30/06/2006 12.23.05
Sciopero della fame in Comune per l’incertezza dei precari
Sciopero della fame a Palazzo Rosso. Le trattative troppo lunghe per trovare una soluzione entro la fine dell’estate per i "precari" dipendenti dell’Amministrazione Comunale di Alessandria hanno portato a questo gesto estremo da parte di Nuccio Puleio, coordinatore della R.S.U. del Comune di Alessandria. Puleio ha iniziato martedì scorso uno sciopero della fame per protestare - si legge nella nota scritta di questa mattina - "contro il contesto deteriorato delle trattative in corso, inerenti tra l’altro, la contrattazione decentrata, la ventilata esternalizzazione di alcuni servizi, la situazione dei precari, la vertenza del Corpo di Polizia Municipale". L’esternalizzazione riguarderebbe 110 persone, ora impiegate in vari servizi comunali.
“L’ingarbugliarsi e l’aggrovigliarsi della
situazione – ha affermato Nuccio Puleio – non permette di ipotizzare soluzioni in tempi brevi.
Il mio gesto vuole esprimere la volontà di uscire da un pantano nel quale i tempi si dilatano a dismisura, senza arrivare mai da nessuna parte”.
I sindacati all’interno di Palazzo Rosso si riservano ulteriori azioni di carattere generale.
"Questa sua libera iniziativa", commenta la CGIL solidale con Puleio, " vuole riportare al centro dell’ attenzione l’ urgenza di risolvere queste questioni richiamando le responsabilità di tutti e in primo luogo quelle dell’ Amministrazione Comunale, più volte chiamata a mantenere gli impegni assunti nel corso della trattativa".
Categorie: alessandria giugno2006 precari sciopero_della_fame polizia_municipale rsu comune
atipici flessibili precari casa reddito mobilità licenziamenti repressione rappresentanza lotta sciopero manifestazione presidio assemblea dibattito contratto rinnovo mayday redditoxtutti precog incontrotempo lavoro non lavoro
30.6.06
29.6.06
Una vita da precari: i dipendenti della Sori scendono in sciopero
29/06/2006 - Dopo tre anni di contratti a tempo determinato i dipendenti della Sori scendono in piazza: non vogliono piu' vivere e lavorare da precari e lanciano un appello al Comune di Prato.
Una vita da precari quella degli oltre 60 dipendenti della Sori che dopo appelli e proteste questa mattina hanno deciso di scendere in sciopero. Sotto il sole cocente i dipendenti dell'azienda pratese con i rappresentanti dei sindacati hanno manifestato la loro rabbia e delusione per il fallimento delle trattative contrattuali. Alla Sori essere atipico e' la normalita' visto che da tre anni nessuno ha mai avuto un contratto a tempo indeterminato: anche la proposta avanzata dai sindacati di assumere una trentina di dipendenti con un contratto part-time a 25 ore e' stata bocciata dall'azienda. L'appello va non solo alla dirigenza della Sori ma anche al sindaco del Comune di Prato che ne e' proprietario insieme al Comune di Montemurlo.
Categorie: sori prato comune giugno2006 manifestazione protesta sciopero part_time toscana
Una vita da precari quella degli oltre 60 dipendenti della Sori che dopo appelli e proteste questa mattina hanno deciso di scendere in sciopero. Sotto il sole cocente i dipendenti dell'azienda pratese con i rappresentanti dei sindacati hanno manifestato la loro rabbia e delusione per il fallimento delle trattative contrattuali. Alla Sori essere atipico e' la normalita' visto che da tre anni nessuno ha mai avuto un contratto a tempo indeterminato: anche la proposta avanzata dai sindacati di assumere una trentina di dipendenti con un contratto part-time a 25 ore e' stata bocciata dall'azienda. L'appello va non solo alla dirigenza della Sori ma anche al sindaco del Comune di Prato che ne e' proprietario insieme al Comune di Montemurlo.
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Scuola: Monta la protesta dei 78mila ATA
da ItaliaOggi
Mercoledì, 28 Giugno 2006
Monta la protesta dei 78 mila Ata
Circa il 30% dei posti di organico è coperto dai precari
Ata in fibrillazione per le assunzioni. La richiesta inviata dal ministro dell'istruzione a quello dell'economia parla di 20 mila nuove assunzioni di insegnanti e di ulteriori 3.500 per gli Ata. Numeri che però, dopo le dichiarazioni di Padoa Schioppa (nella scuola ci sono troppi dipendenti), potrebbero tutti tornare in alto mare per essere, nella migliore delle ipotesi, ridimensionati.
Per gli Ata si tratterebbe in questo caso addirittura di un drastico taglio sui già risibili 3.500 nuovi posti. Se così realmente fosse, si tratterebbe di una decisione ancora più grave rispetto a quella della Moratti, decisione peraltro energicamente contestata dalle organizzazioni sindacali, oltre che dai precari.
Tra il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, il precariato ha assunto proporzioni non più sostenibili (eloquenti a tal fine sono i dati contenuti dell'allegata tabella elaborata da ItaliaOggi), soprattutto se si considera, come peraltro per i docenti, che la maggioranza dei precari ha alle spalle numerosi anni di servizio prestato con contratti a tempo determinato annuali o fino al termine delle attività didattiche nel corso dei quali ha continuato a percepire lo stipendio iniziale e senza poter godere delle piene prerogative giuridiche e normativa riconosciute dal contratto e dalle leggi al personale di ruolo.
Una condizione di precarietà che non trova alcuna giustificazione e che per alcuni aspetti, lamentano i precari, rasenta gli estremi dello sfruttamento.
Categorie: ata scuola precari giugno2006 taglio ridimensionamenti moratti
Mercoledì, 28 Giugno 2006
Monta la protesta dei 78 mila Ata
Circa il 30% dei posti di organico è coperto dai precari
Ata in fibrillazione per le assunzioni. La richiesta inviata dal ministro dell'istruzione a quello dell'economia parla di 20 mila nuove assunzioni di insegnanti e di ulteriori 3.500 per gli Ata. Numeri che però, dopo le dichiarazioni di Padoa Schioppa (nella scuola ci sono troppi dipendenti), potrebbero tutti tornare in alto mare per essere, nella migliore delle ipotesi, ridimensionati.
Per gli Ata si tratterebbe in questo caso addirittura di un drastico taglio sui già risibili 3.500 nuovi posti. Se così realmente fosse, si tratterebbe di una decisione ancora più grave rispetto a quella della Moratti, decisione peraltro energicamente contestata dalle organizzazioni sindacali, oltre che dai precari.
Tra il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, il precariato ha assunto proporzioni non più sostenibili (eloquenti a tal fine sono i dati contenuti dell'allegata tabella elaborata da ItaliaOggi), soprattutto se si considera, come peraltro per i docenti, che la maggioranza dei precari ha alle spalle numerosi anni di servizio prestato con contratti a tempo determinato annuali o fino al termine delle attività didattiche nel corso dei quali ha continuato a percepire lo stipendio iniziale e senza poter godere delle piene prerogative giuridiche e normativa riconosciute dal contratto e dalle leggi al personale di ruolo.
Una condizione di precarietà che non trova alcuna giustificazione e che per alcuni aspetti, lamentano i precari, rasenta gli estremi dello sfruttamento.
Categorie: ata scuola precari giugno2006 taglio ridimensionamenti moratti
26.6.06
Pisa 26/6: Cervelli in gabbia, cervelli in...cinti
Cervelli in gabbia, cervelli in...cinti. Una generazione di precari e il futuro della ricerca
Lunedi 26 Giugno 2006, 17:00 - 20:00
Questo il titolo dell’incontro di lunedì 26 giugno, alle ore 17.00 nella Sala del Consiglio dei Dodici di Palazzo dei Cavalieri di S. Stefano (Pisa).
L’iniziativa dell'Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, patrocinata dal Comune di Pisa e dal Comitato Pari Opportunità dell'Università di Pisa, prende spunto dal recente libro pubblicato a cura di ADI, "Cervelli in gabbia", il seguito di "Cervelli in fuga", e di un contributo li' contenuto, "Cervelli incinti", attraverso i quali si vuole guardare al problema complesso dello stato della ricerca in Italia e con una prospettiva europea, in ottica di genere.
La massima produttività dei ricercatori/trici è nel periodo dei 30-40 anni, proprio quando la capacità riproduttiva diminuisce. Insieme alle condizioni di lavoro precarie fin quasi alla soglia dei 40 anni, a condizioni che ostacolano fortemente la crescita del/la ricercatore/trice (cervelli in gabbia), questi dati danno un'idea dello stato di invecchiamento e impoverimento della popolazione dei ricercatori/trici in Italia con le donne che sono più spesso (ma non solo loro) penalizzate. Una emergenza nello sviluppo culturale e di conoscenza fra le più acute d'Europa, che mina dalle fondamenta le prospettive di sviluppo. Gli obiettivi dell'iniziativa sono tre: dare visibilità al problema; realizzare un'occasione partecipata di analisi, suggerimenti e proposte; dare nuovo impulso all'attività di ADI specialmente sul territorio pisano. In una fase ideale in cui investire nella società della conoscenza e quindi nell'università, nellaricerca e nella cultura, é fra le priorità annunciate dal nuovo governo.
All’incontro parteciperanno: Paolo Fontanelli, Sindaco di Pisa, Augusto Palombini, Segretario Nazionale di ADI, Laura Balbo, Sociologa, Rosa Gini, ADI, Autrice di "Cervelli incinti" Interverranno:Elisa Molinari, Università di Modena e Direttora del Centro di Ricerca e Sviluppo S3, Responsabile Istituo Nazionale Fisica della Materia Associazione Donne e Scienza, Rita Biancheri, Presidente Comitato Pari Opportunità dell'Università di Pisa
Risponderà alle domande del pubblico: Luciano Modica, Sottosegretario Ministero Universita' e Ricerca
Introduce e coordina l’incontro: Marilù Chiofalo, Presidente Consiglio Cittadino per le Pari Opportunità del Comune di Pisa.
Categorie: adi giugno2006 ricerca università pisa modica dottorandi maternità
Lunedi 26 Giugno 2006, 17:00 - 20:00
Questo il titolo dell’incontro di lunedì 26 giugno, alle ore 17.00 nella Sala del Consiglio dei Dodici di Palazzo dei Cavalieri di S. Stefano (Pisa).
L’iniziativa dell'Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, patrocinata dal Comune di Pisa e dal Comitato Pari Opportunità dell'Università di Pisa, prende spunto dal recente libro pubblicato a cura di ADI, "Cervelli in gabbia", il seguito di "Cervelli in fuga", e di un contributo li' contenuto, "Cervelli incinti", attraverso i quali si vuole guardare al problema complesso dello stato della ricerca in Italia e con una prospettiva europea, in ottica di genere.
La massima produttività dei ricercatori/trici è nel periodo dei 30-40 anni, proprio quando la capacità riproduttiva diminuisce. Insieme alle condizioni di lavoro precarie fin quasi alla soglia dei 40 anni, a condizioni che ostacolano fortemente la crescita del/la ricercatore/trice (cervelli in gabbia), questi dati danno un'idea dello stato di invecchiamento e impoverimento della popolazione dei ricercatori/trici in Italia con le donne che sono più spesso (ma non solo loro) penalizzate. Una emergenza nello sviluppo culturale e di conoscenza fra le più acute d'Europa, che mina dalle fondamenta le prospettive di sviluppo. Gli obiettivi dell'iniziativa sono tre: dare visibilità al problema; realizzare un'occasione partecipata di analisi, suggerimenti e proposte; dare nuovo impulso all'attività di ADI specialmente sul territorio pisano. In una fase ideale in cui investire nella società della conoscenza e quindi nell'università, nellaricerca e nella cultura, é fra le priorità annunciate dal nuovo governo.
All’incontro parteciperanno: Paolo Fontanelli, Sindaco di Pisa, Augusto Palombini, Segretario Nazionale di ADI, Laura Balbo, Sociologa, Rosa Gini, ADI, Autrice di "Cervelli incinti" Interverranno:Elisa Molinari, Università di Modena e Direttora del Centro di Ricerca e Sviluppo S3, Responsabile Istituo Nazionale Fisica della Materia Associazione Donne e Scienza, Rita Biancheri, Presidente Comitato Pari Opportunità dell'Università di Pisa
Risponderà alle domande del pubblico: Luciano Modica, Sottosegretario Ministero Universita' e Ricerca
Introduce e coordina l’incontro: Marilù Chiofalo, Presidente Consiglio Cittadino per le Pari Opportunità del Comune di Pisa.
Categorie: adi giugno2006 ricerca università pisa modica dottorandi maternità
Perugia: ma per l'Unione il lavoro precario non doveva essere superato?
MA PER L’UNIONE IL LAVORO PRECARIO NON DOVEVA ESSERE SUPERATO?
Lunedì, 26 Giugno 2006 ore 7:00
Ettore Magrini, coordinamento regionale RdB
di Ettore Magrini
Va avanti l’esternalizzazione del servizio della Mensa Universitaria di Perugia, da parte dell’agenzia regionale - ADISU (Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario), proprio negli stessi giorni in cui autorevoli esponenti dell’Unione aderiscono e partecipano all’assemblea nazionale, organizzata dalla RdB, a sostegno della proposta di legge per la “stabilizzazione” dei lavoratori precari nella P.A..
E’ ormai conclamato che le esternalizzazioni e quindi le privatizzazioni dei Servizi Pubblici non hanno abbassato i costi di gestione se non a scapito della qualità del servizio offerto e di una “selvaggia” riduzione dei diritti dei lavoratori, sui quali, in definitiva, grava un ricatto occupazionale giornaliero.
L’operazione di privatizzazione della Mensa Universitaria di via Pascoli, partita da una gara d’appalto indetta dall’ADISU, ha avuto un rilievo pubblico dopo la denuncia della RdB che ha dato voce ai timori esternati in un’assemblea dai lavoratori interessati.
Nel capitolato d’appalto per l’affidamento di detto servizio a terzi, incredibilmente, non vi sono menzionate le necessarie garanzie riguardo al costo del pasto per gli studenti e per la riconferma, da parte della ditta vincitrice, degli attuali lavoratori precari.
Una situazione drammatica, che può essere superata solo con atti concreti, il tentativo di rassicurazione da parte del Commissario Straordinario dell’ADISU non soddisfa minimamente la RdB per la mancanza di tutele per i lavoratori e soprattutto perché, in sostanza, si persevera nella logica delle privatizzazioni.
In definitiva, i lavoratori coinvolti non chiedono altro che venga riconosciuto loro, dopo tanti disagi, il diritto ad essere assunti a tempo indeterminato dall’ADISU, come venne loro promesso in una pubblica assemblea dai Dirigenti dell’Ente.
Stupisce davvero che proprio quelle organizzazioni politiche che hanno improntato la recente campagna elettorale sulla lotta alla precarietà, siano, in questo caso, i gestori della suddetta esternalizzazione.
(*) Coordinamento Regionale RdB – CUB
Categorie: cub rdb umbria perugia rdb_cub precari giugno2006adisu unione pubblica_amministrazione pubblico_impiego università
Lunedì, 26 Giugno 2006 ore 7:00
Ettore Magrini, coordinamento regionale RdB
di Ettore Magrini
Va avanti l’esternalizzazione del servizio della Mensa Universitaria di Perugia, da parte dell’agenzia regionale - ADISU (Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario), proprio negli stessi giorni in cui autorevoli esponenti dell’Unione aderiscono e partecipano all’assemblea nazionale, organizzata dalla RdB, a sostegno della proposta di legge per la “stabilizzazione” dei lavoratori precari nella P.A..
E’ ormai conclamato che le esternalizzazioni e quindi le privatizzazioni dei Servizi Pubblici non hanno abbassato i costi di gestione se non a scapito della qualità del servizio offerto e di una “selvaggia” riduzione dei diritti dei lavoratori, sui quali, in definitiva, grava un ricatto occupazionale giornaliero.
L’operazione di privatizzazione della Mensa Universitaria di via Pascoli, partita da una gara d’appalto indetta dall’ADISU, ha avuto un rilievo pubblico dopo la denuncia della RdB che ha dato voce ai timori esternati in un’assemblea dai lavoratori interessati.
Nel capitolato d’appalto per l’affidamento di detto servizio a terzi, incredibilmente, non vi sono menzionate le necessarie garanzie riguardo al costo del pasto per gli studenti e per la riconferma, da parte della ditta vincitrice, degli attuali lavoratori precari.
Una situazione drammatica, che può essere superata solo con atti concreti, il tentativo di rassicurazione da parte del Commissario Straordinario dell’ADISU non soddisfa minimamente la RdB per la mancanza di tutele per i lavoratori e soprattutto perché, in sostanza, si persevera nella logica delle privatizzazioni.
