15.6.07

19/6 Sciopero generale in Calabria

SCIOPERO CALABRIA: APPELLO CGIL ALLA MOBILITAZIONE

(AGI) - Catanzaro, 14 giu. - Il segretario generale della Cgil Calabria, vera Lamonica, lancia un appello alla mobilitazione in vista dello sciopero generale della Calabria, in programma per martedi’ 19. “In Calabria, - dice la sindacalista - regione gia’ fortemente in debito d’ossigeno per quanto riguarda ogni ipotesi di sviluppo e recupero di competitivita’, sempre in coda a tutte le graduatorie per quel che concerne l’occupazione e con un tasso di lavoro irregolare che incide - secondo i dati Istat - per il 26%, il futuro appare quanto mai incerto. Nei soli call center, interessati in questa fase attraverso gli accordi sindacali all’applicazione della circolare Damiano, i precari sono ancora circa 6 mila e quasi tutti prestano la propria attivita’ con le tipiche modalita’ del lavoro subordinato a tempo indeterminato, senza averne pero’ i benefici in termini economici e di tutela dei diritti. Senza contare - aggiunge - quante migliaia di precari, in condizioni di sfruttamento e di sottosalario esistono nel complesso dei settori privati. Circa 8 mila, invece , i lavoratori Lpu Lsu: aspettano da anni la stabilizzazione e intanto cercano di sopravvivere con un salario da fame. Ma nel complesso delle amministrazioni pubbliche calabresi e della sanita’ ne esistono, con vari tipi di contratto a termine o atipico, diverse altre migliaia. E poi il nuovo dramma della ‘migrazione dei cervelli’: migliaia di giovani, ogni anno, dopo aver acquisito un diploma o un titolo di studio universitario o comunque completato la propria formazione culturale, sono costretti a cercare fuori regione una possibilita’ d’impiego. Una nuova migrazione che determina una pesante ipoteca sul futuro stesso della Calabria. Nella piattaforma sindacale per lo sciopero generale del 19 giugno, e’ stata sottolineata la necessita’ di un Piano per il lavoro, in Calabria, strettamente correlato al sistema formativo dell’istruzione e dell’universita’, proprio per evitare questa enorme dispersione di energie e di risorse vitali per l’intera regione. Tutto cio’, unitamente ad un reddito di inserimento sociale, capace di costituire un primo argine ad una poverta’ crescente tra la popolazione calabrese. A tutte queste persone - dice Lamonica - , il sindacato si rivolge perche’ siano anche loro- attraverso la partecipazione allo sciopero generale del 19 giugno- a testimoniare l’ansia e la volonta’ di un cambiamento radicale nella programmazione e nella gestione dei principali elementi di crescita socio-economica della nostra regione. A queste stesse persone,l’appello perche’ facciano sentire forte la loro voce, a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori di altri settori produttivi, dei pensionati, delle pensionate e di tutti coloro che sperano in condizioni di vita migliori e sono disposti a lottare per realizzarle, per una reale dignita’ del lavoro e una migliore qualita’ della vita,anche in Calabria”. (AGI)
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Per gli insegnati precari nuovo regolamento "Iniquo e penalizzante"

ROMA
«Iniquo e penalizzante». Così i Cip, Comitati Insegnanti Precari, definiscono il regolamento sulle supplenze dei docenti contestando le novità introdotte dal ministero della Pubblica Istruzione. Pur apprezzando la volontà di semplificare le modalità e i tempi per l’assegnazione delle nomine, spiega in una nota il Cip, si contesta sia la diminuzione del numero di istituti nei quali è possibile presentare le domande sia l’indicazione ai presidi di attribuire le ore disponibili al personale di ruolo.

Se l’informatizzazione del sistema e le apposite graduatorie per le supplenze brevi, finalmente, contribuiscono alla rapidità nel reperimento dei supplenti e alla trasparenza delle nomine, la contrazione del numero degli istituti (da 30 a 20) vanifica ogni beneficio, con grave pregiudizio per alunni e insegnanti precari. «L’attribuzione degli spezzoni fino a 6 ore, concesse come straordinario, ai docenti in ruolo a danno dei precari - afferma Gianfranco Pignatelli, presidente nazionale dei Cip - segna un’inaccettabile retromarcia rispetto ai provvedimenti varati solo un anno fa e dimostra, ancora una volta, con quanta contraddittorietà, approssimazione e stoltezza si governi la nostra scuola».

È noto a tutti, infatti, prosegue la nota «che un tale provvedimento, prima ancora di essere punitivo nei confronti dei diritti legittimi dei precari, costituisce un sensibile aggravio per la finanza pubblica, incentiva il cannibalismo professionale nella scuola ed incrementa il nepotismo col quale i dirigenti scolastici, spesso, gestiscono privatisticamente incarichi e risorse».

I Cip, inoltre, denunciano l’inqualificabile destrezza con la quale il ministero ha ritardato ad arte il varo del regolamento, a dimostrazione di quanto sia impresentabile. «Ne chiediamo - conclude Pignatelli - l’immediata modifica perchè manifestamente iniquo, illogico, dispendioso e inutilmente penalizzante per i precari e per la qualità del servizio da loro garantita alla scuola pubblica».

Panini (Cgil): ritardi in stabilizzazione precari

UNIVERSITA’: PANINI (CGIL), RITARDI IN STABILIZZAZIONE PRECARI

(AGI) - Roma, 13 giu. - “Pesanti ritardi in numerosi atenei sulla stabilizzazione dei precari. Non si puo’ perdere neanche un minuto, devono intervenire con urgenza i ministeri interessati”.
E’ l’help’ lanciato dal leader della Flc-Cgil, Enrico Panini, che sottolinea come “diversi atenei non abbiano ancora avviato le procedure di stabilizzazione dei precari, probabilmente interpretando l’autonomia come totale indifferenza nei confronti delle leggi dello Stato, dopo che da 40 giorni sono state rese note le regole per stabilizzare una parte del precariato delle Universita’”. Per Panini si tratta di “un atteggiamento inaccettabile. La Flc-Cgil - prosegue il segretario - sta mettendo in campo tutte le iniziative necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori. Chiediamo che il Ministro della Funzione Pubblica ed il Ministro dell’Universita’ intervengano con ogni urgenza per sanare una situazione insostenibile e per confermare definitivamente che non vi sono altre direttive in arrivo che dovrebbero chiarire norme che sono gia’ chiare. La direttiva numero sette del Dipartimento di Funzione pubblica, infatti, ha precisato in maniera inequivocabile che le norme sulla stabilizzazione dei lavoratori precari devono essere applicate anche nelle Universita’, compresi i lettori e i cel. Contrariamente a quanto dichiarato da alcune amministrazioni non esiste, quindi - prosegue il segretario della Flc - alcun atto integrativo della direttiva specifico per le universita’ che devono uniformarsi al resto della pubblica amministrazione. La Direttiva numero sette, che a nostro giudizio e’ molto insufficiente perche’ esclude i ricercatori dal processo di stabilizzazione, avvia con norme precise un processo di superamento del lavoro precario. Non a caso diversi Atenei hanno conseguentemente sottoscritto intese per l’applicazione dei commi 519 e 529 della Finanziaria per il 2007″. La Flc-Cgil che chiede l’applicazione immediata delle norme definitive “senza eccezione alcuna” chiede che la prossima Finanziaria “garantisca le risorse aggiuntive finalizzate a sostenere il processo di superamento del lavoro precario includendo i ricercatori e docenti precari degli atenei che fino ad oggi sono totalmente esclusi”. (AGI)
Cma

Provincia di Bologna: 123 assunti in 3 anni

Precari: Giunta provinciale approva piano per assunzione 123 persone

La Giunta provinciale di Bologna, nella riunione di questa mattina, ha approvato il Piano triennale dei fabbisogni di personale e adeguamento della dotazione organica che comprende anche il documento sulla stabilizzazione del personale. Nel triennio 2007-2009 verranno assunti complessivamente 123 dipendenti, di cui: 79 nel 2007, 26 nel 2008 e 18 nel 2009.

