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15.6.07

Precari Tele 2

dal Manifesto del 5 giugno 2007

Tele 2 è un grande gruppo internazionale, il fondo di investimenti svedese Kinnevik, che controlla non solo la compagnia Tele2, ma anche la società di call center Transcom Worldwide e il quotidiano gratuito Metro. I call center Transcom lavorano perlopiù per la stessa Tele2, come agenti di vendita (propongono offerte) e in ricezione telefonate (rispondono ai clienti). Sono insediati in 4 città, da Milano (la capostipite) all'Aquila, fino a Lecce e Bari. Applicano svariati tipi di contratto, dall'inserimento all'apprendistato e all'interinale, l'onnipresente progetto, fino allo "stagista". A Lecce diversi operatori lavorano 40 ore a settimana (8 ore per 5 giorni) per 400 euro al mese: il sindacato sta cercando di approfondire, dato che l'azienda non ha ancora fornito informazioni esaurienti su questi stage. I lavoratori dei call center Transcom-Tele2 da qualche settimana sono in agitazione, in particolare nella sede di Milano: è qui infatti, dove è presente il più alto numero di addetti a tempo indeterminato, più anziani e più costosi, che
il ramo italiano del colosso svedese ha annunciato una serie di licenziamenti. La sede, secondo quanto minacciato dall'amministratore delegato Roberto Boggio, potrebbe addirittura chiudere, dato che i 220 operatori impiegati nel capoluogo lombardo sarebbero tra gli eletti inclusi tra i 350 da licenziare: ciascuno di loro costa infatti - ha spiegato Boggio - 7 mila euro annui in più rispetto ai lavoratori dei concorrenti. Dunque ecco la proposta: o li licenziamo o evitiamo gli aumenti contrattuali dei prossimi anni, fino a quando la differenza di 7 mila euro non sarà
assorbita. Nelle ultime settimane c'erano già stati scioperi perchè l'azienda rifiutava di stabilizzare i cocoprò definendoli outbound, mentre per diversi
stabilizzandi ha proposto il passaggio al contratto tlc, trasformando la quattordicesima in premi variabili.
A Bari sono circa 400 operatori, e solo 150 sono stati stabilizzati (ma passando al secondo livello tlc, dunque perdendo la quattordicesima prevista nel contratto del commercio), altri 150 sono apprendisti e 100 a progetto. A Lecce, su 300 addetti, solo 60 sono a tempo indeterminato, 150 sono cocoprò a 5 euro lordi l'ora; ci sono poi apprendisti, interinali, in job sharing. All'Aquila ci sono 400 a tempo indeterminato.

27.3.07

Call center. Assocontact: «Per noi gli outbound sono a progetto». Resterebbero precari in 40.000

Da: "il Manifesto", 24 marzo 2007

di Antonio Sciotto

Le stabilizzazioni nei call center si profilano più difficili del previsto, perché via via che si avvicina la data del 30 aprile - ultimo giorno utile per gli accordi incentivati dalla finanziaria - emergono le differenze di interpretazione (ma d'altra parte è prevedibile) tra imprese e sindacati: il nodo del contendere sta nella circolare Damiano, nel punto in cui prevede la possibilità per gli outbound (i lavoratori che fanno le telefonate) di essere assunti a progetto, e su cui peraltro Assocontact-Confindustria e Cgil-Cisl-Uil hanno firmato un avviso comune. Sul giornale di ieri le accuse della Slc Cgil: alcuni gruppi sfuggono in tutti i modi alle regolarizzazioni e in alcuni casi camuffano gli inbound (quelli che ricevono le telefonate) da outbound, pur di mantenerli a progetto. Il segretario nazionale del sindacato, Alessandro Genovesi, ci ha spiegato che finora la Slc non ha mai trovato un outbound che soddisfi i 7 criteri di autonomia indicati dalla circolare, e che dunque - fino a prova contraria - la forma normale di assunzione è il contratto a tempo indeterminato. Abbiamo sentito l'associazione dei call center in outsourcing (cioè che lavorano su commessa), l'Assocontact, che tra l'altro la settimana scorsa aveva pubblicato sul manifesto una locandina a pagamento in cui chiedeva ai committenti pubblici e privati una maggiore «responsabilizzazione» dati i maggiori costi che con le stabilizzazioni questi «contoterzisti» si starebbero caricando. Umberto Costamagna è presidente di Assocontact, nonché titolare del gruppo Call&Call, 1200 operatori in tutta Italia.