In definitiva, i lavoratori coinvolti non chiedono altro che venga riconosciuto loro, dopo tanti disagi, il diritto ad essere assunti a tempo indeterminato dall’ADISU, come venne loro promesso in una pubblica assemblea dai Dirigenti dell’Ente.
Stupisce davvero che proprio quelle organizzazioni politiche che hanno improntato la recente campagna elettorale sulla lotta alla precarietà, siano, in questo caso, i gestori della suddetta esternalizzazione.
(*) Coordinamento Regionale RdB – CUB
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Pubblico impiego, contromossa del sindacato
26 giugno 2006 - Unità
Esodi incentivati, precariato e contratti: Cgil, Cisl e Uil propongono un «patto» contro la logica dei tagli
Di fronte agli annunci del governo di tagli alla spesa che coinvolgerebbero i contratti pubblici, i sindacati hanno deciso di non restare a guardare per essere poi costretti a uno sciopero. Nasce da qui la proposta di un «patto» contenuta in una lettera che i segretari delle categorie del pubblico impiego hanno scritto ai leader di Cgil, Cisl e Uil chiedendo di assumere la vertenza come propria e incalzare l’esecutivo perché si apra un tavolo di trattativa.
Il tempo non è molto e come spiega Carlo Podda, firmatario della proposta per la Fp-Cgil «l’obiettivo immediato è quello di rimettere al centro un’idea di concertazione un po’ diversa da quella “mediatica” a cui assistiamo in questi giorni». No alla moratoria dei contratti, sì a un patto che «ringiovanisca» la forza lavoro con esodi incentivati e la stabilizzazione dei precari. Non c’è solo questo, ma questo è il perno della proposta. Come è già avvenuto nel settore bancario e nelle manifatture tabacchi, il sindacato propone la costituzione di un fondo di solidarietà finanziato per metà dei lavoratori e per metà dalle aziende pubbliche, per accompagnare i lavoratori alla pensione. Raggiunti i requisiti farebbero la loro regolare richiesta, nel frattempo avrebbero continuato a versare i contributi agli enti previdenziali che non avrebbero spese aggiuntive.
L’età media dei lavoratori pubblici è di circa cinquant’anni, un ricambio generazionale può essere utile considerato anche l’esercito dei precari alle porte. Ma con tutte le garanzie del caso. Si deve uscire dalla logica del lavoro pubblico uguale costo, uguale taglio. Oltre che da Podda la piattaforma è firmata da Rino Tarelli (Fps-Cisl), Salvatore Bosco (Uil-Pa) e Carlo Fiordaliso (Uil-Fpl). Se il patto sarà sottoscritto, sostengono, «siamo certi che la categoria sarebbe in grado, come fece già all’epoca dell’ingresso dell’Italia nell’area euro, di dare il suo contributo». In altre parole, i sindacati sono pronti a fare la loro parte per rendere l’amministrazione pubblica più efficiente e competitiva. Se invece si puntasse solo ai tagli - avvertono - i lavoratori percepirebbero «come esclusivamente ostile l’azione del governo e renderebbe inevitabile la riapertura di una nuova stagione di agitazioni e conflitti».
Nei giorni scorsi le minacce di ricorso allo sciopero non sono mancate, forte quella del leader della Cisl Raffaele Bonanni decisamente sulle barricate. Tuttavia non è stato il solo. Del resto - riferiscono i sindacalisti - le indiscrezioni parlano di «moratoria sul rinnovo del contratto, blocco delle assunzioni, invarianza del precariato, assenza di risorse per la previdenza integrativa». Senza contare che gli statali non avrebbero i benefici del taglio del cuneo fiscale destinato al lavoro privato. I risparmi di spesa non possono poi ignorare lo scandalo delle consulenze esterne, una piaga su cui più volte ha messo il dito anche la Corte dei Conti: 140 mila per un costo di 1,2 miliardi di euro solo nel 2004.
Categorie: pubblico_impiego pubblica_amministrazione cgil cisl uil fp_cgil governo stabilizzazione tagli giugno2006 esodi pensionamenti contratto
Esodi incentivati, precariato e contratti: Cgil, Cisl e Uil propongono un «patto» contro la logica dei tagli
Di fronte agli annunci del governo di tagli alla spesa che coinvolgerebbero i contratti pubblici, i sindacati hanno deciso di non restare a guardare per essere poi costretti a uno sciopero. Nasce da qui la proposta di un «patto» contenuta in una lettera che i segretari delle categorie del pubblico impiego hanno scritto ai leader di Cgil, Cisl e Uil chiedendo di assumere la vertenza come propria e incalzare l’esecutivo perché si apra un tavolo di trattativa.
Il tempo non è molto e come spiega Carlo Podda, firmatario della proposta per la Fp-Cgil «l’obiettivo immediato è quello di rimettere al centro un’idea di concertazione un po’ diversa da quella “mediatica” a cui assistiamo in questi giorni». No alla moratoria dei contratti, sì a un patto che «ringiovanisca» la forza lavoro con esodi incentivati e la stabilizzazione dei precari. Non c’è solo questo, ma questo è il perno della proposta. Come è già avvenuto nel settore bancario e nelle manifatture tabacchi, il sindacato propone la costituzione di un fondo di solidarietà finanziato per metà dei lavoratori e per metà dalle aziende pubbliche, per accompagnare i lavoratori alla pensione. Raggiunti i requisiti farebbero la loro regolare richiesta, nel frattempo avrebbero continuato a versare i contributi agli enti previdenziali che non avrebbero spese aggiuntive.
L’età media dei lavoratori pubblici è di circa cinquant’anni, un ricambio generazionale può essere utile considerato anche l’esercito dei precari alle porte. Ma con tutte le garanzie del caso. Si deve uscire dalla logica del lavoro pubblico uguale costo, uguale taglio. Oltre che da Podda la piattaforma è firmata da Rino Tarelli (Fps-Cisl), Salvatore Bosco (Uil-Pa) e Carlo Fiordaliso (Uil-Fpl). Se il patto sarà sottoscritto, sostengono, «siamo certi che la categoria sarebbe in grado, come fece già all’epoca dell’ingresso dell’Italia nell’area euro, di dare il suo contributo». In altre parole, i sindacati sono pronti a fare la loro parte per rendere l’amministrazione pubblica più efficiente e competitiva. Se invece si puntasse solo ai tagli - avvertono - i lavoratori percepirebbero «come esclusivamente ostile l’azione del governo e renderebbe inevitabile la riapertura di una nuova stagione di agitazioni e conflitti».
Nei giorni scorsi le minacce di ricorso allo sciopero non sono mancate, forte quella del leader della Cisl Raffaele Bonanni decisamente sulle barricate. Tuttavia non è stato il solo. Del resto - riferiscono i sindacalisti - le indiscrezioni parlano di «moratoria sul rinnovo del contratto, blocco delle assunzioni, invarianza del precariato, assenza di risorse per la previdenza integrativa». Senza contare che gli statali non avrebbero i benefici del taglio del cuneo fiscale destinato al lavoro privato. I risparmi di spesa non possono poi ignorare lo scandalo delle consulenze esterne, una piaga su cui più volte ha messo il dito anche la Corte dei Conti: 140 mila per un costo di 1,2 miliardi di euro solo nel 2004.
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Precari, protesta a colpi di cartoline
ATA: Precari, protesta a colpi di cartoline
22 giugno 2006 - Italia Oggi
La grana degli Ata a viale Trastevere. Sono meno famosi degli insegnanti, ma gli Ata (sigla che indica il personale ausiliario, tecnico e amministrativo delle scuole), vantano un precariato altissimo, il più alto della scuola: su circa 250 mila posti di organico, 78 mila sono coperti attraverso il ricorso a lavoratori precari
Contro i 60 mila supplenti, che diventano almeno 90 mila con i pensionamenti di settembre, dei docenti che vantano un contingente di 740 mila posti in organico. Una situazione esplosiva a fronte della quale si sono mossi sindacati, Cgil, Cisl e Uil scuola, e associazioni, come l'Anaam.
Intanto sta montando una campagna di protesta, combattuta a colpi di cartoline, petizioni e fax, che ha come destinatari il ministero dell'istruzione, parlamentari, sindacalisti e quotidiani. La denuncia dello stato di disagio del precariato si accompagna alla richiesta di assunzioni. Da Udine, Napoli, Terni o Cuneo la domanda è sempre la stessa: fare assunzioni a tempo indeterminato.
Un problema, questo, con il quale aveva dovuto fare i conti anche l'ex ministro dell'istruzione, Letizia Moratti. Il suo piano programmatico di assunzioni per la scuola prevedeva all'origine 30 mila nuove assunzioni ma solo per i docenti: 20 mila a partire dal prossimo settembre e 10 mila per il 2007.
Con un decreto ad hoc, a ridosso della scadenza delle elezioni dello scorso 11 aprile, la Moratti riuscì a ottenere da Giulio Tremonti l'autorizzazione per un piccolo contingente di immissioni in ruolo anche per gli Ata: 3500 assunzioni, per il 2006. Niente per il 2007.
´Il precariato degli assistenti, ausiliari e tecnici ha raggiunto livelli spaventosi, è una situazione allarmante sulla quale abbiamo chiesto al ministro di intervenire', è il commento di Enrico Panini, segretario della Cgil scuola.
´C'è un malessere diffuso, quello della necessità di assorbimento del precariato', spiega Massimo Di Menna, leader della Uil scuola. Che invita intanto a non sostenere la tesi, ´antisindacale e sopratutto falsa, che gli articoli sulla valorizzazione del personale del contratto rappresentano un ostacolo alle immissioni in ruolo dei precari. Sono due cose completamente diverse'.
Ieri il primo faccia a faccia tra il ministro dell'istruzione e i rappresentanti di Anci e Upi (le associazioni dei comuni e delle province) sull'edilizia scolastica; le parti hanno convenuto sulla necessità di un grande patto per la messa in sicurezza degli edifici, a fronte del taglio continuo dei finanziamenti.
Categorie: scuola giugno2006 cgil uil anci upi istruzione moratti precari ata
22 giugno 2006 - Italia Oggi
La grana degli Ata a viale Trastevere. Sono meno famosi degli insegnanti, ma gli Ata (sigla che indica il personale ausiliario, tecnico e amministrativo delle scuole), vantano un precariato altissimo, il più alto della scuola: su circa 250 mila posti di organico, 78 mila sono coperti attraverso il ricorso a lavoratori precari
Contro i 60 mila supplenti, che diventano almeno 90 mila con i pensionamenti di settembre, dei docenti che vantano un contingente di 740 mila posti in organico. Una situazione esplosiva a fronte della quale si sono mossi sindacati, Cgil, Cisl e Uil scuola, e associazioni, come l'Anaam.
Intanto sta montando una campagna di protesta, combattuta a colpi di cartoline, petizioni e fax, che ha come destinatari il ministero dell'istruzione, parlamentari, sindacalisti e quotidiani. La denuncia dello stato di disagio del precariato si accompagna alla richiesta di assunzioni. Da Udine, Napoli, Terni o Cuneo la domanda è sempre la stessa: fare assunzioni a tempo indeterminato.
Un problema, questo, con il quale aveva dovuto fare i conti anche l'ex ministro dell'istruzione, Letizia Moratti. Il suo piano programmatico di assunzioni per la scuola prevedeva all'origine 30 mila nuove assunzioni ma solo per i docenti: 20 mila a partire dal prossimo settembre e 10 mila per il 2007.
Con un decreto ad hoc, a ridosso della scadenza delle elezioni dello scorso 11 aprile, la Moratti riuscì a ottenere da Giulio Tremonti l'autorizzazione per un piccolo contingente di immissioni in ruolo anche per gli Ata: 3500 assunzioni, per il 2006. Niente per il 2007.
´Il precariato degli assistenti, ausiliari e tecnici ha raggiunto livelli spaventosi, è una situazione allarmante sulla quale abbiamo chiesto al ministro di intervenire', è il commento di Enrico Panini, segretario della Cgil scuola.
´C'è un malessere diffuso, quello della necessità di assorbimento del precariato', spiega Massimo Di Menna, leader della Uil scuola. Che invita intanto a non sostenere la tesi, ´antisindacale e sopratutto falsa, che gli articoli sulla valorizzazione del personale del contratto rappresentano un ostacolo alle immissioni in ruolo dei precari. Sono due cose completamente diverse'.
Ieri il primo faccia a faccia tra il ministro dell'istruzione e i rappresentanti di Anci e Upi (le associazioni dei comuni e delle province) sull'edilizia scolastica; le parti hanno convenuto sulla necessità di un grande patto per la messa in sicurezza degli edifici, a fronte del taglio continuo dei finanziamenti.
Categorie: scuola giugno2006 cgil uil anci upi istruzione moratti precari ata
21.6.06
Nuovo contratto statali, Nicolais: Non posso escludere la moratoria
Nuovo contratto statali, Nicolais: Non posso escludere la moratoria
Una moratoria dei contratti, come nel 1992, non viene esclusa dal ministro per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais. “In principio non posso escludere niente'' afferma il ministro a margine della presentazione di un rapporto Assinform sull'information technology aggiungendo per altro che “sicuramente la valutazione della nostra situazione economica non la faccio io”. Il ministro ha comunque assicurato che “farà di tutto affinchè ciò non succeda”. Nicolais è invece parla della possibilità di assunzioni di parte di quei precari stabili, che lavorano nella pubblica amministrazione da 8 o10 anni. “Su questi bisogna intervenire perchè rappresentano gli unici giovani nell'amministrazione e per i quali l'intervento è a costo basso”. Nicolais non eslcude che questa possa essere una materia di scambio con la moratoria dei contratti. “Sicuramente — afferma - questo può essere elemento di discussione” al tavolo con i sindacati.
21-06-2006
Categorie: statali nicolais blocco moratoria contratto_nazionale contratto assinform giugno2006 governo
Una moratoria dei contratti, come nel 1992, non viene esclusa dal ministro per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais. “In principio non posso escludere niente'' afferma il ministro a margine della presentazione di un rapporto Assinform sull'information technology aggiungendo per altro che “sicuramente la valutazione della nostra situazione economica non la faccio io”. Il ministro ha comunque assicurato che “farà di tutto affinchè ciò non succeda”. Nicolais è invece parla della possibilità di assunzioni di parte di quei precari stabili, che lavorano nella pubblica amministrazione da 8 o10 anni. “Su questi bisogna intervenire perchè rappresentano gli unici giovani nell'amministrazione e per i quali l'intervento è a costo basso”. Nicolais non eslcude che questa possa essere una materia di scambio con la moratoria dei contratti. “Sicuramente — afferma - questo può essere elemento di discussione” al tavolo con i sindacati.
21-06-2006
Categorie: statali nicolais blocco moratoria contratto_nazionale contratto assinform giugno2006 governo
Cagliari: Precari antinsetti stabilizzati entro agosto
CAGLIARI, Precari antinsetti stabilizzati entro agosto
«L’obiettivo dell’amministrazione provinciale è arrivare alla stabilizzazione dei precari del centro antinsetti entro Agosto. Qualora questo non fosse possibile, nel bilancio sono disponibili le risorse per una ulteriore proroga del contratto di tre mesi».
La precisazione arriva dal direttore generale della Provincia Abramo Garau.
Intanto sono state avviate le procedure perché giunta e consiglio esprimano le determinazioni finali sulle modalità di assunzione che, una volta stabilite, saranno oggetto di un incontro tra l’amministrazione e i sindacati. (red) (admaioramedia.it)
Categorie: cagliari giugno2006 agosto2006 precari antinsetti stabilizzazione provincia sardegna
«L’obiettivo dell’amministrazione provinciale è arrivare alla stabilizzazione dei precari del centro antinsetti entro Agosto. Qualora questo non fosse possibile, nel bilancio sono disponibili le risorse per una ulteriore proroga del contratto di tre mesi».
La precisazione arriva dal direttore generale della Provincia Abramo Garau.
Intanto sono state avviate le procedure perché giunta e consiglio esprimano le determinazioni finali sulle modalità di assunzione che, una volta stabilite, saranno oggetto di un incontro tra l’amministrazione e i sindacati. (red) (admaioramedia.it)
Categorie: cagliari giugno2006 agosto2006 precari antinsetti stabilizzazione provincia sardegna
Lavoro. Precario e pericoloso
Gli atipici rischiano infortuni, malattie professionali e morti sul lavoro molto più dei lavoratori tradizionali. In particolare tra i lavoratori temporanei i tassi di mortalità e di infortunio sono almeno due, tre volte superiori a quelli dei lavoratori stabili e permanenti, essendo generalizzata la tendenza ad assegnare a questi ultimi i compiti pericolosi, rischiosi o da prestarsi in ambienti insalubri che il personale regolare dell'impresa di norma rifiuterebbe.