“Mi sembra un punto di arrivo importante – ha commentato la presidente Beatrice Draghetti - e di grande soddisfazione perché si tratta di un tema che incide concretamente sulla vita di tante persone che ogni giorno lavorano all’interno di questo ente. Dopo anni di incertezza, a livello nazionale e locale, il tema del precariato, grazie anche alle nuove norme della Finanziaria, viene affrontato concretamente”.

Pensionati: 200mila in piazza

La giornata di lotta dei pensionati

200 mila in piazza
A Roma la polizia disperde il corteo

Difficile non iniziare il resoconto di questa "Giornata di lotta" dei pensionati italiani da quanto avvenuto a Roma, dove la polizia ha disperso un gruppo di manifestanti nelle vicinanze di Palazzo Chigi. Ne sono scesi 200 mila, in piazza, in tutta Italia, chiedendo al governo politiche sociali più incisive, l'aumento dei vitalizi, un aiuto concreto contro l'erosione del potere d'acquisto. Una manifestazione indignata ma pacifica. Ma chi avrebbe mai immaginato che le forze dell'ordine di un governo di centrosinistra disperdessero un corteo di pensionati? E' successo anche questo. E i sindacati, letteralmente esterrefatti, lo giudicano "un episodio incomprensibile", che fa seguito - aggiungono - "all'inspiegabile diniego da parte della Questura di Roma" di organizzare una "pacifica catena umana da Palazzo Madama a Piazza Montecitorio".

E' quanto affermano in un comunicato congiunto i tre segretari del Lazio di Cgil Walter Schiavella, di Cisl Roma Danilo Reali, e Uil Lazio Luigi Scardaone, annunciando che Cgil Cisl Uil ''oggi stesso inoltreranno una richiesta urgente di incontro al Questore di Roma''. ''Al termine della manifestazione unitaria, cui hanno partecipato circa 5.000 persone, alcune decine di pensionate e pensionati - ricostruiscono i sindacati - si sono radunate sotto la Galleria Alberto Sordi, scatenando una reazione certamente non proporzionata ai reali rischi rappresentati dal passaggio di alcune decine di terribili settantenni armati di palloncini e cappellini colorati''. ''Le forze dell'ordine infatti - ricostruiscono Cgil, Cisl e Uil - su ordine di zelanti funzionari, hanno proceduto all'identificazione dei presenti e di chi si trovava a transitare nella Galleria. Alcuni dirigenti sindacali, intervenuti per verificare quanto stesse accadendo e a difesa di coloro che, sprovvisti di documenti di identita', venivano minacciati di essere portati in Questura, sono stati identificati. Tra essi Pierpaolo Baretta e Salvatore Biondo, rispettivamente segretario generale aggiunto Cisl e segretario Cisl Roma e Walter Schiavella, segretario generale della Cgil Roma e Lazio. Il tutto - sottolineano - sotto le telecamere dei TG nazionali presenti''.

Una ricostruzione dei fatti però smentita dalla Questura di Roma, secondo la quale "i manifestanti hanno lasciato ordinatamente piazza Santi Apostoli e successivamente circa 150 manifestanti hanno raggiunto a piccoli gruppi le adiacenze di piazza Colonna, vicino a Palazzo Chigi. Questi ultimi hanno sostato per una cinquantina di minuti senza alcun intervento nei loro confronti di alcun genere".
In seguito, nel pomeriggio, i rappresentanti sindacali del Lazio hanno incontrato il questore di Roma, Marcello Fulvi, per chiarire quanto avvenuto. Il colloquio - si legge sempre in una nota della Questura della Capitale - è stato "connotato dalla massima cordialita' reciproca" e "nel corso della conversazione sono stati chiariti alcuni episodi di lieve entita' dovuti ad eccesso di zelo, che non inficiano il rapporto di correttezza sempre intercorso tra le organizzazioni sindacali e la Questura di Roma".

Le manifestazioni
I pensionati italiani hanno risposto in maniera massiccia all’appello dei sindacati e sono scesi in piazza, in tanti. Un’ideale manifestazione collettiva rivolta direttamente al governo con due richieste precise: approvare la legge sulla non autosufficienza, dare più soldi alle pensioni. “Le famiglie vanno sostenute nei fatti e non con le parole”, si legge nel volantino di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, che ora chiedono al governo di non ignorare una protesta di tali proporzioni. Le pensioni, ricordano i sindacati, hanno perduto il 30 per cento del potere d’acquisto. Quanto ai fondi per la non autosufficienza, ammontavano a 100 milioni di euro, ora sono diventati 70 perché 30 sono stati utilizzati per ripianare i debiti della sanità. Col risultato che arrivare alla “quarta settimana” del mese, per molti, diventa un’impresa. A suffragare queste considerazioni ci sono le cifre diffuse dall’Istat, che spiegano come un terzo dei pensionati versi in condizioni di povertà. Nel dettaglio, il 24 per cento è costretto a vivere con meno di 500 euro, il 31 per cento con importi che non superano i 1.000 euro.

“Si è trattato di una manifestazione importante, che è andata molto bene e che risulta ancora più influente visto che arriva a pochi giorni dall'apertura del tavolo di concertazione col governo”, commenta il leader della Cgil Guglielmo Epifani. “È un segnale esplicito – aggiunge – che il sindacato manda all’esecutivo perché orienti il confronto in questa direzione, cioè rispondere alle richieste dei lavoratori precari e dei pensionati”.

Erano in 20 mila a Napoli e Torino, 15 mila a Firenze e Bologna, 12 mila a Roma, 5 mila a Palermo, L’Aquila e Cagliari, oltre 6 mila a Bari: sit-in, corteo, comizi e “passeggiate” hanno riguardato oggi oltre cento città italiane.

Soddisfazione sull’esito della manifestazione arriva anche da Silvano Miniati, segretario generale Uil Pensionati: “Il governo tenga conto di questa protesta e decida al più presto misure a favore della popolazione anziana e pensionata”. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, da parte sua, chiede il rispetto degli impegni, perché “la gente non ce la fa più”. “Questa – afferma – è l’Italia che ha lavorato e che ora si trova con un pugno di mosche in mano. E poi, ci sono centinaia di migliaia di persone non autosufficienti. Si deve risolvere questa vicenda, altrimenti non saremo disposti a discutere di nessuna altra cosa. Speriamo che Prodi mantenga la parola”.