Partiamo da una «mappa» del vostro settore. Quanti sono i lavoratori dei call center in «outsourcing» e chi è interessato dai processi di stabilizzazione?
Parliamo di 80 mila operatori: 60 mila sono collaboratori e i restanti 20 mila subordinati. Quarantamila sono inbound e gli altri 40 mila outbound: dunque sono interessati alle stabilizzazioni in 20 mila, ovvero quelli che tra gli inbound sono ancora a progetto.

Escludete di stabilizzare ben 40 mila outbound? Per voi sono a priori cocoprò?
Non a priori, noi applichiamo la circolare Damiano. Abbiamo partecipato alla scrittura dei 7 punti che individuano l'autonomia: autonomia nelle fasce orarie, pause autogestite, nessuna gerarchia né controllo, ricevono informazione e non formazione, lavoro per obiettivi concordati e retribuzione a obiettivo raggiunto, possibilità di rifiutare le telefonate che partono automaticamente dal sistema. L'inbound è sicuramente subordinato, per l'outbound noi partiamo dalla considerazione che applica i 7 punti, dunque è autonomo e perciò a progetto. Questo, fino a prova contraria: ma la prova contraria non la offre il sindacato, che non può arrogarsi il diritto di dire se rispettiamo o meno una legge, ma spetta al giudice o all'ispettore del lavoro.

Dunque escludete di confrontarvi con il sindacato per stabilire la «genuinità» dell'autonomia e stabilizzare? Ad esempio la Slc afferma che il suo gruppo non ha aperto un tavolo nazionale e ne ha solo locali.
E' vero che non abbiamo un tavolo nazionale, e ne abbiamo locali, dedicati alla stabilizzazione solo dove ci sono inbound a progetto. A Reggio Calabria e Cosenza, dove a progetto ho solo outbound io non apro tavoli di stabilizzazione. Questo però non esclude che in futuro possa aprire tavoli specifici per trattare le condizioni dei cocoprò outbound, ma, ripeto, non per stabilizzarli.

Ma dove sta l'autonomia se i compensi li stabilite voi e se le telefonate partono in automatico dal sistema? Le liste dei clienti da chiamare chi le fornisce all'outbound?
Il compenso lo stabiliamo volta per volta con i singoli lavoratori, tarandolo sull'obiettivo da raggiungere. Ripeto: c'è un sistema che permette di rifiutare le telefonate. Le liste dei clienti ce le forniscono i committenti. Noi dobbiamo distinguere i lavoratori autonomi da chi non lo è: il nostro sistema ha bisogno di flessibilità perché le commesse che riceviamo dai clienti sono di un anno, due anni, o anche di una settimana. Faccio un esempio: per i primi cinque giorni un cliente mi chiede 40 inbound, e per il sesto giorno - per un calo fisiologico - gliene servono 5. Allora ci sono varie scelte che stanno facendo le diverse aziende. La Cos ha deciso di stabilizzare tutti, anche gli outbound, ma offre part time di 20 ore settimanali. La mia azienda, invece, che sceglie di stabilizzare solo gli inbound, può offrire contratti di 30-40 ore.

Il gruppo Datel di Abramo sta offrendo contratti di apprendistato e inserimento a operatori anziani. Altri chiedono deroghe ai contratti. Non sono abusi delle regole?
Certo, l'apprendistato e l'inserimento si devono giustificare, ma sono contratti legali. Le deroghe si chiedono per aiutare un settore che si riordina dopo anni di eccessi, di corse al risparmio. Una gara dell'Anas ci offriva 10 euro l'ora quando un subordinato ne costa 14-15. Così non si va da nessuna parte e credo che le aziende pubbliche, e dunque il governo, come i privati, devono capire che le regole sono cambiate. Quanto al sindacato: non servono le grida manzoniane, l'«assumiamo tutti e subito» crea tensione e i miei poi dicono: così traslochiamo in Romania.