Per la flessibilità che ne connota il modo di lavorare, per le condizioni estremamente individualizzate e slegate da ogni contesto collettivo, gli atipici sono sottoposti a rischi molto superiori alla norma. Spesso nel loro caso la legislazione vigente non viene osservata e, venendo a mancare la tutela sindacale, è quasi impossibile denunciare gli abusi e ottenere garanzie per la categoria. È una situazione che riguarda più di 6 milioni di lavoratori tra co.co.pro, interinali, impiegati a tempo determinato o parziale, apprendisti e giovani in formazione lavoro. L'indagine sottolinea anche come l'Inail (l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) attribuisca proprio alla maggiore flessibilità il fatto che gli incidenti sul lavoro non diminuiscono,
individuando una correlazione tra gli infortuni in ripresa negli ultimi anni e la proliferazione delle aziende individuali. Secondo l'Inail la flessibilizzazione del lavoro porta a spostare l'attenzione dall'azienda ai singoli lavoratori, sempre più autonomi e da considerarsi individualmente, che divengono quindi inevitabilmente "gestori e beneficiari di una strategia individuale di prevenzione”.
In realtà una piccola flessione degli infortuni totali (mortali e non: -1%) c'è stata nel corso degli ultimi anni, ma stiamo sempre parlando di cifre enormi e, per essere più precisi, anche se uno solo, faticando per
portarsi il pane a casa, si facesse male, sarebbe uno di troppo.
Le cifre ufficiali e i dati reali: una premessa necessaria
Ma veniamo alle cifre disponibili per gli ultimi anni rilevate dall'Inail, ovvero degli infortuni denunciati regolarmente. Bisognerebbe infatti sapere quanti infortuni sul lavoro non vengono denunciati a causa di
possibili ritorsioni, compresa la perdita del lavoro stesso, ma non mi stupirei che questa cifra fosse alquanto ragguardevole dato che il lavoro nero in Italia copre circa un terzo del PIL complessivo con punte del 32% in agricoltura (pensiamo alla raccolta dei pomodori, delle olive, ai lavori stagionali…) e del 19% nel commercio (bar, piccoli esercizi commerciali etc). Nel complesso la forza lavoro disponibile, sommatoria dei lavoratori occupati sia come dipendenti che autonomi ed i disoccupati, ammonta (dati 2004) a 24 milioni e 365 mila unità. Si può invece pensare
che la forza lavoro in Italia impiegata in nero copra oltre i quattro milioni di persone, tenuto conto che per disoccupati e inoccupati si intendono quei lavoratori che di propria iniziativa si iscrivono alle
liste dei centri per l'impiego, pari ad 1 milione e 960mila unità e che quindi esiste una quantità almeno pari di forza lavoro non registrata da alcuna parte. Avendo il "privilegio” di lavorare presso un Centro per
l'Impiego pubblico, dalle interviste che svolgo con i disoccupati in cerca di lavoro stabile, posso tranquillamente affermare che su diverse decine
di persone che vedo mensilmente, almeno il 90% svolge un'attività non in regola per poter campare. Se dovessimo disaggregare ulteriormente i dati degli occupati pari a 24 milioni e 365mila unità scopriamo che 6 milioni e 287 mila persone svolgono in Italia un'attività che l'Inail chiama autonoma e che potremmo far ricadere sul popolo delle partite IVA, co.co.pro etc, quel popolo che sicuramente non gode di assicurazione infortunistica. Abbiamo quindi un campione che sommando i lavoratori autonomi, i disoccupati registrati ed i disoccupati non registrati arriva a coprire una cifra variabile tra gli 8 ed i 10 milioni di lavoratori e lavoratrici o non assicurati del tutto o parzialmente assicurati. Questa
premessa, che nessun ente vi fornirà mai, serve a leggere i dati che darò a proposito degli infortuni.
Infortuni
In Italia nel 2004 si sono registrati 966mila e 568 infortuni sul lavoro di cui 1278 mortali. Di questi ultimi 1.009 sono avvenuti sul posto di lavoro, mentre 269 sono avvenuti "in itinere” ovvero durante gli
spostamenti dichiarati per lavoro. Sugli spostamenti tornerò alla fine.
Nell'Industria e nei Servizi sono aumentati sia per uomini che per donne gli infortuni di lavoratori dai 50 ai 64 anni (134.00 infortuni) e addirittura sopra i 65 anni (legge Maroni sul prolungamento del lavoro
oltre la pensione) con circa 5.000 casi denunciati. Per tornare brevemente all'analisi precedente sui dati non dichiarati è assolutamente curioso notare che nella classifica tra regioni il Trentino Alto Adige denunci
3.687 infortuni in Agricoltura nel 2004 contro i 3.318 della Campania, i 4.329 della Puglia ed i 3650 della Sardegna. Nel settore Industria e Servizi il primato tocca sempre al settore Edile con 104.918 casi
dichiarati di cui 275 mortali, seguita dall'industria dei metalli con 59.856 infortuni denunciati di cui 83 mortali. Nel commercio si registrano 75.041 infortuni di cui 16.037 nel commercio e riparazione di auto (22
mortali), 20.743 nel commercio all'ingrosso (40 mortali) e 38.261 in quello al dettaglio di cui 33 mortali.
Ma le morti non mancano neppure negli alberghi e ristoranti (25 su oltre 30.655 denunciati), nella Pubblica Amministrazione (14 su 29.012 denunciati), nella Attività Immobiliari e Servizi alle Imprese (71 morti su 56.517 infortuni dichiarati). Sugli infortuni non mortali nel Complesso Industria e Servizi oltre il 34% è sottoposto ad inabilità temporanea (non vengono forniti dati sul recupero medio degli infortuni in termini di tempo né sulla qualità degli infortuni), mentre 1,49% ad Inabilità permanente. Nell'agricoltura il 53,52% è sottoposto ad inabilità temporanea, mentre il 3,53% ad inabilità permanente.
Per quanto riguarda la forza lavoro immigrata registrata ufficialmente si tratta di 1 milione e 765.578mila unità pari a circa il 7,3% della forza
lavoro totale. Ebbene il 7,3% di questa forza lavoro denuncia circa il 12% complessivo degli infortuni (si presume al ribasso vista la ricattabilità alla quale sono sottoposti) in crescita del 6% rispetto al 2003 e del 25% rispetto al 2002. In testa il Marocco con circa 23.292 infortuni dichiarati, pari al 20%, poi l'Albania con 14.645 casi denunciati pari al 12,6%, poi la Romania con 10.380 casi seguita da Tunisia (6479 pari al 5,6%), Jugoslavia (5.417 pari al 4,7%) . In testa per le morti invece ci sono i Romeni con 33 casi, seguiti dagli albanesi con 22 casi, 18 i marocchini, etc. I romeni fanno registrare un tasso elevato di morti perché sono maggiormente impiegati nelle professioni nel settore Edile e nei trasporti.
Per concludere questa carrellata sui dati faccio ancora menzione alle malattie professionali (alcune mortali a lungo termine): nel settore agricolo sono stati registrati (sempre 2004 come anno di riferimento) 1.030 casi (tendinite, ipoacusia, artrosi, sindrome tunnel carpale, bronchite cronica…) e 24.334 nei settori Industria e Servizi di cui asbestosi, silicosi, neoplasie da absesto, pneumoconiosi da silicati coprono più di 1500 lavoratori e lavoratrici ogni anno.
Incidenti sulla strada del lavoro
Un'ultima riflessione su questi dati vergognosi: mi sono spesso chiesto di coloro che, invece, si spostano per andare al lavoro e subiscono danni più o meno gravi a causa di questo. Non è una domanda leziosa dato che milioni di persone ogni giorno con mezzi pubblici e con mezzi privati si spostano per andare a lavorare. Nessuno di loro sarai mai contabilizzato nelle vittime per il lavoro, ma quello che dobbiamo dire ad onore del vero è che anche costoro fanno parte di quella grande strage che il capitalismo quotidiano produce ogni giorno.
Secondo i dati dell'Istituto nazionale di Statistica, riferiti all'anno 2003, dati assoluti, si sono verificati 225.141 incidenti con 6015 morti e 318.961 feriti. Il dato più interessante è che il numero di morti e di feriti, nonché di incidenti è pari, circa per ogni giorno della settimana, a 32.430 di lunedì con 698 morti, a 33.101 di martedì con 756 morti, a 33.231 di mercoledì con 719 morti e così via con punte di sabato e domenica con oltre 1000 morti. Ma se volessimo fare un aggregato di dati, togliendo il venerdì, anche se non sarebbe del tutto corretto, avremmo una netta prevalenza di incidenti stradali e di morti durante la settimana lavorativa ed a conferma di ciò l'Istituto Nazionale di Statistica ribadisce che le ore dove avvengono maggiormente gli incidenti sono concentrate intorno alle 8 di mattina (concomitanza con lavoro e scuola) alle 12 (lavoratori che godono dell'orario spezzato) ed alle ore 18 (uscita dal lavoro).
Quindi le discoteche, i locali notturni e l'ubriachezza molesta fanno meno danni di quanti quotidianamente ce ne procuri il lavoro; solo che per l'ideologia dominante non si può desacralizzare l'icona che ogni giorno ci permette di riprodurci dentro i suoi confini. La nostra alternativa rivoluzionaria non può che mettere in discussione la produzione, le sue modalità di regolamentazione, le sue quantità, la sua distribuzione nonché i suoi scopi. Per il presente lavorativo e sindacale occorre ribadire che sicurezza materiale e sicurezza economica non sono elementi contrattabili.
Pietro Stara
Da Umanità Nova, n 22 del 18 giugno 2006, anno 86
http://www.ecn.org/uenne
Categorie: dati cifre infortuni salute malattia incidenti precari atipici inail giugno2006
Per la flessibilità che ne connota il modo di lavorare, per le condizioni estremamente individualizzate e slegate da ogni contesto collettivo, gli atipici sono sottoposti a rischi molto superiori alla norma. Spesso nel loro caso la legislazione vigente non viene osservata e, venendo a mancare la tutela sindacale, è quasi impossibile denunciare gli abusi e ottenere garanzie per la categoria. È una situazione che riguarda più di 6 milioni di lavoratori tra co.co.pro, interinali, impiegati a tempo determinato o parziale, apprendisti e giovani in formazione lavoro. L'indagine sottolinea anche come l'Inail (l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) attribuisca proprio alla maggiore flessibilità il fatto che gli incidenti sul lavoro non diminuiscono,
individuando una correlazione tra gli infortuni in ripresa negli ultimi anni e la proliferazione delle aziende individuali. Secondo l'Inail la flessibilizzazione del lavoro porta a spostare l'attenzione dall'azienda ai singoli lavoratori, sempre più autonomi e da considerarsi individualmente, che divengono quindi inevitabilmente "gestori e beneficiari di una strategia individuale di prevenzione”.
In realtà una piccola flessione degli infortuni totali (mortali e non: -1%) c'è stata nel corso degli ultimi anni, ma stiamo sempre parlando di cifre enormi e, per essere più precisi, anche se uno solo, faticando per
portarsi il pane a casa, si facesse male, sarebbe uno di troppo.
Le cifre ufficiali e i dati reali: una premessa necessaria
Ma veniamo alle cifre disponibili per gli ultimi anni rilevate dall'Inail, ovvero degli infortuni denunciati regolarmente. Bisognerebbe infatti sapere quanti infortuni sul lavoro non vengono denunciati a causa di
possibili ritorsioni, compresa la perdita del lavoro stesso, ma non mi stupirei che questa cifra fosse alquanto ragguardevole dato che il lavoro nero in Italia copre circa un terzo del PIL complessivo con punte del 32% in agricoltura (pensiamo alla raccolta dei pomodori, delle olive, ai lavori stagionali…) e del 19% nel commercio (bar, piccoli esercizi commerciali etc). Nel complesso la forza lavoro disponibile, sommatoria dei lavoratori occupati sia come dipendenti che autonomi ed i disoccupati, ammonta (dati 2004) a 24 milioni e 365 mila unità. Si può invece pensare
che la forza lavoro in Italia impiegata in nero copra oltre i quattro milioni di persone, tenuto conto che per disoccupati e inoccupati si intendono quei lavoratori che di propria iniziativa si iscrivono alle
liste dei centri per l'impiego, pari ad 1 milione e 960mila unità e che quindi esiste una quantità almeno pari di forza lavoro non registrata da alcuna parte. Avendo il "privilegio” di lavorare presso un Centro per
l'Impiego pubblico, dalle interviste che svolgo con i disoccupati in cerca di lavoro stabile, posso tranquillamente affermare che su diverse decine
di persone che vedo mensilmente, almeno il 90% svolge un'attività non in regola per poter campare. Se dovessimo disaggregare ulteriormente i dati degli occupati pari a 24 milioni e 365mila unità scopriamo che 6 milioni e 287 mila persone svolgono in Italia un'attività che l'Inail chiama autonoma e che potremmo far ricadere sul popolo delle partite IVA, co.co.pro etc, quel popolo che sicuramente non gode di assicurazione infortunistica. Abbiamo quindi un campione che sommando i lavoratori autonomi, i disoccupati registrati ed i disoccupati non registrati arriva a coprire una cifra variabile tra gli 8 ed i 10 milioni di lavoratori e lavoratrici o non assicurati del tutto o parzialmente assicurati. Questa
premessa, che nessun ente vi fornirà mai, serve a leggere i dati che darò a proposito degli infortuni.
Infortuni
In Italia nel 2004 si sono registrati 966mila e 568 infortuni sul lavoro di cui 1278 mortali. Di questi ultimi 1.009 sono avvenuti sul posto di lavoro, mentre 269 sono avvenuti "in itinere” ovvero durante gli
spostamenti dichiarati per lavoro. Sugli spostamenti tornerò alla fine.
Nell'Industria e nei Servizi sono aumentati sia per uomini che per donne gli infortuni di lavoratori dai 50 ai 64 anni (134.00 infortuni) e addirittura sopra i 65 anni (legge Maroni sul prolungamento del lavoro
oltre la pensione) con circa 5.000 casi denunciati. Per tornare brevemente all'analisi precedente sui dati non dichiarati è assolutamente curioso notare che nella classifica tra regioni il Trentino Alto Adige denunci
3.687 infortuni in Agricoltura nel 2004 contro i 3.318 della Campania, i 4.329 della Puglia ed i 3650 della Sardegna. Nel settore Industria e Servizi il primato tocca sempre al settore Edile con 104.918 casi
dichiarati di cui 275 mortali, seguita dall'industria dei metalli con 59.856 infortuni denunciati di cui 83 mortali. Nel commercio si registrano 75.041 infortuni di cui 16.037 nel commercio e riparazione di auto (22
mortali), 20.743 nel commercio all'ingrosso (40 mortali) e 38.261 in quello al dettaglio di cui 33 mortali.
Ma le morti non mancano neppure negli alberghi e ristoranti (25 su oltre 30.655 denunciati), nella Pubblica Amministrazione (14 su 29.012 denunciati), nella Attività Immobiliari e Servizi alle Imprese (71 morti su 56.517 infortuni dichiarati). Sugli infortuni non mortali nel Complesso Industria e Servizi oltre il 34% è sottoposto ad inabilità temporanea (non vengono forniti dati sul recupero medio degli infortuni in termini di tempo né sulla qualità degli infortuni), mentre 1,49% ad Inabilità permanente. Nell'agricoltura il 53,52% è sottoposto ad inabilità temporanea, mentre il 3,53% ad inabilità permanente.
Per quanto riguarda la forza lavoro immigrata registrata ufficialmente si tratta di 1 milione e 765.578mila unità pari a circa il 7,3% della forza
lavoro totale. Ebbene il 7,3% di questa forza lavoro denuncia circa il 12% complessivo degli infortuni (si presume al ribasso vista la ricattabilità alla quale sono sottoposti) in crescita del 6% rispetto al 2003 e del 25% rispetto al 2002. In testa il Marocco con circa 23.292 infortuni dichiarati, pari al 20%, poi l'Albania con 14.645 casi denunciati pari al 12,6%, poi la Romania con 10.380 casi seguita da Tunisia (6479 pari al 5,6%), Jugoslavia (5.417 pari al 4,7%) . In testa per le morti invece ci sono i Romeni con 33 casi, seguiti dagli albanesi con 22 casi, 18 i marocchini, etc. I romeni fanno registrare un tasso elevato di morti perché sono maggiormente impiegati nelle professioni nel settore Edile e nei trasporti.
Per concludere questa carrellata sui dati faccio ancora menzione alle malattie professionali (alcune mortali a lungo termine): nel settore agricolo sono stati registrati (sempre 2004 come anno di riferimento) 1.030 casi (tendinite, ipoacusia, artrosi, sindrome tunnel carpale, bronchite cronica…) e 24.334 nei settori Industria e Servizi di cui asbestosi, silicosi, neoplasie da absesto, pneumoconiosi da silicati coprono più di 1500 lavoratori e lavoratrici ogni anno.
