26.1.07

Wind cede il call center di Milano, è sciopero

Wind festeggia un milione di abbonati ma intanto esternalizza il call center di Sesto S. Giovanni che occupa 275 operatori. I sindacati pronti a proclamare lo sciopero di tutto il gruppo.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-01-2007]

In questi giorni Wind celebra con un'intera pagina su molti quotidiani il proprio milionesimo cliente di telefonia fissa; ma quello che non dice è che sta mettendo fuori dall'azienda 275 operatori, tutti quelli che lavorano nel call center di Sesto S. Giovanni (Milano), due terzi dei quali donne.

Quello di Sesto S. Giovanni è uno dei cinque call center del gruppo dell'unico operatore, oltre a Telecom Italia, che si occupi di telefonia fissa (con il marchio Infostrada), telefonia mobile (con il marchio Wind) e di internet (con il marchio Libero).

La direzione ha annunciato la decisione in questi giorni ai sindacati, dopo che nel luglio scorso aveva negato decisamente le ipotesi di chiusura che già circolavano allora: il call center milanese sarà esternalizzato.

Da luglio a oggi è successo che l'Enel, cioè lo Stato, è uscito completamente dalla proprietà di Wind, che è stata costituita e si è sviluppata grazie ai capitali pubblici, per lasciare in mano tutto all'impreditore egiziano Sawiris; quest'ultimo probabilmente si sente oggi più libero dai condizionamenti politici, anche rispetto a quei vincoli sull'occupazione che si era assunto con il governo e i sindacati quando due anni fa è entrato in Wind.

Il call center di Sesto S. Giovanni è l'unico in Wind dove la maggior parte del personale è a tempo pieno (che significa riuscire a portare a casa circa mille euro al mese, in una città costosa come Milano), obbiettivo raggiunto grazie alle dure lotte dei lavoratori, che ora temono sia tutto messo in discussione dall'esternalizzazione.

I sindacati hanno già proclamato lo stato di agitazione e in febbraio dovrebbe esserci uno sciopero nazionale di tutto il gruppo Wind, a sostegno di questi lavoratori e per chiedere al nuovo proprietario un serio rilancio degli investimenti che non sia finanziato solo da tagli al costo del lavoro.

Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus

Precari a Falconara, 130 nuovi disoccupati

2007-01-24 - La nuova verità rivelata, anzi “sussurrata” come da dietro la grata di un confessionale, fissa il giorno del primo febbraio come data di nuovo inizio: quello dei servizi e, di conseguenza, del Lavoro.

Niente di ufficiale ovviamente, troppo imbarazzante sarebbe uno straccio di impegno scritto davanti ad una frettolosa e per nulla scontata retromarcia, e così il magico 01/02/07 viene fatto viaggiare di bocca in orecchio in sequenza infinita.

Tre numeri che, volendo prenderli per buoni, se da una lato specificano il quando (la data) dall’altro lasciano ombre su chi (coop? co.co.co? partite iva? indeterminati? e tra questi ultimi due, quelli diretti del Comune, quelli della Together o entrambi?), cosa (quali servizi?), come (tipologia di contratto) e quanto (stipendio).

Tre numeri che, nonostante le vaste perplessità, hanno però il pregio (ad esclusivo uso e consumo dei politici) di sedare gli animi, di ammansire la gente nella culla della speranza di nuove prospettive. Che è un po’ la storia che se fai il bravo vai in Paradiso.

Nel frattempo vale la pena di dare anche da questo pulpito un po’ di numeri: sul Messaggero di qualche giorno fa hanno riportato i dati dei lavoratori impiegati attualmente dalle cooperative.

Intervento Uno – 7 in servizio
Intervento Due – 34 in servizio
Intervento Tre – 30 in servizio
Intervento Quattro – 18 in servizio

Totale 89, mentre il Comune parlava di 136 lavoratori prorogati. La cifra si corregge per difetto in quanto parecchi tempi indeterminati fanno numero nei “graziati” mentre in realtà molti di loro sono in ferie forzate al termine delle quali scatta l’aspettativa. Il loro status diventa quello di assunti mentre invece non lavorano e non percepiscono lo stipendio. In pratica altri disoccupati. In più qualche delinquente sta consigliando loro di presentare le dimissioni. NON FATELO!!! Se siete voi a licenziarvi, rinunciate in automatico al sussidio di disoccupazione dell’Inps. ASPETTATE CHE SIA LA COOP A MANDARVI LA LETTERA DI LICENZIAMENTO, NERO SU BIANCO E PER GIUSTA CAUSA!!!

Per quanto riguarda il Comune invece, di 84 lavoratori, attualmente sono rimasti:

15 Cfl
4 assistenti sociali
3 assunti da privati

I restanti 67 sono in attesa delle date dei bandi e comunque, visto che il Comune ha già fatto sapere di aver bisogno al massimo di 42 persone, significa che restano in ballo (casse permettendo) solo altri 20 posti.

Insomma, attualmente per Falconara si aggirano 130 NUOVI DISOCCUPATI. E tutto ciò mentre il Comune continua ad assumere esterni di proprio gradimento: i cugini del Sindaco, dirigenti che passano a dipendenti di ruolo, esterni dalla mobilità. In attesa dei bandi-farsa e del fatidico primo febbraio data che, se disattesa, farà da spartiacque tra l’atteggiamento morbido adottato finora nella lotta e l’adozione di misure meno politically correct, torte in faccia e lanci di uova, compresi.

La beffa dei corsi abilitanti

17 gennaio 2007 - Gildains.it
Presso le sedi provinciali della Gilda degli Insegnanti pervengono sempre più numerose segnalazioni di disagio e di disappunto da parte dei docenti precari che si sentono presi in giro dalla gestione dei corsi speciali per l’abilitazione indetti con il DM 85/2005.

Il DM in questione dava mandato alle varie sedi universitarie di organizzare i corsi in modo da concluderli nell'anno accademico 2005/06, in tempo utile quindi per l'inserimento nelle graduatorie permanenti che saranno redatte nella prossima primavera.

E' accaduto invece che, malgrado la scadenza per le iscrizioni fosse il 22 dicembre 2005, le università abbiano tardato nell'avviare le procedure organizzative dei corsi ed operato in modo da indurre i Ministeri dell'Università e dell'Istruzione ad emanare due note ( 18 e 19 dicembre 2006 ) che di fatto fanno slittare di un anno la possibilità di inserimento effettivo nelle graduatorie permanenti con un danno evidente per tutti i partecipanti.

Ancora una volta quindi si intende far pagare all'anello più debole- i docenti precari- i costi di colpe che dipendono da altri.

Tutto ciò è inammissibile anche alla luce del fatto che, per la prima volta in assoluto, è stata chiesta ai corsisti una cifra che si aggira intorno ai 2.000 €, somma che è stata pagata con la certezza del rispetto di disposizioni precise relative alla durata dei corsi e del termine ultimo per la loro conclusione.

La GILDA Degli INSEGNANTI intende quindi procedere presso il Ministero della Pubblica Istruzione al fine di indurlo ad intervenire presso il Ministero dell'Università con l'obiettivo di accelerare la conclusione dei corsi in tempo utile per l'apertura delle prossime graduatorie permanenti.

Al fine di favorire la conclusione dei corsi su tutto il territorio nazionale, la GILDA Degli INSEGNANTI suggerisce, a chi di competenza, la possibilità di utilizzare procedure on-line per ultimare le ore di formazione mancanti in modo da concludere i corsi in tempo utile da terminare gli esami alla fine del mese di maggio 2007.

Qualora la politica non volesse dare una risposta alle richieste dei docenti precari, non potremmo esimerci dal dare tutto il supporto necessario al fine del rispetto di norme e regole fissate dai nostri stessi Organi Istituzionali e per il recupero dei danni economici e morali che derivano dal mancato rispetto di tali norme e regole.

IL COORDINATORE NAZIONALE
(Rino Di Meglio)

25.1.07

Scuola. Rimborsi negati ai precari

24 gennaio 2007 - ItaliaOggi
Il ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa-Schioppa, dovrà spiegare in parlamento perché ai precari della scuola viene impedito di utilizzare il modello 730 per la dichiarazione dei redditi. La questione è stata sollevata da Salvatore Bonadonna, senatore di rifondazione comunista, che ha presentato un'interrogazione a risposta scritta il 17 gennaio scorso

Il problema riguarda i precari che vengono assunti con supplenze che terminano il 30 giugno.


In questi casi, infatti, l'amministrazione fiscale non consente la presentazione del modello 730, perché mancherebbe il requisito della costanza del rapporto di lavoro nel mese di luglio. Requisito indispensabile, secondo l'agenzia delle entrate, per consentire agli interessati la possibilità di accesso agli eventuali rimborsi anticipati, tipica della dichiarazione con il 730.

Secondo l'interrogante, questa cosa si tradurrebbe in una discriminazione a danno dei precari, che sarebbero costretti a presentare il modello Unico. Il che comporterebbe, a sua volta, l'impossibilità di usufruire dei centri di assistenza fiscale. E dunque, a un notevole esborso per effetto della necessità di rivolgersi a professionisti privati. Insomma, un'ulteriore penalizzazione, che si aggiunge alla disoccupazione forzata nei mesi di luglio e agosto.

Antimo Di Geronimo

Protesta precari a Catanzaro, scontri tra manifestanti e forze dell'ordine

Incendiati cassonetti, 4 feriti

Durante la manifestazione promossa dal Cgil, Cil e Uil

Lamezia Terme, 24 gen. - (Adnkronos) - Alcuni lavoratori socialmente utili e di pubblica utilita' che da stamattina stanno manifestando davanti alla sede della giunta regionale della Calabria, nel corso di una manifestazione promossa dal Cgil, Cil e Uil, hanno lanciato contro le forze dell'ordine poste a presidio della sede della regione alcuni oggetti tentando inoltre di forzare i cancelli. Alla ''provocazione'' dei lavoratori le Forze dell'ordine hanno reagito intervenendo per evitare un tentativo di forzare i cancelli di ingresso della sede regionale. Quattro lavoratori sono rimasti feriti. I manifestanti hanno anche incendiato alcuni cassonetti per la raccolta dei rifiuti.

La riunione in corso nella sala giunta, alla quale erano presenti gli assessori al Lavoro, Antonino De Gaetano, al Bilancio, Vincenzo Spaziante, i dirigenti di settore, i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, e una rappresentanza di dieci lavoratori, e' stata sospesa.

LSU/LPU - Protesta 6 mila manifestanti bloccano la città

Contributo di Francesco VALLONE
24 gennaio 2007

Oltre 6 mila precari, secondo i Sindacati, partecipano nalla manifestazione di sciopero generale a Catanzaro. I Precari, dopo aver sfilato per le vie cittadine, si sono portati dinanzi alla Sede della Giunta
regionele, in attesa di essere ricevuti dagli Amministratori.. ''Se non arrivano, nelle prossime ore, segnali da parte del Governo e del Ministro del Lavoro, On. Cesare Damiano, con la convocazione di un tavolo di concertazione nazionale sulla vertenza dei Lpu-Lsu calabresi, la giornata di protesta dei precari con lo sciopero , la manifestazione e il presidio davanti alla sede della Giunta Regionale di oggi, dovra', per forza di cose, continuare con altre iniziative di lotta e di mobilitazione''. E' quanto affermato da Luigi Sbarra segretario generale Cisl Calabria. La Giunta Regionale e Il Ministro del Lavoro - continua Sbarra - che sono stati sollecitati per tempo attraverso l'invio della piattaforma, che sta alla base della protesta dei lavoratori, non possono ignorare la necessita' di dover dare risposte chiare esaustive e verificabili, con scadenze certe, per rispondere ad una sacrosanta richiesta di superamento del lungo periodo di precariato attraverso un processo di stabilizzazione che porti nel giro di qualche anno , partendo da subito, alla regolarizzazione del rapporto di lavoro''. ''Le risposte le deve dare la Giunta Regionale - dice Sbarra - onorando gli impegni assunti negli accordi sindacali del 2006 , ma altrettante risposte non meno importanti li aspettiamo dal Ministro del Lavoro''.
'' La Cisl Regionale ritiene urgente ed inderogabile la risposta da parte del Governo Nazionale alla copertura assicurativa e previdenziale dei periodi lavorativi d'utilizzo dei Lpu-Lsu ( periodo d'utilizzo che varia per ogni lavoratore da 8 a 15 anni) e al ripristino della norma sul prepensionamento per i precari anziani , che dovra' trovare spazio e soluzione all'interno della verifica che partira' in questi giorni con organizzazioni sindacali nazionali ''sulla manutenzione del sistema previdenziale'' per affrontare congiuntamente al problema del corretto equilibrio di gestione del sistema non solo le problematicita' dei lavori usuranti e degli incentivi, ma anche la giusta soluzione previdenziale per i lavoratori precari''.
''Sarebbe importante e suggeriamo al Ministro del Lavoro Damiano - dice Sbarra - di mettere nell'agenda delle misure finanziarie della previdenza complementare annunciate per i lavori flessibili anche i LPU-LSU, al fine di consentire a migliaia di giovani e non, la possibilita', in prospettiva, di una pensione futura dignitosa . Occorre, inoltre, attivare un confronto congiunto tra Ministero, Regione, ANCI e Sindacato per cogliere e attualizzare tutte le opportunita' previste dalla Legge Finanziaria 2007 in materia di stabilizzazioni che, anche se parziali e insufficienti, come il superamento del blocco delle assunzioni solo nei comuni al disotto dei 5.000 abitanti, possono rappresentare un concreto avvio di un nuovo percorso orientato al superamento del precariato e alla creazione di lavoro stabile e duraturo''.
''Anche la Regione, in ogni caso - secono Sbarra - deve fare la propria parte passando dalle parole ai fatti.
Recuperando ritardi, omissioni e colpevoli responsabilita' impegnandosi in una rinnovata azione politica, amministrativa e legislativa ed attivando, a tale scopo, un tavolo permanente di confronto e concertazione con il Sindacato per risolvere definitivamente la vertenza dei precari LSU - LPU''.