(www.rassegna.it, 12 giugno 2007)

Scuola, nell'ultimo anno 54mila insegnanti in più senza cattedra

Più alunni e più classi, sono quindi aumentati i docenti, ma il tutto a “vantaggio” del precariato

Roma (GiPe) - Dal dossier di Legambiente “Scuola Pubblica: cambio di passo?” emerge in tutte le sfumature lo stato di crisi del sistema scolastico italiano. Situazione sempre più grave di anno in anno. È cambiato il Governo, ma non lo stato della scuola italiana. Crisi che è facilmente leggibile nel dato relativo al precariato: nell’ultimo anno i “senza cattedra” sono aumentati di 54mila unità arrivando a 156.568, ben il 18,3% del totale, il livello più alto di precarietà mai raggiunto. Questa esplosione è stata determinata dall’aumento generalizzato degli alunni, particolarmente significativo nella scuola superiore, più di 140mila: dal 2001 si sono iscritti a scuola 127.994 alunni in più, l’equivalente di 3.694 classi. Si è venuta così a creare una situazione paradossale: sono aumentati gli alunni e le classi, sono quindi aumentati i docenti, ma il tutto a “vantaggio” del precariato.
La scuola è oggi dunque più precaria. Infatti dal 2001 al 2005 gli insegnanti di ruolo sono diminuiti di 46.528 unità, l’incremento di 10.701 unità nell’ultimo anno non inverte la tendenza. L’incremento della precarietà vuol dire non poter garantire alcuna continuità nel percorso formativo e, ciò che è più grave, è che questo avviene in due settori particolarmente delicati del sistema scolastico italiano. La maggioranza dei docenti “a tempo determinato” si trova infatti negli istituti professionali (42,72%), anello debole del nostro sistema scolastico con un altissimo tasso di abbandono, o è impiegata nel sostegno, dove i precari hanno raggiunto il 50% del totale degli insegnanti impiegati in questa funzione.
Il primo paradosso, per cui l’aumento di posti di lavoro determinato dall’aumento del numero di alunni ha determinato una inedita precarizzazione della categoria, è accompagnato da un altro paradosso: aumentano alunni e docenti ma diminuiscono le risorse finanziarie per l’offerta formativa.
«Oltre all’esplosione del precariato, assistiamo a una sempre più significativa riduzione dei finanziamenti - spiega Vittorio Cogliati Dezza, responsabile nazionale di Legambiente Scuola e Formazione, nel commentare i dati del dossier -; i tagli sono oggi ancor più “pesanti” perché la crescita degli alunni è determinata in gran parte dai ragazzi di origine straniera (nell’ultimo anno più di 430mila, pari a quasi il 5% della popolazione studentesca) che, proprio per le difficoltà linguistiche e le differenze culturali, avrebbero bisogno di una scuola ricca di più funzioni, prima fra tutte quella del mediatore linguistico e culturale».
I tagli per l’arricchimento del Piano dell’offerta formativa sono stati del 22% rispetto allo scorso anno, e raggiungo più del 50% rispetto al 2001.
«La scuola è ancora affrontata come un costo – sostiene ancora Cogliati Dezza -. Ma ciò che è più grave è che nelle scuole italiane si respira sempre la stessa aria di sfiducia, sia tra gli insegnanti che tra gli studenti, sempre più demotivati. Nonostante alcune innovazioni molto importanti, come l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, la riforma dell’esame di stato e l’avvio del riesame delle Indicazioni nazionali piuttosto che la ripresa degli investimenti nell’edilizia, nella vita quotidiana della scuola non si registrano effetti tangibili. La scuola non se n’è accorta».
In calo anche gli investimenti nell’Educazione per gli adulti (in controtendenza con quanto deciso a Lisbona nel 2000) solo lievemente compensati da una piccola crescita dei corsi presso i Centri territoriali permanenti. Come pure si è ridotto l’investimento per la formazione degli insegnanti, che scende del 60% rispetto al 2001 e del 34,49% rispetto all’altr’anno. Del tutto azzerati, come ormai succede dal 2003, i finanziamenti per le nuove tecnologie nelle scuole.
Unico, consolante, dato in controtendenza - secondoLegambiente -: nella Finanziaria 2007 tornano gli investimenti nell’edilizia scolastica, con decreti che dispongono incentivi per l’installazione del solare fotovoltaico nelle scuole.

Paolo Virzì: "Racconto con la Ferilli i lavori dei giovani precari"

di Michele Anselmi - martedì 12 giugno 2007, 10:03

Roma - Il titolo va letto per contrasto, con sottolineatura amarognola, proprio come accadeva per La bella vita. Lì si narravano i giorni vuoti, sempre più desolati e improduttivi, di un operaio cassintegrato dell'Ilva di Piombino. Tredici anni dopo Paolo Virzì fa un altro film sui temi del lavoro, anzi dei nuovi lavori: Tutta la vita davanti. Una frase fatta, da presunta saggezza popolare, usata di solito per rassicurare chi è giovane e avrà tempo per sistemarsi. Il tema è il mondo dei call-center, tra sfruttamento, imbrogli e promesse, con un occhio alla commedia di costume.

Reduce dallo sfortunato N (Io e Napoleone), il quarantaduenne regista livornese torna dunque all'attualità italiana. Doveva essere un piccolo film, quasi sperimentale, in attesa di porre mano all'impegnativo Vita, dal romanzone di Melania Mazzucco, invece strada facendo Tutta la vita davanti ha preso corpo. Se la protagonista è la quasi esordiente Isabella Ragonese, apprezzata in Nuovomondo, attorno a lei spicca un cast di lusso: Sabrina Ferilli, il gettonatissimo Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini. Produce la Motorino Amaranto di Virzì con il decisivo contributo di Medusa, che distribuirà. Primo ciak a fine giugno, sceneggiatura, come sempre, scritto insieme al fedele Francesco Bruni.

Il call-center per parlare di flessibilità, contratti a termine, sfruttamento...
«No, soprattutto di persone. Con spirito leggero, senza toni apocalittici o riferimenti alla legge Biagi. L'idea è di raccontare un'odissea burlesca e avventurosa nel mondo di una certa precarietà giovanile. Sull'argomento si sono letti libri e reportage, anche di valore, la tv ha indagato. Il cinema, invece, è sembrato distratto, quasi avesse difficoltà a ritrarre quel pezzo di società».

Il punto di partenza?
«Il libercolo di una ragazza sarda, Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Studente in teologia, per guadagnare qualche euro finì a fare l'operatrice di telemarketing a caccia di casalinghe. Siamo partiti da lì, immaginando una venticinquenne laureata in filosofia teoretica, appunto Isabella Ragonese, immersa per necessità in quella specie di caverna di Platone. Sarà un call-center raccontato in chiave fantasmagorica, a tratti grottesca, ma anche realistica. La scoperta di un mondo parallelo che ci sta accanto. La curiosità è socio-antropologica, ma il tema suscita, ai nostri occhi, anche riflessioni di tipo filosofico».

22 giugno sciopero a Messina contro dismissione traghetti

Il 22 giugno sciopero a Messina contro dismissione traghetti
Vertenza dello Stretto: avanti piano. Così, in poche parole si può descrivere lo stato dell’arte in riva allo Stretto di Messina per ciò che riguarda la sicurezza della navigazione ed il futuro del traghettamento pubblico dopo l’ultimo incontro fra i sindacati ed il ministro Bianchi.

marittimi precari che hanno occupato per tre mesi gli uffici della navigazione alla stazione marittima di Messina ottengono finalmente un impegno preciso del governo per la loro stabilizzazione, ma per quanto riguarda gli standard di sicurezza e le prospettive dell’intero settore tutto – per ora - resta sostanzialmente come prima: Le tabelle d’armamento minime rimangono a 7 uomini, anche se si registra la novità del superamento del limite dei 40 passeggeri a bordo delle navi, con la conseguenza che per afflussi tra i 40 ed i 100 passeggeri dovrà provvedersi all’imbarco di un ottavo componente e quindi non dovrebbero più verificarsi gli spiacevoli inconvenienti che hanno subito ultimamente i pendolari, costretti a rimanere a terra per la mancanza di equipaggi congrui.

