18.1.07

Ecco il rapporto dei sindacati sul precariato nell'Università

Carlo ha 36 anni, è ricercatore alla Sapienza, ha una fidanzata e vorrebbe sposarsi. Ma non riesce a comprare casa, né può permettersi di pagare un affitto. Francesca anche. Ricercatrice da cinque anni, spera un giorno di diventare mamma. Ma per ora non può permetterselo: la gravidanza e poi la maternità la allontanerebbero dal giro. Intanto gli anni passano. Maria, dopo anni di ricerca, alla fine è stata costretta ad una difficile scelta: ha deciso di cambiare lavoro e rinunciare al sogno della sua vita.

Tre storie, tre esempi di come vivono oggi i ricercatori precari nel mondo della scienza. Con stipendi che variano dagli 800 ai 1200 euro al mese e l’impossibilità di programmare la propria vita o di pensare a metter su famiglia. La conferma arriva da un rapporto curato dalla Nidil-Cgil sul mondo della precarietà nei settori dell’Università e della ricerca secondo il quale si tratta di stipendi molto inferiori alla media europea. Ma per i ricercatori scientifici il problema della precarietà è ancora più grave poiché spesso, trascorso un certo numero di anni, non possono rinnovare i contratti da ricercatore e ciò li spinge ad accettare altri tipi di contratti di collaborazione, con il risultato di allontanarsi dal percorso di carriera cui si sono dedicati interi anni. Una situazione che la Cgil definisce “allarmante”, se si considera che in Italia “il 60% di chi lavora nelle università nel settore ricerca non ha un contratto a tempo indeterminato.

Dal rapporto emerge anche che un ricercatore su quattro ha più di 35 anni e il 65% si lamenta della propria condizione economica. A fronte di stipendi minimi, i tempi lavorativi sono però notevoli: il 50% dei ricercatori, rileva la Nidil-Cgil, lavora oltre 38 ore alla settimana, con punte anche di 45 ore. Condizioni che spingono la maggioranza a scelte forzate sul piano della vita privata, tanto che l’82% degli interpellati non ha figli.

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