Foggia. Precari, la Provincia si impegna ad assumerne 160

FOGGIA, mercoledì 24 gennaio 2007

Pronti ad assumere 160 precari. La Provincia di Foggia potrebbe stabilizzare i lavoratori precari impiegati presso gli enti pubblici. Lo consentirebbero i decreti attuativi della Finanziaria. Una volta emanati la Provincia potrà a sua volta predisporre una delibera di indirizzo per procedere alla stabilizzazione. Lo rende noto la Cisl. I sindacati di categoria degli atipici di Cigl, Cisl e Uil, hanno partecipato ieri a una riunione della commissione lavoro e personale della Provincia, convocata dal presidente Vincenzo Brucoli proprio per discutere di queste nuove norme. All'incontro hanno partecipato anche l'assessore al Personale di Palazzo Dogana, Bernardo Lodispoto e alcuni funzionari. Alla Provincia tra collaboratori e ex Lsu sono circa 160 le unità con rapporto di lavoro precari. In tal senso NIDIL CGIL e ALAI CISL esprimono “soddisfazione sia per l'iniziativa presa dalla commissione di convocare le parti sindacali, sia per la decisione dell'ente provinciale di procedere appena possibile alla stabilizzazione”. I sindacati sperano anche che eguale attenzione e premura sia fatta propria da altri enti dove è ugualmente alto il numero di precari: “pensiamo al Comune di Foggia, - affermano Nidil e Alai - dove sono circa 90 le unità impegnate con contratti di collaborazione o ex Lsu: al Comune di Lucera, al Comune di Monte Sant'Angelo”. Dall'incontro a Palazzo Dogana è inoltre arrivato l'impegno della commissione ad attivare un tavolo con l'assessorato regionale al Lavoro, per quelle che saranno le competenze alla Regione previste in Finanziaria, che destinerà a questi enti quota parte dei finanziamenti per la stabilizzazione.

Daniela Zazzara

ACT 4 RADICAL EUROPE: manifesto per un’altra Europa

Una prospettiva per la "giovane Europa" che in questi anni ha dato vita ai movimenti per la pace e contro la precarietà: un’Europa politicamente forte, di nuovo casa dei diritti e della cittadinanza per tutti gli europei, vecchi e nuovi. Un’Europa aperta, sia online che sul territorio, che garantisca a tutti moderni servizi di welfare state, a partire dal basic income; un’Europa che smantelli i privilegi economici delle élite e delle multinazionali, per rilanciare una nuova stagione dei common e porre termine a quella delle privatizzazioni; un’Europa all’avanguardia nella riconversione equosolidale, nello smantellamento dell’industria bellica e nell’economia creativa, senza leggi poliziesche sul copyright e guerre all’immigrazione.

ACT 4 RADICAL EUROPE (A4RE) è la prima bozza di un manifesto demo-radicale europeo, per rilanciare l’Europa dal basso e uscire dalla stagnazione politica attuale.
Il documento originale, in inglese. si può leggere qui. . Il 17 febbraio a Milano, all’Olinda, l’assemblea costituente del movimento, prima tappa di percorso politico per un’altra Europa.

ACT 4 RADICAL EUROPE (A4RE)
Manifesto per un’associazione politica transnazionale che agisca per la giustizia ecologica e sociale

LA GUERRA INFURIA, LA DISTOPIA SI AVVICINA

L’alba del XXI secolo è buia e barbarica, mentre la guerra, l’ineguaglianza, l’irrazionalità, la xenofobia e il collasso ecologico si diffondono incontrastati nel pianeta cosi’ come nella nostra regione, l’Europa, governata dall’Unione Europea e dagli stati nazione, ma in realtà disarticolata e divisa tra paesi euro e non-euro, nella (dis)Unione fra vecchi e nuovi membri del club.

Il Bushismo e l’Islam politico hanno ridefinito la politica mondiale, la Cina e l’India hanno ridisegnato l’economia globale. L’America Latina ha rotto con la dottrina di Monroe, ma l’Europa politica è allo sbando: il "no" franco-olandese ne ha svuotato l’essenza, mentre il conflitto sociale e la disillusione crescenti ne mettono in dubbio la sua rilevanza come entità politica. Lo spazio europeo è oggi attraversato da massicci flussi di capitale e di immigrazione (i primi lasciati liberi di muoversi all’interno del Mercato Unico, i secondi, al contrario, discriminati e perseguitati da Schengen) e amministrato in termini puramente conservativi da una tecnocrazia neoliberista e da governi nazionali che condividono una debole se non inconsistente legittimità.

Nel XXI secolo il vecchio progetto federalista di orientamento cattolico/socialista, ispirato da Spinelli e avviato da Monnet, è una forza definitivamente spenta. Un nuovo cosmopolitismo europeo, di orientamento democratico-radicale, deve ora prendere il suo posto, mettendo al centro i valori del federalismo orizzontale, dell’azione sociale ed ecologistta, dei diritti GLBTQ (gay/lesbiche/bisex/trans/queer). Se ciò non avverrà, lo stato-nazione rialzerà la sua testa mostruosa: le forze nazionaliste e xenofobe, costituiscono già oggi una minaccia reale in molti paesi europei.

D’altro canto, la sinistra "ufficiale", vuoi socialdemocratica vuoi comunista o ecologista, non appare oggi in grado di formulare risposte adeguate alle sfide gigantesche poste dalla polarizzazione economica e dall’instabilità geopolitica, dal pieno dispiegamento delle reti digitali, dall’innovazione biotecnologica con le sue conseguenze etiche e sociali, e soprattutto dal cambiamento climatico e dal danno ambientale crescenti.

STATI SOCIALI D’EUROPA

Gli spettri della pauperizzazione e dell’esclusione ossessionano gli europei. Negli ultimi vent’anni, la precarietà e la disuguaglianza hanno rotto il compromesso social-democratico-cristano del periodo postbellico su cui l’Europa moderna è stata fondata: redditi crescenti per i lavoratori e potere crescente per i loro sindacati in cambio dell’accettazione del capitalismo occidentale. Al suo posto, vi è stata un’immensa accumulazione di ricchezza privata accanto all’aumento dell’esclusione e della rabbia sociali.Agire per un’Europa radicale vuol dire innanzitutto mobilitarsi contro la disuguaglianza sociale, la precarizzazione del lavoro e l’arroganza delle élite e dei loro privilegi, come milioni di persone hanno fatto recentemente in Francia e Danimarca.

Oggi in Europea, il conflitto centrale contro il neoliberismo è la lotta contro la precarietà. La lotta degli studenti, dei lavoratori dei servizi e della conoscenza contro condizioni sociali e di lavoro altamente precarie è politicamente esplosiva. Dice che un’altra Europa è possibile, con i diritti sociali fondamentali al suo centro. La sicurezza del reddito e l’autonomia culturale devono diventare le fondamenta di un nuovo stato sociale europeo. Questa è la nostra interpretazione welfarista della flexicurity, in netto contrasto contro l’approccio workfarista alla flessibilità del lavoro e alla sicurezza sociale contenuto nel recente Green Paper della Commissione Europea sulla regolazione del mercato del lavoro. Per opporsi all’Europa sociale minima chiesta dai liberali, dobbiamo diffondere libertà di pensiero e di azione, promuovere la sovversione culturale e il conflitto sociale, così da dar vita all’Europa radicalmente democratica che le oligarchie nazionali si ostinano a rifiutare.

Di fronte all’ebollizione sociale e all’effervescenza culturale, i governi nazionali limitano istericamente la libertà d’espressione in rete e sulle strade, in un clima di paura e paranoia fomentate a arte per giustificare regimi di legalità sempre più draconiani. Per combattere questa tendenza reazionari, i principi libertari nell’informazione e nella comunicazione devono costantemente essere asseriti online e offline, e le libertà di movimento e di protesta praticate e difese contro ogni minaccia e aggressione securitarie.

La persecuzione di migranti e rifugiati alle porte e all’interno dell’Europa è una cocente vergogna per chiunque si dica democratico: alleanze transetniche e solidarietà transnazionale con i migranti sono doveri morali per tutti i demoradicali (rad-dem) europei che combattono per un’idea allargata di Europa, che non può fare a meno di includere individui e popoli una volta soggetti al rapace dominio imperiale europeo.

L’attivismo queer è in crescita in Europa e nel mondo, ma i diritti trans/gender si trovano sotto attacco da parte di establishment clericali reazionari con una violenza senza precedenti. Malgrado le conquiste del femminismo moderno, le donne sono tuttora intimidite, aggredite e uccise sia nelle famiglie indigene che in quelle immigrate, e discriminate sia nella sfera pubblica che nel posto di lavoro. L’eguaglianza di genere e la lotta contro l’omofobia devono entrare a far parte delle priorità dei movimenti radicali europei.

Oggi la gioventù multietnica d’Europa è economicamente discriminata e sempre più alienata dal resto della società. La giovane generazione europea è infatti bloccata da disoccupazione e precarietà, mentre le viene negato l’accesso ai beni sociali di base (casa, istruzione, welfare ecc.). La gerontocrazia delle élite e i conseguenti privilegi per la rendita finanziaria stanno uccidendo il futuro d’Europa pesando in modo sproporzionato sulle giovani famiglie ed escludendo la classe creativa dalle decisioni politiche ed economiche.

Oggi le imprese non solo ricorrono sistematicamente alla delocalizzazione e all’outsourcing, seguendo i dettami dei mercati finanziari, ma cercando di sfruttare le capacità cognitive e relazionali delle persone, mentre si impadroniscono dell’accesso ai beni comuni naturali e sociali. L’economia di oggi rende la vita individuale sempre più dipendente dal mercato, il che a sua volta aggrava la frammentazione sociale e l’alienazione ecologica. Il radicalismo europeo deve sfidare le nuove gerarchie create dal capitalismo europeo per riuscire finalmente a infrangere la maledizione inegualitaria, favorendo la creatività biopolitica e l’insorgenza sociale. Dobbiamo combattere per nuove concezioni del welfare e nuovi concetti del comune. L’ora è venuta per la moltitudine precaria per togliere potere alle élite e ridisegnare il panorama sociale d’Europa.

Il potere aziendale e finanziare è ancora formidabile in Europa ed è tenacemente difeso dal monetarista Trichet e dal liberista Barroso, ma ha perso l’aura di credibilità e di quasi invincibilità che aveva negli anni Novanta, grazie alla pressione sociale su più livelli del movimento noglobal. Il movimento globale per la giustizia sociale e ambientale si è sviluppato in Europa a partire dalle grandi proteste di Praga, Goteborg, Genova ed è culminato nelle manifestazioni oceaniche contro l’invasione dell’Iraq del 15 febbraio 2003 in tutte le grandi città europee. Ma è declinato da allora, anche se nuovi movimenti radicali sembrano averne preso il testimone nel corso del 2006.

La crescita di una rete mayday europea contro la precarizzazione dei giovani e la persecuzione degli immigrati è stata un’eccezione parziale al declino del movimento noglobal europeo. Disseminato nelle principali città d’Europa, il movimento contro la precarietà rappresenta uno dei tentativi più potenti di rinnovare le idee e le tattiche di dissenso politico e sociale nell’UE.