Troppo poco perché cambi la valutazione negativa di tutte le organizzazioni dei lavoratori. La Cisl – per bocca del suo segretario cittadino Maurizio Bernava – boccia Bianchi senza appello e parla di “scelta che espone l’intero Governo ad una insensibilità sociale e ad una irresponsabilità sul piano della sicurezza. Quella sicurezza richiesta da lavoratori e i pendolari che quotidianamente utilizzano il servizio pubblico di traghettamento. La stessa che il ministro aveva promesso in visita alla nostra città il giorno dopo la collisione del Segesta e la morte di quattro uomini dell’equipaggio.” Toni simili usa l’ORSA che denuncia anche “l’atteggiamento remissivo della capitaneria di porto che ancora una volta si mostra succube delle scelte ministeriali e amatoriali private e che nel prossimo futuro dovrà riuscire a garantire per tempo la presenza a bordo di un equipaggio congruo al numero di viaggiatori.” Impegnandosi a “vigilare affinché le regole, ancorché insufficienti, - varate nell’incontro romano, siano applicate a tutte le compagnie private e pubbliche.” Valutazioni condivise dal delegato regionale dell’Orsa – navigazione Mariano Massaro, che – però – ricorda l’importanza delle assunzioni dei precari: “un primo importante passo in avanti nella direzione da tutti auspicata”. Sulla stessa lunghezza d’onda il commento del Sindacato autonomo precari: “L’esperienza che si è chiusa- si legge nel comunicato del vicepresidente Cannarozzo- deve essere il punto di partenza di nuove e significative lotte che dovranno coinvolgere l’intera città contro i progetti di dismissione palesati dalle ferrovie dello stato e suffragati dalle scelte del governo che all’indomani del no definitivo al ponte sullo stretto fa sapere di non voler investire risorse sul sistema di navigazione dello stretto.” Sbaglia dunque, secondo il sindacato di base, chi è convinto che la fine dell’occupazione degli uffici della navigazione segni la dispersione del movimento di lotta in mille rivoli.

Considerazioni simili fa anche Rifondazione Comunista, che considera l’assunzione dei precari un primo, parziale, successo dovuto in larga misura “alla determinazione dei lavoratori e delle loro famiglie che hanno affrontato una lunga battaglia sacrificandosi e pagando di persona, ma anche dell’impegno costante dei sindacati e dei rappresentanti del partito nelle istituzioni che hanno incalzato il governo e la dirigenza di RFI pretendendo il rispetto degli impegni presi dal centrosinistra in campagna elettorale.” Il segretario cittadino del PRC Daniele Ialacqua, intanto, attacca quanti insinuano che sullo stretto tiri aria di smobilitazione: “la vertenza Stretto non si è depotenziata con l’impegno del Ministero dei trasporti di assumere 75 precari, e chi diffonde e contribuisce a diffondere tale voce va contro gli interessi dei marittimi, precari e non, e della città! - si legge in una nota - Non hanno interesse a fermare la propria lotta i precari che, pur avendo ottenuto un primo e meritato risultato con grandi sacrifici, non intendono mollare proprio ora; né i sindacati, che sulle tabelle d’armamento non hanno mai accettato la posizione del Ministro Bianchi; nè quelle forze politiche come Rifondazione comunista che hanno sostenuto fin dall’inizio la lotta dei marittimi.”

“A rischiare di depotenziare semmai la vertenza Stretto e di creare confusione” prosegue Ialacqua- “sono alcune uscite come quelle dell’on. Ardizzone che, nella sua interrogazione all’ARS, sembra addirittura guardare con favore la proposta di una società privata che intenderebbe assumere i precari RFI e gestire le sue navi veloci Selinunte e Tindari.”

Il prossimo appuntamento per tutti è quindi lo sciopero generale del 22 giugno, promosso con l’auspicio che possa trasformarsi in una giornata di lotta dell’intera città.

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Precari della ASL, la protesta si sposta a Bari

PRECARI DELL’ASL, LA PROTESTA SI SPOSTA A BARI

L’aveva annunciato, e lo farà: domani il coordinamento degli infermieri precari di Lecce si ritroverà a Bari, per un sit-in di protesta sotto la sede della Regione Puglia, in via Capruzzi, a Bari. Partiranno in pullman alle 7,15 da piazza Muratore, di fronte all’ospedale Vito Fazzi, “A cinque mesi dall’approvazione della legge finanziaria ancora non si è giunti a nessuna conclusione”, scrivono in una nota gli infermieri.

“Siamo ancora precari, abbiamo spedito l’ennesima domanda di partecipazione all’ennesimo concorso, non abbiamo diritto a nessun scatto di anzianità, siamo psicologicamente ricattabili, ci troveremo ad essere a parità di lavoro (ma non di diritti e dignità..) infermieri pensionati di serie D, con una pensione bassissima per colpa della scellerata politica regionale ed aziendale di questi ultimi 15 anni: abbiamo pazientemente aspettato lumi dall’alto ma adesso, nonostante le rassicurazioni di vari politici i segnali delle ultime settimane sono molto negativi e preoccupanti”.

“Ad ogni buon conto – proseguono - ci poniamo queste domande: perché gli infermieri precari della ex Le/1 sono stati esclusi dal premio di produttività? Perché, se è vero che vogliono applicare la finanziaria, permettono alla Asl di foggia di bandire (nel maggio scorso) un concorso per 160 infermieri? Perché hanno prorogato i nostri incarichi sino al 31 dicembre 2007? Se hanno nell’immediato certezza su cosa fare, tutto questo tempo a che cosa serve, se non ha protrarre i tempi e procurare ulteriori disservizi a scapito delle sofferenze e sui diritti del malato? Per avere delle risposte a queste ed altre domande invitiamo tutti i colleghi a protestare con noi: siamo un esercito, 700 infermieri precari solo nella provincia di Lecce. E potremmo fare il bello ed il cattivo tempo”.

Martedi la protesta dei Precari Sanita' Cobas presso la Regione

Brindisi, 09/06/2007

Il Coordinamento Regionale Precari della Sanità aderenti al Sindacato Cobas organizza per la giornata del 12.06.07 una manifestazione di protesta davanti la sede della Regione Puglia ,alla Stramurale Capruzzi, per chiedere la stabilizzazione di tutto il personale precario (infermieri, ausiliari,, ota, autisti) operante in tutte le Asl.

Il Coordinamento dei Precari dopo aver realizzato numerose manifestazioni, che hanno avuto il risultato di continue proroghe alle scadenze dei contratti di lavoro a tempo determinato, chiederanno alla giunta Vendola di cancellare il precariato presente nella sanità Pugliese.
E’ una questione non più rinviabile dato il bisogno di personale presente nelle Asl Pugliesi Quello della Sanità è il dato certamente peggiore registrato dalla Giunta Vendola , che a più di due anni dal suo insediamento non è riuscito a varare il piano regionale sulla salute che doveva sostituire il vecchio piano di riordino ospedaliero della giunta Fitto.
Altro che distretti e servizi territoriali di cui ha bisogno la gente , ci rimane solo la litigiosità dei partiti rivolti ad occupare i posti di potere nella Sanità Pugliese.
I lavoratori precari della Sanità dicono basta e con questa manifestazione di protesta chiederanno con forza al Presidente Vendola e alla sua Giunta di cambiare atteggiamento sulla Sanità, cominciando dal risolvere un problema che va avanti da tanti anni e che riguarda la vita di migliaia di precari.

