18.1.07

Industria tessile, in fumo 500 posti di lavoro

Corrado Binacchi
Ma nel triennio 2003-2006 il saldo dei dati occupazionali sale a -1500 unità

Poco meno di cinquecento posti di lavoro andati in fumo in dodici mesi nelle circa cento aziende mantovane del settore tessile-abbigliamento dove è presente la Cgil. Dati che, sommati ai cali di occupazione registrati negli anni scorsi, portano ad un bilancio del triennio 2003-2006 che sfiora le 1500 unità in meno. E’ la fotografia del comparto della calzetteria e dell’intimo scattata dalla Filtea, il sindacato di categoria. Ai numeri messi nero su bianco alla fine dell’anno dall’organizzazione di via Altobelli, vanno aggiunte poi le stime che riguardano le piccole imprese, dove il sindacato non è presente, e le aziende artigiane. «Il quadro è preoccupante - afferma il responsabile della Filtea Silvano Saccani - in tre anni abbiamo perso 2.500 posti».
Si tratta di un’emorragia prolungata, che non sembra accennare ad arrestarsi. Vediamo i dati.
Un anno di tagli. Nelle 95 industrie, di diverse dimensioni, dove il sindacato di via Altobelli è presente, la variazione tra il numero degli occupati alla fine del 2005 (7.768) e al termine del 2006 (7.307) segna un meno 461 addetti. «Sono posti di lavoro a tempo indeterminato persi per il blocco del turn over scattato in quasi tutte le aziende del comparto - spiega il responsabile provinciale della Filtea - dove i lavoratori che per motivi diversi se ne sono andati non sono stati sostituiti, e per l’attivazione delle procedure di mobilità, dovute a diverse difficoltà aziendali, che hanno interessato tra le altre Acquafil, Artsana, Belcom, Csp, Calzificio Lusso, Linea Color, Filodoro, Grand Soleil di Viviverde, Pompea e Texmantova». L’80 per cento dei 461 posti di lavoro andati in fumo nel 2006 riguarda le quindici aziende del settore più grandi, per dimensioni, bilanci e fatturato.
Le stime. Le cifre rese note dalla Cgil, con il conto ufficiale degli occupati del comparto, danno solo un quadro parziale, perchè il sindacato non è presente in tutte le aziende. «Abbiamo stimato che i posti di lavoro a tempo indeterminato persi nell’industria oscillino tra i 550 e i 600 - continua Saccani - circa il 7% dei posti attuali, ai quali va aggiunto il calo registrato nelle aziende artigiane. Il dipartimento dell’artigianato della Cgil ha avviato 120 pratiche di disoccupazione e circa un centinaio di fascicoli di sospensioni che hanno coinvolto circa 170 lavoratori del settore tessile. «Le aziende che hanno chiuso i battenti, di cui siamo a conoscenza, sono una decina - spiega Saccani - considerando che il sindacato in questo settore dell’attività produttiva riscontra molte più difficoltà rispetto a quello dell’industria, e tenuto conto che la nostra presenza nelle imprese artigiane non è diffusa come nell’industria, è corretto pensare che la contrazione dei posti di lavoro dell’artigianato nel 2006 sia stata di 150-200 unità. Con tutte le incertezze della rilevazione stimiamo, complessivamente, un calo occupazionale di circa 750 addetti».
Il triennio nero. La contrazione del 2006 è stata meno pesante di quella del 2005 (-622 posti persi nelle industrie monitorate dal sindacato di via Altobelli) ma più consistente di quella di tre anni fa (-399 il saldo alla fine del 2004). «Il dato più eclatante, e al tempo stesso preoccupante - sottolinea il responsabile provinciale della Filtea - è che in tre anni il territorio mantovano ha dovuto rinunciare a quasi 1500 posti di lavoro, che diventano più di 2500 se consideriamo anche le piccole aziende, i laboratori e le imprese del comparto artigiano. Non solo, questa perdita di posti stabli è stata accompagnata da una crescita, in alcune realtà produttive, di posti precari. Il lavoro a tempo determinato e quello interinale hanno rappresentato anche nel settore della calzetteria e del seamless la risposta alle diverse esigenze del mercato ma senza alcun impegno sul futuro». Solo nelle 45 aziende del distretto di Castel Goffredo la Cgil ha rilevato in tre anni un saldo negativo di 1.015 unità. «Dati ancor più allarmanti di quelli registrati nella ricerca condotta dal Centro Servizi Calza».
Il mercato. Proprio il Csc aveva parlato di segnali incoraggianti, dal 2006, in particolare per quanto riguarda l’andamento dei fatturati. «Le situazioni di crisi, superate comunque riducendo l’occupazione, sono legate più alla distribuzione che all’attività produttiva vera e propria - risponde Sacsani - Un esempio? Csp, che ha aumentato il fatturato non tanto grazie alla produzione ma alla distribuzione del marchio Puma».
(16 gennaio 2007)

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