L’IDEA DI EUROPA RADICALE

In un’età di oscurantismo intellettuale, vogliamo tornare allo spirito radicale dell’Illuminismo e alla nascita rivoluzionaria della democrazia. In Europa, nei secoli, l’idea stessa di filosofia politica e quindi di quale forma lo stato debba assumere è stata plasmata e alterata in modo decisivo dall’agire collettivo e dal conflitto sociale. La nostra idea di Europa radicale attinge e prende ispirazione dai grandi momenti di mobilitazione democratica e liberazione nella storia europea, perché momenti nei quali le idealità condivise riuscirono a forzare e vincere sistemi di potere radicati nei secoli.

Innanzitutto, le correnti radicali e democratiche, come i Levellers e i Diggers, della rivoluzione inglese, e in special modo, della rivoluzione francese, come i giacobini e in sanculotti; quindi le società segrete che si opposero all’assolutismo della Santa Alleanza; in Inghilterra, il movimento cartista per il suffragio universale e la nascita del movimento sindacale; il 1848 rivoluzionario e l’idea di Giovane Europa non-dinastica; il coraggioso esperimento di autogoverno urbano e di democrazia elettiva avanzato dalla Comune di Parigi nel 1871; il periodo fra il 1890 e il 1920, che vide le grandi speranza e le sonore sconfitte della sinistra radicale, in un continente agitato da scioperi generali, scosso dal movimento femminista per il suffragio universale, dissanguato dall’orrore delle trincee della Grande Guerra e traumatizzato, infine, dalla rivoluzione bolscevica e dalla successiva controrivoluzione reazionaria; la seconda internazionale e il sindacalismo rivoluzionario, al centro del movimento operaio prima della Prima Guerra mondiale, dopo la quale saranno finalmente vinti i Kaiser e gli Zar; il 1936 e la vittoria sociale ed elettorale del fronte popolare francese, l’anno dell’aggressione di Franco contro il fronte popolare spagnolo, repubblicano, socialista e anarchico, nonché la prima dimostrazione delle guerre genocide che il fascismo europeo e internazionale intendeva scatenare in Europa e Asia. Solo un fronte popolare mondiale poté sconfiggere i totalismi nazi-fascisti nel 1945, dopo sofferenze immense e aspre guerre civili di liberazione, e fu proprio dalle ceneri della sconfitta fascista e in risposta agli orrori della guerra totale che l’idea politica di Europa emerse dai movimenti della resistenza europea, poi distillati nel manifesto di Ventotene per un’ Europa federale e pacifica.

Dopo la guerra, le istituzioni economiche, e quindi politiche, europee presero a consolidarsi. Il 1956 fu l’anno decisivo, dal momento che proclamando a Suez la fine dell’imperialismo europeo, segnò la nascita del federalismo europeo, e poi perché rivelò i crimini di Stalin dando il via alla ribellione democratica nell’Europa dell’Est contro il regime sovietico. Poi il 1968: Parigi, Roma, Berlino, Praga insorsero contemporaneamente, dando il via alla rivolta giovanile e all’esplosione identitaria degli anni Settanta (hippy, studenti, donne, gay, punk, gruppi etnici e popoli oppressi), che in ultima analisi avrebbe minato la guerra fredda e la partizione dell’Europa, culminando nella rivoluzione democratica del 1989 a Berlino, preparata dai movimenti antinucleari degli anni Ottanta. La demolizione del muro avrebbe di lì a poco portato all’implosione del comunismo russo e del suo blocco geopolitico, preparando la scena al lancio della moneta unica in Europa Occidentale e all’allargamento a Est dell’Unione Europea. Ha permesso anche ai fondamentalisti del mercato di imprigionare l’anima politica d’Europa, dando il via alle privatizzazioni e ai tagli di spesa su larga scala che degli anni Novanta. Ma all’inizio del XXI secolo, questo nefasto scenario di politica economica sta finalmente dissolvendosi.

NOI, EUROPEI RADICALI

Noi siamo gli orgogliosi eredi della storia radicale dell’Europa fino ai movimenti noglobal di questi anni. Apparteniamo a diverse tradizioni europee di politica democratica e di filosofia critica. Siamo figli dell’approccio laico che ha guardato alla natura attraverso la ragione, discendenti di tutte quelle forme di pensiero socialista e di politica progressista che in ogni epoca si sono opposte ad ogni forma di autoritarismo e totalitarismo. Siamo figli dell’Europa ecologista e post-patriarcale e, a partire da questo retaggio radicale, intendiamo contribuire a una cultura politica condivisa di tipo democratico e radicale che possa ridare significato e scopo all’esperienza e all’agire delle persone, nella loro vita e nel loro ambiente.

Noi ci dichiariamo europei radicali. Vogliamo batterci per i fondamentali diritti umani, civili, sociali, di genere, dell’informazione delle moltitudini che vivono o arrivano in Europa; siamo inoltre anti-colonialisti, convinti che esista una sola umanità al di là dei confini che oggi tutelano i pochi a vantaggio dei molti, al di sopra dei confini tracciati tra i popoli per nascondere quelli che, al loro interno, dividono l’alto dal basso.

Noi lavoriamo a una rinascita del progetto europeo attraverso il principio della radicale partecipazione democratica e i suoi strumenti imprescindibili: il dissenso intellettuale, la protesta sociale, la disobbedienza civile, il picchetto sindacale, il boicotaggio, il mediattivismo. Dichiariamo nostri nemici il nazionalismo, il clericalismo e il fondamentalismo. Denunciamo il neoconservatorismo in politica e il neoliberismo in economia in quanto filosofie e metodi di governo immorali e insostenibili.

Noi siamo la generazione che ha buttato giù il muro di Berlino e che è andata ’underground’ quando Thatcher, Wojtyla and Reagan hanno cercato di restaurare i valori di patria e famiglia. Siamo quelli che hanno iniziato la rivoluzione di Internet, gli attori invisibili della globalizzazione socioeconomica. Siamo la generazione low-wage/low-cost, ancora dominata da élite che risalgono alla guerra fredda che piuttosto di cedere il potere sono pronte a fare dell’Europa una Grande Svizzera, dove dittatori e mafiosi possono tranquillamente custodire le loro fortune e prosperare mentre gli "immigrati", compresi quelli nati in Europa, vengono esclusi dalla cittadinanza.

Noi siamo la classe creativa d’Europa e fieri oppositori del monopolio privato della tecnologia e della conoscenza, e ci opponiamo a un livello di concentrazione economica senza precedenti nella storia dell’umanità. La libertà e il diritto alla circolazione del sapere richiedono di porre immediatamente fine al rafforzamento della legislazione sul copyright che nell’ultimo decennio ha protetto i vasti interessi delle major e dei media. Oggi la proprietà intellettuale si fronteggia con la libertà culturale e con l’innovazione economica. Noi demoradicali europei chiediamo l’abolizione del sistema dei brevetti, in particolare di quelli farmaceutici perché salvaguardare i profitti di Big Pharma significa giustificare la morte di milioni di persone nel Sud del mondo.

Il diritto di copiare e condividere senza fini di lucro deve essere salvaguardato per tutti. Analogamente, le reti di filesharing e i networks p2p devono essere protette dalle attenzioni poliziesche. Con il pretesto della della lotta al terrorismo la libertà di comunicazione attraverso la Rete è stata decurtata in seguito al monitoraggio e alle intrusioni sul Web che noi denunciamo per le stesse ragioni per le quali ci opponiamo all’utilizzo sistematico delle videocamere di sorveglianza, che non prevengono il crimine ma violano costantemente la privacy rendendoci tutti potenziali sospetti.

Dagli anni Novanta, siamo attivisti che si oppongono senza riserve allo strapotere delle multinazionali, dando vita ad azioni e campagne per combattere la discriminazione sociale e la distruzione ambientale. Ci opponiamo strenuamente e denunciamo gli interessi economici che si sono resi complici nella svolta reazionaria ed ecocida che il mondo ha imboccato dopo il 2001. Il capitalismo non è una relazione sociale immutabile e, secondo noi, la storia è progressiva o regressiva a seconda del rapporto fra le forze del capitale e del lavoro, dello stato e della società, in periodica mutazione. La sfida epocale che ci attende — impedire il disastro ecologico e sociale — è tale e il rischio di mutazioni sociali e di biforcazioni politiche maligne altrettanto grande, che per portare avanti le rivendicazioni sociali e politiche della classe neo-precaria di cui siamo espressione, le nostre forze devono sommarsi a quelle di tutti gli altri settori progressisti della società europea.

Non siamo un partito politico e non siamo un sindacato, anche se alcuni di noi potrebbero in futuro correre in elezioni o diventare delegati sindacali. Siamo un’associazione paneuropea espressione di un movimento sociale e politico democratico-radicale. Alcuni di noi si sono lasciati alle spalle i limiti dello spontaneismo anarchico o la nostalgia del comunismo, tutti crediamo che l’orizzontalità e l’uguaglianza siano ideali che, per non diventare totem settari, debbano tradursi in una pratica condivisa e in una legislazione. Siamo altresì consapevoli che il perimetro delle soggettività coinvolte da questo progetto - si tratti di identità queer, ecologiste, cyber, etc.o di altri soggetti - coincide oggi con un orizzonte politico e sociale più ampio di quello strettamente istituzionale per affrontare in maniera decisiva il potere reticolare di stati e imprese. Siamo sufficientemente pragmatici per sapere che dovremo usare ogni mezzo di pressione sui settori progressisti, socialisti, ecologisti del Parlamento Europeo, per far emergere soluzioni radicali al presente immobilismo del pantano politico europeo.

La nostra iniziativa politica sarà fieramente indipendente, fondata sull’azione diretta nonviolenta e su un’elaborazione intellettuale totalmente autonoma. Libera, soprattutto, da ogni soggezione di partito, sindacato, chiesa, lobby. E totalmente irriverente.

Contro le politiche liberaldemocratiche, o peggio nazionaldemocratiche. che promuovono la disuguaglianza in Europa, l’asservimento al militarismo USA e l’allineamento al mercantilismo occidentale, per un nuovo orizzonte radicale europeo in grado di immaginare una nuova cultura politica e un nuovo panorama sociale, noi precarie e precari, wobbly e queer, difensori degli alberi e patiti del computer, ci proclamiamo europei democraticamente e radicalmente attivi per la giustizia sociale ed ecologica.

COSA SERVE PER COSTRUIRE L’EUROPA RADICALE: Un’organizzazione sociopolitica di uomini e donne che usino tutte le risorse e le tattiche disponibili per far valere la libertà politica e culturale, la giustizia sociale, economica e ambientale in tutta Europa!

I NOSTRI OBIETTIVI FONDAMENTALI

Creare una democrazia ecologica, radicale e "peer-to-peer" in Europa Affermare un’identità europea secolarizzata, femminista e solidale. Aprire i confini europei a tutti i popoli e alle culture. Promuovere un’integrazione politica forte e un federalismo regionale di tipo orizzontale. Rendere la Commissione un’espressione del Parlamento Europeo uno strumento del suffragio e della volontà popolare, finalmente responsabile davanti all’opinione pubblica europea. Promuovere referendum europei sui maggiori problemi costituzionali e le direttive dell’UE. Riformare la Corte Europea in modo che possa essere adita in luogo delle giurisdizioni nazionali, nei casi di violazione dei diritti fondamentali.

Fissare un salario minimo europeo, sostenere i diritti sindacali e il diritto di sciopero quali uniche forze riequilibranti nell’attuale mercato del lavoro.

Mettere l’energia solare ed eolica e il potere della conoscenza collettiva al servizio della trasformazione dell’economia. Riformare drasticamente gli statuti e le politiche della Banca Centrale Europea e promuovere la diffusione di monete alternative. Imporre la tassazione europea delle corporation e dei combustibili fossili. Espandere il ruolo della sanità, dell’educazione e degli spazi pubblici europea Creare un reddito di base europeo come chiave di un vero welfare europeo.

Assicurare libertà di espressione e comunicazione a proteggere il libero scambio di informazioni, saperi e cultura dentro e fuori Internet Assicurare libertà neurochimica contro l’invadenza dello stato e ottenere la legalizzazione della cannabis. Affermare i diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transgender, così come il diritto a esibire il proprio orgoglio queer e l’emergere di culture non eterosessuali; nonché il diritto a non essere discriminati in ogni ambito della vita, compreso il diritto di sposarsi e di adottare dei figli. Riaffermare il diritto di tutte le coppie non sposate a una vita familiare e ai relativi benefici sociali.

