18.1.07

San Precario patrono degli istruttori

Lavorano senza garanzie, una palestra su cinque non ha neanche un assunto. L'istruttore sportivo è un lavoro «neanche precario, precarissimo», denuncia Beppe Fiorolli, del sindacato dei lavoratori dello sport e dello spettacolo Cgil. Grazie anche alla legge Pescante che di fatto ha "legalizzato" il lavoro nero
di Eleonora De Bernardi

Solo due dipendenti fissi per palestra. E' la media delle persone assunte nei centri sportivi privati in provincia di Bologna. Secondo la Camera di commercio, delle 49 imprese che hanno fornito i dati sul personale (presumibilmente le più grandi e organizzate), il 90% ha meno di cinque lavoratori fissi mentre il 20% non ne ha neanche uno. Ne emerge una situazione in cui il lavoro a tempo determinato è più unico che raro. Il gestore di una palestra ammette: «Per far funzionare un centro di media grandezza con 500 abbonati, ci vogliono almeno una ventina di operatori sportivi. Di questi, la quasi totalità sono precari. Quando uno fa solo qualche corso a settimana, come fai?».

Due ore di qua, quattro di là. Quando scampano al sommerso, gli istruttori lavorano o con una collaborazione a progetto o con un contratto che nella pratica è simile al lavoro nero, anche se legalmente non lo è. Si chiama legge Pescante: permette a chi lavora per un ente di promozione sportiva no profit di incassare fino a 7.500 euro all’anno di "rimborso spese", di fatto un reddito non tassato, ma che non dà tutele. Spesso anche le palestre private a scopo di lucro riescono ad utilizzare questa legge: basta appoggiarsi ad un ente no profit o crearne uno all’interno della palestra per disporre di personale senza dover dare garanzie né pagare contributi.

«La legge Pescante - spiega Beppe Fiorolli, di Cgil-Slc – è nata per favorire l'associazionismo, ma nella pratica per centri sportivi e palestre è un modo per avere lavoratori specializzati con pochi vincoli contrattuali: niente tasse né contributi, nessuna tariffa fissa per le varie prestazioni e, di fatto, licenziamento libero. Quando la palestra non ha più bisogno del lavoratore, basta non chiamarlo più». Inoltre, continua Fiorolli, «pochi degli operatori sportivi presi con questa legge, hanno una lettera di incarico in cui sono scritte nero su bianco le mansioni che si devono svolgere, i diritti e i doveri».
Franz (il nome è di fantasia) ha alle spalle vent'anni di precariato e di lavoro nero. «Ora sono fuori dal guado, perché ho avuto una cattedra di educazione fisica. Ma è stata dura». Tuttora lavora in una palestra e ne ha viste di tutti i colori. «Questa legge è un bluff. Non solo perché ormai ne fanno ampiamente uso anche le palestre a scopo di lucro, soprattutto le piccole e medie. Ma anche perché il tetto si può facilmente aggirare: se viene un controllo io risulto sotto la legge Pescante, ma se poi faccio qualche ora in più il mio titolare mi aggiunge una busta con i soldi in contanti. Oppure lo stesso istruttore che lavora in più palestre chiede ai suoi datori di lavoro di dichiarare un po' meno per rientrare sotto i 7500 euro».

Ma tutto sommato l'istruttore ci guadagna poco. «C'è da chiedersi come mai non è mai aumentato il massimale previsto dalla legge Pescante con l'aumentare del costo della vita. Un tempo con un milione e duecento mila lire ci potevi vivere, oggi con 620 euro non paghi neanche l’affitto» dice Franz. Un responsabile della sala attrezzi guadagna dai 7 ai 10 euro l'ora. Chi tiene un corso anche il doppio o il triplo. Ma non esistono malattie pagate: se non puoi andare a lavorare, non guadagni niente.

Ma come si fa a lavorare così? Franz ride: «Eh, incroci le dita e preghi San Gennaro! È un rischio. Tra l'altro, pochissime palestre ti fanno l'assicurazione per responsabilità civile. Se uno mi fa causa perché sostiene che gli ho insegnato male a fare gli esercizi, posso andare nei guai».

E la pensione? Altro miraggio. «È impensabile potersi pagare un fondo pensione con lo stipendio che si ottiene. Bisogna contare che la stragrande maggioranza quando va bene guadagna 700, 800 euro al mese». Secondo Franz dunque, soprattutto per le nuove generazioni il futuro è «lavorare nello sport come secondo lavoro o finché si è giovani, poi cambiare o sperare di entrare nella scuola pubblica». Fiorolli, della Cgil su questo non lascia speranza: «L’insegnamento per un bel po’ resterà un'opportunità solo per pochi: da quando hanno unificato i corsi per maschi e femmine, c'è stato un taglio del 50% dei posti». Insomma per lavorare nello sport, ci vuole un fisico bestiale e muscoli flessibili.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

salve a tutti sono max da salerno!sono stato 1pò + fortunato di franz e attualmente lavoro con contratto indeterminato presso una società sportiva nella mia città...unico neo ke x la maggior parte mi occupo di corsi musicali e di gruppo in genere quindi mi ritrovo a fine giornata con schiena e ginocchia a mano!mi kiedo possibile ke non ci siano delle precauzioni o sovvenzioni per questi lavori logoranti?

Anonimo ha detto...

salve sono un giovane laureato
che ha aperto partita iva per
lavorare nelle palestre .
chi mi può dire se posso usufruire
dei rimborsi spese fino 7500 euro?