L’appuntamento per i lavoratori di Brindisi è alle ore 8,00 del 12 Giugno nel piazzale antistante l’ospedale Perrino per andare in pullman a Bari. Per informazioni:349 3118288

Stabilizzazione per 1500 precari della sanità sarda

venerdì, 08 giugno 2007

Parte la stabilizzazione per 1.500 precari del Servizio Sanitario regionale, il 6,9% del totale di quanti lavorano nella Sanità. La Giunta regionale ha approvato la delibera sul Piano di superamento del precariato nella Sanità pubblica. La stabilizzazione dei primi lavoratori dovrà concludersi entro il 31 marzo 2008. Il Piano riguarda personale sanitario, socio-sanitario, ausiliario, tecnico, professionale e amministrativo: requisito indispensabile è aver lavorato nella sanità pubblica per almeno tre anni, anche non continuativi, nell’arco dell’ultimo quinquennio.

CAGLIARI – Sarà una stabilizzazione di precari a costo zero, quella programmata per il 2007 dall'assessorato regionale della Sanità. Lo ha confermato l'assessore regionale, Nerina Dirindin, illustrando i contenuti della delibera approvata ieri in Giunta sul piano di superamento del precariato nella sanità pubblica. Su 21.806 lavoratori del servizio sanitario regionale (Ssr) della Sardegna al 31 dicembre 2006, 1.500 (6,9%) sono quelli a tempo determinato che attendono di essere inseriti nella dotazione organica della Asl sarde: 765 hanno un contratto di lavoro subordinato, avendo superato una selezione pubblica, 179 sono Co.Co.Co., 272 hanno stipulato un contratto libero-professionale e 284 sono stati chiamati tramite società di lavoro interinale.

Entro l'anno potrebbero essere stabilizzati circa 400 precari del comparto (infermieri ed altro personale non medico) e della dirigenza (medici) che hanno maturato (o matureranno entro il 2007) tre anni di attività nel Ssr negli ultimi 5 anni. “Una estensione di quanto previsto dalla Finanziaria nazionale – ha precisato l'assessore – che escludeva la dirigenza”. I tempi previsti sono stretti, coloro che hanno i requisiti richiesti dal piano, dovranno presentare istanza entro il 30 luglio (l'avviso sarà pubblicato entro il mese di giugno) indicando tre preferenze tra le 8 Asl sarde più il Brotzu di Cagliari. Successivamente (entro il 30 settembre) ciascuna Asl definirà il proprio fabbisogno, su base regionale per poter procedere alle prime stabilizzazioni.

Coloro che, invece, non hanno superato selezioni (Co.Co.Co., interinali e contratto da liberi professionisti) potranno accedere a selezioni future per contratti di lavoro a tempo determinato usufruendo di una riserva di posti. “Dopo che sarà approvato l'atto aziendale, che arriverà in Giunta la settimana prossima, e quelli delle singole Asl che determinano la dotazione organica – ha sottolineato l'assessore Dirindin – la sanità pubblica sarda si affiderà a contratti a tempo determinato sono per esigenze straordinarie”.

Precari Tele 2

dal Manifesto del 5 giugno 2007

Tele 2 è un grande gruppo internazionale, il fondo di investimenti svedese Kinnevik, che controlla non solo la compagnia Tele2, ma anche la società di call center Transcom Worldwide e il quotidiano gratuito Metro. I call center Transcom lavorano perlopiù per la stessa Tele2, come agenti di vendita (propongono offerte) e in ricezione telefonate (rispondono ai clienti). Sono insediati in 4 città, da Milano (la capostipite) all'Aquila, fino a Lecce e Bari. Applicano svariati tipi di contratto, dall'inserimento all'apprendistato e all'interinale, l'onnipresente progetto, fino allo "stagista". A Lecce diversi operatori lavorano 40 ore a settimana (8 ore per 5 giorni) per 400 euro al mese: il sindacato sta cercando di approfondire, dato che l'azienda non ha ancora fornito informazioni esaurienti su questi stage. I lavoratori dei call center Transcom-Tele2 da qualche settimana sono in agitazione, in particolare nella sede di Milano: è qui infatti, dove è presente il più alto numero di addetti a tempo indeterminato, più anziani e più costosi, che
il ramo italiano del colosso svedese ha annunciato una serie di licenziamenti. La sede, secondo quanto minacciato dall'amministratore delegato Roberto Boggio, potrebbe addirittura chiudere, dato che i 220 operatori impiegati nel capoluogo lombardo sarebbero tra gli eletti inclusi tra i 350 da licenziare: ciascuno di loro costa infatti - ha spiegato Boggio - 7 mila euro annui in più rispetto ai lavoratori dei concorrenti. Dunque ecco la proposta: o li licenziamo o evitiamo gli aumenti contrattuali dei prossimi anni, fino a quando la differenza di 7 mila euro non sarà
assorbita. Nelle ultime settimane c'erano già stati scioperi perchè l'azienda rifiutava di stabilizzare i cocoprò definendoli outbound, mentre per diversi
stabilizzandi ha proposto il passaggio al contratto tlc, trasformando la quattordicesima in premi variabili.
A Bari sono circa 400 operatori, e solo 150 sono stati stabilizzati (ma passando al secondo livello tlc, dunque perdendo la quattordicesima prevista nel contratto del commercio), altri 150 sono apprendisti e 100 a progetto. A Lecce, su 300 addetti, solo 60 sono a tempo indeterminato, 150 sono cocoprò a 5 euro lordi l'ora; ci sono poi apprendisti, interinali, in job sharing. All'Aquila ci sono 400 a tempo indeterminato.