Rilanciare politiche monetarie e fiscali keynesiane ed "espansive", abrogare il patto di stabilità e i suoi obblighi. Promuovere le associazioni internazionali e la cooperazione con i movimenti radicali e democratici nel resto del mondo. Promuovere un nuovo sistema commerciale globale e accordi di commercio equo e solidale con India e Sud America. Uscire dalla Nato per liberare il peso dell’Europa in favore di una pace giusta nelle aree di conflitto e di una corte di giustizia internazionale.

Promuovere una legislazione internazionale in favore dei migranti con una carta dei diritti per proteggerli da persecuzioni e discriminazioni.

Lavorare in favore di una città che sia più verde e amica, in primo luogo dei bambini, favorevole alle biciclette per superare la cultura dell’auto, adottando alternative ai combustibili fossili per riscaldamento, trasporti e produzione di energia. Piantare alberi e far ricrescere le foreste nelle terre urbanizzate d’Europa. Proteggere le scimmie e gli altri mammiferi superiori dalla malvagità degli umani e dalla sperimentazione scientifica sulla pelle degli animali. Stop all’agricoltura industriale intensiva e con la pesca non sostenibile in Europa, e promuovere l’agricoltura biologica e il vegetarianesimo attraverso una completa revisione della Politica Agricola Comunitaria. Promuovere una discussione informata e democratica su scienza e tecnologia, allo scopo di costruire una posizione demoradicale forte sulla bioetica e le altre le questioni scientifiche che colpiscono la società.

Dimezzare le emissioni di carbonio, come unica via per diminuire il contenuto materiale (energetico) del consumo e della ricchezza e sopravvivere come civiltà cosmopolita e digitale su un pianeta con risorse naturali limitate, atmosfera e oceani in rapido riscaldamento e una veloce perdita di biodiversità.

"Spesa proletaria", 39 disobbedienti rinviati a giudizio

Il 6 novembre di due anni fa, entrarono in massa in una libreria e un supermercato a Roma e fecero man bassa di quel che trovarono. Era la cosiddetta «spesa proletaria dei disobbedienti», compiuta in nome dei precari. Per quell´episodio il gup del tribunale di Roma, Marco Patarnello, ha ora decretato 66 proscioglimenti, ma anche 39 rinvii a giudizio.

Il prossimo 19 giugno saranno così processati, tra gli altri, Guido Lutrario, Luca Casarini Nunzio D'Erme, Anubi D'Avossa Lussurgiu, che a seconda delle posizioni, devono rispondere di rapina aggravata e lesioni.

Nei confronti di altre 66 persone è stata invece pronunciata la sentenza di «non luogo a procedere». Tra questi anche il giovane Alessandro F. che aveva chiesto l'abbreviato e per cui la stessa Procura, rappresentata in aula dal Pm Maria Cristina Palaia, aveva dato parere favorevole alla assunzione. Secondo quanto hanno spiegato alcuni dei legali delle persone prosciolte, il giudice, nel provvedimento, ha fatto riferimento al dato che la «mera partecipazione ad una manifestazione non è il concorso in reato» ed inoltre per molti c'era «la oggettiva incertezza nel riconoscimento».

Le azioni di «esproprio» erano state poste in essere in occasione della manifestazione nazionale svoltasi a Roma in protesta contro il precariato. Un gruppo si staccò dalla manifestazione per assaltare il supermercato "Panorama" e la libreria "Feltrinelli" di largo Argentina. Quasi tutte le persone che erano state indagate furono riconosciute attraverso le immagini acquisite tramite le telecamere a circuito chiuso e dalle numerose fotografie e riprese video che erano state fatte dagli stessi appartenenti al movimento di protesta.

Pubblicato il: 22.01.07
Modificato il: 23.01.07 alle ore 17.16

Assistenza Wind: due facce della medaglia

Mi è stato chiesto dagli amici di WindWorld di parlare di un caso molto importante che sta prendendo di mira quasi 300 dipendenti Wind. Con l'occasione ne parlo sia nel "bene" (se questo potrebbe mai esser definito tale) che nel "male".

Saltando comunicati stampa e commenti, i fatti sono questi: Wind aveva annunciato tempo addietro che avrebbe riorganizzato l'assetto societario, riducendo in modo civile il personale. Arriva ora la pillola amara: 275 addetti al call center di Milano Sesto San Giovanni (e permettetemi di dire che credo sia quello che funzioni meglio) verranno esternalizzati. Questa parola è un modo carino per non dire licenziati; chiaramente, chiedere ad una persona -magari con famiglia e figli- di spostarsi di 600-700km per un lavoro si può tranquillamente equiparare ad un licenziamento.

Dal 1 marzo 2007 dovrebbe essere dismesso non solo lo storico call-center di Sesto San Giovanni, ma pure la gestione della rete radiomobile di Milano (per tutto il nord Italia). Tutto questo verrà trasferito a Roma, probabilmente nel nuovo quartier generale di cui si parlava in passato, nelle vicinanze del Colosseo.

Se questo è il dramma dei dipendenti, sbattuti di fronte ad una scelta in modo così repentino, è giusto mettere in luce quelli che saranno i contraccolpi che subiranno i clienti (e lo farò attraverso una mia esperienza appena subita).
Quando un call-center viene gestito da altre società, che fanno solitamente contratti precari e paghe da fame, la qualità del servizio non può che cadere in un baratro (da cui -tra le altre cose- quello di Wind già proveniva e in cui sono finite altre società mobili italiane).

E se questo è il futuro che si prospetta, io vi racconto il presente. Dopo un'offerta di passaggio di ADSL sulla mia utenza, la portante dati è caduta. In 15 giorni di tentativi di chiamata all'assistenza tecnica all'155, ne ho subite di tutti i colori:
- escludiamo le chiamate di attesa a vuoto, mediamente di 22 minuti, ma che hanno raggiunto per me i 54 minuti di musica ripetitiva, intervallate da chiamate che finivano con "Non ci sono operatori disponibili"
- ogni operatore che mi rispondeva si stupiva dell'accaduto e apriva segnalazione, invitandomi a richiamare dopo 48 ore se nulla fosse accaduto. Non è mai successo che uno mi abbia detto "ne vedo già una aperta da un mio collega", cosa invece possibile.
- molti dopo aver attivato la conversazione restavano in inesorabile silenzio, mentre sotto si sentivano i colleghi vicini parlare (il metodo principe di coloro che vogliono apparire occupati al capo reparto, ma che in realtà preferiscono riposarsi qualche minuto)
- un paio mi hanno fatto spiegare in modo scarno l'accaduto, mettendomi poi in attesa per qualche fantomatico controllo. Mi pare superfluo dire che dall'attesa non tornavano, ma lasciavano che la linea cadesse dopo circa 20 minuti

Per concludere, la situazione che stanno vivendo alcuni dipendenti all'interno dell'azienda è particolarmente grave (la vicenda può essere seguita da qui), ma Wind deve rimettere mano non tanto all'organizzazione logistica dei propri dipendenti, ma alla vera e propria struttura su cui poggia una azienda seria: l'assistenza.
Con il senno di poi, il Codacons ha pienamente ragione.

Giovane, istruito, con famiglia: è il precario lucano di Eurispes

L'identikit del lavoratore precario è stato tracciato dall'istituto di ricerca. Il sentimento più diffuso? La paura per il futuro
POTENZA - Hanno in media 40 anni, con un diploma di scuola media superiore, almeno un figlio a carico e un contratto a progetto che dura dai tre ai cinque anni: è questo l’identikit del lavoratore precario lucano nella Pubblica amministrazione che emerge dal primo rapporto Eurispes «Pubblicamente precario», presentato oggi a Potenza nel corso di un convegno.
Lo studio prende in esame la condizione dei lavoratori precari negli enti pubblici in provincia di Potenza (Comuni, Regione, Comunità montane, enti sub-regionali, ministeri e università). I dati si riferiscono ad un campione di 250 persone, a cui sono stati somministrati dei questionari tra ottobre e novembre del 2006. Circa la metà degli intervistati ha sempre lavorato con contratti atipici, e il 42 per cento non ha mai firmato un contratto a tempo indeterminato.
Il 70 per cento dei precari lavora attualmente a tempo pieno, il 52 per cento guadagna tra gli 800 e i 1.400 euro netti al mese e il 57 per cento spera in un’eventuale stabilizzazione in un futuro prossimo: «E' un indagine rappresentativa della situazione in Basilicata – ha spiegato il segretario generale dell’Eurispes Basilicata, Alberto Aliastro – ed il primo condotto sul territorio. Gran parte dei precari ammettono di lavorare in condizioni non ottimali, con una forte paura per le prospettive future».
«Lo studio – ha sottolineato il segretario nazionale Fp Cgil, Carlo Podda – apre finalmente un dibattito concreto sulla situazione, dopo tanto chiacchiericcio giornalistico. Un modo serio di affrontare il problema, e auspico che il metodo venga adottato anche in altre zone d’Italia».

23/1/2007

Fisso o precario, si parte anche da 3 euro l'ora

Gli stipendi

Dall'entrata in vigore della nuova moneta i prezzi sono aumentati anche di cinque volte
Lavoro che (non) paga. Un popolo di precari e part-timisti, tempi determinati e apprendisti che in un mese guadagna un quarto del costo medio di un metro quadro, che sudando un'ora è pagato quanto una deprezzata bottiglia di Barbera da 75 centilitri, che un'intera giornata retribuita se la brucia se solo s'azzarda a una pizzata con tre amici. Dal 2002 — l'anno dell'euro —, metri quadri, bottiglie e pizzate sono aumentati di cinque volte: ma i salari di commessi e cassieri di supermercati, di operai e ingegneri della metallurgia, di collaboratori scolastici (i bidelli) e impiegati comunali, ecco, i salari son rimasti gli stessi. Travolgendo nella crisi un impiego che, un tempo — non lontano — era considerato da mamma e papà la cassaforte della vita: un posto in banca. Oggi il neoassunto di un istituto di credito è, lui pure, uno della generazione- mille (euro al mese).

LE BANCHE — Tanto per cominciare: in banca si entra come apprendista commesso. Inutile sognare: il salario è di 1.100-1.200 euro e tale resta per i primi quattro anni. Dopodiché, certo, si può cominciare a far carriera. Comunque, quattro anni: lasso di tempo che obbliga un laureato di 24-25 anni ad arrivare ai trenta con ancora un posto ballerino. In banca, sì. Ma ballerino. Pierpaolo Merlini (Cisl) piange gli anni in cui tutti si scannavano ai concorsi pur di entrare in istituto di credito. «La banca non è più un posto sicuro, che dà garanzie e sicurezza. Che ti sistema». Bisogna scegliere e battere altre strade. D'accordo: ma quali? Non super e ipermercati, settore segnalato dalla Cgil «in difficoltà estrema» e, soprattutto, «foriero di disagi, casi di mobbing e malattie strettamente legate allo stress».

GALASSIA PART-TIME — In iper e supermercati, il 60% delle assunzioni sono part-time. E contemplano, a fronte di 20-25 ore settimanali, una retribuzione di 500 euro mensili. Una situazione «che — dice Giorgio Vanoli (Cgil) — porta cassieri e commessi a cercarsi un secondo, se non un terzo lavoro». Che deve essere incastrato con gli orari della prima occupazione. E non è facile: «Il dipendente di un grande magazzino non ha una turnazione prestabilita — prosegue il sindacalista —. Lavora quando viene chiamato: un mattino se ci sono tanti prodotti da sistemare nel magazzino, una domenica se c'è l'apertura straordinaria del negozio, un venerdì sera se è la vigilia di una festività. Può capitare di lavorare sei ore un giorno e neanche un minuto i due seguenti». Senza contare che, sia un giorno feriale o un dì di festa, la paga non cambia di un'acca. Senza contare che, «nell'ultimo anno sono aumentate le segnalazioni per mobbing. E aumentano esaurimenti nervosi ed episodi di tensione».

TRE EURO (LORDI) — Una tensione che, nei call center, non ha bisogno di salire. È già alta. Per colpa della continua e progressiva discesa dei salari. Un operatore addetto a raccogliere le richieste di prodotti delle televendite oscilla tra i 3,5 e i 5,5 euro l'ora. Euro al lordo, sia chiaro. Ed euro che, al peso netto, si riducono a una manciata risicata di centesimi. È il «brutto, uno dei tanti, del lavoro interinale» lamentano i sindacati. Mario Esposti (Cgil): «Un disastro. Se si riesce a fare il salto di qualità, si riescono a sfiorare i 7,5 euro». All'ora? «Sempre all'ora». Lordi? «Sempre lordi». Eppure quello dei call-center è il nuovo che avanza. È una delle occupazioni che la generazione antecedente alla generazione-mille non ha mai visto e vissuto. Forse, nemmeno immaginato. Ma allora cos'è, bisogna ripiegare sui mestieri antichi o quantomeno tradizionali? Per esempio gli operai?

