoro di Roma con i verbali, che concludevano la propria indagine ispettiva durata oltre un anno presso la società Atesia, rilevava l’assoluta illegalità della condizione contrattuale di lavoratori e lavoratrici. Tale condizione era esemplificata dall’utilizzo illegale di migliaia di contratti a progetto.

Le disposizioni dell’Ispettorato del Lavoro di Roma hanno il merito di aver costretto non solo Atesia, ma tutte le aziende del settore dei call center, ad utilizzare solamente contratti di natura subordinata.

Il lavoro dell’Ispettorato è nato su denuncia di un gruppo di lavoratrici e lavoratori del Collettivo Precariatesia (ricordiamo che quasi tutti i firmatari dell’esposto hanno visto il proprio contratto non rinnovato nel maggio del 2006) ed è stato sostenuto e seguito dalla lotta degli stessi, in corso ormai da due anni, e che ha conquistato il contratto a tempo indeterminato per tutte e tutti.

Nessuno ha potuto smentire il merito dei risultati ispettivi ed anzi la stessa legge finanziaria recentemente approvata ha dovuto sancire la natura subordinata del lavoro nei call center, provvedendo però, al condono e finanziamento di 300 milioni per aiutare i “poveri” imprenditori illegali.

Il provvedimento del TAR ha solo sospeso gli effetti applicativi dei verbali ispettivi senza nulla dire nel merito ed appare chiaro che ha l’unico scopo di permettere a sindacati, governo e confindustria di applicare gli accordi di povertà recentemente siglati che costringono le lavoratrici ed i lavoratori a rinunciare al pregresso ed a lavorare a 550 euro al mese.

Il Collettivo Precariatesia e le altre strutture firmatarie di questo comunicato sono però determinate a continuare la lotta e ad utilizzare tutti gli strumenti utili, anche quelli legali. Per questo stiamo autonomamente presentando ricorso al Consiglio di Stato contro il provvedimento del TAR, denunciando la mancanza di dignità del ministro Cesare Damiano.

Le lavoratrici ed i lavoratori continuano a lottare per migliorare le condizioni dell’accordo

Mercoledì 14 marzo 2007 SCIOPERO di 24 ore

Sul sito http://precariatesia.altervista.org nella sezione documenti è possibile consultare il verbale dell’ispettorato del lavoro relativo ad Atesia, grazie al quale è possibile rendersi conto della reale situazione vissuta dai lavoratori e che giustifica le nostre rivendicazioni.

Collettivo PrecariAtesia
RdB - Ministero del lavoro
Cobas del Lavoro Privato

16.2.07

Incontro a Palazzo Chigi per precari calabresi

Presenti il presidente del Consiglio, il ministro del lavoro, il presidente della Regione e i rappresentanti dei lavoratori

Loiero: ''Stiamo cercando di trovare una soluzione occupazionale stabile a un bacino storico di precariato ignorato dal precedente governo''

Lamezia Terme, 30 gen. - (Adnkronos) - Incontro per gli Lsu-Lpu calabresi giovedi' prossimo alle 10,30 a Palazzo Chigi, presenti il premier Romano Prodi, il governatore della Calabria Agazio Loiero, il ministro del Lavoro Cesare Damiano e i rappresentanti dei lavoratori. Ne ha dato notizia il portavoce del presidente della Regione Calabria Agazio Loiero.

''Non e' una cosa semplice ma stiamo cercando di trovare una soluzione occupazionale stabile a un bacino storico di precariato che e' stato ignorato dal precedente governo di centrodestra - ha detto il presidente Loiero che ha contattato il premier dopo l'incontro di ieri sera con i sindacati calabresi - e devo riconoscere che Prodi ha dato la sua immediata disponibilita' a questo primo incontro, ai massimi livelli e preparatorio a quello gia' previsto in sede ministeriale''.

La vertenza degli Lsu-Lpu si sposta quindi a Roma anche perche' e' da governo centrale che dovranno arrivare le risposte capaci di risolvere il problema che in Calabria riguarda oltre ottomila persone. ''Come Regione - ha affermato Loiero - abbiamo prodotto lo sforzo massimo possibile. Oltre non possiamo andare. Ci auguriamo che il governo centrale convenga sulla necessita' di stabilizzazione di questi lavoratori, come in passato e' stato fatto per la Sicilia e la Campania''.

''Dopo la protesta dei giorni scorsi - ha concluso Loiero - il lungo incontro con i sindacati e' stato molto proficuo. Solo facendo fronte comune sara' possibile accelerare i tempi e sanare una situazione di precariato che si trascina da due lustri e alla quale abbiamo posto mano con concretezza, aumentando le ore di lavoro e garantendo tutto quello che potevamo garantire. La parte nostra l'abbiamo fatta e continueremo a farla. Speriamo che dopo l'incontro di giovedi' con Prodi si apra l'ultima fase, quella che dovra' normalizzare una realta' lavorativa anormale e intollerabile''.

