9.1.07

Atipici, meno di 800 euro a un lavoratore precario su tre

Più della metà dei ricercatori scientifici, assunti con contratti di collaborazione e quindi "precari", guadagna tra gli 800 e i 1.200 euro al mese. E possono anche ritenersi fortunati: un ex «co.co.co.» su tre, infatti, guadagna meno di 800 euro netti al mese. È quanto si evince da un rapporto promosso da Nidil Cgil e realizzato dal Cer. Non solo però il guadagno è basso (il 65% degli interpellati si lamenta della propria condizione economica), ma anche la qualità della vita lascia a desiderare. Il lavoro infatti impegna il tempo della gran parte della giornata. Va considerato infatti che il 50%, e quindi un ex co.co.co. su due, lavora più di 38 ore alla settimana, con punte anche di 45 ore.

Anche il 20% dei ricercatori che guadagna più della media (più di 1.200 euro al mese) lavora più di 38 ore alla settimana. Ed è lo stesso orario che fa anche il 56% di chi guadagna tra 800 e 1.000 euro al mese e quasi il 60% tra i 1.000 e i 1.200 euro. Diverso è il caso degli orari di lavoro più bassi che permettono a stento di arrivare a 800 euro al mese. Tra chi ha un reddito inferiore a 800 euro al mese, poco meno del 40% lavora meno di 30 ore. Tra questi, più del 50% in realtà lavora meno di 20 euro per una retribuzione netta inferiore ai 400 euro.

Ad ogni modo, il 31% degli intervistati guadagna meno di 800 euro netti al mese. Se si somma anche il 26% di coloro che hanno una retribuzione mensile tra gli 800 e i 1.000 euro, il risultato è che un collaboratore su due guadagna meno di 1.000 euro al mese. E tra chi svolge le professioni più qualificate in ambito scientifico, il 52% guadagna tra gli 800 e i 1.200 euro al mese. Poco più del 20% ha stipendi un po´ più elevati, superiori comunque ai 1.200 euro. Tra quelli che eseguono professioni più esecutive, più del 65% guadagna meno di 800 euro al mese.

Analizzando gli orari di lavoro, emerge inoltre che il 72% dei tirocinanti lavora più di 38 ore alla settimana. Chi svolge lavori più esecutivi ha invece un orario tra le 30 e le 38 ore a settimana. Tra questi tuttavia, ben il 26% lavora con orario part-time (sono prevalentemente dei lavoratori e delle lavoratrici dei call center). Va ricordato infatti che il part-time è di fatto quasi un dato strutturale nei call center, perché adattandosi alla natura del lavoro, viene incontro ai bisogni dei datori di lavoro, permettendo di mantenere sempre alto il livello di attenzione degli operatori e consentendo di gestire i turni con un alto grado di flessibilità.

E il futuro? Non tutti vedono "rosa" anche perché si è precari sempre più in là con gli anni: uno su 4 ha più di 35 anni (26% del campione) e di questi circa la metà ha più di 40 anni. Le ripercussioni sulla famiglia sono immediate: basta pensare che l'82% degli interpellati non ha figli.

Pubblicato il: 06.01.07
Modificato il: 07.01.07

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