TUTE BLU — Alla domanda, la Camera del lavoro risponde con la fotografia delle fabbriche: un operaio neoassunto porta a casa 800 euro mensili. Gli stessi soldi che, passando dalle ditte alle case di riposo, percepiscono le assistenti socio-sanitarie. Gli stessi soldi che, con un ritocco di 150 euro in più, guadagna un dipendente dell'amministrazione pubblica. Gli stessi soldi, infine, dei tranvieri dell'Atm e, infatti, ogni tre giorni se ne licenzia uno. Perché la generazione-mille cresce. Si espande e si arrabbia. Si macera. A volte maledice la fatica per prendersi la laurea: nel ramo metallurgico, un ingegnere viene premiato con 1.100-1.200 euro. Come un insegnante delle scuole medie.


di Andrea Galli

Tfr: Intervista a L... di Banca Intesa!

giovedì 25 gennaio 2007

Qual'è il futuro dei fondi pensione?

E chi lo sa.

Credi che noi sappiamo di preciso come vengono investiti quei soldi? Per noi significa, intanto, avere più liquidità. Più conti o posizioni aperte da gestire, e già questo produce un bel po’ di soldi per la banca. In pratica è come se si aprissero contemporaneamente migliaia di conti correnti.

In più tieni conto dei vincoli. E’ come per un mutuo, se tu lo vuoi chiudere sai quanto ti costa? E poi ci sono le fluttuazioni del mercato, che possono essere positive ma anche negative.
Di sicuro le banche premeranno sul governo per ottenere la liberalizzazione di quanti più settori possibile. Un po’ come è successo per altri settori. Gli effetti delle liberalizzazioni sono stati certo più concorrenza, ma l’utente finale non ha visto di certo scendere i costi dei servizi. Basta guardare cos’è successo per le assicurazioni o per la telefonia. In realtà, avere a disposizione questi soldi ora, per le banche significa avere più possibilità di intervento, più potere economico. E poi non dimentichiamo il costo del denaro e le sue variazioni ormai totalmente indipendenti dall’inflazione programmata, una cifra ridicola che non tiene conto del costo effettivo dei servizi più diffusi.

E come verranno fatti fruttare i TFR?

E chi lo sa? Cosa credi. Anche noi, che siamo interni e ci lavoriamo, abbiamo perso soldi nel passato. Io, per esempio, ho perso soldi con il crack dell’Argentina e con molte altre operazioni. Chi si fida più? Cosa pensi che siano stati gli ultimi scandali con Fazio, Ricucci, la Parmalat e la banca Popolare di Lodi. Un repulisti ad hoc. Bisogna tenere conto dei gruppi stranieri che già oggi intervengono pesantemente sul mercato italiano. Sono loro quelli più preparati a intervenire sulle pensioni visto che nei loro paesi, penso l’Inghilterra per esempio, le pensioni private sono aperte da anni e con buoni risultati. Poi c’è da tenere conto dell’aspetto dell’impossibilità reale per una persona comune di capire, di leggere al di là dei numeri quale sarà la sua pensione futura. Noi, detto per inteso, non abbiamo finalità sociali. Non siamo l’INPS e nemmeno le poste. Discorso diverso è quelli dei fondi chiusi, il vero business dei sindacati. Qua c’è il vero schifo. Loro godono di una grande fiducia da parte dei lavoratori e in più hanno una diffusione capillare di sportelli, servizi, patronati etc. I delegati ormai, anche qua in banca, cercano di vendere i fondi privati. Ci sono migliaia di esuberi con la fusione con San Paolo e loro fanno pubblicità per i fondi privati. Ti sembra normale? Dei venditori sindacali, non è male questa. Ma è la stessa cosa che è successa in Germania e Inghilterra. Ora anche qua siamo arrivati a questo punto.

Tu ti fideresti di un fondo chiuso?

Ma stai scherzando. Guarda cosa è successo con l’Euro, una perdita secca del potere di acquisto dei salari e un aumento generalizzato dei prezzi. Il tutto è avvenuto legalmente. Chiunque gioca in borsa sa che i rendimenti sono irrisori. E che nei prossimi 30 anni potrebbe succedere di tutto. Meglio investire i propri soldi da sè. Molto meglio fidarsi delle proprie piccole conoscenze ma sicure magari diversificando tra titoli di stato, obbligazioni libretti postali e conti correnti normali. E’ meglio, molto meglio fidarsi di se stessi che di altri. E’ quello che facciamo tutti qua in banca. Secondo lei io tengo i miei soldi nel conto corrente della banca? No e come me molti miei colleghi, nonostante abbiamo delle condizioni di favore.

Pisa, stabilizzazione dei lavoratori precari in Comune

L’assessore al Personale chiarisce la posizione dell’Amministrazione. I venti posti, fino ad ora coperti a tempo determinato, saranno messi a concorso

“La Finanziaria, pur non prefigurando nessun automatismo, dà la facoltà agli enti, che abbiano un piano assunzioni, di stabilizzare i lavoratori che abbiano alle spalle almeno tre anni non consecutivi di contratto a tempo determinato e aver sostenuto un prova selettiva pubblica”. L’assessore al Personale del Comune di Pisa, Federico Eligi, spiega la posizione dell’Amministrazione nei confronti dei 20 posti di lavoro coperti, fino ad ora a tempo determinato.

“Il Comune di Pisa – spiega Eligi in una nota - ha da tempo avviato, anche attraverso la costituzione di proprie società (SEPI, Farmacie spa, eccetera) il processo di stabilizzazione dei posti di lavoro precario. A partire dal 2003 si è proceduto tramite il Formez (agenzia della Presidenza del Consiglio), alla individuazione dei posti vacanti all'interno dell’ente. A seguito dell'individuazione delle carenze strutturali dell'ente, che ammontano a 20 unità, si è proceduto alla copertura di quei posti con contratti a tempo determinato, in attesa della possibilità di indire concorsi pubblici. Appena uscito il DPCM che dava la possibilità di assumere dopo anni di blocco, era ancora in carica Berlusconi, abbiamo attivato tutte le procedure per indire i concorsi. A seguito delle anticipazioni della Finanziaria che apriva alla possibilità per i comuni di stabilizzare i lavoratori precari, abbiamo deciso di attendere il testo definivo: infatti dalle indiscrezioni si apriva per il Comune di Pisa la possibilità di stabilizzare non solo il posto di lavoro, così come avevamo fatto, ma anche il lavoratore precario che occupava quel posto”.

Ma per quanto riguarda il Comune di Pisa “nessuno dei lavoratori che occupano i posti individuati dal piano assunzioni, da un attento esame effettuato dai nostri uffici, rientrano nella fattispecie prevista dalla Finanziaria”. Tutto quello che si può fare ora, conclude, è “applicare la legge in modo rigoroso e procedere all'indizione dei concorsi, pur prevedendo all'interno del bando la possibilità di garantire tutte le forme possibili di riconoscimento del lavoro svolto dagli attuali lavoratori precari”.

(25/01/2007)

Precari della sanità di Brindisi: le iniziative

Il tema della stabilizzazione dei precari nel comparto della sanità è una questione che il Centro sinistra ha ritenuto di fare proprio sin dall’ultima campagna elettorale. Va dato atto che alcune scelte regionali hanno affrontato il problema dando però risposte parziali . Chi vive di lavoro precario però, ha bisogno di certezze per l’oggi e soprattutto per il domani. La ASL BR, dopo anni di attesa, ha finalmente concluso un concorso per 75 Infermieri professionali bandito nel lontano 2000. La graduatoria conclusiva, su 75 posti dichiara idonei oltre 1000 partecipanti, la stragrande maggioranza dei quali già lavora con la ASL con incarichi semestrali. Questa situazione ha determinato la nascita di un coordinamento del personale sanitario precario della ASL BR che intendono portare avanti tutta una serie di iniziative tese a porre il problema della stabilizzazione di questo personale. La prima iniziativa, sul tema “Quale futuro per il personale sanitario precario della ASL BR” si terrà venerdì 26 gennaio 2007 con inizio alle ore 17,30 a Brindisi presso il Salone Congressi dell’Hotel Barsotti. I lavori verranno introdotti dal Dott. Salvatore Brigante, componente della Direzione cittadina dei DS. Alla iniziativa partecipa il Dott. Emanuele Vinci, Direttore Sanitario della ASL BR/1, mentre le conclusione verranno tratte dal Consigliere regionale DS Pino Romano, capogruppo della Commissione Sanità della Regione Puglia. E’ stata, inoltre, richiesta la formale partecipazione all’iniziativa delle segreterie provinciali del Settore Sanità di CGIL CISL e UIL. Tutti gli interessati al problema sono invitati a partecipare numerosi.
Il Coordinamento personale sanitario precario della ASL BR
1/25/2007

18.1.07

San Precario patrono degli istruttori

Lavorano senza garanzie, una palestra su cinque non ha neanche un assunto. L'istruttore sportivo è un lavoro «neanche precario, precarissimo», denuncia Beppe Fiorolli, del sindacato dei lavoratori dello sport e dello spettacolo Cgil. Grazie anche alla legge Pescante che di fatto ha "legalizzato" il lavoro nero
di Eleonora De Bernardi

Solo due dipendenti fissi per palestra. E' la media delle persone assunte nei centri sportivi privati in provincia di Bologna. Secondo la Camera di commercio, delle 49 imprese che hanno fornito i dati sul personale (presumibilmente le più grandi e organizzate), il 90% ha meno di cinque lavoratori fissi mentre il 20% non ne ha neanche uno. Ne emerge una situazione in cui il lavoro a tempo determinato è più unico che raro. Il gestore di una palestra ammette: «Per far funzionare un centro di media grandezza con 500 abbonati, ci vogliono almeno una ventina di operatori sportivi. Di questi, la quasi totalità sono precari. Quando uno fa solo qualche corso a settimana, come fai?».

Due ore di qua, quattro di là. Quando scampano al sommerso, gli istruttori lavorano o con una collaborazione a progetto o con un contratto che nella pratica è simile al lavoro nero, anche se legalmente non lo è. Si chiama legge Pescante: permette a chi lavora per un ente di promozione sportiva no profit di incassare fino a 7.500 euro all’anno di "rimborso spese", di fatto un reddito non tassato, ma che non dà tutele. Spesso anche le palestre private a scopo di lucro riescono ad utilizzare questa legge: basta appoggiarsi ad un ente no profit o crearne uno all’interno della palestra per disporre di personale senza dover dare garanzie né pagare contributi.

«La legge Pescante - spiega Beppe Fiorolli, di Cgil-Slc – è nata per favorire l'associazionismo, ma nella pratica per centri sportivi e palestre è un modo per avere lavoratori specializzati con pochi vincoli contrattuali: niente tasse né contributi, nessuna tariffa fissa per le varie prestazioni e, di fatto, licenziamento libero. Quando la palestra non ha più bisogno del lavoratore, basta non chiamarlo più». Inoltre, continua Fiorolli, «pochi degli operatori sportivi presi con questa legge, hanno una lettera di incarico in cui sono scritte nero su bianco le mansioni che si devono svolgere, i diritti e i doveri».
Franz (il nome è di fantasia) ha alle spalle vent'anni di precariato e di lavoro nero. «Ora sono fuori dal guado, perché ho avuto una cattedra di educazione fisica. Ma è stata dura». Tuttora lavora in una palestra e ne ha viste di tutti i colori. «Questa legge è un bluff. Non solo perché ormai ne fanno ampiamente uso anche le palestre a scopo di lucro, soprattutto le piccole e medie. Ma anche perché il tetto si può facilmente aggirare: se viene un controllo io risulto sotto la legge Pescante, ma se poi faccio qualche ora in più il mio titolare mi aggiunge una busta con i soldi in contanti. Oppure lo stesso istruttore che lavora in più palestre chiede ai suoi datori di lavoro di dichiarare un po' meno per rientrare sotto i 7500 euro».

Ma tutto sommato l'istruttore ci guadagna poco. «C'è da chiedersi come mai non è mai aumentato il massimale previsto dalla legge Pescante con l'aumentare del costo della vita. Un tempo con un milione e duecento mila lire ci potevi vivere, oggi con 620 euro non paghi neanche l’affitto» dice Franz. Un responsabile della sala attrezzi guadagna dai 7 ai 10 euro l'ora. Chi tiene un corso anche il doppio o il triplo. Ma non esistono malattie pagate: se non puoi andare a lavorare, non guadagni niente.

Ma come si fa a lavorare così? Franz ride: «Eh, incroci le dita e preghi San Gennaro! È un rischio. Tra l'altro, pochissime palestre ti fanno l'assicurazione per responsabilità civile. Se uno mi fa causa perché sostiene che gli ho insegnato male a fare gli esercizi, posso andare nei guai».