18.1.07

Damiano in video chat su l'Unità.it: più stato sociale

Paola Zanca
d
Nella valigia del ministro Damiano in partenza per Caserta non ci sono accessori inutili o abiti di riserva, c´è un solo insostituibile pezzo forte: lo stato sociale. Cesare Damiano ha appena lasciato la redazione de L´Unità dove ha risposto alle domande dei lettori in videochat. Sessanta minuti per rilanciare la politica del governo in materia di lavoro e rispondere alle numerose sollecitazioni che sono arrivate al nostro sito. Sessanta minuti densi di proposte concrete per sedare i timori dei cittadini in materia di precarietà, pensioni, tfr e sicurezza sul lavoro. E per esprimere un desiderio: quello che giovedì sera, nel viaggio di ritorno dal conclave del centrosinistra, nella sua valigia ci siano rassicurazioni sul fatto che le entrate relative alla lotta all´evasione fiscale vengano destinate al welfare.

Ma quale welfare? Il ministro del Lavoro stila senza dubbi la sua agenda delle priorità. Primo, ripensare al sistema degli ammortizzatori sociali. Damiano non esita ad ammettere che la nostra spesa sociale in rapporto al Pil è decisamente troppo bassa, ma sottolinea anche i primi passi che il governo Prodi ha già compiuto, dalla riduzione del costo del lavoro per le aziende che stabilizzano i lavoratori precari al miglioramento delle tutele per maternità e malattia anche per gli atipici. «Noi siamo per la buona flessibilità – spiega Damiano – ma serve un patto tra le generazioni e un cambio di mentalità da parte delle aziende». La ricetta Damiano ha pochi ma precisi ingredienti, e pensa soprattutto ai giovani. L´idea è quella di un sussidio per i lavoratori discontinui, una sorta di reddito garantito nei periodi di non-lavoro, legato a un periodo di formazione obbligatorio: «Immagino un sistema attivo – precisa il ministro – finalizzato al reimpiego e non all´assistenzialismo». Lo stesso vale per gli over50, che devono avere la possibilità di accumulare contributi previdenziali anche nei periodi di inattività: «Bisogna poter sommare tutto – aggiunge ancora Damiano – riunire tutto ciò che si è versato nei diversi lavori che cambiano».

Buoni propositi anche sulle pensioni: se su Damiano grava la pensante eredità dello "scalone" del governo precedente – il divieto di pensionamento prima dei 60 anni – qualche alternativa c´è: «Eliminare lo "scalone" – ammette il ministro – ha un costo enorme, ma fare degli "scalini" potrebbe essere già una proposta più ragionevole. Io lavoro per questo: non credo che sia necessaria una riforma, penso che basti una manutenzione della riforma Dini, a cominciare da una rivalutazione delle pensioni, a partire da quelle più basse».

E per chi teme di dover affrontare il meritato riposo con in bocca il gusto amaro di un Tfr andato in fumo, Damiano dà la sua parola: «I fondi pensione sono sicuri, perchè i gestori non detengono la totalità del patrimonio, che è suddiviso anche con le banche e le assicurazioni. E poi c´è il controllo della Banca d´Italia, dell´Isvap, della Consob. Ogni lavoratore è libero di scegliere ciò che preferisce, resta il fatto che il fondo pensione ha un rendimento variabile, e per chi "rischia", può essere anche un investimento».

Dopo lo scandalo del Policlinico di Roma, c´è anche chi chiede a Damiano nuove norme sugli appalti negli ospedali e negli altri enti pubblici: «Con il ministro Di Pietro stiamo lavorando ad un nuovo codice degli appalti che vedrà la luce entro al fine del mese. Il costo delle esternalizzazioni dovrà garantire standard occupazionali e di sicurezza, altrimenti la concorrenza al ribasso provoca sfruttamento e rischi per la sicurezza.

Già, la sicurezza. Damiano racconta – ed è quasi un inedito – quanto il governo ha già fatto nella lotta alle morti bianche: «Nello scorso luglio, nel decreto Bersani abbiamo inserito un pacchetto sicurezza per il settore dell´edilizia: tutti i cantieri che a seguito di ispezioni verranno trovati con almeno il 20% di lavoratori in nero, verranno chiusi». E i risultati sono già scritti nero su bianco. Da settembre ad oggi, 423 cantieri hanno già i sigilli. E quasi 40 mila lavoratori sono venuti a galla dal buco nero dello sfruttamento. «È ancora poco – minimizza Damiano – ma la strada imboccata è quella giusta». Una strada che vede anche l´assunzione di molti nuovi ispettori da impegnare sul campo del controllo e che stabilisce anche nuove regole per le assunzioni: l´iscrizione a libro paga va notificata un giorno prima dell´effettivo inizio di lavoro, per evitare che, guarda caso, molte vittime di incidenti risultino assunte proprio nel giorno del decesso.