Incidenti sulla strada del lavoro
Un'ultima riflessione su questi dati vergognosi: mi sono spesso chiesto di coloro che, invece, si spostano per andare al lavoro e subiscono danni più o meno gravi a causa di questo. Non è una domanda leziosa dato che milioni di persone ogni giorno con mezzi pubblici e con mezzi privati si spostano per andare a lavorare. Nessuno di loro sarai mai contabilizzato nelle vittime per il lavoro, ma quello che dobbiamo dire ad onore del vero è che anche costoro fanno parte di quella grande strage che il capitalismo quotidiano produce ogni giorno.
Secondo i dati dell'Istituto nazionale di Statistica, riferiti all'anno 2003, dati assoluti, si sono verificati 225.141 incidenti con 6015 morti e 318.961 feriti. Il dato più interessante è che il numero di morti e di feriti, nonché di incidenti è pari, circa per ogni giorno della settimana, a 32.430 di lunedì con 698 morti, a 33.101 di martedì con 756 morti, a 33.231 di mercoledì con 719 morti e così via con punte di sabato e domenica con oltre 1000 morti. Ma se volessimo fare un aggregato di dati, togliendo il venerdì, anche se non sarebbe del tutto corretto, avremmo una netta prevalenza di incidenti stradali e di morti durante la settimana lavorativa ed a conferma di ciò l'Istituto Nazionale di Statistica ribadisce che le ore dove avvengono maggiormente gli incidenti sono concentrate intorno alle 8 di mattina (concomitanza con lavoro e scuola) alle 12 (lavoratori che godono dell'orario spezzato) ed alle ore 18 (uscita dal lavoro).
Quindi le discoteche, i locali notturni e l'ubriachezza molesta fanno meno danni di quanti quotidianamente ce ne procuri il lavoro; solo che per l'ideologia dominante non si può desacralizzare l'icona che ogni giorno ci permette di riprodurci dentro i suoi confini. La nostra alternativa rivoluzionaria non può che mettere in discussione la produzione, le sue modalità di regolamentazione, le sue quantità, la sua distribuzione nonché i suoi scopi. Per il presente lavorativo e sindacale occorre ribadire che sicurezza materiale e sicurezza economica non sono elementi contrattabili.
Pietro Stara
Da Umanità Nova, n 22 del 18 giugno 2006, anno 86
http://www.ecn.org/uenne
Categorie: dati cifre infortuni salute malattia incidenti precari atipici inail giugno2006
20.6.06
Bologna 19/6: nuova protesta dei precari in consiglio comunale
19/06/2006 17:11
Bologna, 19 giu. - (Adnkronos) - "Assunti davvero". Questa la scritta realizzata con lo spray rosso sul grande lenzuolo che una ventina di lavoratori precari e rappresentanti della Rdb, dipendenti del Comune di Bologna hanno esposto questo pomeriggio in aula di consiglio a palazzo d'Accursio durante la seduta dei lavori, per protestare contro i contratti precari e atipici. Un blitz che si e' svolto a suon di slogan ("assunti magari, adesso siam precari", "la vita precaria e' peggio dell'aviaria") e ha provocato la sospensione del consiglio per circa 10 minuti. I manifestanti hanno, infatti, abbandonato l'aula solo quando l'assessore alla mobilita' Maurizio Zamboni ha accettato di ascoltare brevemente le loro richieste, fuori dall'aula consiliare.
Categorie: bologna giugno2006 assunti_davvero rdb_cub rdb precari consiglio_comuncale comune
Bologna, 19 giu. - (Adnkronos) - "Assunti davvero". Questa la scritta realizzata con lo spray rosso sul grande lenzuolo che una ventina di lavoratori precari e rappresentanti della Rdb, dipendenti del Comune di Bologna hanno esposto questo pomeriggio in aula di consiglio a palazzo d'Accursio durante la seduta dei lavori, per protestare contro i contratti precari e atipici. Un blitz che si e' svolto a suon di slogan ("assunti magari, adesso siam precari", "la vita precaria e' peggio dell'aviaria") e ha provocato la sospensione del consiglio per circa 10 minuti. I manifestanti hanno, infatti, abbandonato l'aula solo quando l'assessore alla mobilita' Maurizio Zamboni ha accettato di ascoltare brevemente le loro richieste, fuori dall'aula consiliare.
Categorie: bologna giugno2006 assunti_davvero rdb_cub rdb precari consiglio_comuncale comune
18.6.06
Ferrovie, mercoledì si fermano i sindacati di base
«Prevediamo un’altissima adesione allo sciopero, anche se manca ancora l’adesione ufficiale dei sindacati di categoria, proprio perché sui licenziamenti e sulla sicurezza c’è grande sensibilità tra i ferrovieri iscritti a tutte le sigle sindacali» lo scrivono i sindacati di base a proposito dello sciopero di 24 ore di mercoledì contro i licenziamenti “politici”.
Categorie: ferrovie licenziamenti sciopero trenitalia giugno2006
Categorie: ferrovie licenziamenti sciopero trenitalia giugno2006
Catania, 140 lavoratori senza stipendio da 3 mesi
Centoquaranta lavoratori delle ex ditte Coem e Elmec di Catania da oltre tre mesi non percepiscono più lo stipendio. Le due ditte sono attualmente ferme a causa della mancanza di liquidità per l’acquisto di materiale. Al fianco dei dipendenti, Fim, Fiom e Uilm che hanno chiesto all’amministrazione provinciale catanese il massimo impegno nella risoluzione della vicenda.
Categorie: catania stipendi fim fiom uilm sicilia giugno2006
Categorie: catania stipendi fim fiom uilm sicilia giugno2006
Riuscito lo sciopero generale degli addetti alle pulizie e ai servizi
«Contratto subito»: 30mila pulitori in piazza a Roma
Antonella Giordano
«Contratto subito, contratto pulito» sono state le parole gridate con costanza e decisione durante la manifestazione di Roma organizzata per lo sciopero nazionale dei 450mila lavoratori delle imprese di pulizie e dei servizi integrati e multiservizi. Per tutto ieri hanno protestato contro le richieste avanzate dalle imprese in sede di trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro. «I datori di lavoro vogliono affidarsi alla Legge 30 anche in questo settore che è già debilitato da anni di lotte, che coinvolge tantissime persone che si spaccano la schiena dalla mattina alla sera». Le parole di uno dei 30mila manifestanti del corteo rendono solo un’idea dello stato d’animo che accomunava gli scioperanti di tutta Italia.
«Siamo stanchi, abbiamo già lo stipendio più basso di tutte le categorie. Gli spostamenti da un posto all’altro non ci vengono riconosciuti né in termini di soldi, né di tempo. E ora non vogliono pagarci neanche i primi tre giorni di malattia per ridurre l’assenteismo. Questo porta allo sfruttamento e ci fa ritornare indietro negli anni».
A un anno dalla scadenza del contratto le aziende hanno chiesto di cancellare l’articolo 4 del precedente contratto collettivo che obbliga le ditte, in caso di nuovi appalti, a mantenere il livello occupazionale precedente. Hanno chiesto inoltre di pagare la malattia dal quarto giorno limitando così anche il diritto alla salute; hanno previsto un periodo di 36 mesi di apprendistato per diventare lavoratori nel settore delle pulizie.
«Dobbiamo respingere tutti insieme l’atteggiamento provocatorio delle aziende che non vogliono trattare. - incalza il segretario nazionale della Fillcams/Cgil, Carmelo Romeo - Sappiamo cosa significa partire di notte e affrontare una giornata di sciopero, ma le nostre controparti sono ottuse, non meritano la nostra fiducia. Basta con una società sempre più schiava del profitto».
Il corteo, che ha visto l’ adesione al 100% dei lavoratori della Multiservizi di Roma, di quelli di Varese, e di gran parte dei lavoratori e di tutte le delegazioni sindacali delle altre regioni d’Italia, è partito intorno alle 10.30 da piazza della Repubblica e, passando da via Cavour e via dei Fori Imperiali è terminato in piazza Madonna di Loreto. E’ stato anche un modo di sollecitare l’opinione pubblica ad essere più vicina a questi lavoratori che sono spesso disprezzati e maltrattati, ma che si impegnano quotidianamente per rendere puliti i luoghi di lavoro, svolgendo un servizio essenziale per gli interessi della collettività.
A concludere il comizio è stato Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl: «Ci troviamo come al solito di fronte al balletto, tipico dell’Italia, studiato per allungare i tempi. Soprattutto questo settore è vittima del giro di appalti volti al ribasso, che abbassa i costi per le aziende, fa lavorare meno persone, ma le fa lavorare il doppio. Gli appalti devono contenere le clausole sociali che impediscono di andare al ribasso. Abbiamo sentito in queste ore che il nuovo ministro del Lavoro si offre a mediare tra azienda e sindacati e noi gli chiedieremo tutto questo».
Categorie: pulitori pulizie sciopero roma manifestazione giugno2006 legge30 corteo contratto
Antonella Giordano
«Contratto subito, contratto pulito» sono state le parole gridate con costanza e decisione durante la manifestazione di Roma organizzata per lo sciopero nazionale dei 450mila lavoratori delle imprese di pulizie e dei servizi integrati e multiservizi. Per tutto ieri hanno protestato contro le richieste avanzate dalle imprese in sede di trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro. «I datori di lavoro vogliono affidarsi alla Legge 30 anche in questo settore che è già debilitato da anni di lotte, che coinvolge tantissime persone che si spaccano la schiena dalla mattina alla sera». Le parole di uno dei 30mila manifestanti del corteo rendono solo un’idea dello stato d’animo che accomunava gli scioperanti di tutta Italia.
«Siamo stanchi, abbiamo già lo stipendio più basso di tutte le categorie. Gli spostamenti da un posto all’altro non ci vengono riconosciuti né in termini di soldi, né di tempo. E ora non vogliono pagarci neanche i primi tre giorni di malattia per ridurre l’assenteismo. Questo porta allo sfruttamento e ci fa ritornare indietro negli anni».
A un anno dalla scadenza del contratto le aziende hanno chiesto di cancellare l’articolo 4 del precedente contratto collettivo che obbliga le ditte, in caso di nuovi appalti, a mantenere il livello occupazionale precedente. Hanno chiesto inoltre di pagare la malattia dal quarto giorno limitando così anche il diritto alla salute; hanno previsto un periodo di 36 mesi di apprendistato per diventare lavoratori nel settore delle pulizie.
«Dobbiamo respingere tutti insieme l’atteggiamento provocatorio delle aziende che non vogliono trattare. - incalza il segretario nazionale della Fillcams/Cgil, Carmelo Romeo - Sappiamo cosa significa partire di notte e affrontare una giornata di sciopero, ma le nostre controparti sono ottuse, non meritano la nostra fiducia. Basta con una società sempre più schiava del profitto».
Il corteo, che ha visto l’ adesione al 100% dei lavoratori della Multiservizi di Roma, di quelli di Varese, e di gran parte dei lavoratori e di tutte le delegazioni sindacali delle altre regioni d’Italia, è partito intorno alle 10.30 da piazza della Repubblica e, passando da via Cavour e via dei Fori Imperiali è terminato in piazza Madonna di Loreto. E’ stato anche un modo di sollecitare l’opinione pubblica ad essere più vicina a questi lavoratori che sono spesso disprezzati e maltrattati, ma che si impegnano quotidianamente per rendere puliti i luoghi di lavoro, svolgendo un servizio essenziale per gli interessi della collettività.
A concludere il comizio è stato Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl: «Ci troviamo come al solito di fronte al balletto, tipico dell’Italia, studiato per allungare i tempi. Soprattutto questo settore è vittima del giro di appalti volti al ribasso, che abbassa i costi per le aziende, fa lavorare meno persone, ma le fa lavorare il doppio. Gli appalti devono contenere le clausole sociali che impediscono di andare al ribasso. Abbiamo sentito in queste ore che il nuovo ministro del Lavoro si offre a mediare tra azienda e sindacati e noi gli chiedieremo tutto questo».
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Lazio: è emergenza precari
Regione Lazio
E’ emergenza precari: sono 220mila, un lavoratore su 10
Nel Lazio ci sono 220mila precari, un numero minore solo a quello di Lombardia ed Emilia Romagna. In pratica, un lavoratore su 10 ha un contratto atipico. E solo a Roma, nell’area Sud, ce ne sono circa 8mila precari, quelli dei call center. La fotografia della situazione del precariato nel Lazio è stata scattata dal Nidil Cgil, sulla base dei Inps. «Oggi - spiega Roberto D’Andrea, del Nidil nazionale - un precario guadagna in media 10.880 euro lordi l’anno, al netto fanno circa 8mila euro. I collaboratori costano la metà di un dipendente, per questo convengono. Ma abbiamo calcolato che con 40 anni di contributi senza un giorno di disoccupazione i precari prenderanno domani una pensione pari a 410,83 euro, il 39% di quella di un dipendente. Praticamente poco di più di un assegno sociale che ammonta a 380 euro». Una situazione difficile, soprattutto per i giovani: «Nel Lazio oltre il 50% dei neoassunti ottengono solo lavori a tempo determinato con contratti atipici».
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E’ emergenza precari: sono 220mila, un lavoratore su 10
Nel Lazio ci sono 220mila precari, un numero minore solo a quello di Lombardia ed Emilia Romagna. In pratica, un lavoratore su 10 ha un contratto atipico. E solo a Roma, nell’area Sud, ce ne sono circa 8mila precari, quelli dei call center. La fotografia della situazione del precariato nel Lazio è stata scattata dal Nidil Cgil, sulla base dei Inps. «Oggi - spiega Roberto D’Andrea, del Nidil nazionale - un precario guadagna in media 10.880 euro lordi l’anno, al netto fanno circa 8mila euro. I collaboratori costano la metà di un dipendente, per questo convengono. Ma abbiamo calcolato che con 40 anni di contributi senza un giorno di disoccupazione i precari prenderanno domani una pensione pari a 410,83 euro, il 39% di quella di un dipendente. Praticamente poco di più di un assegno sociale che ammonta a 380 euro». Una situazione difficile, soprattutto per i giovani: «Nel Lazio oltre il 50% dei neoassunti ottengono solo lavori a tempo determinato con contratti atipici».
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20 giugno mobilitazione degli operatori sociali
IL 20 GIUGNO DALLE ORE 13 MANIFESTAZIONE PRESIDIO SOTTO L'ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI DEL COMUNE DI ROMA - VIALE MANZONI 16
USI AIT – UNIONE SINDACALE ITALIANA
ROMA - VIA ISIDE 12 – 00184 - TEL. 06/70451981 – FAX 06/77201444
COMUNICATO SINDACALE/PER AFFISSIONE E AVVISO AL PERSONALE (art. 25 L. 300/70)
PROSEGUIAMO LE MOBILITAZIONI NEL TERZO SETTORE.
IL 20 GIUGNO 2006, DALLE ORE 13 MANIFESTAZIONE/PRESIDIO SOTTO L'ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI (VIALE MANZONI 16).
E' importante riprendere il percorso di mobilitazione a livello centrale per i servizi socio assistenziali ed educativi del Comune di Roma, una volta terminata la lunga “scorpacciata elettorale”. Ora che la Giunta Veltroni bis si sta insediando, mantenendo di fatto una continuità di “linea politica” rispetto al passato, è cosa buona e giusta farsi vedere di nuovo sotto le finestre dell'assessorato.
In questi mesi le iniziative nei luoghi di lavoro hanno avuto uno sviluppo, non si è rimasti (per fortuna) fermi ad aspettare i risultati elettorali. E' avvenuto a Capodarco, all'Arca di Noè, nei servizi sanitari (alla OSA) per le stabilizzazioni del precariato, nei cambi di appalto (come per quello all'ex complesso del S.M. della Pietà), per far rispettare condizioni di lavoro decenti o l'approvazione degli accordi (come alla Farmacap, dove per la prima volta si fa una consultazione referendaria sul contratto decentrato aziendale), tanto per citare qualche esempio concreto anche per i servizi socio sanitari o sociali.