E la pensione? Altro miraggio. «È impensabile potersi pagare un fondo pensione con lo stipendio che si ottiene. Bisogna contare che la stragrande maggioranza quando va bene guadagna 700, 800 euro al mese». Secondo Franz dunque, soprattutto per le nuove generazioni il futuro è «lavorare nello sport come secondo lavoro o finché si è giovani, poi cambiare o sperare di entrare nella scuola pubblica». Fiorolli, della Cgil su questo non lascia speranza: «L’insegnamento per un bel po’ resterà un'opportunità solo per pochi: da quando hanno unificato i corsi per maschi e femmine, c'è stato un taglio del 50% dei posti». Insomma per lavorare nello sport, ci vuole un fisico bestiale e muscoli flessibili.

“Stabilizzare i lavoratori precari del Comune di Firenze”

A chiederlo sono Cgil Funzione Pubblica e Nidil Firenze. Assemblea dei lavoratori il 16 gennaio scorso

Lo scorso 16 gennaio si è tenuta l’assemblea dei lavoratori precari del Comune di Firenze (al 31 dicembre 2005 circa 300 a tempo determinato, 70 interinali e oltre 200 co.co.co.) indetta da Cgil Funzione Pubblica e Nidil di Firenze. Scopo dell’assemblea era illustrare le novità della Finanziaria 2007 riguardo alla stabilizzazione dei lavoratori precari nel pubblico impiego e la posizione del sindacato in materia.

“La Legge Finanziaria 2007 – spiega una nota sindacale - contiene delle importanti novità normative che possono permettere di avviare nella Pubblica amministrazione quel processo di stabilizzazione da noi auspicato da tempo. Il blocco delle assunzioni attuato negli ultimi anni ha determinato che la PA svolga molte attività strutturali con personale precario mettendo così a rischio la qualità del lavoro e quella del servizio. L’Amministrazione si deve impegnare ad utilizzare tutti gli strumenti che la Finanziaria mette per avviare il processo di stabilizzazione nel Comune di Firenze, sapendo che ciò non si potrà risolvere in un’unica soluzione, ma richiede la definizione di un percorso pluriennale. Anche perché sarà necessario coniugare l’applicazione delle norme previste in Finanziaria con l’attività concorsuale già espletata e futura. In tal senso è necessario un impegno nostro, ma anche degli enti locali, affinché le prossime leggi finanziarie continuino ad affrontare il problema”.

Cgil Funzione Pubblica e Nidil di Firenze chiedono l’avvio immediato della trattativa per l’applicazione di tutte le norme della Finanziaria a disposizione, e dunque “la trasformazione da contratto a termine in contratto a tempo indeterminato di tutti i lavoratori che hanno le caratteristiche previste dalla Finanziaria; la trasformazione delle collaborazioni coordinate e continuative, che abbiano acquisito carattere di stabilità, con almeno 12 mesi di lavoro, in contratti di lavoro a tempo determinato possibilmente triennali, per essere avviati a percorsi di stabilizzazione. Per i lavoratori in somministrazione (ex interinali) – prosegue la nota sindacale - che coprono posizioni in organico, per i quali non sussistono norme in Finanziaria, è necessario comunque avviare un confronto circa il loro futuro, al fine di garantire prospettive di lavoro stabile. Nel caso in cui poi “si dovesse intervenire a coprire attività con appalti o concessioni che attualmente sono effettuate da lavoratori precari, l’Amministrazione si impegna a vincolare tali appalti o concessioni all’obbligo dell’assorbimento dei lavoratori che oggi svolgono il servizio, alla loro assunzione come lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e all’applicazione di un CCNL comparabile a quello degli enti locali, affinché non vi sia un peggioramento delle condizioni materiali dei lavoratori. Infine, i sindacati chiedono “l’impegno dell’Amministrazione a non utilizzare dopo l’accordo contratti di collaborazione e contratti interinali per coprire fabbisogno strutturale, ma di limitarne l’uso ad eventi eccezionali in coerenza con il CCNL e con l’accordo di Ente, così che non si ricreino condizioni di precariato consolidato; e uno strumento di monitoraggio costante sulle forme contrattuali utilizzate con l’esplicito obiettivo di controllare l’uso del lavoro flessibile, incluse le forme di rapporto finalizzato alla formazione (tempo determinato, co.co.co., somministrazione, borse di studio, tirocinio, stage)”.

(18/01/2007)

Lavoratori 118 in sciopero della fame

GARGANO, giovedì 18 gennaio 2007 - ORE 12.21

PRC: 'tavolo regionale non più rinviabile'

Gli Autisti, gli Infermieri del 118 del Gargano Nord e la FLAICA CUB sono, da oggi, in sciopero della fame. “Sciopero che sarà interrotto – affermano in una nota - solo se avremo certezza dell’apertura di un tavolo di confronto con il Presidente Vendola e con l’Assessore Tedesco volto a superare definitivamente i problemi posti in essere dalla vertenza in atto”. I lavoratori e i sindacati ricordano che l’azione intrapresa non influirà sul regolare svolgimento del servizio che sarà garantito nella massima sicurezza per i lavoratori e per i cittadini costretti a rivolgersi al servizio stesso.
Intanto il Gruppo di Rifondazione Comunista si offre come mediatore tra i lavoratori e la Regione Puglia al fine di individuare gli strumenti più idonei per affrontare e risolvere la vertenza. “Pur consci degli ostacoli legislativi attuali, - afferma il capogruppo di Rifondazione comunista, Arcangelo Sannicandro - ci sembra comunque non rinviabile un tavolo regionale sulla questione del 118, tavolo al quale si invita sin da ora l’Assessore alla Sanità Tedesco, il Presidente Vendola e i lavoratori precari”.


Daniela Zazzara

All'università slogan, fumogeni e striscioni contro 'Padoa-Mani di forbice'

Padoa-Schioppa contestato a Torino
Il ministro: ''In ciascun campo esistono spazi per spendere meglio, e cioè economizzare in spese inutili e destinare le risorse a spese utili''

Nella foto Infophoto, Tommaso Padoa-SchioppaTorino, 17 gen. (Adnkronos/Ign) - Al grido di ''Padoa-Schioppa ministro dei padroni giù le mani dalle pensioni'' e accompagnati da alcuni fumogeni colorati e rumorosi petardi, alcune decine di manifestanti hanno contestato, nel cortile dell'università di Torino, il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa in visita all'ateneo per una lezione su 'Europa e federalismo'.

Alla contestazione hanno partecipato studenti, precari, esponenti dei Cub e giovani dei centri sociali.

Ai muri esterni dell'Università sono appesi volantini in cui il ministro viene raffigurato come 'Padoa-Mani di forbice Schioppa ministro taglia tutto' e come una sorta di cowboy con uno 'schioppo' sulla spalla.

Fra gli striscioni portati nel cortile del rettorato, quelli con le scritte 'No ai tagli all'istruzione', 'Giù le mani dalle pensioni', 'Diamoci un taglio dateci reddito'. Alcuni manifestanti hanno indossato maschere che raffiguravano il premier Romano Prodi, ministri del suo governo e rappresentanti delle istituzioni nazionali.

Nel corso del suo intervento, il ministro ha replicato al rettore dell'Università di Torino Ezio Pelizzetti che, introducendo Padoa-Schioppa, ha polemizzato per un articolo su rendite e capitali scritto nei giorni scorsi proprio dal titolare di Via xx settembre. ''In ciascun campo esistono spazi per spendere meglio, e cioè economizzare in spese inutili e destinare le risorse a spese utili. Questo è quello che ho voluto dire e continuo a pensare e finché sarò ministro continuerò ad agire lungo questa linea'', ha precisato il ministro. ''E' essenziale che l'economia italiana riprenda a crescere - ha ribadito, citando il suo articolo - e ostacolo fondamentale alla crescita sta nel fatto che si è persa la distinzione tra produzione e rendita''.

Al termine dell'intervento, il ministro Padoa-Schioppa è uscito dalla sala e si è affacciato per qualche istante dalla balconata del rettorato provocando la reazione dei manifestanti che lo hanno ''salutato'' facendo scoppiare un petardo e accendendo un fumogeno. Qualche breve momento quando forze dell'ordine e dimostranti si sono fronteggiati a distanza ravvicinata ma tutto si è concluso in pochi minuti senza problemi e i contestatori sono stati allontanati dal cortile del rettorato.

Cattedre vietate agli under 40

Ateneo sempre più vecchio
Ilaria Venturi
I giovani assunti sono meno del 10%

L´ateneo più antico imbianca. Nei capelli dei suoi professori. I trentenni in «cattedra» all´Alma Mater sono appena 36. A dirlo sono i dati del ministero a dicembre 2005: solo tre gli ordinari, che ora hanno 39 anni; 33 gli associati, il primo gradino di accesso al titolo di professore. In complesso, i docenti e ricercatori tra i 32 e i 38 anni sono 284 su circa 3.200 assunti.
Addio alla cattedra entro i quarant´anni. Il progressivo invecchiamento dell´Università italiana non esclude Bologna che conta, racconta l´Annuario 2005, oltre 650 ordinari e associati ultrasessantenni. Con una prospettiva ancora più allarmante. Chi lascerà il posto nei prossimi anni non farà spazio ai giovani.
Nessuna nuova assunzione sino al 2008 se non arriveranno i soldi dal governo. E´ lo stesso rettore ad annunciarlo: «Quest´anno e nel 2008 dovremo utilizzare le risorse liberate da chi va in pensione per pagare gli incrementi annuali di stipendio, che neppure decido io, di chi è già assunto». Una prospettiva che agita i presidi nelle Facoltà. Al punto che Santino Prosperi, alla guida di Veterinaria, lancia una provocazione: «Sono pronto al blocco degli aumenti pur di assumere i giovani». Il grande esodo dall´Alma Mater è previsto tra il 2012 e il 2013; da quest´anno al 2010 gli uffici stimano, per difetto, 230 «uscite dai ruoli». Poi ci sarà almeno il raddoppio, un ritiro di massa. Due fenomeni che viaggiano insieme. «Il problema c´è, occorre per questo una politica coraggiosa. Al di sopra dei 65 anni bisognerebbe cominciare a lasciare», commenta Prosperi che racconta di chi è in attesa. «Hanno meno di 30 anni, sono tutti andati all´estero, hanno dottorati e post-dottorati alle spalle e che prospettive hanno? Nessuna. In un anno potrei assumere sei, sette precari se si sbloccasse la situazione». Sull´invecchiamento il rettore frena. «Nella ricerca conta anche l´esperienza, non è questo che ingessa la ricerca. E´ vero, comunque, che le cose stanno peggiorando, un tempo si andava in cattedra prima, ma perché erano gli anni di massima espansione dell´Università».
Calzolari sposta il tiro: «Se mancano uscite laterali dall´Università non c´è salvezza, il problema è che la società non utilizza la ricerca, non offre ai giovani posizioni differenti. A Bologna abbiamo anticipato l´incremento dei ricercatori, 350 in tre anni. Ma il problema non si risolve». Per Ivano Dionigi, voce dei direttori di dipartimenti, «occorre attrezzarsi subito di fronte all´esodo di massa che arriverà tra un lustro e a fronte del fatto che si è persa almeno una generazione di arruolamento».
«Ai giovani è riservato solo precariato», dice Anna Borghi, voce della Rete dei ricercatori precari. Nelle Facoltà scientifiche il problema è più sentito. «Le persone formano il loro curriculum scientifico entro i 40 anni, per questo da noi il fenomeno è preoccupante, lo stiamo avvertendo», dice Lorenzo Donatiello, preside di Scienze. «Ormai diventare ricercatore a 30 anni, associato a 35 e ordinario a 40 è un miraggio». Amara conclusione.
(17 gennaio 2007)
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Ecco il rapporto dei sindacati sul precariato nell'Università

Carlo ha 36 anni, è ricercatore alla Sapienza, ha una fidanzata e vorrebbe sposarsi. Ma non riesce a comprare casa, né può permettersi di pagare un affitto. Francesca anche. Ricercatrice da cinque anni, spera un giorno di diventare mamma. Ma per ora non può permetterselo: la gravidanza e poi la maternità la allontanerebbero dal giro. Intanto gli anni passano. Maria, dopo anni di ricerca, alla fine è stata costretta ad una difficile scelta: ha deciso di cambiare lavoro e rinunciare al sogno della sua vita.