Pubblicato il: 11.01.07

12.12.06

Finanziaria, nuove risorse per i precari

Niente contratti che non siano stabili per i prossimi 5 anni

Ma è incerto il numero di assunzioni nella pubblica amministrazione. Bersani contestato a Bologna

ROMA — Il fondo per la stabilizzazione dei precari si rafforza. Oltre agli interessi dai conti «dormienti», il governo sta pensando di incrementarlo con una parte (forse il 5%) degli aumenti dei ricchi dividendi delle società controllate dal Tesoro rispetto all'anno precedente. Tra le novità più importanti che saranno introdotte nell'emendamento pro precari anche il divieto assoluto — per le amministrazioni che utilizzeranno i fondi — di assumere nuovi precari per cinque anni. A parte la cifra di 5 milioni di euro, stanziati subito per attivare il fondo, non ci sono ulteriori indicazioni di quanti precari verrebbero regolarizzati né del costo maggiore per lo Stato. Mentre Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti Italiani, parla di 350 mila precari, ieri il ministro della Funzione pubblica Luigi Nicolais ha ridotto il numero a 8 mila per il 2007 per passare «fino a 240 mila nei prossimi 6 anni». Il ministro dello Sviluppo Pierluigi Bersani parla invece di 500 mila.

CONTI DORMIENTI - Mentre il governo cerca di arginare questa nuova grana, Bersani — peraltro contestato a Bologna da una cinquantina di precari della ricerca con striscioni e volantini — cerca di prendere le distanze dalle polemiche. «Con i soli conti dormienti non si risolve il problema dei precari — ha detto — non è che con la bacchetta magica domani mattina prendiamo quei soldi che sono in banca e risolviamo il problema dei 500 mila precari». A parte il presidente della Confindustria Luca di Montezemolo, che ieri ha colto l'occasione per precisare meglio il suo pensiero sostenendo come non sia «dubbio che c'è un'Italia che rema e una che sta seduta a poppa e che occorre premiare il merito», la polemica si è quasi tutta consumata a sinistra. Se il ministro degli Affari europei Emma Bonino dichiarava che l'emendamento sui precari era la «solita sanatoria» e il senatore Tiziano Treu (nonché presidente della Commissione lavoro a Palazzo Madama) si è detto «nettamente contrario a una infornata indifferenziata perché bisogna fare i concorsi», il senatore diessino Cesare Salvi se l'è presa con i politici.
«SCIOCCHEZZE» - «Stanno dicendo un cumulo di sciocchezze — ha tuonato il presidente della Commissione giustizia al Senato e uno degli autori dell'emendamento in questione — si tratta solo di trasformare lavoro precario in lavoro a tempo determinato. Quei politici che chiedono concorsi pubblici — ha continuato — comincino a liberarsi dei consulenti nei loro uffici che non hanno fatto alcun concorso, nel caso contrario non si devono meravigliare se vanno a Mirafiori e li fischiano». Non si sa con chi ce l'avesse Salvi, visto che a Torino hanno fischiato solo i tre leader sindacali, ma ieri la confusione è stata totale. Lo stesso Nicola Sartor, l'uomo che Romano Prodi ha messo di guardia alla Finanziaria, ha dovuto ammettere che sui precari «credo ci sia stato qualche malinteso». Per esempio, ha precisato, si tratta di mettere «nel fondo solo i risparmi sui minori interessi dal debito pubblico visto che i conti dormienti andranno alla riduzione del debito». «E' evidente — ha precisato — che non si può utilizzare una somma fissa a copertura di oneri permanenti».
PATTO SUL LAVORO - Il sindacato nel frattempo ha mandato un messaggio chiaro al governo: nessun Patto sul lavoro pubblico (destinato ad aumentare l'efficienza dei servizi e la produttività) senza la soluzione del problema del precariato. E sia la Cisl che la Cgil accusano l'esecutivo di «vaghezza di propositi con le sua posizioni inadeguate e lacunose che vanno ad alimentare irresponsabili demagogie». Paolo Nerozzi, della segreteria Cgil, butta acqua sul fuoco. «E' un problema che non esiste — spiega — si tratta di gente che lavora nella pubblica amministrazione (sanità, enti locali, ricerca) da molti anni con contratti a tempo determinato ed è giusto (qualora esistano i requisiti come i concorsi) che venga riconosciuto loro un contratto fisso». E' evidente che in questo caso — e secondo Nerozzi si tratta della stragrande maggioranza — i costi aggiuntivi sono minimi visto che prendono già uno stipendio.
LA GRANDE CONFUSIONE - Anche il ministro Nicolais, a Napoli a margine di un convegno, ha sposato la teoria della «grande confusione» e che comunque l'assunzione dei 300 mila precari della Pubblica amministrazione (che scendono a 240 mila al netto del turn over) «è possibile nel progetto varato con il collega al Lavoro Cesare Damiano». «Il problema dei precari l'abbiamo affrontato tutti insieme con i sindacati — ha detto — e nei prossimi giorni presenteremo il piano di stabilizzazione». Piano che, ha aggiunto, «parte dall'assunto che un precario da stabilizzare senza concorso è soltanto quel precario che ha già fatto un concorso e che lavora da più di tre anni». Quanto ai 150 mila precari «supplenti nella scuola e che stanno nella condizione di poter essere messi in ruolo perché sono nella graduatoria e hanno fatto supplenza per oltre tre anni, hanno già superato un concorso, ci sarà per loro un piano di tre anni di assunzioni». Ma questo era già previsto in un articolo nel maxiemendamento.
Roberto Bagnoli
12 dicembre 2006