Le iniziative di mobilitazione contro la precarietà lavorativa e di vita nel settore, per garantire servizi pubblici e di qualità, far applicare i meccanismi di controllo previsti dalle delibere comunali (135 del 2000 e 259 del 2005) di diritti di operatrici e operatori e i nuovi criteri per l'accreditamento dei servizi, per contrastare le gare “al ribasso” nei servizi alla persona o continuare a battersi per l'internalizzazione di alcuni servizi da parte del Comune di Roma (come per gli AEC delle scuole), non possono rimanere limitate alla lotta sul singolo posto di lavoro, per quanto efficace possa essere l'azione delle strutture autorganizzate e conflittuali, protagoniste di queste mobilitazioni. Va ripreso come abbiamo fatto con successo in passato, un collegamento reale tra le varie situazioni e “centralizzato” l'interlocutore/controparte politica e gestionale (Assessorato e Dipartimento). Su altri versanti (formazione, legge regionale sugli appalti di servizi pubblici) va aperto un confronto con la Regione Lazio, che finora abbiamo fatto in maniera sporadica e non strutturata, come diventa importante costruire un percorso che rivendichi oltre al lavoro un reddito per le parti di salario che ci sono decurtate, CHE STA VEDENDO DIVERSE SITUAZIONI ORGANIZZARE UNA STREET PARADE IL 28 GIUGNO A ROMA
Raccogliamo il segnale che ci hanno lanciato le strutture autorganizzate (che sono riconosciute formalmente come rappresentanze sindacali aziendali) di Capodarco, dell'Arca di Noè, della Farmacap, di fare una manifestazione/presidio il 20 GIUGNO dalle ore 13 all'Assessorato alle Pol. Sociali del Comune, in Viale Manzoni 16, sulla piattaforma di contrasto a precarietà dilagante nelle coop, rispetto dei diritti contrattuali e legislativi, omogeneizzazione delle tariffe orarie nei servizi comunali almeno pari ai minimi del CCNL, per l'internalizzazione di alcuni servizi “essenziali”, per maggiori controlli e misure efficaci nei confronti di coop./aziende/associazioni/consorzi che provano a “fare i furbetti...” con i soldi degli appalti pubblici e sulla pelle di operatori/trici e della cittadinanza beneficiaria dei servizi...
(Dove possibile e dove siamo organizzati, con la copertura di assemblea sindacale retribuita nella fascia oraria 13.30 – 15.30, per permettere la partecipazione più ampia).
Si invitano le altre strutture sui posti di lavoro, i collettivi e le rappresentanze sindacali, i coordinamenti come il Cocittos, a costruire e a sostenere l'iniziativa di mobilitazione. Non sciupiamo il patrimonio di lotte passate, non lasciamo isolati le lavoratrici e i lavoratori che sono ora in mobilitazione, proseguiamo il percorso intrapreso.
Le strutture e i comitati autorganizzati nel terzo settore - USI AIT
www.usiait.it
Categorie: giugno2006 manifestazione presidio assessorato roma comune_di_roma usiait cocittos pop_parade
USI AIT – UNIONE SINDACALE ITALIANA
ROMA - VIA ISIDE 12 – 00184 - TEL. 06/70451981 – FAX 06/77201444
COMUNICATO SINDACALE/PER AFFISSIONE E AVVISO AL PERSONALE (art. 25 L. 300/70)
PROSEGUIAMO LE MOBILITAZIONI NEL TERZO SETTORE.
IL 20 GIUGNO 2006, DALLE ORE 13 MANIFESTAZIONE/PRESIDIO SOTTO L'ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI (VIALE MANZONI 16).
E' importante riprendere il percorso di mobilitazione a livello centrale per i servizi socio assistenziali ed educativi del Comune di Roma, una volta terminata la lunga “scorpacciata elettorale”. Ora che la Giunta Veltroni bis si sta insediando, mantenendo di fatto una continuità di “linea politica” rispetto al passato, è cosa buona e giusta farsi vedere di nuovo sotto le finestre dell'assessorato.
In questi mesi le iniziative nei luoghi di lavoro hanno avuto uno sviluppo, non si è rimasti (per fortuna) fermi ad aspettare i risultati elettorali. E' avvenuto a Capodarco, all'Arca di Noè, nei servizi sanitari (alla OSA) per le stabilizzazioni del precariato, nei cambi di appalto (come per quello all'ex complesso del S.M. della Pietà), per far rispettare condizioni di lavoro decenti o l'approvazione degli accordi (come alla Farmacap, dove per la prima volta si fa una consultazione referendaria sul contratto decentrato aziendale), tanto per citare qualche esempio concreto anche per i servizi socio sanitari o sociali.
Le iniziative di mobilitazione contro la precarietà lavorativa e di vita nel settore, per garantire servizi pubblici e di qualità, far applicare i meccanismi di controllo previsti dalle delibere comunali (135 del 2000 e 259 del 2005) di diritti di operatrici e operatori e i nuovi criteri per l'accreditamento dei servizi, per contrastare le gare “al ribasso” nei servizi alla persona o continuare a battersi per l'internalizzazione di alcuni servizi da parte del Comune di Roma (come per gli AEC delle scuole), non possono rimanere limitate alla lotta sul singolo posto di lavoro, per quanto efficace possa essere l'azione delle strutture autorganizzate e conflittuali, protagoniste di queste mobilitazioni. Va ripreso come abbiamo fatto con successo in passato, un collegamento reale tra le varie situazioni e “centralizzato” l'interlocutore/controparte politica e gestionale (Assessorato e Dipartimento). Su altri versanti (formazione, legge regionale sugli appalti di servizi pubblici) va aperto un confronto con la Regione Lazio, che finora abbiamo fatto in maniera sporadica e non strutturata, come diventa importante costruire un percorso che rivendichi oltre al lavoro un reddito per le parti di salario che ci sono decurtate, CHE STA VEDENDO DIVERSE SITUAZIONI ORGANIZZARE UNA STREET PARADE IL 28 GIUGNO A ROMA
Raccogliamo il segnale che ci hanno lanciato le strutture autorganizzate (che sono riconosciute formalmente come rappresentanze sindacali aziendali) di Capodarco, dell'Arca di Noè, della Farmacap, di fare una manifestazione/presidio il 20 GIUGNO dalle ore 13 all'Assessorato alle Pol. Sociali del Comune, in Viale Manzoni 16, sulla piattaforma di contrasto a precarietà dilagante nelle coop, rispetto dei diritti contrattuali e legislativi, omogeneizzazione delle tariffe orarie nei servizi comunali almeno pari ai minimi del CCNL, per l'internalizzazione di alcuni servizi “essenziali”, per maggiori controlli e misure efficaci nei confronti di coop./aziende/associazioni/consorzi che provano a “fare i furbetti...” con i soldi degli appalti pubblici e sulla pelle di operatori/trici e della cittadinanza beneficiaria dei servizi...
(Dove possibile e dove siamo organizzati, con la copertura di assemblea sindacale retribuita nella fascia oraria 13.30 – 15.30, per permettere la partecipazione più ampia).
Si invitano le altre strutture sui posti di lavoro, i collettivi e le rappresentanze sindacali, i coordinamenti come il Cocittos, a costruire e a sostenere l'iniziativa di mobilitazione. Non sciupiamo il patrimonio di lotte passate, non lasciamo isolati le lavoratrici e i lavoratori che sono ora in mobilitazione, proseguiamo il percorso intrapreso.
Le strutture e i comitati autorganizzati nel terzo settore - USI AIT
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Salgono a sette i licenziamenti in Fiat Auto a Pomigliano
Continuano i licenziamenti alla Fiat Auto di Pomigliano, oggi alle 14, a fine turno di lavoro, la dirigenza aziendale comunica a due lavoratori il loro licenziamento dovuto a malattia anomala.E’ chiaro che, la logica punitiva alla vigilia del rinnovo della RSU, i proclami “TERRORISTICI” di spostare la produzione della nuova vettura, la volontà di scaricare sui lavoratori i costi di una cattiva gestione aziendale, un’organizzazione del lavoro che genera una scarsa qualità del prodotto, alta percentuale di patologie (RCL), ripetuti casi di malattie, sono la logica perversa di una politica industriale nefasta. I lavoratori stanchi delle repressioni in atto e dei continui licenziamenti, bloccano la produzione, iniziando uno sciopero di otto ore che vede coinvolta l’intera Fiat Auto di Pomigliano.
La CUB FLMUniti, ritiene indispensabile un incontro con la dirigenza aziendale per confrontarsi, sui licenziamenti e sul futuro produttivo di Pomigliano.
Segreteria Provinciale CUB FLMUniti Napoli
Categorie: licenziamenti pomigliano giugno2006 rsu cub napoli flm metalmeccanici fiat
La CUB FLMUniti, ritiene indispensabile un incontro con la dirigenza aziendale per confrontarsi, sui licenziamenti e sul futuro produttivo di Pomigliano.
Segreteria Provinciale CUB FLMUniti Napoli
Categorie: licenziamenti pomigliano giugno2006 rsu cub napoli flm metalmeccanici fiat
Reggio, la fila disperata per il lavoro, giovani accampati per tre giorni
da "repubblica on line" 17.6.2006
REGGIO CALABRIA - E’ un’altra tappa dell’Odissea del lavoro giovanile nel Mezzogiorno. Centinaia di giovani da ieri sera sono accampati con sacchi a pelo negli androni nel centro direzionale comunale di Reggio Calabria in attesa di presentare la domanda per ottenere un contributo per l’occupazione. E si preparano a una gara di resistenza con la speranza di mettere fine ad anni di disoccupazione: le domande, infatti potranno essere presentate soltanto lunedì mattina, all’apertura degli sportelli.
Dalle 9 di lunedì, infatti, è possibile che imprenditori, aziende e professionisti, presentino istanza al Comune di Reggio Calabria per ottenere un contributo fisso mensile di mille euro per 15 anni per dare lavoro a giovani disoccupati di lunga durata, o a giovani in difficoltà residenti nella città dello Stretto. La domanda deve essere presentata dal datore di lavoro oppure da un suo delegato. Ed infatti sono gli stessi giovani ad aspettare l’apertura degli uffici per la presentazione della documentazione a nome degli imprenditori che sono disponibili ad assumerli. Ma è anche una gara che si rivelerà disperata per molti: i progetti che il Comune potrà finanziare grazie al "Decreto Reggio" sono infatti soltanto trecento.
Sul posto sono al lavoro uomini della Protezione civile e del volontariato, che danno assistenza alle numerose persone in attesa che dovranno ancora attendere due giorni e due notti prima di presentare la domanda.
I ragazzi si nsono dati un loro ordine di attesa, ma con il crescere del numero dei giovani in attesa il Comune ha predisposto dei servizi al centro direzionale: sono arrivati agenti della polizia municipale e personale della protezione civile che ha fornito assistenza e cibo. E’ stato allestito anche un centro medico della Croce Rossa. Unico momento di spensieratezza: è stato montato un maxi schermo per seguire in diretta la gara dell’Italia.
(17 giugno 2006)
www.repubblica.it
Categorie: reggio_calabria calabria contributo disoccupazione giugno2006
REGGIO CALABRIA - E’ un’altra tappa dell’Odissea del lavoro giovanile nel Mezzogiorno. Centinaia di giovani da ieri sera sono accampati con sacchi a pelo negli androni nel centro direzionale comunale di Reggio Calabria in attesa di presentare la domanda per ottenere un contributo per l’occupazione. E si preparano a una gara di resistenza con la speranza di mettere fine ad anni di disoccupazione: le domande, infatti potranno essere presentate soltanto lunedì mattina, all’apertura degli sportelli.
Dalle 9 di lunedì, infatti, è possibile che imprenditori, aziende e professionisti, presentino istanza al Comune di Reggio Calabria per ottenere un contributo fisso mensile di mille euro per 15 anni per dare lavoro a giovani disoccupati di lunga durata, o a giovani in difficoltà residenti nella città dello Stretto. La domanda deve essere presentata dal datore di lavoro oppure da un suo delegato. Ed infatti sono gli stessi giovani ad aspettare l’apertura degli uffici per la presentazione della documentazione a nome degli imprenditori che sono disponibili ad assumerli. Ma è anche una gara che si rivelerà disperata per molti: i progetti che il Comune potrà finanziare grazie al "Decreto Reggio" sono infatti soltanto trecento.
Sul posto sono al lavoro uomini della Protezione civile e del volontariato, che danno assistenza alle numerose persone in attesa che dovranno ancora attendere due giorni e due notti prima di presentare la domanda.
I ragazzi si nsono dati un loro ordine di attesa, ma con il crescere del numero dei giovani in attesa il Comune ha predisposto dei servizi al centro direzionale: sono arrivati agenti della polizia municipale e personale della protezione civile che ha fornito assistenza e cibo. E’ stato allestito anche un centro medico della Croce Rossa. Unico momento di spensieratezza: è stato montato un maxi schermo per seguire in diretta la gara dell’Italia.
(17 giugno 2006)
www.repubblica.it
Categorie: reggio_calabria calabria contributo disoccupazione giugno2006
8/7 Stop Precarietà Ora
Stop precarietà ora
Appuntamento: sabato 8 luglio a Roma
***
Noi, donne e uomini che in questi anni hanno lottato contro il liberismo e la guerra, per un altro mondo possibile, vogliamo impegnarci a suscitare e organizzare un grande movimento contro la precarietà.
La precarietà del lavoro e delle condizioni di vita segna oggi donne e uomini, occupati e disoccupati, nativi e migranti.
Le donne sono le più colpite dai processi di precarizzazione del lavoro, dallo sgretolamento e dalla privatizzazione dei sistemi pubblici di servizio alla persona. La lotta contro la precarietà è parte della lotta per l’autodeterminazione.
La condizione migrante concentra su di sé tutti gli aspetti della vita precaria, per le lavoratrici, per i lavoratori e per le loro famiglie. La lotta per la parità dei diritti per i migranti, per la fine della persecuzione nei loro confronti, per la chiusura dei Cpt, per la fine della schiavitù dovuta al vincolo del permesso di soggiorno legato al posto di lavoro, fanno parte della lotta contro la precarietà e di quella per i diritti universali di cittadinanza.
La lotta contro la precarietà oggi si svolge in tutto il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti, al Nord come al Sud, e percorre la società, la cultura, la politica con conflitti sempre più diffusi ed estesi.
In Italia è giunto il momento di rivendicare un cambiamento radicale di tutta la legislazione che in questi anni ha precarizzato il lavoro e la vita sociale. Si devono estendere conflitti e movimenti nella società per conquistare il diritto a condizioni di vita dignitose, per la libertà di decidere per sé e per il proprio avvenire.
Per queste ragioni proponiamo come primi terreni e obiettivi comuni di mobilitazione, i seguenti punti:
1.L’abrogazione delle tre leggi simbolo della politica per la precarietà del governo delle destre, la Legge 30, la legge Bossi-Fini sui migranti, le leggi Moratti sulla scuola e l’università e di tutte le disposizioni e decreti ad esse collegati.
2.La fine del regime della precarietà a vita che oggi tocca milioni di lavoratrici e lavoratori. La riscrittura di tutta la legislazione sul lavoro e sull’occupazione, per mettere fine a tutte le forme di precarietà permanente e diffusa, per combattere il lavoro nero e sottopagato, per contrastare la caduta dei salari, la flessibilità selvaggia negli orari, il peggioramento delle condizioni di lavoro. Per questo bisogna mettere in discussione anche la Legge 196 del 1997 e procedere alla riscrittura del Codice Civile. Il lavoro a termine deve tornare ad essere solo un eccezione e dovrà in ogni caso garantire salari e contributi più alti del lavoro a tempo indeterminato.
Lo sblocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e l’assunzione a tempo indeterminato, con contratto di lavoro pubblico, dei precari che lavorano nei servizi pubblici, nelle pubbliche amministrazioni, nella scuola, nella sanità, nelle università e negli enti di ricerca. Senza un lavoro stabile non vi può essere un servizio pubblico adeguato che garantisca a tutti i diritti di cittadinanza.
Nuove norme contro le imprese pubbliche e private, che si “smontano” (tramite appalti, trasferimenti di ramo d’azienda, esternalizzazioni) con il solo scopo di ridurre diritti e salari. Occorre affermare il principio di responsabilità della impresa su tutta la filiera del lavoro e riassorbire all’interno delle strutture pubbliche il lavoro esternalizzato che garantisce diritti tutelati dalla Costituzione. Va garantita la centralità del pubblico nel collocamento dei lavoratori.
3.La redistribuzione delle ricchezza, per aumentare le retribuzioni e per conquistare la garanzia del reddito e della contribuzione pensionistica in ogni periodo della vita, anche attraverso il ripristino di una pensione pubblica adeguata e sufficiente. La lotta contro la precarietà nel lavoro e nella vita delle persone (e, in primo luogo, delle giovani e dei giovani), impone la necessità di estendere e qualificare la tutela dei diritti sociali per tutte e tutti, nativi e migranti - a partire dal diritto alla casa, alla sanità, all’istruzione -, e di introdurre forme universali di garanzia del reddito, sia attraverso trasferimenti monetari che con servizi gratuiti (in particolare scuola, salute, trasporti, cultura).
4.L’estensione a tutti i lavoratori dei diritti sindacali, del diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro a seguito di licenziamento senza giusta causa, del diritto di sciopero, della diritto alla rappresentanza sindacale. L’estensione dei diritti di democrazia, di decisione e di partecipazione, a tutti gli aspetti e momenti della vita sociale e lavorativa delle persone, a partire da una legge che garantisca una piena e reale democrazia nei luoghi di lavoro.
5.La messa in discussione delle politiche liberiste a livello europeo. In particolare occorre cancellare la direttiva Bolkestein e quella sugli orari di lavoro e contrastare alla radice ogni tentativo di mercificazione dei beni comuni, di privatizzazione dei servizi pubblici, di concorrenza al ribasso tra aree e paesi sui diritti sociali e del lavoro.