Tre storie, tre esempi di come vivono oggi i ricercatori precari nel mondo della scienza. Con stipendi che variano dagli 800 ai 1200 euro al mese e l’impossibilità di programmare la propria vita o di pensare a metter su famiglia. La conferma arriva da un rapporto curato dalla Nidil-Cgil sul mondo della precarietà nei settori dell’Università e della ricerca secondo il quale si tratta di stipendi molto inferiori alla media europea. Ma per i ricercatori scientifici il problema della precarietà è ancora più grave poiché spesso, trascorso un certo numero di anni, non possono rinnovare i contratti da ricercatore e ciò li spinge ad accettare altri tipi di contratti di collaborazione, con il risultato di allontanarsi dal percorso di carriera cui si sono dedicati interi anni. Una situazione che la Cgil definisce “allarmante”, se si considera che in Italia “il 60% di chi lavora nelle università nel settore ricerca non ha un contratto a tempo indeterminato.

Dal rapporto emerge anche che un ricercatore su quattro ha più di 35 anni e il 65% si lamenta della propria condizione economica. A fronte di stipendi minimi, i tempi lavorativi sono però notevoli: il 50% dei ricercatori, rileva la Nidil-Cgil, lavora oltre 38 ore alla settimana, con punte anche di 45 ore. Condizioni che spingono la maggioranza a scelte forzate sul piano della vita privata, tanto che l’82% degli interpellati non ha figli.

Più posti fissi nei call center Comdata

Un accordo sindacale prevede l'assunzione a tempo indeterminato di 350 operatori a Torino e a Ivrea.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-01-2007]

La circolare del ministro Damiano sul lavoro nei call center che prevede che gli operatori inbound (cioè che ricevono le chiamate) non possano essere assunti con contratto a progetto. I bonus, previsti dalla nuova Finanziaria, per le aziende che trasformano i contratti precari in posti fissi, cominciano a dare dei frutti positivi in fatto di riduzione della precarietà del lavoro in questo settore.

In Piemonte, infatti, in questi giorni i sindacati di settore Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil e l'azienda di call center Comdata hanno siglato un accordo che prevede entro la fine dell'anno l'assunzione in pianta stabile di 350 operatori delle sedi di Torino e Ivrea, quelli che hanno già alle spalle 18 mesi di lavoro a termine presso la stessa azienda.

Comdata svolge attività di risposta in outsourcing per i servizi di assistenza clienti di Telecom Italia (il 187 e il 191) ma anche per i numeri verdi di aziende come Enel, Lavazza, Delonghi e Carrefour.

In questo modo si rispettano le percentuali previste dal contratto nazionale di lavoro delle Telco di un buon 60% di lavoratori a tempo indeterminato, contro il 40% a termine.

Vertenza Why Not, la Cisl sollecita la Regione

LAMEZIA TERME - Stabilizzare i 200 lavoratori precari dell'azienda Why Not di Lamezia che lavorano negli uffici regionali. Questa la richiesta che arriva dopo una riunione nella sede della Cisl regionale con i lavoratori dipendenti della Why Not.
All'incontro, alla presenza di Rosetta Raso (segretario nazionale della Fisascat Cisl, è stato fatto "il punto della situazione" dopo il decreto di proroga emesso il 29 dicembre scorso e valido fino al 31 marzo prossimo, per tutti i lavoratori impegnati nei servizi esternalizzati della Regione Calabria, nelle more del bando di gara con l'indizione della procedura aperta per la gestione integrata dei servizi di censimento del patrimonio immobiliare e della difesa dell'ambiente e del territorio (sorveglianza idraulica, erosione costiera, monitoraggio permanente dello stato d'uso dei depuratori ).
«Nel bando di gara – si legge in una nota sindacale - non sono previsti i servizi amministrativi che interessano circa 200 lavoratori impegnati da oltre 5 anni nella gestione degli uffici amministrativi della Regione».
Dal sindacato viene sollecitata una soluzione occupazionale che riguarda anche questi lavoratori: «Auspichiamo una soluzione adeguata a dare garanzie a tutti i lavoratori impegnati negli attuali servizi con la precisazione che vigilerà e terrà alta l'attenzione sino a quando la giunta non sarà consequenziale con gli impegni assunti negli accordi siglati e non assumerà le determinazioni necessarie».

Giappone, romanzo su precari vince premio più prestigioso

mercoledì, 17 gennaio 2007

TOKYO (Reuters) - Un'impiegata di 23 anni di Tokio che ha vinto ieri il più prestigioso premio letterario del Paese, ha detto che vuole che il suo libro aiuti i giovani che hanno paura di crescere e di diventare indipendenti.

Nanae Aoyama ha vinto il premio Akutagawa con il romanzo "Hitoribiyori" ("Essere soli"), in cui racconta la storia di una ragazza senza un lavoro fisso che vive con un parente anziano e che sogna di poter essere indipendente.

La storia raccontata nel romanzo riflette una tendenza diffusa tra i giovani giapponesi, che non sono in grado o non vogliono trovare un lavoro a tempo pieno. In molti vivono ancora con la famiglia, anche perché il loro stipendio non gli permette di affittare un appartamento.

"La gente ha paura di lanciarsi nel mondo che sta fuori, spesso senza però sapere il perché", ha spiegato Aoyama ai giornalisti al momento della premiazione. "Anch'io mi sento così" ha aggiunto.

"Vorrei che la gente sapesse che una volta fatto il primo passo, poi si va avanti naturalmente".

Aoyama che ha vinto un premio in denaro di 1 milione di yen (ovvero 8.277 dollari), ha detto che non ha intenzione di lasciare il suo attuale lavoro di impiegata.

Viterbo - "Resteremo fin quando non ci diranno di rimetterci al lavoro"



Cantieristi, protesta a oltranza sotto la Provincia
di Giuseppe Ferlicca
17 gennaio 2007

La protesta dei cantieristi
copyright Tusciaweb
- In mezzo a una strada, dopo due anni di lavoro per l’amministrazione provinciale, senza tredicesima, senza ferie e uno stipendio da 750 euro al mese.

Con la prospettiva di un’occupazione stabile, un futuro certo per le loro famiglie. Invece, per i cantieristi di Palazzo Gentili, 44 in tutto, prospettive occupazionali ce ne sono poche.

Scaduto il loro contratto a metà di loro già da ottobre, soltanto una parte, 25, da giugno potrà tornare al lavoro e solo part time, almeno per ora.

Per gli altri niente da fare. In mezzo a una strada. Secondo loro, senza ragione. “Perché i soldi – dicono – se si vuole, si trovano”.

E anche perché pare che nella pianta organica dell’amministrazione provinciale, spazio per cantonieri, polizia e amministrativi, c’è e ce n’è bisogno.

Da stamattina loro stessi hanno deciso di mettersi in mezzo a una strada, iniziando davanti a Palazzo Gentili una protesta che andrà avanti a oltranza.

“Noi – sostengono – non ci muoveremo da qui, finchè non ci diranno, cambiatevi, mettetevi la tuta, che c’è da lavorare. Fino ad allora, resteremo qui. Tanto, non abbiamo altro da fare”.

Una battaglia che è anche contro il tempo, quest’anno troppo clemente. “In Provincia sono stati fortunati – sostengono – fa caldo e non servono interventi. Lo scorso anno, dovevamo intervenire di continuo, perché ad esempio, per il ghiaccio dalle caserme non potevano uscire le pattuglie”.

A esprimere solidarietà ai lavoratori, si sono visti esponenti della minoranza, Battistoni (Forza Italia), Bigiotti (Udc), ma anche l’ex vice presidente della Provincia Mario Lega.

Dell’amministrazione Mazzoli, è sceso l’assessore Di Meo, per parlare con un rappresentante sindacale.

Se in Provincia, sui cantieristi dichiarano d’avere le mani legate, resta la domanda che campeggia in uno degli striscioni esposti stamani. “Il governo s’impegna per i precari, perché la Provincia no?”.

RdB solidale con i lavoratori di Tvn

"Servono interventi di salvaguardia della sicurezza sempre e ovunque"

CIVITAVECCHIA - Solidarietà dalla RDB/CUB agli operai coinvolti nell’incidente di Torre Valdaliga Nord ed a tutti i lavoratori che hanno sospeso le attività per manifestare davanti ai cancelli del cantiere.
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La RDB/CUB chiede con forza .

Industria tessile, in fumo 500 posti di lavoro

Corrado Binacchi
Ma nel triennio 2003-2006 il saldo dei dati occupazionali sale a -1500 unità

Poco meno di cinquecento posti di lavoro andati in fumo in dodici mesi nelle circa cento aziende mantovane del settore tessile-abbigliamento dove è presente la Cgil. Dati che, sommati ai cali di occupazione registrati negli anni scorsi, portano ad un bilancio del triennio 2003-2006 che sfiora le 1500 unità in meno. E’ la fotografia del comparto della calzetteria e dell’intimo scattata dalla Filtea, il sindacato di categoria. Ai numeri messi nero su bianco alla fine dell’anno dall’organizzazione di via Altobelli, vanno aggiunte poi le stime che riguardano le piccole imprese, dove il sindacato non è presente, e le aziende artigiane. «Il quadro è preoccupante - afferma il responsabile della Filtea Silvano Saccani - in tre anni abbiamo perso 2.500 posti».
Si tratta di un’emorragia prolungata, che non sembra accennare ad arrestarsi. Vediamo i dati.
Un anno di tagli. Nelle 95 industrie, di diverse dimensioni, dove il sindacato di via Altobelli è presente, la variazione tra il numero degli occupati alla fine del 2005 (7.768) e al termine del 2006 (7.307) segna un meno 461 addetti. «Sono posti di lavoro a tempo indeterminato persi per il blocco del turn over scattato in quasi tutte le aziende del comparto - spiega il responsabile provinciale della Filtea - dove i lavoratori che per motivi diversi se ne sono andati non sono stati sostituiti, e per l’attivazione delle procedure di mobilità, dovute a diverse difficoltà aziendali, che hanno interessato tra le altre Acquafil, Artsana, Belcom, Csp, Calzificio Lusso, Linea Color, Filodoro, Grand Soleil di Viviverde, Pompea e Texmantova». L’80 per cento dei 461 posti di lavoro andati in fumo nel 2006 riguarda le quindici aziende del settore più grandi, per dimensioni, bilanci e fatturato.
Le stime. Le cifre rese note dalla Cgil, con il conto ufficiale degli occupati del comparto, danno solo un quadro parziale, perchè il sindacato non è presente in tutte le aziende. «Abbiamo stimato che i posti di lavoro a tempo indeterminato persi nell’industria oscillino tra i 550 e i 600 - continua Saccani - circa il 7% dei posti attuali, ai quali va aggiunto il calo registrato nelle aziende artigiane. Il dipartimento dell’artigianato della Cgil ha avviato 120 pratiche di disoccupazione e circa un centinaio di fascicoli di sospensioni che hanno coinvolto circa 170 lavoratori del settore tessile. «Le aziende che hanno chiuso i battenti, di cui siamo a conoscenza, sono una decina - spiega Saccani - considerando che il sindacato in questo settore dell’attività produttiva riscontra molte più difficoltà rispetto a quello dell’industria, e tenuto conto che la nostra presenza nelle imprese artigiane non è diffusa come nell’industria, è corretto pensare che la contrazione dei posti di lavoro dell’artigianato nel 2006 sia stata di 150-200 unità. Con tutte le incertezze della rilevazione stimiamo, complessivamente, un calo occupazionale di circa 750 addetti».
Il triennio nero. La contrazione del 2006 è stata meno pesante di quella del 2005 (-622 posti persi nelle industrie monitorate dal sindacato di via Altobelli) ma più consistente di quella di tre anni fa (-399 il saldo alla fine del 2004). «Il dato più eclatante, e al tempo stesso preoccupante - sottolinea il responsabile provinciale della Filtea - è che in tre anni il territorio mantovano ha dovuto rinunciare a quasi 1500 posti di lavoro, che diventano più di 2500 se consideriamo anche le piccole aziende, i laboratori e le imprese del comparto artigiano. Non solo, questa perdita di posti stabli è stata accompagnata da una crescita, in alcune realtà produttive, di posti precari. Il lavoro a tempo determinato e quello interinale hanno rappresentato anche nel settore della calzetteria e del seamless la risposta alle diverse esigenze del mercato ma senza alcun impegno sul futuro». Solo nelle 45 aziende del distretto di Castel Goffredo la Cgil ha rilevato in tre anni un saldo negativo di 1.015 unità. «Dati ancor più allarmanti di quelli registrati nella ricerca condotta dal Centro Servizi Calza».
Il mercato. Proprio il Csc aveva parlato di segnali incoraggianti, dal 2006, in particolare per quanto riguarda l’andamento dei fatturati. «Le situazioni di crisi, superate comunque riducendo l’occupazione, sono legate più alla distribuzione che all’attività produttiva vera e propria - risponde Sacsani - Un esempio? Csp, che ha aumentato il fatturato non tanto grazie alla produzione ma alla distribuzione del marchio Puma».
(16 gennaio 2007)

Manifestazione di precari a Catanzaro

CATANZARO. Una delegazione di lavoratori precari impegnati in lavori socialmente utili e di pubblica utilità in enti sub regionali ed in alcuni comuni ha attuato lunedì mattina un presidio davanti alla sede della Giunta regionale, a Catanzaro. I dimostranti, guidati dalla Uil, chiedono un incontro con gli assessori competenti affinché sia esaminata la loro situazione. I lavoratori interessati, in tutto circa 400, operano nelle Aterp, in alcune Asl, nell’assessorato regionale all’Ambiente, con un contratto di un anno, ma il loro rapporto si è interrotto dopo appena due mesi a causa della mancata approvazione della legge di bilancio.