26.2.07

Lavoratori atipici, arriva una carta di servizi

PESCARA. Servizi a prezzi ridotti, dall’ingresso al cinema al biglietto dell’autobus, passando per le polizze assicurative e i prodotti di largo consumo, destinati ai lavoratori atipici. E’ il contenuto di CartAtipica, il progetto realizzato dalla Camera del lavoro precario, coordinata da Ilaria Del Biondo, e sostenuta dagli assessori provinciali alla Qualità della vita e al Lavoro, Sante Di Paolo e Antonio Castricone, che sarà presentato ufficialmente oggi, 24 febbraio, alle 17, al cinema Sant’Andrea di Pescara.

La realizzazione di una carta nominativa (a rilasciarla saranno i Centri per l’impiego della Provincia) destinata ai lavoratori atipici e precari del Pescarese permetterà loro di accedere ad una serie di servizi a prezzi agevolati, anche se non si tratterà di sole convenzioni.
Alla base del progetto – come illustrato questa mattina alla stampa - c’è la necessità di far fronte alle esigenze emerse attraverso il questionario da 38 domande somministrato ad un campione di 380 collaboratori coordinati e a progetto (co.co.co e co.co.pro), titolari di contratti di formazione e lavoro, lavoratori socialmente utili, part-time e tempi determinati, ovvero quanto compongono la variegata galassia del lavoro precario nel Pescarese. Un piccolo esercito di circa 7mila potenziali utenti del nuovo strumento pensato per arginare le difficoltà di chi non ha un impiego stabile.
Nel programma della presentazione ufficiale di domani, alle 18,30 è prevista la proiezione del documentario “Senza la terrà sotto i piedi” per la regia di Stefano Buda (62 minuti, musiche di Anemamè e Gianni Inzaina, interviste di Simona Salvi, Stefano Buda, Marco Di Pietrantonio, Ilaria Capelluti, Gianfranco Castorani).
Si tratta del racconto di una moltitudine frammentata di vite divise tra la precarietà del lavoro che condiziona l’esistenza e la voglia di evadere e divertirsi.
Alle 23,30 chiuderà FestAtipica, al Rude club di via dei Peligni, con il concerto (ad ingresso gratuito) degli Anemamè, formazione nata nella zona frentana nel 2003, caratterizzata dalle contaminazioni folk delle canzoni dialettali abruzzesi e composta da Claudio Toni Di Toro (voce), Vincenzo Di Camillo (sassofono), Gianni De Chellis (chitarra), Francesco Di Toro (fisarmonica, tastiera e cori), Carlo Porfilio (batteria) e Fausto Bomba (basso) più il fonico Silvio Andreoli.
www.cameradellavoroprecario.org

30.11.06

Oggi atipici, domani poveri (Panorama)

Per la prima volta emerge un grave rischio sociale: i lavoratori flessibili sono destinati a vivere con stipendi e pensioni irrisori.

Trampolino di lancio verso il mondo del lavoro o trappola a vita? Anticamera per il paradiso di un'occupazione dignitosa e soddisfacente o girone infernale senza uscita e senza speranze? Da almeno 10 anni, da quando cioè cominciarono ad apparire le prime figure di lavoratori cosiddetti atipici ai tempi del governo di Lamberto Dini, economisti e politici si accapigliano sul mondo all'apparenza sfuggente e inafferrabile di flessibili, precari, parasubordinati, cococo, cocopro e simili.
Più che ancorato a statistiche e dati certi, il dibattito finora è apparso orientato dalle appartenenze, dalle ideologie, se non dai pregiudizi. Essere pro o contro flessibilità e lavoro atipico in questo contesto è stato spesso più un atto di fede che una scelta ragionata.