Proponiamo questi punti all’iniziativa, al confronto, alla discussione di tutte le forze sociali, politiche e culturali e ci diamo appuntamento per sabato 8 luglio a Roma, per una grande assemblea che sviluppi e approfondisca i contenuti di una piattaforma di lotta contro la precarietà.
Questa assemblea avvierà un percorso di mobilitazione che sfocerà tra la fine di ottobre e i primi di novembre in una grande manifestazione nazionale a Roma.
seguono firme
Categorie: precari manifestazione assemblea luglio2006 social_forum ottobre2006 legge30 reddito stabilizzazione
Appuntamento: sabato 8 luglio a Roma
***
Noi, donne e uomini che in questi anni hanno lottato contro il liberismo e la guerra, per un altro mondo possibile, vogliamo impegnarci a suscitare e organizzare un grande movimento contro la precarietà.
La precarietà del lavoro e delle condizioni di vita segna oggi donne e uomini, occupati e disoccupati, nativi e migranti.
Le donne sono le più colpite dai processi di precarizzazione del lavoro, dallo sgretolamento e dalla privatizzazione dei sistemi pubblici di servizio alla persona. La lotta contro la precarietà è parte della lotta per l’autodeterminazione.
La condizione migrante concentra su di sé tutti gli aspetti della vita precaria, per le lavoratrici, per i lavoratori e per le loro famiglie. La lotta per la parità dei diritti per i migranti, per la fine della persecuzione nei loro confronti, per la chiusura dei Cpt, per la fine della schiavitù dovuta al vincolo del permesso di soggiorno legato al posto di lavoro, fanno parte della lotta contro la precarietà e di quella per i diritti universali di cittadinanza.
La lotta contro la precarietà oggi si svolge in tutto il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti, al Nord come al Sud, e percorre la società, la cultura, la politica con conflitti sempre più diffusi ed estesi.
In Italia è giunto il momento di rivendicare un cambiamento radicale di tutta la legislazione che in questi anni ha precarizzato il lavoro e la vita sociale. Si devono estendere conflitti e movimenti nella società per conquistare il diritto a condizioni di vita dignitose, per la libertà di decidere per sé e per il proprio avvenire.
Per queste ragioni proponiamo come primi terreni e obiettivi comuni di mobilitazione, i seguenti punti:
1.L’abrogazione delle tre leggi simbolo della politica per la precarietà del governo delle destre, la Legge 30, la legge Bossi-Fini sui migranti, le leggi Moratti sulla scuola e l’università e di tutte le disposizioni e decreti ad esse collegati.
2.La fine del regime della precarietà a vita che oggi tocca milioni di lavoratrici e lavoratori. La riscrittura di tutta la legislazione sul lavoro e sull’occupazione, per mettere fine a tutte le forme di precarietà permanente e diffusa, per combattere il lavoro nero e sottopagato, per contrastare la caduta dei salari, la flessibilità selvaggia negli orari, il peggioramento delle condizioni di lavoro. Per questo bisogna mettere in discussione anche la Legge 196 del 1997 e procedere alla riscrittura del Codice Civile. Il lavoro a termine deve tornare ad essere solo un eccezione e dovrà in ogni caso garantire salari e contributi più alti del lavoro a tempo indeterminato.
Lo sblocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e l’assunzione a tempo indeterminato, con contratto di lavoro pubblico, dei precari che lavorano nei servizi pubblici, nelle pubbliche amministrazioni, nella scuola, nella sanità, nelle università e negli enti di ricerca. Senza un lavoro stabile non vi può essere un servizio pubblico adeguato che garantisca a tutti i diritti di cittadinanza.
Nuove norme contro le imprese pubbliche e private, che si “smontano” (tramite appalti, trasferimenti di ramo d’azienda, esternalizzazioni) con il solo scopo di ridurre diritti e salari. Occorre affermare il principio di responsabilità della impresa su tutta la filiera del lavoro e riassorbire all’interno delle strutture pubbliche il lavoro esternalizzato che garantisce diritti tutelati dalla Costituzione. Va garantita la centralità del pubblico nel collocamento dei lavoratori.
3.La redistribuzione delle ricchezza, per aumentare le retribuzioni e per conquistare la garanzia del reddito e della contribuzione pensionistica in ogni periodo della vita, anche attraverso il ripristino di una pensione pubblica adeguata e sufficiente. La lotta contro la precarietà nel lavoro e nella vita delle persone (e, in primo luogo, delle giovani e dei giovani), impone la necessità di estendere e qualificare la tutela dei diritti sociali per tutte e tutti, nativi e migranti - a partire dal diritto alla casa, alla sanità, all’istruzione -, e di introdurre forme universali di garanzia del reddito, sia attraverso trasferimenti monetari che con servizi gratuiti (in particolare scuola, salute, trasporti, cultura).
4.L’estensione a tutti i lavoratori dei diritti sindacali, del diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro a seguito di licenziamento senza giusta causa, del diritto di sciopero, della diritto alla rappresentanza sindacale. L’estensione dei diritti di democrazia, di decisione e di partecipazione, a tutti gli aspetti e momenti della vita sociale e lavorativa delle persone, a partire da una legge che garantisca una piena e reale democrazia nei luoghi di lavoro.
5.La messa in discussione delle politiche liberiste a livello europeo. In particolare occorre cancellare la direttiva Bolkestein e quella sugli orari di lavoro e contrastare alla radice ogni tentativo di mercificazione dei beni comuni, di privatizzazione dei servizi pubblici, di concorrenza al ribasso tra aree e paesi sui diritti sociali e del lavoro.
Proponiamo questi punti all’iniziativa, al confronto, alla discussione di tutte le forze sociali, politiche e culturali e ci diamo appuntamento per sabato 8 luglio a Roma, per una grande assemblea che sviluppi e approfondisca i contenuti di una piattaforma di lotta contro la precarietà.
Questa assemblea avvierà un percorso di mobilitazione che sfocerà tra la fine di ottobre e i primi di novembre in una grande manifestazione nazionale a Roma.
seguono firme
Categorie: precari manifestazione assemblea luglio2006 social_forum ottobre2006 legge30 reddito stabilizzazione
Puglia: "Meglio precari che assunti"
Meglio precari che assunti
BARI - In Puglia 265 infermieri di ruolo si licenzieranno per diventare precari, condizione che li fa sentire più tutelati soprattutto in materia di mobilità. Lo rende noto la Fp-Cgil dell’azienda sanitaria Policlinico-Giovanni XXIII di Bari, spiegando che gli infermieri sono 118 a Lecce, 72 a Brindisi, 43 a Foggia e 32 a Taranto. Tutti fuori sede e pronti a presentare la lettera di preavviso per licenziamento al Direttore generale dell’Azienda Policlinico a decorrere dall’11 settembre prossimo.
La Cgil del Policlinico - è detto in un comunicato - «in aperta contrapposizione con le scelte miopi» portate sinora avanti dagli assessori alla Salute e al Lavoro della Regione Puglia «appoggerà questa iniziativa per rivendicare, per quanto riguarda gli infermieri, regole uguali per tutti e su tutto il territorio nazionale, regole, regolamentate dai contratti collettivi nazionali e dalla normative concorsuali nazionali».
«Gli infermieri fuori sede - spiega il segretario aziendale della Cgil, Gianni De Letteriis - sono infermieri che nei quattro anni di blocco delle assunzioni hanno deciso, per bisogno e con grande sacrificio di lasciare le loro famiglie, i loro affetti e di andare a lavorare al Nord. Nei più grandi ospedali italiani, si sono formati professionalmente e all’indomani dello sblocco delle assunzioni sono tornati in Puglia grazie alle normative contrattuali che consentono e favoriscono i processi di mobilità». Molti di loro, però, non hanno raggiunto i luoghi dove risiedono le loro famiglie.
La Regione Puglia, infatti, «applicando la sua ’devolution’ - dice ancora De Letteriis - con la Legge regionale n.12 del 12.8.2005, in aperta violazione con le norme contrattuali, ha introdotto il blocco per due anni delle mobilità per chi era già rientrato e, in violazione alla normativa concorsuale, una riserva di posti pari al 30% per gli infermieri che abbiano svolto almeno 12 mesi a tempo determinato presso la stessa azienda e non sia titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato».
Ora la Giunta regionale - afferma l’esponente sindacale - è pronta a varare un ulteriore provvedimento innalzando la percentuale della riserva dei posti per i precari al 50%: «A questo punto si ha più possibilità di avvicinarsi a casa da precari che da infermieri di ruolo».
«L’assoluta assenza di una minima programmazione delle risorse umane disponibili - dice ancora De Letteriis - porta la Giunta Regionale ad adottate provvedimenti intesi più a soddisfare logiche clientelari su specifici territori regionali che a pianificare una seria politica di assunzioni per coprire il buco di organico in tutte le strutture sanitarie pugliesi».
17/6/2006
Categorie: puglia bari fp_cgil policlinico sanità ospedali giugno2006
BARI - In Puglia 265 infermieri di ruolo si licenzieranno per diventare precari, condizione che li fa sentire più tutelati soprattutto in materia di mobilità. Lo rende noto la Fp-Cgil dell’azienda sanitaria Policlinico-Giovanni XXIII di Bari, spiegando che gli infermieri sono 118 a Lecce, 72 a Brindisi, 43 a Foggia e 32 a Taranto. Tutti fuori sede e pronti a presentare la lettera di preavviso per licenziamento al Direttore generale dell’Azienda Policlinico a decorrere dall’11 settembre prossimo.
La Cgil del Policlinico - è detto in un comunicato - «in aperta contrapposizione con le scelte miopi» portate sinora avanti dagli assessori alla Salute e al Lavoro della Regione Puglia «appoggerà questa iniziativa per rivendicare, per quanto riguarda gli infermieri, regole uguali per tutti e su tutto il territorio nazionale, regole, regolamentate dai contratti collettivi nazionali e dalla normative concorsuali nazionali».
«Gli infermieri fuori sede - spiega il segretario aziendale della Cgil, Gianni De Letteriis - sono infermieri che nei quattro anni di blocco delle assunzioni hanno deciso, per bisogno e con grande sacrificio di lasciare le loro famiglie, i loro affetti e di andare a lavorare al Nord. Nei più grandi ospedali italiani, si sono formati professionalmente e all’indomani dello sblocco delle assunzioni sono tornati in Puglia grazie alle normative contrattuali che consentono e favoriscono i processi di mobilità». Molti di loro, però, non hanno raggiunto i luoghi dove risiedono le loro famiglie.
La Regione Puglia, infatti, «applicando la sua ’devolution’ - dice ancora De Letteriis - con la Legge regionale n.12 del 12.8.2005, in aperta violazione con le norme contrattuali, ha introdotto il blocco per due anni delle mobilità per chi era già rientrato e, in violazione alla normativa concorsuale, una riserva di posti pari al 30% per gli infermieri che abbiano svolto almeno 12 mesi a tempo determinato presso la stessa azienda e non sia titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato».
Ora la Giunta regionale - afferma l’esponente sindacale - è pronta a varare un ulteriore provvedimento innalzando la percentuale della riserva dei posti per i precari al 50%: «A questo punto si ha più possibilità di avvicinarsi a casa da precari che da infermieri di ruolo».
«L’assoluta assenza di una minima programmazione delle risorse umane disponibili - dice ancora De Letteriis - porta la Giunta Regionale ad adottate provvedimenti intesi più a soddisfare logiche clientelari su specifici territori regionali che a pianificare una seria politica di assunzioni per coprire il buco di organico in tutte le strutture sanitarie pugliesi».
17/6/2006
Categorie: puglia bari fp_cgil policlinico sanità ospedali giugno2006
Congelamento nel rinnovo dei contratti scaduti, blocco del turn over nella scuola blocco degli stipendi degli universitari
Padoa Schioppa mette in difficoltà la scuola
da tecnicadellascuola.it
Domenica, 18 Giugno 2006
di R.P.
Blocco del turn-over, sospensione del piano di assunzioni, basta con gli aumenti automatici e (forse) rinvio della trattativa contrattuale: sono queste le misure che il Ministro dell'Economia avrebbe in mente per mettere in ordine i conti pubblici. Ma i sindacati non ci stanno.
Nonostante le apparenze il quadro politico e sindacale della scuola non è né semplice né sereno.
A complicare la situazione ci ha pensato nelle ultime ore il ministro dell’Economia Padoa Schioppa che nell’incontro con i leader delle confederazioni sindacali ha fatto chiaramente intendere che non solo non c’è possibilità di aumentare il numero dei precari da immettere in ruolo ma che addirittura bisognerà che anche la scuola faccia la sua parte per raggiungere l’obiettivo della riduzione del deficit.
E già si parla di blocco del turn over e persino della sospensione degli aumenti di stipendio automatici legati all’anzianità.
L’ipotesi più drammatica riguarda il rinvio delle trattative per il rinnovo del contratto scaduto il 31 dicembre 2005, anche se ovviamente il Governo è al lavoro per evitarlo; anche perché, se si dovesse davvero percorrere questa strada, i sindacati, che finora hanno mostrato grande apprezzamento per ogni iniziativa del Ministro, sarebbero in qualche modo costretti a prendere le distanze se non addirittura a promuovere iniziative di protesta (non a caso c’è chi - all’interno del sindacato - sta già parlando di sciopero generale del pubblico impiego).
Il capitolo "Riforma" è altrettanto delicato.
In queste ultime settimane gli atti del Ministro sono piaciuti ai sindacati, ma certamente una nota di poche righe sul portfolio non è sufficiente a ridare serenità alla scuola del primo ciclo, dove le attese - alimentate dalle stesse organizzazioni sindacali - erano ben altre.
Il fatto è che la revisione della riforma Moratti si sta rivelando un po’ più difficile del previsto. Una ipotesi che sta emergendo è quella di approvare un apposito provvedimento di legge che proroghi i tempi per la revisione e la correzione dei decreti legislativi già approvati. Per chiarire: il decreto 59 sul primo ciclo poteva essere modificato entro il mese di settembre 2005; una ulteriore proroga di 18 mesi consentirebbe di apportare modifiche entro marzo 2007.
Ma intanto nella stessa maggioranza i contrasti non accennano a diminuire.
Proprio in queste ore la responsabile scuola di Rifondazione, Loredana Fraleone, è intervenuta per mettere in evidenza alcune pesanti contraddizioni: mentre il programma dell’Unione, sostiene in sintesi Fraleone, prevede la completa revisione del sistema del II ciclo, in molte Regioni, anche di centro-sinistra, prosegue la sperimentazione dei percorsi integrati di istruzione-formazione professionale che sono la negazione del progetto di estensione dell’obbligo scolastico a 16 anni.
Fraleone non lo dice esplicitamente, ma la sua sembra anche una polemica indiretta nei confronti di Cgil e Cgil-Flc che stanno aprendo la trattativa del contratto della Formazione professionale dando per scontato che la formazione faccia pienamente parte del sistema di istruzione/formazione e che serva anche a ridurre la dispersione scolastica.
Fortunatamente per il Governo, nelle scuole c’è ormai aria di vacanza, ma sarebbe un errore non presentarsi preparati al suono della campanella di inizio d’anno: il sostegno dei sindacati potrebbe non bastare a Fioroni. Il "caso Berlinguer" dovrebbe aver insegnato qualcosa.
Categorie: rinnovo contratto turn_over scuola stipendi università padoa_schioppe dpef giugno2006
da tecnicadellascuola.it
Domenica, 18 Giugno 2006
di R.P.
Blocco del turn-over, sospensione del piano di assunzioni, basta con gli aumenti automatici e (forse) rinvio della trattativa contrattuale: sono queste le misure che il Ministro dell'Economia avrebbe in mente per mettere in ordine i conti pubblici. Ma i sindacati non ci stanno.
Nonostante le apparenze il quadro politico e sindacale della scuola non è né semplice né sereno.
A complicare la situazione ci ha pensato nelle ultime ore il ministro dell’Economia Padoa Schioppa che nell’incontro con i leader delle confederazioni sindacali ha fatto chiaramente intendere che non solo non c’è possibilità di aumentare il numero dei precari da immettere in ruolo ma che addirittura bisognerà che anche la scuola faccia la sua parte per raggiungere l’obiettivo della riduzione del deficit.
E già si parla di blocco del turn over e persino della sospensione degli aumenti di stipendio automatici legati all’anzianità.
L’ipotesi più drammatica riguarda il rinvio delle trattative per il rinnovo del contratto scaduto il 31 dicembre 2005, anche se ovviamente il Governo è al lavoro per evitarlo; anche perché, se si dovesse davvero percorrere questa strada, i sindacati, che finora hanno mostrato grande apprezzamento per ogni iniziativa del Ministro, sarebbero in qualche modo costretti a prendere le distanze se non addirittura a promuovere iniziative di protesta (non a caso c’è chi - all’interno del sindacato - sta già parlando di sciopero generale del pubblico impiego).