Il maxiemendamento alla Finanziaria sulla precarietà.

http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o8262Tante parole, ma nessun percorso serio e generale di stabilizzazione.

(14 gennaio 2007)

La novità rispetto alla prima stesura della finanziaria, consiste nella previsione, al comma 417 e seguenti del maxiemendamento, di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale assunto con tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.

In realtà tale comma, che dovrebbe costituire la risposta del governo alla legittima richiesta di assunzione di oltre 350.000 lavoratori pubblici costituisce una norma a dir poco impalpabile.

Il fondo per la stabilizzazione, infatti, sarà da subito finanziato con 5 milioni di euro, ma verrà in seguito alimentato con i conti dormienti, ovvero conti dimenticati dai titolari e dai loro eredi.

Si tratta, in sostanza, di risparmi sugli interessi, conseguenti, alla riduzione del debito pubblico: somme non definibili e non certe, (eppure i dipendenti pubblici non possono essere retribuiti una tantum) che senz’altro non porteranno alla soluzione del problema precariato nella P.A.

Insomma nessuna assunzione a pioggia, come ha tenuto subito a precisare Nicolais, il Ministro della funzione Pubblica, ma la solita propaganda giocata sulla pelle dei precari.

D’altronde che non vi sarà un percorso generalizzato volto all’assorbimento in ruolo di tutti i precari, si desume dal comma 418 del maxiemendamento, laddove si precisa che dovranno essere definiti i requisiti e le modalità di selezione dei soggetti interessati alla stabilizzazione: se il percorso di stabilizzazione riguardasse realmente tutti i precari della P.A, che necessità ci sarebbe di individuare modalità di selezione dei soggetti interessati?

Al di là della propaganda il maxiemendamento non introduce nessun percorso serio e generale di stabilizzazione.

L’unica novità (sic!) è costituita dalla previsione, per i lavoratori assunti con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di una riserva del 60% dei posti nell’ambito delle amministrazioni che bandiranno concorsi per l’assunzione a tempo determinato: in sintesi si passa da una forma di precariato (le co.co.co. ) ad un’altra forma di precariato (il lavoro a tempo determinato).

Allo stato attuale l’unica certezze è che le risorse stanziate dal governo porteranno all’assunzione di non più di 8.000 precari (di cui 5.000 assunzioni erano previste già nella scorsa finanziaria).

A questo si aggiunga che nel p.i. le stabilizzazioni riguarderanno soltanto i lavoratori a tempo determinato da almeno tre anni e purchè assunti mediante procedure selettive di natura concorsuale, e i CFL nell’ambito delle dotazioni organiche: rimangono fuori tutte le altre tipologie contrattuali precarie. (i co.co.co, gli interinali, gli LSU, senza contare l’esercito degli esternalizzati).

Insomma dei circa 350.000 precari della Pubblica Amministrazione solo una minima parte vedrà stabilizzata la sua posizione lavorativa.

Se questo governo voleva dare un segnale di inversione di tendenza avrebbe dovuto cominciare stabilizzando i precari della P.A. considerato che nelle amministrazioni è lo Stato che assume direttamente ed ha potere per procedere all’assorbimento in ruolo dei lavoratori atipici: d’altronde, la riuscitissima manifestazione del 4 novembre ha posto al centro dell’attenzione la necessità improrogabile di abolire tutte le forme di precariato in tutti i settori lavorativi.

Ma questo governo, in continuità con le politiche del predecessore Berlusconi, continua a considerare la P.A non come una risorsa sulla quale investire, ma come un costo da contrarre sulla pelle dei lavoratori e a scapito dei servizi che vengono resi alla collettività.

COBAS Pubblico Impiego
Confederazione COBAS

Lamezia Terme: Precari Lsu a Palazzo Maddamme

LAMEZIA TERME - Precari Lsu a Palazzo Maddamme. Questo l'obiettivo da realizzare entro il prossimo 31 gennaio secondo un impegno preso dal sindaco Gianni Speranza concordato con Cgil e Cisl.
In sostanza c'è un gruppo di lavoratori socialmente utili che pur essendo lametini lavorano soprattutto negli uffici regionali di Catanzaro. Si vogliono creare le condizioni perchè possano tornare a Lamezia per alleggerirli quantomeno delle spese di trasferta che sono enormi rispetto a uno stipendio percepito da un precario Lsu-Lpu.
«Siamo certi», afferma Speranza, «che questo nostro impegno sarà apprezzato dai tanti lavoratori che da lungo tempo e con notevoli sacrifici stanno svolgendo attività in altri Comuni». Gli Lsu lametini che hanno fatto domanda di tornare avranno la qualifica di impiegato e gli Lpu quella di operaio.

Esistono anche i precari di lusso

15 gennaio 2007 - Unità
Ebbene sì, sarà un paradosso, ma esistono anche i precari di lusso

Bruno Ugolini

Ebbene sì, sarà un paradosso, ma esistono anche i precari di lusso. Stanno nascosti nel vasto popolo dei flessibili. Sono gli appartenenti a quella schiera - spesso una legione - di «consulenti», adottati dalle più diverse istituzioni pubbliche. Godono sovente di paghe abbondanti che si aggiungono agli stipendi derivanti dalle loro normali occupazioni. Non sempre offrono «saperi» e strumenti indispensabili all'efficienza dell'amministrazione pubblica. Non sempre sono scelti per le loro specifiche ad acclamante competenze. Può capitare che giungano ad acchiappare quei compiti e quelle prebende solo per aver stabilito rapporti amichevoli e fraterni col dirigente politico di turno. È un fenomeno che purtroppo è sfuggito a tanti soloni, ogni giorno intenti a denunciare i «nullafacenti» del lavoro pubblico, senza l'accortezza di distinguere tra chi sputa sangue e chi fa lo sfaticato. Così in una Asl, come dietro uno sportello comunale, o in un ufficio fiscale o ministeriale.

Tutte tematiche trattate con rigore in un interessante volume dell'Ediesse «La sindacalizzazione del pubblico impiego». Una raccolta di saggi dedicata a Massimo D'Antona, curata da Pasquale Iuso, con la prefazione di Guglielmo Epifani. Un proseguimento di tale ricerca la ritroviamo poi nell'ultimo numero di «Quale Stato», la rivista della Funzione Pubblica Cgil. E qui, nell'editoriale di Paolo Nerozzi, si legge, tra l'altro, una sintesi di alcune caratteristiche del lavoro pubblico. Assai trasformato negli ultimi cinque anni. C'è stata, infatti, una continua, enorme proliferazione di Enti inutili e di società pubbliche o meglio parapubbliche: «luoghi di costruzione di un ceto politico non eletto e non controllabile democraticamente; luoghi di gestione clientelare del personale e dunque di spreco e inefficienza nell'erogazione dei servizi». Questo perché il dirigente prescelto bada più alle esigenze di chi lo ha messo in quel posto, più che alle esigenze degli utenti.

I crociati contro i «nullafacenti» non parlano di questo. E magari, scrive Nerozzi, tra di loro c'è qualche docente impegnato per poche ore al mese presso l'amministrazione pubblica (l'università) mentre dedica tempo in ricchissime consulenze ottenute dalla stessa amministrazione pubblica di cui denuncia sprechi e inefficienze. Ed è un vero peccato, che a proposito sempre di consulenze, non sia passata nella legge Finanziaria l'istituzione di «un centro unico di costo». Nessuno parla di tali aspetti. Così come non si parla di quanto ammontino le indennità di un consigliere di quartiere o di un consigliere comunale o provinciale o di un assessore. Indennità che spesso, annota il segretario della Cgil, sono il doppio delle paghe del lavoratore di un «call center». Certo, anche il sindacato ha le sue responsabilità e le sue possibilità in questo groviglio di cose.

C'è, anche qui, come denuncia Nerozzi, chi grida alla precarizzazione ma poi nella contrattazione aziendale magari privilegia i già garantiti, rispetto ai precari, o addirittura spiana la strada all'assunzione non di precari bensì dei figli di padri a posto fisso. Ed è importante la proposta della Funzione pubblica Cgil: impiegare una parte delle risorse, derivanti dagli incrementi di produttività, a sostegno della stabilizzazione delle lavoratrici e del lavoratori a tempo determinato. Così come sono importanti le parole del segretario dello stesso sindacato di categoria, Carlo Podda, quando propone di far partecipare i cittadini, gli utenti, ai vari modi di organizzare servizi delicati come quelli sanitari. E così si potrebbe anche ridurre lo spaventoso fenomeno delle infinite liste d'attesa facendo fare le analisi anche la domenica, facendo funzionare gli impianti dodici ore al giorno e non otto, oppure per sei-sette giorni alla settimana e non per cinque. Certo, il tutto facendo i conti con una dirigenza spesso ostile, afona. Questo è un modo per fare del riformismo serio, uscendo dai polveroni che lasciano il tempo che trovano.

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Battaglia s’impegna sui precari

di LUCA SERGIO «ENTRO tre anni, l’amministrazione regionale ha previsto l’assorbimento completo di un migliaio di lavoratori precari del Lazio». I quali, soltanto nella nostra provincia, sono complessivamente 497, di cui circa 200 medici ed il resto infermieri ed ausiliari. Ieri mattina, nella sede centrale dell’Asl, l’assessore regionale Augusto Battaglia si è impegnato a risolvere l’annoso problema di chi non ha un’occupazione stabile vendendosi rinnovato semestralmente un incarico che da un momento all’altro potrebbe essere interrotto. Come è già avvenuto. E perciò è esploso qualche mese fa in provincia, con i lavoratori di Cassino che hanno innescata la miccia, il malcontento di chi si preoccupa del proprio futuro immediato. Ieri mattina la tensione era palpabile al massimo grado in Via Fabi visto che è dovuta intervenire la polizia per placare gli animi e far iniziare l’incontro con l’assessore regionale ed i responsabili dell’Asl. Dal quale peraltro è venuto fuori quello che già si sapeva: gli assorbimenti (tutti?) avverranno da qui al 2009. «Entro la prossima settimana – ha puntualizzato Battaglia – stabiliremo i criteri per l’assorbimento, anche sulla base del monitoraggio delle Asl. Parallelamente saranno limitate le esternalizzazioni riaffidando ai dipendenti i servizi socio-sanitari per i quali sono stati assunti. L’obiettivo è anche indire nuovi concorsi». Intanto si registrano le prime reazioni. La segretaria regionale dell’Ugl-Medici, Antonella Spaziani, protesta con il presidente della Regione l’assessore il presidente della commissione sanità e l’Asl per il fatto di non essere stata invitata e rileva con disappunto che Battaglia, «in quanto soggetto istituzionale, si è reso co-protagonista di un episodio tanto sconcertante quanto inaccettabile per il mancato rispetto di quel legittimo e vitale pluralismo presente nel territorio e nella sanità in particolare». Sempre per quanto riguarda l’Ugl, la responsabile nazionale del comparto sanità Roccatani il segretario dell’Ust Lanzi e la responsabile precari Pulciani, affermano di non essere «per niente soddisfatti e tranquilli» per cui vigileranno e controlleranno «attentamente ogni futuro passaggio di tale vicenda, fino alla completa soluzione». «A fronte delle generiche promesse dell’assessore – sostiene il sindacato – che ha parlato di un piano triennale vincolato al numero dei precari, alle esigenze specifiche delle Asl, alle figure professionali e alle risorse finanziarie, chiediamo di conoscere con esattezza le reali risorse, il numero esatto dei precari che da circa dieci anni prestano servizio, la consistenza ed i bisogni previsti nelle piante organiche ma, soprattutto, delle reali esigenze degli utenti». La questione dei precari, come si vede, non è affatto risolta.

sabato 13 gennaio 2007