Lavori atipici e sicurezza

15 giugno 2007

E’ ampiamente provato già da diversi anni che i lavoratori “atipici” rischiano infortuni, malattie professionali e incidenti mortali molto più dei lavoratori stabili e a tempo indeterminato. In particolare, una ricerca condotta da Eurispes - Ispesl evidenzia che i tassi di mortalità e di infortunio tra i lavoratori precari è almeno due, tre volte superiore rispetto a quello dei lavoratori subordinati. Questo dato viene spiegato innanzitutto chiamando in causa la diffusa e generalizzata tendenza ad assegnare ai lavoratori non stabilizzati compiti pericolosi, mansioni che vanno svolte in ambienti di lavoro insalubri o, comunque, in condizioni di lavoro problematiche: condizioni che il personale a tempo indeterminato, di norma, rifiuterebbe. Vengono inoltre prese in considerazione la connotazione individualizzata del contratto atipico che, in quanto tale, è normalmente (ad eccezione dei rapporti in somministrazione) slegato dai parametri definiti in sede di contrattazione collettiva e la mancanza di tutele sindacali. Per contro, si registra una sottostima delle denunce di infortuni e di malattie professionali dei lavoratori precari che consegue alla loro condizione di ricattabilità e di soggezione psicologica nei confronti del datore di lavoro o del management aziendale. Si delinea, pertanto, una stretta correlazione tra lavoro atipico e rischio di infortuni e morti sui luoghi di lavoro. Dalla ricerca Eurispes emerge che il maggiore rischio infortunistico nel lavoro atipico rispetto a quello subordinato è fortemente legato alla mutata organizzazione del lavoro (Incidenti sul lavoro e lavoro atipico” - Eurispes-Ispesl). Dal 2003 l’Italia, a seguito della condanna emessa dalla corte di Giustizia Europea per il mancato recepimento della direttiva comunitaria lavorativa, prevede l’obbligo per i datori di lavoro di prevenire tutti i rischi che possono incidere sulla salute dei lavoratori, anche di natura psico-sociale o trasversale (D. Lgvo 626/94) . Negli ultimi anni si è sviluppata una accentuata sensibilità rispetto alle ricadute psicologiche delle mutate condizioni di lavoro che ha promosso l’attivazione di inchieste sui fattori di rischio occupazionali principalmente nel settore dei Call Center (Monitoraggio su inchieste nei call center - NidiL Cgil Catania, luglio 2006). La scelta dei Call Center come luogo di lavoro da indagare è dipesa dalla rapida crescita che ha caratterizzato questo settore. Già nel 2002 l’Europa impiegava circa 2 milioni di addetti, ossia l’1,3 % della popolazione attiva, che si aggiungono agli oltre 5 milioni di operatori negli Stati Uniti. In Italia sono stati censiti 700 aziende di Call Center che impiegano più di 250.000 addetti su 3 milioni e 244 mila lavoratori precari. Il Dipartimento Salute e Sicurezza della CGIL Regione Piemonte in collaborazione con l’ASL 5 ha avviato, su sollecitazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di due Call Center, una indagine sull’esposizione ai rischi professionali focalizzando l’attenzione sugli aspetti legati all’organizzazione del lavoro. In particolare, sembra essere l’ambiente sociale ad influire sulla percezione del disagio da parte del lavoratore tra cui un basso livello di controllo sul proprio lavoro, l’imposizione di obiettivi di rendimento (numero e durata delle chiamate), la presenza di sistemi di monitoraggio delle prestazioni e la scarsità di pause (Studio R.O.C.C. Cgil Piemonte). Malgrado questo dato, è descritto che il management aziendale è più propenso a migliorare l’ergonomia e l’ambiente indoor piuttosto che l’organizzazione del lavoro ( Taylor et al, 2003). Fra i risultati attesi, usufruibili anche da parte del Servizio Sanitario della Regione Piemonte, è stata indicata la realizzazione di “Linee guida per la salute e la sicurezza nel settore dei Call Center”.

Massimo Malerba

7.6.07

La precaria RAI

di Betta Bertozzi

Sono giorni duri, in Rai. Oltre alla solita paralisi del Consiglio d’Amministrazione, oltre alle attese sul caso Petroni, oltre al disagio per i sommovimenti governativi, in Rai anche fare le cose più semplici è diventata un’impresa. Entrare, per esempio, non è così semplice come si potrebbe pensare. Alla chetichella, non attesi e invitati solo ai piani alti per una pacifica riunione di routine, i radicali hanno deciso che, in fondo, il palazzo del cavallo non è poi tanto male, e si sono installati in alcune stanze del palazzo. Protestare contro la pena di morte, essere contrari alla sua applicazione in troppi Paesi, voler attirare l’attenzione delle nazioni Unite sull’argomento, non è affatto una cattiva idea. Ma farlo impedendo agli altri di lavorare, costringendo chiunque volesse entrare in Rai a lunghe file per l’accredito e poi a lunghe attese, per essere raccattati dalle persone con le quali si aveva un colloquio, si trattasse pure del Direttore Generale, non è sembrato utile alla causa. Finalmente, ogni sospetto di raccomandazione è caduto nel vuoto. Molto democraticamente, si attende tutti nell’atrio, a poca distanza dal giardino zen, che qualcuno passi a prelevarti.

Ed è così per tutti. Per il grande produttore che deve piazzare una fiction, come per il neolaureato che cerca un posto, precario, di lavoro. Il tesserino blu, quello con la farfallina e il nome del dipendente da incontrare, sono stati la nuova livella di questi giorni. O, forse, solo l’ultimo approdo di una incapacità di farsi ascoltare, di una impossibilità di farsi capire che paralizza l’azienda.

La Rai è un’ottima madre di precari. Una matrigna, a tratti. In Rai è entrato di tutto, negli anni buoni delle raccomandazioni Politiche, quelle serie. Bastava essere un po’ indecisi sul proprio futuro, magari dotati di una laurea in lettere classiche con specializzazione non spendibile e si poteva procedere alla ricerca del padrino. Il Padrino, il Postulatore della causa, avrebbe chiamato Chisapevalui dentro al palazzo del cavallo e il gioco sarebbe stato fatto.

Si entrava, così, a lavorare per la più grande azienda di comunicazione del Paese. Per sopperire a questo danno, è cominciata l’esternalizzazione. Così adesso per lavorare con la Rai ti basta aver già lavorato con la Rai. Ti serve un Precedente, e non un Postulatore. Non bastano le scuole per autori, quella di Mediaset o quella della Rai, serve un Sacrificio. Serve accontentarsi per un pochino di un contrattino da pochi spiccioli, che ti verranno liquidati a babbo morto, perché quelli che in Rai ci sono entrati col Postulatore, spesso fanno i Burocrati, con la B maiuscola.

E allora un contrattino da due lire, magari quello di un bravo inviato che anticipa anche i soldi dei viaggi, è il passaporto per l’ingresso nel meraviglioso mondo del precariato televisivo, una sorta di limbo dove non incontrerai mai un dirigente, dove non capirai mai chi sia il tuo referente, un luogo dal quale l’Azienda ti sembrerà un grande, infinito, limaccioso pantano.

Eppure, di gente entrata senza raccomandazione, di frequentatori del tempio del Sacrificio, in Rai ce ne sono molti. Ce ne sono tanti. E sono quelli che in queste mattine, quelle in cui la pacifica ma guerrafondaia occupazione Radicale ha reso impossibile il lavoro, sono entrati a fatica, ma sono andati a lavorare. Sono andati a sedersi al loro posto, in una redazione, uno studio o un ufficio, anche senza sapere chi avrebbe firmato il loro stipendio a fine mese.

E non è bello saperlo dalle voci di corridoio, dall’aria che tira nel governo e dall’orientamento delle correnti di partito, se la tua azienda ci sarà ancora, l’anno prossimo. Non è bello essere precari nel proprio posto di lavoro a tempo indeterminato, senza sapere se fra una settimana, dieci giorni o un mese la tua sedia sarà occupata da altri, solo perché è cambiato un dirigente, solo perché il tuo gruppo di lavoro non esiste più, solo perché non hai occupato altro, se non la tua sedia, se non il posto che ti permette di portare soldi a casa.

Tutto questo è ancora meno bello se precario lo sei sul serio, se lavori a consulenza, e se il prossimo contratto te lo sudi facendo del tuo maledetto meglio, in un’Azienda in cui ignori i volti dei Dirigenti, i loro nomi, le loro mansioni. Il lavoro precario, la precarietà del posto di lavoro, sono la tomba dei desideri, sono la morte del futuro, sono un atto di guerra contro la forza lavoro di un Paese.
E così, mentre ci s’interroga sul futuro del Governo, in Rai dipendenti e precari si chiedono la stessa cosa, un mucciniano “che ne sarà di noi?”. Mentre piovono articoli sulla sorte dei Consiglieri, sulla loro indignazione per le conferenze stampa in trasferta del Direttore Generale, sulle opinioni di Fiorello sulla Guardia di Finanza, nessuno si chiede cosa diavolo abbiano in mente le persone che la Rai la fanno e la vivono, ogni giorno. Come si fa a trovare una motivazione seria, per uscire di casa e trascinarsi in un palazzo anche squallido, di un beige insipido, dove il lavoro è spesso un ripetitivo passaggio di carte, senza la richiesta di un apporto o un’opinione personali, perché non si sa se il Capo sarà lo stesso, nemmeno fra poche ore?