Il capitolo "Riforma" è altrettanto delicato.
In queste ultime settimane gli atti del Ministro sono piaciuti ai sindacati, ma certamente una nota di poche righe sul portfolio non è sufficiente a ridare serenità alla scuola del primo ciclo, dove le attese - alimentate dalle stesse organizzazioni sindacali - erano ben altre.
Il fatto è che la revisione della riforma Moratti si sta rivelando un po’ più difficile del previsto. Una ipotesi che sta emergendo è quella di approvare un apposito provvedimento di legge che proroghi i tempi per la revisione e la correzione dei decreti legislativi già approvati. Per chiarire: il decreto 59 sul primo ciclo poteva essere modificato entro il mese di settembre 2005; una ulteriore proroga di 18 mesi consentirebbe di apportare modifiche entro marzo 2007.
Ma intanto nella stessa maggioranza i contrasti non accennano a diminuire.
Proprio in queste ore la responsabile scuola di Rifondazione, Loredana Fraleone, è intervenuta per mettere in evidenza alcune pesanti contraddizioni: mentre il programma dell’Unione, sostiene in sintesi Fraleone, prevede la completa revisione del sistema del II ciclo, in molte Regioni, anche di centro-sinistra, prosegue la sperimentazione dei percorsi integrati di istruzione-formazione professionale che sono la negazione del progetto di estensione dell’obbligo scolastico a 16 anni.
Fraleone non lo dice esplicitamente, ma la sua sembra anche una polemica indiretta nei confronti di Cgil e Cgil-Flc che stanno aprendo la trattativa del contratto della Formazione professionale dando per scontato che la formazione faccia pienamente parte del sistema di istruzione/formazione e che serva anche a ridurre la dispersione scolastica.
Fortunatamente per il Governo, nelle scuole c’è ormai aria di vacanza, ma sarebbe un errore non presentarsi preparati al suono della campanella di inizio d’anno: il sostegno dei sindacati potrebbe non bastare a Fioroni. Il "caso Berlinguer" dovrebbe aver insegnato qualcosa.
Categorie: rinnovo contratto turn_over scuola stipendi università padoa_schioppe dpef giugno2006
Manovra bis, pressing dei sindacati in favore di 400 mila precari
AUMENTA il pressing dei sindacati in vista della messa a punto della manovra bis che insieme al Dpef sarà presentata agli inizi di luglio per consentire al ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa di partecipare al prossimo Ecofin (11 luglio) con un pacchetto «credibile» di misure di risanamento e sviluppo. Si tratterà di interventi (in due anni) per 40-45 miliardi che comprenderebbero anche le risorse per Anas e Ferrovie. Ma le cifre allarmano i sindacati. E alcune parti della stessa maggioranza. Si parla anche di un blocco ai salariali per il pubblico impiego che avrebbe come contropartita la stabilizzazione di 400 mila precari. Idea che non piace al numero uno della Cgil Guglielmo Epifani, che ha spiegato di come i contratti «non possano essere bloccati per ragioni di equità e giustizia». Né piace a Epifani l’idea di un aumento dell’Iva più volte smentito dallo stesso governo. Infine sul cuneo la ricetta è ridurlo con un’equa ripartizione dei vantaggi tra lavoratori e imprese. Immediata la replica del presidente dell’Abi Maurizio Sella: «le banche sono imprese come le altre, l’ auspicio è che vengano trattate allo stesso modo. Se ci sarà una riduzione del cuneo fiscale sia data anche a noi, visto che noi sosteniamo tutte le altre imprese con il credito che eroghiamo». «Guai a toccare ancora gli statali», ha apostrofato il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. Infine Luigi Angeletti, numero uno della Uil si dice pronto allo scontro se i lavoratori saranno penalizzati: «È possibile anche scioperare contro il governo di centrosinistra - minaccia - se nella manovra e sul cuneo ci verrà proposta la solita politica dei due tempi». A fargli eco, anche il segretario della Fiom Giorgio Cremaschi.
domenica 18 giugno 2006
Categorie: giugno2006 precari scuola cgil cisl uil abi padoa_schioppa stipendi stabilizzazione dpef giugno2006
domenica 18 giugno 2006
Categorie: giugno2006 precari scuola cgil cisl uil abi padoa_schioppa stipendi stabilizzazione dpef giugno2006
Nuove regole e meno precari nei call center
Nuove regole e meno precari nei call center
Il ministro del Lavoro emana una circolare che limita, almeno in parte, la flessibilità selvaggia nei call center.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 18-06-2006]
Durante la campagna elettorale e anche dopo c'è stato un intenso dibattito ideologico sulla legge Biagi per la flessibilità del lavoro, che ha visto una parte del sindacato e della sinistra ora al governo schierata per la sua abolizione, e un'altra parte del sindacato e del centrosinistra limitarsi a chiederne una revisione nei punti più discussi; gli imprenditori la difendono mentre la destra se ne fa un vanto di averla approvata ed è pronta all'ostruzionismo parlamentare per impedirne la cancellazione o la modifica.
Il nuovo ministro del Lavoro Cesare Damiano ha scelto, molto pragmaticamente, di aggirare lo scoglio di un voto parlamentare, dagli esiti incerti, e di limitare la precarietà, molto diffusa nel settore dei call center, con una circolare amministrativa per l'attuazione della legge Biagi che fissa i limiti per l'istituto del contratto di lavoro autonomo definito "a progetto" e affida agli Ispettorati del Lavoro la vigilanza sul rispetto della circolare, dopo un periodo di "tolleranza" che viene lasciato alle imprese per mettersi in regola.
In pratica, non potrà più accadere che degli operatori di call center possano essere assunti per effettuare attività "in inbound" (cioè che rispondono a servizi telefonici di informazione, assistenza e prenotazione) in cui il datore di lavoro fissa tutto in maniera rigida, dai turni agli orari ai tempi di risposta, cosa e come si deve rispondere al cliente, con controlli molto precisi.
In questo caso il rapporto di lavoro è fortemente e palesemente di carattere subordinato e non si può utilizzare un istituto come il "Co.pro", cioè il contratto di progetto, che dovrebbe lasciare larga autonomia al lavoratore sui tempi e i modi della sua prestazione.
Nel caso di "attività telefoniche in outbound", cioè in cui è l'operatore a chiamare i clienti per offrire loro prodotti e servizi ed è pagato in base al venduto e ai clienti acquisiti, si potrà utilizzare il contratto a progetto, purché i controlli e i tempi non siano stabiliti troppo rigidamente e l'attività non sia svolta dall'azienda in modo continuativo.
Rimane comunque la possibilità per i gestori dei call center di utilizzare e di abusare di istituti come il contratto di lavoro a termine e di lavoro interinale, previsti per legge e non modificabili con una semplice circolare ministeriale.
Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus
Categorie: call_center giugno2006 damiano legge30 circolare precari
Il ministro del Lavoro emana una circolare che limita, almeno in parte, la flessibilità selvaggia nei call center.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 18-06-2006]
Durante la campagna elettorale e anche dopo c'è stato un intenso dibattito ideologico sulla legge Biagi per la flessibilità del lavoro, che ha visto una parte del sindacato e della sinistra ora al governo schierata per la sua abolizione, e un'altra parte del sindacato e del centrosinistra limitarsi a chiederne una revisione nei punti più discussi; gli imprenditori la difendono mentre la destra se ne fa un vanto di averla approvata ed è pronta all'ostruzionismo parlamentare per impedirne la cancellazione o la modifica.
Il nuovo ministro del Lavoro Cesare Damiano ha scelto, molto pragmaticamente, di aggirare lo scoglio di un voto parlamentare, dagli esiti incerti, e di limitare la precarietà, molto diffusa nel settore dei call center, con una circolare amministrativa per l'attuazione della legge Biagi che fissa i limiti per l'istituto del contratto di lavoro autonomo definito "a progetto" e affida agli Ispettorati del Lavoro la vigilanza sul rispetto della circolare, dopo un periodo di "tolleranza" che viene lasciato alle imprese per mettersi in regola.
In pratica, non potrà più accadere che degli operatori di call center possano essere assunti per effettuare attività "in inbound" (cioè che rispondono a servizi telefonici di informazione, assistenza e prenotazione) in cui il datore di lavoro fissa tutto in maniera rigida, dai turni agli orari ai tempi di risposta, cosa e come si deve rispondere al cliente, con controlli molto precisi.
In questo caso il rapporto di lavoro è fortemente e palesemente di carattere subordinato e non si può utilizzare un istituto come il "Co.pro", cioè il contratto di progetto, che dovrebbe lasciare larga autonomia al lavoratore sui tempi e i modi della sua prestazione.
Nel caso di "attività telefoniche in outbound", cioè in cui è l'operatore a chiamare i clienti per offrire loro prodotti e servizi ed è pagato in base al venduto e ai clienti acquisiti, si potrà utilizzare il contratto a progetto, purché i controlli e i tempi non siano stabiliti troppo rigidamente e l'attività non sia svolta dall'azienda in modo continuativo.
Rimane comunque la possibilità per i gestori dei call center di utilizzare e di abusare di istituti come il contratto di lavoro a termine e di lavoro interinale, previsti per legge e non modificabili con una semplice circolare ministeriale.
Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus
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17.6.06
Il 6 ottobre 2006 sara’ sciopero nazionale dei precari del Pubblico Impiego
Il 6 ottobre 2006 sara’ sciopero nazionale dei precari del Pubblico Impiego
L’assemblea nazionale dei precari P.I. svoltasi stamane a Roma delibera la mobilitazione
(17 giugno 2006)
Oltre mille lavoratori provenienti da tutta Italia hanno preso parte all’assemblea nazionale dei precari del Pubblico Impiego indetta dalle RdB-CUB che si è tenuta questa mattina a Roma. Per consentire la partecipazione dei molti che non hanno trovato posto all’interno della Protomoteca in Campidoglio è stato necessario attrezzare l’amplificazione dei lavori anche sulla scalinata antistante.
Sono intervenuti i parlamentari: Francesco Caruso, (Deputato PRC), Loredana De Petris (Senatrice Verdi), Gianni Pagliarini (Deputato PdCI, Presidente della Commissione Lavoro), Cesare Salvi, (Senatore DS), Iacopo Venier (Deputato PdCI).
L’assemblea ha avuto l’obiettivo di riunificate tutte le figure del precariato nel Pubblico Impiego al di là dei diversi comparti e tipologie contrattuali: lavoratori della Sanità, degli Enti Locali, dei Ministeri, del Parastato, della Università e Ricerca, LSU, dipendenti di ditte e cooperative appaltatrici dei servizi pubblici hanno testimoniato le proprie – spesso drammatiche - esperienze di vita e di lavoro.
Carmela Bovino (RdB-CUB) ha illustrato il senso del progetto di legge per la stabilizzazione dei precari del P.I. “Il Governo - ha detto Bonvino - secondo una stima ottimistica è il datore di lavoro di 500.000 persone. Questi lavoratori sono figli del Pacchetto Treu (visto che nel P.I non si applica la Legge 30) e svolgono una funzione essenziale per la Pubblica Amministrazione, il cui organico è limitato dal blocco ormai decennale del turn-over. E’ dunque prioritario ed urgente questo provvedimento legislativo – ha concluso Bovino - per dare diritti e dignità a tutti i precari del settore”.
“Quello che ci prefiggiamo - ha dichiarato Cesare Salvi, fra i firmatari della Legge depositata al Senato - è cancellare la precarietà come condizione di vita”. Salvi ha indicato reddito sociale e difesa di salari e pensioni come punti fondamentali per un nuovo modello di sviluppo ed ha inoltre invitato i lavoratori a mobilitarsi a sostegno dell’iter legislativo della proposta.
“Serve un iter vero - ha sottolineato Iacopo Venier, affinché questa legge sia approvata e non resti impigliata nelle commissioni”.
“La legge e’ coraggiosa - ha commentato Loredana De Petris - ed ora è necessaria una forte mobilitazione di tutti i cittadini per rilanciare la qualità dei servizi della P.A., qualità diminuita con la precarizzazione del lavoro".
Francesco Caruso si è detto poco fiducioso in un intervento risolutivo del governo: “Ma mi impegnerò nella battaglia in Parlamento e sarò pronto a scendere in piazza con i lavoratori”, ha dichiarato Caruso.
“Non serve più tentare di tirare la giacchetta a un parlamentare o ad un altro – ha concluso Umberto Fascetti della CUB - Per ottenere risposte concrete bisogna continuare la lotta”.
L’assemblea ha fissato la prossima riunione della Rete per il Reddito, che si terrà a Roma il 1 luglio p.v., ed ha deliberato lo sciopero nazionale di tutti i precari del Pubblico Impiego per il 6 ottobre 2006.
Roma, 16 giugno 2006
Rdb Cub
fonte: ufficiostampa@rdbcub.it
Categorie: ottobre2006 giugno2006 sciopero precari pubblico_impiego rdb_cun rdb pubblica_amministrazione assemblea roma campidoglio verdi prc pdci ds
L’assemblea nazionale dei precari P.I. svoltasi stamane a Roma delibera la mobilitazione
(17 giugno 2006)
Oltre mille lavoratori provenienti da tutta Italia hanno preso parte all’assemblea nazionale dei precari del Pubblico Impiego indetta dalle RdB-CUB che si è tenuta questa mattina a Roma. Per consentire la partecipazione dei molti che non hanno trovato posto all’interno della Protomoteca in Campidoglio è stato necessario attrezzare l’amplificazione dei lavori anche sulla scalinata antistante.
Sono intervenuti i parlamentari: Francesco Caruso, (Deputato PRC), Loredana De Petris (Senatrice Verdi), Gianni Pagliarini (Deputato PdCI, Presidente della Commissione Lavoro), Cesare Salvi, (Senatore DS), Iacopo Venier (Deputato PdCI).
L’assemblea ha avuto l’obiettivo di riunificate tutte le figure del precariato nel Pubblico Impiego al di là dei diversi comparti e tipologie contrattuali: lavoratori della Sanità, degli Enti Locali, dei Ministeri, del Parastato, della Università e Ricerca, LSU, dipendenti di ditte e cooperative appaltatrici dei servizi pubblici hanno testimoniato le proprie – spesso drammatiche - esperienze di vita e di lavoro.
Carmela Bovino (RdB-CUB) ha illustrato il senso del progetto di legge per la stabilizzazione dei precari del P.I. “Il Governo - ha detto Bonvino - secondo una stima ottimistica è il datore di lavoro di 500.000 persone. Questi lavoratori sono figli del Pacchetto Treu (visto che nel P.I non si applica la Legge 30) e svolgono una funzione essenziale per la Pubblica Amministrazione, il cui organico è limitato dal blocco ormai decennale del turn-over. E’ dunque prioritario ed urgente questo provvedimento legislativo – ha concluso Bovino - per dare diritti e dignità a tutti i precari del settore”.
“Quello che ci prefiggiamo - ha dichiarato Cesare Salvi, fra i firmatari della Legge depositata al Senato - è cancellare la precarietà come condizione di vita”. Salvi ha indicato reddito sociale e difesa di salari e pensioni come punti fondamentali per un nuovo modello di sviluppo ed ha inoltre invitato i lavoratori a mobilitarsi a sostegno dell’iter legislativo della proposta.
“Serve un iter vero - ha sottolineato Iacopo Venier, affinché questa legge sia approvata e non resti impigliata nelle commissioni”.
“La legge e’ coraggiosa - ha commentato Loredana De Petris - ed ora è necessaria una forte mobilitazione di tutti i cittadini per rilanciare la qualità dei servizi della P.A., qualità diminuita con la precarizzazione del lavoro".
Francesco Caruso si è detto poco fiducioso in un intervento risolutivo del governo: “Ma mi impegnerò nella battaglia in Parlamento e sarò pronto a scendere in piazza con i lavoratori”, ha dichiarato Caruso.
“Non serve più tentare di tirare la giacchetta a un parlamentare o ad un altro – ha concluso Umberto Fascetti della CUB - Per ottenere risposte concrete bisogna continuare la lotta”.
L’assemblea ha fissato la prossima riunione della Rete per il Reddito, che si terrà a Roma il 1 luglio p.v., ed ha deliberato lo sciopero nazionale di tutti i precari del Pubblico Impiego per il 6 ottobre 2006.