Ora un accurato rapporto dell'Isae (Istituto di studi e analisi economiche) aiuta se non altro a orientarsi meglio. Lo studio effettuato con l'incrocio di una mole notevole di dati Inps e delle 40.386 interviste a base dell'indagine Plus 2005 dell'Isfol, istituto per la formazione del lavoro, non scioglie con un colpo netto il quesito forse irrisolvibile: se il lavoro atipico sia un'opportunità o una condanna. Per la prima volta, però, documenta non a spanne, ma sulla base di un approccio scientifico, la possibile insorgenza di un rischio sociale gravissimo.
Il rischio, cioè, che si stiano creando i presupposti perché in futuro si formino schiere di anziani poverissimi. Una prospettiva sociale preoccupante e per niente scongiurata da quanto stabilito nella Finanzaria 2007 a proposito di regime contributivo per gli atipici, con l'innalzamento della contribuzione dal 20 al 23 per cento, un terzo a carico del lavoratore e due terzi del datore di lavoro.

Il capitolo del rapporto che riguarda le prospettive previdenziali dei flessibili cerca di delineare che cosa succederà a un lavoratore atipico nel momento in cui arriverà in fondo alla sua carriera lavorativa. Il soggetto preso in esame non è un tizio sfortunatissimo, con un salario di ingresso eccezionalmente basso e una vita lavorativa particolarmente negativa e accidentata.
Anzi, il signor X dello studio appare se non tra i più fortunati, almeno al di sopra della media: venticinquenne, ha uno stipendio di ingresso di 14.500 euro lordi all'anno e sulla base delle statistiche Isfol finora disponibili si ipotizza che nell'arco della sua carriera sia perseguitato da una probabilità di disoccupazione pari all'11,3 per cento all'anno.

Cioè si suppone che proprio in quanto flessibile non lavori tutti i 12 mesi, ma il suo impegno sia intervallato da buchi di non lavoro. Si suppone, infine, che per lui l'atipicità sia non una condizione passeggera, ma un vincolo a vita, cioè che non riesca mai a evadere dalla precarietà e a raggiungere un contratto a tempo indeterminato.
Di tutte le ipotesi assunte dai curatori dello studio, questa è l'unica veramente aleatoria, nel senso che dopo un decennio di sperimentazione della flessibilità nessuno è in grado di dire davvero se la società italiana dovrà fare i conti con la figura dei precari a vita oppure se prima o poi anche per ogni atipico ci sarà una qualche redenzione lavorativa.

Dallo studio risulta che in molti casi l'atipicità si configura come una trappola e in moltissimi altri è invece una rapida fase transitoria verso contratti di lavoro migliori. In particolare dal rapporto emerge che «chi è già stato in passato un atipico nel 22 per cento dei casi lo è ancora, mentre nel 45,7 il lavoro atipico è stato seguito da un'assunzione a tempo indeterminato».

28.11.06

Civitavecchia: nasce il Comitato dei lavoratori precari del Comune

Nasce il Comitato dei lavoratori precari del Comune
L'obiettivo è il rinnovo dei contratti e la stesura di un protocollo d'intesa per carare un piano di stabilizzazione

CIVITAVECCHIA - Si è costituito nella giornata di ieri, con la adesione di circa 50 persone, il Comitato dei Lavoratori Precari del Comune di Civitavecchia formato da lavoratori Co.Co.Co – Co.Co.Pro – Tempo Determinato e Vigili Urbani coadiuvati dalle sigle sindacali RDB-CUB Enti Locali e DICCAP-SULPM per gli agenti di Polizia Municipale.
Tra le tante motivazioni che hanno spinto i lavoratori a costituirsi in Comitato c’è la immediata scadenza di tutti i contratti di lavoro, rispettivamente 31 dicembre 2006 per i Tecnici e Amministrativi e 30 Aprile 2006 per i Vigili Urbani assunti a concorso Tempo Determinato.
Numerosi gli uffici comunali che si troverebbero in difficoltà per il mancato rinnovo dei contratti o appalti dei circa 90 lavoratori precari comunali con conseguente disagio anche per i cittadini utenti.
Oltre alla nomina dei suoi rappresentanti, Il Comitato ha deciso di chiedere un incontro a breve termine con il Sindaco e l’Assessore Finanze e Personale finalizzato al rinnovo immediato dei contratti di tutti i lavoratori precari e alla stesura di un protocollo d’intesa per un Piano di Stabilizzazione definitiva o eventuale trasformazione di tutti i contratti a tempo determinato con durata triennale.