Il fatto che alla riunione degli Azionisti si sia presentato il solo Ministro delle Finanze non è forse, e prima di tutto, una mancanza di rispetto mostruosa nei confronti dei lavoratori? Alle 11.30 i Radicali hanno disoccupato la Rai, sono usciti com’erano entrati, alla chetichella. La fila è terminata, la situazione è tornata normale. Per tutti, ma non per chi in Rai lavora.

6.6.07

Il governo cambia la legge Biagi

Massimo di tre anni e addio all'impiego a chiamata. I tecnici dei ministeri: "Nessuno stravolgimento
solo alcune modifiche". Il provvedimento forse a fine giugno

Il governo cambia la legge Biagi
un tetto per i contratti a termine

di LUISA GRION


ROMA - Toppi precari, troppi giovani e meno giovani che non riescono a scrollarsi di dosso le ansie e le incertezze legate ad un lavoro che oggi c'è e domani non si sa. "Metteremo dei limiti" aveva promesso Prodi alla platea di famiglie convocate dal ministro Rosy Bindi a Firenze. L'ora dovrebbe essere arrivata: per invogliare le aziende a passare da assunzioni a tempo determinato a contratti fissi il governo mette in moto una strategia che parte dalla revisione della legge Biagi. Il piano, nonostante le polemiche dell'opposizione che si è detta pronta "alle barricate" pur di difendere quell'impianto di norme sul lavoro entrate in vigore dall'ottobre del 2003, è quasi definito. Secondo un'anticipazione dell'Agi potrebbe decollare a fine giugno, assieme ai provvedimenti sul welfare da finanziare con quella parte di tesoretto (per ora 2,5 miliardi, ma probabilmente 5) non impegnata nel risanamento dei conti pubblici.

"Non ci sarà nessun stravolgimento - precisano i tecnici dei ministeri interessati - pensiamo piuttosto ad un ammodernamento". Che qualcosa della legge Biagi fosse destinata a cambiare era d'altra parte previsto già nel programma elettorale dell'Ulivo. Precisamente cosa?

Sotto esame, prima di tutto, c'è la durata dei contratti a termine: l'idea è di porre un limite di durata - si parla di tre anni - al di sopra del quale l'azienda sarà fortemente incentivata ad assumere il dipendente a tempo fisso. E gli "intervalli" fra un rinnovo e l'altro saranno sottoposti a maggiore controllo.

Molto probabilmente due punti della legge Biagi, il "job on call" e lo "staff leasing" spariranno. La prima formula, detta anche "lavoro a chiamata" è sempre stata al centro di numerose polemiche perché prevede che il lavoratore resti sempre a disposizione dell'azienda e che il datore di lavoro lo convochi a suo piacere per far fronte a particolari necessità di ordine tecnico, o per provvedere ad esigenze produttive improvvise e non prevedibili. Lo "staff leasing", altra norma destinata a scomparire o a essere fortemente modificata, prevede invece che un individuo possa risultare come dipendente di una società, ma lavorare poi presso un'altra azienda.

Quanto all'indennità di disoccupazione l'intervento cui il governo sta pensando riguarda un aumento dall'attuale 50 al 60 per cento dell'ultima retribuzione, a condizione che l'assegno sia legato a iniziative di formazione o reimpiego.

Ritocchi, questi alla legge Biagi, cui andrebbe a unirsi la partita sui contributi. Un innalzamento delle aliquote dei lavoratori parasubordinati è già stata inserita nell'ultima Finanziaria, ma la prospettiva è quella di elevarle ulteriormente fino a raggiungere il tetto del 33 per cento: i contratti a progetto (co. co. pro) quindi resteranno, ma costeranno di più. Sarà consentito il riscatto della laurea a cifre accettabili; ai lavoratori flessibili sarà consentito di unire gratis i vari spezzoni contributivi versati ai diversi enti di previdenza (anche oggi è possibile, ma c'è il limite dei sei anni al di sotto del quale i contributi si perdono). Si tratta della cosiddetta "totalizzazione" cui il ministro del Lavoro Cesare Damiano si è detto tante volte favorevole.

Per coprire i "buchi assicurativi", ovvero i periodi in cui i giovani non lavorano e quindi non versano nulla, verranno poi introdotti i contributi figurativi. E alle aziende piccole, quelle sotto i 15 dipendenti, sarà concessa la possibilità di utilizzare la cassa integrazione purché autofinanziata (comunque sia la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria verranno uniformate).

Il governo insiste nel considerare le modifiche alla legge Biagi dei semplici ritocchi, l'opposizione vede in questi interventi un attacco frontale al suo impianto. "Va bene - ha detto l'ex ministro leghista Roberto Maroni - e mi auguro che non venga cancellata dalla furia ideologica di qualche politico nostalgico di altri sistemi".

Negli ultimi tre anni e mezzo, da quando le nuove norme sono diventate operative, l'occupazione è sicuramente aumentata. Ma se i posti fissi sono cresciuti del 2,8 per cento appena quelli a tempo determinato sono lievitati del 15 per cento.


(6 giugno 2007)

8/6 Lavoro precario e welfare in Europa

Lavoro precario e welfare in Europa

La Provincia di Potenza organizza un meeting a Melfi

La Sala Consiliare di Melfi ospiterà l’ 8 giugno, a partire dalle 9.30, un convegno internazionale su “Lavoro precario e welfare in Europa”, organizzato dalla Provincia di Potenza, Assessorato al Lavoro. Nel corso dell’incontro verranno esposti e diffusi i risultati di una ricerca - cofinanziata dalle Regioni Basilicata e Puglia, dalla Provincia di Potenza e dall’Università di Foggia - con una serie di comparazioni con Belgio, Francia, Germania, Inghilterra e Spagna.

La giornata verrà aperta dai saluti del sindaco di Melfi, Alfonso Ernesto Navazio, e del Direttore del Dipartimento Scienze Giuridiche privatistiche dell’Università di Foggia, Marco Miletti. Presiederà Alfonso Salvatore, Assessore al Lavoro della Provincia di Potenza. Interverrà il presidente della Provincia di Potenza, Sabino Altobello.

Presenterà il rapporto Canio Lagala, dell’Università di Foggia. Parteciperanno gli autori della ricerca Michel Dispersyn (Università Libera di Bruxelles), Jean Pierre Laborde (Università di Bordeaux IV), Maximilian Fuchs (Università di Eichstaett-Ingolstadt), Sarah Jane King (Istituto Universitario Europeo), Juan Gorrelli (Università di Siviglia). A discutere della ricerca saranno: Carlo Chiurazzi, Assessore al Lavoro della Regione Basilicata, Marco Barbieri, Assessore al Lavoro della Regione Puglia, Giovanni Battafarano, Capo Segreteria Tecnica del Ministero del Lavoro, Franco Liso (Università di Roma), Bruno Veneziani (Università di Bari), Antonio Imbrogno (Confindustria Basilicata), Enrico Gambardella (per Cgil, Cisl e Uil di Basilicata).

5.6.07

oggi sciopero delle lavoratrici precarie Trambus Open

riceviamo e diffondiamo come un virus...

Dopo le discriminazioni, anche i ricatti. Questa è la ricetta su precarietà e pari opportunità nel comune di Roma.

Con lettera datata 31 maggio 2007, Trambus Open e la Quanta Risorse Umane spa (la nuova società a cui Trambus Open avrebbe affidato la gestione delle lavoratrici precarie dei Bus 110/Archeobus e referenti di Box) hanno formulato una proposta di assunzione, a far data del 13 giugno 2007, con la Quanta Risorse Umane alle lavoratrici precarie in forza presso i bus della Trambus Open.
Tale proposta, formulata in modo assolutamente generico, è condizionata alla "definizione delle eventuali situazioni antecedenti la citata data del 13 giugno 2007".
In sostanza il Presidente di Trambus Open, Raffaele Morese, dopo averci mantenuto per anni in condizioni di assoluta precarietà, senza diritti e tutele, attuando nei confronti di tutte noi una inaccettabile discriminazione di genere, pretende oggi una rinuncia definitiva alle vertenze legali per tutti i periodi trascorsi nell'illegalità contrattuale, senza nemmeno stabilire preventivamente, in un accordo collettivo, condizioni contrattuali, livelli professionali, garanzia sul futuro occupazionale, nonchè i contenuti delle pretese "transazioni".
Ribadiamo che la eventuale stabilizzazione dei rapporti contrattuali non è un regalo che ci viene fatto ma un atto dovuto per la palese illegalità e discriminazione di genere realizzata in questi anni da Trambus Open, azienda "fiore all'occhiello" del Comune di Roma.
Il rifiuto posto dai vertici aziendali a sottoscrivere un qualsiasi accordo collettivo che definisca, nero su bianco, le condizioni della fantomatica stabilizzazione la dice lunga sull'affidabilità di questo gruppo dirigente.
Non accetteremo ulteriori soprusi da tali signori. Intervengano ora direttamente il Comune di Roma e il sindaco Valter Veltroni al fine di risolvere una volta per tutte l'inaccettabile condizione di precarietà e di discriminazione che tutte le istituzioni conoscevano ma hanno fatto finta di non vedere.
Per questo oggi Martedì 5 giugno 2007 noi lavoratrici precarie operanti nei bus di Trambus Open, hostess e referenti di Box, scioperiamo l'intera giornata.
Lo sciopero è proclamato, con le stesse modalità, anche per tutti i lavoratori "maschi" con mansione di autista, o comunque dipendenti di Trambus Open, che vorranno esprimere con l'adesione allo sciopero la loro solidarietà alla nostra lotta; nonché per i dipendenti di altre aziende, Trambus spa e ATAC spa o altra azienda, eventualmente comandati a sostituire nei bus turistici di Trambus Open le lavoratrici e i lavoratori aderenti allo sciopero, che invitiamo calorosamente a non prestarsi ad azioni di crumiraggio.
Dalle ore 8 inizieremo la nostra protesta in p.zza dei Cinquecento, punto di partenza dei bus 110 e archeobus, e nel corso della giornata porteremo la nostre rivendicazioni nelle sedi istituzionali del Comune di Roma per far sentire la nostra voce.

Roma, 5 giugno 2007
Cobas Lavoratrici Precarie TrambusOpen
Cobas del Lavoro Privato - Confederazione Cobas
Viale Manzoni 55, 00185 Roma - Tel. 0677591926 fax 0677206060 - email: lproma@cobas.it


Le precarie di Trambus Open dicono NO a FINTE STABILIZZAZIONI e a ogni forma di DISCRIMINAZIONE DI GENERE.
In data 28 maggio '07 si è tenuto l'incontro tra la delegazione delle lavoratrici precarie di Trambus Open Spa, organizzate nella Confederazione Cobas, e il vertice aziendale. In tale incontro il Presidente Morese ha formalizzato la risoluzione del contratto di servizio con la IRS Europa scarl a far data del 12/6 p.v.; l'affidamento temporaneo del servizio, fino al 31/12/07, ad altra società; l'assorbimento delle attuali lavoratrici precarie, tramite contratti di lavoro subordinato, nella nuova società appaltatrice; la predisposizione di gara di appalto per l'affidamento del servizio a decorrere dal 1/01/08.
La delegazione ha espresso da subito il proprio dissenso in merito alle determinazioni del vertice di Trambus, ribadendo che:
· i vertici di Trambus sono responsabili, al pari della cooperativa Irs Europa, delle condizioni di precarietà subite dalle hostess e dell'uso illegittimo dei contratti di prestazione professionale (Partite IVA), per aver da sempre sollecitato la IRS a adottare forme di lavoro flessibili e precarie e per non aver mai vigilato sulle forme contrattuali, sul mancato rispetto degli obblighi di legge per il lavoro subordinato, sulla conseguente evasione contributiva/assicurativa e sulla totale assenza delle tutele fondamentali per la salvaguardia della salute delle lavoratrici operanti nei suoi BUS;
· l'affidamento temporaneo del servizio fino al 31/12/2007 ad altra società, la QUANTA Società di lavoro interinale, e la successiva predisposizione di una gara di appalto per l'affidamento del servizio dal 1 gennaio 2008, confermano la discriminazione di genere già in essere con il contratto di servizio operante con la IRS Europa e rendono assolutamente falsa la sbandierata stabilizzazione, essendo la logica dell'appalto una delle forme con cui si rende instabile e precaria la forza lavoro.
Con la nostra lotta chiedevamo ben altro:
la fine definitiva della illegittima interposizione di forza lavoro, della discriminazione di genere e della precarietà attraverso la internalizzazione delle attività di hostess e referenti di box che, conti alla mano, è anche economicamente più vantaggiosa e qualitativamente più produttiva di un qualsiasi appalto.
Invece, i vertici di Trambus hanno deciso di umiliare nuovamente tutte noi, colpevoli oltretutto di aver "osato" contestare la discriminazione subita, spostandoci come sopramobili da una cooperativa ad una società specializzata in affitto di forza lavoro (a dimostrazione della illegittima interposizione realizzata fin d'ora), per ribadire che le hostess e le referenti di box sono ruoli di "serie B" che, a differenza degli autisti, non potranno MAI avere diritto di cittadinanza dentro l'azienda.
In questo modo Morese, e con esso i diversi esponenti politici del comune di Roma che hanno immediatamente applaudito alle scelte dell'azienda senza nemmeno degnarsi di ascoltare anche il nostro punto di vista, ha deciso di calpestare più pesantemente la nostra dignità.
Che sia chiaro, non stiamo chiedendo l'elemosina e nemmeno la luna, ma SOLO il riconoscimento, normativo ed economico, del ruolo svolto nell'azienda per la quale lavoriamo.
Quindi alla finta stabilizzazione rispondiamo semplicemente NO GRAZIE, perché altrimenti ci renderemmo anche noi complici della pesante e inaccettabile discriminazione di genere attuata da una azienda del Comune di Roma, rendendola una "malattia cronica" della nostra città.
A questo punto, vista la irresponsabilità dimostrata da Morese & company, continueremo, nei prossimi giorni, con ancora più determinazione la nostra lotta, per ricordare direttamente alla proprietà, il comune di Roma, che le politiche contro la precarietà e per il rispetto delle pari opportunità non si realizzano "solamente" assicurando la presenza ossessiva del sindaco Veltroni ad ogni pranzo di gala ma, piuttosto, rispondendo puntualmente alle rivendicazioni di chi, come noi, tali condizioni le subisce quotidianamente!!

Cobas Lavoratrici Precarie TrambusOpen
Cobas del Lavoro Privato - Confederazione Cobas
Viale Manzoni 55, 00185 Roma - Tel. 0677591926 fax 0677206060 - email: lproma@cobas.it