Roma, 16 giugno 2006
Rdb Cub
fonte: ufficiostampa@rdbcub.it
Categorie: ottobre2006 giugno2006 sciopero precari pubblico_impiego rdb_cun rdb pubblica_amministrazione assemblea roma campidoglio verdi prc pdci ds
16.6.06
Nuoro. Consiglio invaso dai precari
Nuoro. L'assemblea ha approvato il bilancio di previsione: critiche anche da settori della maggioranza
I dipendenti a termine: «Ora vogliamo risposte»
Lavorano da anni in Comune, hanno vinto anche il concorso. Ma scorrendo i numeri del bilancio di previsione - approvato poco prima di mezzanotte i 26 sì della maggioranza di centrosinistra e due no dell'opposizione - non hanno trovato l'attesa assunzione a tempo indeterminato. E allora i 37 precari del Comune, assieme ai sindacati, hanno proclamato lo stato di agitazione. Ieri l'annuncio con un'assemblea un po' anomala, convocata nell'aula consiliare mentre era in corso la seduta proprio sul bilancio. Un modo per richiamare l'attenzione: hanno incontrato i capigruppo e incassato la solidarietà di esponenti di vari gruppi, compresi quelli dell'opposizione che dopo settimane di protesta contro il presidente del Consiglio e il vice sindaco è tornata in aula. Rsu e segreterie di Cgil, Cisl e Cisal chiedono «il ridimensionamento delle spese previste per convenzioni e contratti atipici dando priorità alla stabilizzazione dei precari». E anche una direttiva del Consiglio alla giunta per prevedere il finanziamento delle assunzioni entro il 2006 fino «alla concorrenza dell'importo massimo complessivo delle cessazioni verificatesi nel 2004-2006». In alternativa giornate di sciopero e altre forme di protesta. Bilancio e polemicheIn aula le voci critiche sul bilancio illustrato due settimane fa dall'assessore della Margherita Gianni Angioi si susseguono anche dai banchi della maggioranza. Il Ds Gigi Zurru punta l'indice contro le mancate assunzioni dei precari, le spese per le consulenze in un momento in cui non ci sono soldi neppure per le lampadine nelle scuole. Va giù duro anche Mondino Deiara (Sdi), come il suo collega di partito Nicola Selloni che parla di perplessità e, rivolto alla giunta, chiede più coinvolgimento aggiungendo: «Se volete il nostro appoggio lo dovrete ricercare con costanza». Parole che qualcuno interpreta come un messaggio proiettato verso gli equilibri in gioco ad Abbanoa. Il presidente dei revisori dei conti Mario Polimene rassicura sulla congruità del documento contabile ma se non saranno contenute le spese, è la preoccupazione, si sforerà di oltre due milioni e mezzo di euro il patto di stabilità. In serata rispunta il costo sui rifiuti. Il sindaco annuncia un'iniziativa contro l'assessore regionale all'Ambiente dopo l'incremento delle tariffe nell'impianto di Tossilo, mentre l'assessore Angioi a proposito delle spese di smaltimento sottolinea che sei milioni e mezzo di euro sono i costi contrattuali dovuti a Nuoro Ambiente. A questi vanno aggiunti altri due milioni per fatture non pagate. (m. o.)
Categorie: nuoro sardegna giugno2006 consiglio_comunale comune concorsi cgil cisl cisal precari occupazione
I dipendenti a termine: «Ora vogliamo risposte»
Lavorano da anni in Comune, hanno vinto anche il concorso. Ma scorrendo i numeri del bilancio di previsione - approvato poco prima di mezzanotte i 26 sì della maggioranza di centrosinistra e due no dell'opposizione - non hanno trovato l'attesa assunzione a tempo indeterminato. E allora i 37 precari del Comune, assieme ai sindacati, hanno proclamato lo stato di agitazione. Ieri l'annuncio con un'assemblea un po' anomala, convocata nell'aula consiliare mentre era in corso la seduta proprio sul bilancio. Un modo per richiamare l'attenzione: hanno incontrato i capigruppo e incassato la solidarietà di esponenti di vari gruppi, compresi quelli dell'opposizione che dopo settimane di protesta contro il presidente del Consiglio e il vice sindaco è tornata in aula. Rsu e segreterie di Cgil, Cisl e Cisal chiedono «il ridimensionamento delle spese previste per convenzioni e contratti atipici dando priorità alla stabilizzazione dei precari». E anche una direttiva del Consiglio alla giunta per prevedere il finanziamento delle assunzioni entro il 2006 fino «alla concorrenza dell'importo massimo complessivo delle cessazioni verificatesi nel 2004-2006». In alternativa giornate di sciopero e altre forme di protesta. Bilancio e polemicheIn aula le voci critiche sul bilancio illustrato due settimane fa dall'assessore della Margherita Gianni Angioi si susseguono anche dai banchi della maggioranza. Il Ds Gigi Zurru punta l'indice contro le mancate assunzioni dei precari, le spese per le consulenze in un momento in cui non ci sono soldi neppure per le lampadine nelle scuole. Va giù duro anche Mondino Deiara (Sdi), come il suo collega di partito Nicola Selloni che parla di perplessità e, rivolto alla giunta, chiede più coinvolgimento aggiungendo: «Se volete il nostro appoggio lo dovrete ricercare con costanza». Parole che qualcuno interpreta come un messaggio proiettato verso gli equilibri in gioco ad Abbanoa. Il presidente dei revisori dei conti Mario Polimene rassicura sulla congruità del documento contabile ma se non saranno contenute le spese, è la preoccupazione, si sforerà di oltre due milioni e mezzo di euro il patto di stabilità. In serata rispunta il costo sui rifiuti. Il sindaco annuncia un'iniziativa contro l'assessore regionale all'Ambiente dopo l'incremento delle tariffe nell'impianto di Tossilo, mentre l'assessore Angioi a proposito delle spese di smaltimento sottolinea che sei milioni e mezzo di euro sono i costi contrattuali dovuti a Nuoro Ambiente. A questi vanno aggiunti altri due milioni per fatture non pagate. (m. o.)
Categorie: nuoro sardegna giugno2006 consiglio_comunale comune concorsi cgil cisl cisal precari occupazione
Viaggio nel mondo degli atipici (indagine Ires Cgil)
Viaggio nel mondo degli atipici
Prende il via l’indagine di Ires-Cgil. Stagisti, collaboratori, borsisti e “partite Iva”. Chi sono, cosa pensano del lavoro che fanno e delle condizioni di impiego. Tra percorsi e bisogni di nuove tutele. Si può inviare il questionario entro il 15 luglio. PARTECIPA ALLA RICERCA: scarica il questionario e le istruzioni. Intervista al direttore Ires Giovanna Altieri: quando la flessibilità diventa precarietà. LE REGOLE: chi può partecipare e come
di FEDERICO PACE
Flessibilità e precarietà. Tante sono le volte che negli ultimi anni queste parole sono state enunciate, o citate sui giornali, che a molti, economisti e politici sopra tutti, devono essere sembrate mere parole. Sostantivi buoni per "nominare" il nuovo mondo del lavoro. Ma non è così. Dietro questi due termini si celano i destini di chi, sulla propria pelle, sta sperimentando realmente, palpabilmente, quotidianamente, le mutazioni radicali dei rapporti di lavoro.
A cercare di comprendere i percorsi individuali di stagisti, collaboratori e “partite Iva”, ci prova la nuova indagine messa a punto dall’Istituto economico ricerche sociali, insieme a Nidil-Cgil, che coinvolge uno spettro mai così ampio di tipologie contrattuali. La raccolta delle testimonianze inizia oggi e prosegue fino al 15 luglio.
Seppure sui numeri di quanti essi siano non c'è universale accordo, è innegabile che - come dice il sociologo Aris Accornero - i cambiamenti abbiano diffuso e minato il senso di sicurezza di molti di loro dando vita a una crescente "precarietà percepita".
Capire le condizioni di lavoro e come queste stanno cambiando con il passare degli anni, quanto le scelte di ciascuno sono “volontarie” o “forzate”. Il livello di soddisfazione per l'impiego che si svolge, a cosa si sarebbe disposti a rinunciare pur di avere maggiore stabilità. Quali sono i rapporti all’interno delle aziende con gli altri lavoratori, i “dipendenti”, quanto si guadagna e se si riesce a farcela da soli.
Questi e molti altri gli elementi che verranno studiati dall’indagine con l’intenzione di comprendere nel dettaglio le ricadute sui destini di ciascuno e dell’intera società. I risultati verranno resi noti a ottobre prossimo.
giovedì 15 giugno 2006
Categorie: indagine ires ires_cgil cgil nidil_cgil nidil atipici precari giugno2006 questionario ricerca dati cococo partite_iva
Prende il via l’indagine di Ires-Cgil. Stagisti, collaboratori, borsisti e “partite Iva”. Chi sono, cosa pensano del lavoro che fanno e delle condizioni di impiego. Tra percorsi e bisogni di nuove tutele. Si può inviare il questionario entro il 15 luglio. PARTECIPA ALLA RICERCA: scarica il questionario e le istruzioni. Intervista al direttore Ires Giovanna Altieri: quando la flessibilità diventa precarietà. LE REGOLE: chi può partecipare e come
di FEDERICO PACE
Flessibilità e precarietà. Tante sono le volte che negli ultimi anni queste parole sono state enunciate, o citate sui giornali, che a molti, economisti e politici sopra tutti, devono essere sembrate mere parole. Sostantivi buoni per "nominare" il nuovo mondo del lavoro. Ma non è così. Dietro questi due termini si celano i destini di chi, sulla propria pelle, sta sperimentando realmente, palpabilmente, quotidianamente, le mutazioni radicali dei rapporti di lavoro.
A cercare di comprendere i percorsi individuali di stagisti, collaboratori e “partite Iva”, ci prova la nuova indagine messa a punto dall’Istituto economico ricerche sociali, insieme a Nidil-Cgil, che coinvolge uno spettro mai così ampio di tipologie contrattuali. La raccolta delle testimonianze inizia oggi e prosegue fino al 15 luglio.
Seppure sui numeri di quanti essi siano non c'è universale accordo, è innegabile che - come dice il sociologo Aris Accornero - i cambiamenti abbiano diffuso e minato il senso di sicurezza di molti di loro dando vita a una crescente "precarietà percepita".
Capire le condizioni di lavoro e come queste stanno cambiando con il passare degli anni, quanto le scelte di ciascuno sono “volontarie” o “forzate”. Il livello di soddisfazione per l'impiego che si svolge, a cosa si sarebbe disposti a rinunciare pur di avere maggiore stabilità. Quali sono i rapporti all’interno delle aziende con gli altri lavoratori, i “dipendenti”, quanto si guadagna e se si riesce a farcela da soli.
Questi e molti altri gli elementi che verranno studiati dall’indagine con l’intenzione di comprendere nel dettaglio le ricadute sui destini di ciascuno e dell’intera società. I risultati verranno resi noti a ottobre prossimo.
giovedì 15 giugno 2006
Categorie: indagine ires ires_cgil cgil nidil_cgil nidil atipici precari giugno2006 questionario ricerca dati cococo partite_iva
Il mestiere del giornalista
La Nazione fa parte del gruppo che comprende il Resto del Carlino e il Giorno. Dalla lettura si ricava anche una risposta a questa domanda:
Un calcio alla notizia
di Anonimo
Ci scrive un lettore italiano qualsiasi, con una semplice domanda
Giornalisti,
mi spiegate perchè oggi con tre omicidi di mafia, uno contro una persona impegnata a battersi contro il racket e due catanesi, con un bimbo di 7 anni in fin di vita, tutti i grandi giornali on line e cartacei aprono su Totti?
A che gioco giocate?
Un italiano qualsiasi.
-------------------------------------------------------------------
Se questo è un mestiere
di Uiaz
Vi racconto io la vita di un collaboratore de La Nazione
Proprio oggi, via mail, mi è arrivato l'atteso cedolino delle collaborazioni del mese di maggio. Il primo dopo i tagli delle tariffe.
Risultato: 55 pezzi pubblicati, per un totale di 265 euro lorde.
Ora mi chiedo: ma quanto guadagna in un mese un clochard che sta seduto su un marciapiede fingendo di avere otto figli e una gamba amputata? E un lavavetri?
Sto infatti pensando che sarebbe molto più semplice fare tali scelte invece di continuare con questa vita da sfruttato. "Sfruttato" perché a questo punto il termine "precario" non credo sia più consono.
E il problema non finisce qui. Infatti il mio caso, come credo quello di numerosi altri giovani che si affacciano in questo mondo dove le parole rispetto umano, professionalità, meritocrazia eccetera non esistono proprio, si compie mentre sulle pagine dei giornali si sventolano le bandiere di battaglie per un mondo migliore e si parla sempre di giornale verità.
E la colpa di tutto questo, se si può parlare di colpa, non dobbiamo scaricarla interamente sui nostri editori, perché il "cancro" del nostro settore nasce dentro la casta dei giornalisti: ben stipendiati e che, prendendo spunto da Mazzarò di Verga, si tengono stretti e ammucchiano tutti i privilegi. Guai a toccarglieli, altrimenti si invocano scioperi e scioperetti, per la dignità della professione.
Ma poi in redazione cosa accade? Spesso questi giornalisti che si credono scienziati della comunicazione, scaldano la scrivania e alla fine di una giornata riescono a scrivere al massimo dieci titoli, mentre i collaboratori sgobbano da matti, dal lunedì alla domenica giorno e notte, recuperando notizie di ogni genere, incidenti, rapine, foto di morti, tabellini di dieci partite ogni domenica, conferenze stampa.
In pratica un lavoro che comporta un impegno quotidiano di almeno nove-dieci ore, nella normalità. E se di notte ci scappa il morto, ti dimentichi anche di dormire.
Tutto per 265 euro mensili, senza una possiblità di un percorso professionale, senza una considerazione concreta (spesso dobbiamo accontentarci di un "bravo"). E quando si inizia a chiedere di valutare la nostra posizione, per eventuali contratti a termine o per articoli 12, cala il silenzio più totale, mentre ti vedi sorpassare in un soffio da perfetti sconosciuti che del giornale non conoscono nemmeno il numero delle pagine, ma chissà quanti santi in Paradiso li proteggono.
Insomma, questa è la mia storia, quella di un collaboratore de "La Nazione" che da quasi dieci anni sgobba fra nera, giudiziaria, sport e chi più ne ha più ne metta, pubblicando pezzi sia sulle pagine regionali che nazionali con storie e fatti spesso in esclusiva, riuscendo a ricavare soltanto uno stage di dodici mesi, che in effetti è stato uno stage simulato, visto che, finito il periodo, mi sono ritrovato a fare il collaboratore come dieci anni fa. Con le tariffe tagliate.
E i colleghi giornalisti che mi hanno sempre spinto a continuare, che se non mi presento in redazione anche solo per un giorno mi telefonano chiedendomi notizie, cosa fanno? Niente. Niente di niente. Si limitano a dire: "Non mollare, sei nato per fare questo mestiere".
Se questo è un mestiere.
Uiaz
Arrabbiati, schifati, armiamoci e partiamo
di Cococo Nazione
Dai cococo de La Nazione: sono passate circa due settimane dal nostro ultimo intervento, ma questo non significa che siamo stati colti dalla malattia del sonno o che abbiamo esaurito le nostre forze. Anzi. Le stiamo organizzando meglio
Sottoscriviamo in pieno, punto su punto,le esternazioni dei nostri colleghi Uiaz e Other. Da una parte siamo schifati, dall'altra arrabbiati. Ma è proprio questa rabbia che ci da la forza di reagire e andare avanti.
C'è chi sostiene che la nostra sarà una battaglia inutile e persa in partenza, ma non è deprimendoci che andremo molto lontano. Solo con la convinzione delle nostre azioni potremo cambiare questo stato di cose, allora "armiamoci e partiamo". Per dove? Forse adesso non lo sappiamo, ma la méta ci sarà più chiara andando avanti e perseguendo i diritti che giorno dopo giorno ci vengono calpestati e negati.
Dobbiamo dire basta alla politica messa in atto dagli editori, pur sapendo che l'impresa sarà ardua. Molti ci diranno che facciamo prima a cambiare lavoro (se così si può ancora chiamare), che non ne vale la pena. Ma ricordiamo che le conquiste (mai facili) sono sempre state fatte sul campo di battaglia.
Invitiamo, dunque, i nostri colleghi Co.co.co a non credere alle false promesse, a non farsi intimorire dalle minacce dell'azienda e, soprattutto, a non sottostare ai ricatti. E questo non lo diciamo soltanto ai collaboratori e precari de La Nazione, ma a tutti i colleghi "sfigati" che prestano la loro opera sia nei quotidiani locali che nazionali, sia nelle emittenti radiotelevisive pubbliche e private.
Tutti quanti, lo sappiamo bene, siamo nella stessa barca. Non basta fare la "guerra" ad ogni singola azienda, ma a tutte quante le aziende messe insieme. Occorre spostare la protesta a livelli più alti: occorre andare ai ministeri e costringere chi di dovere a starci a sentire. Dal momento che nessuno muove una paglia per noi (...le mummie continuano a restare nei loro sarcofagi), dobbiamo aiutarci da soli. Della serie "aiutati.. che Dio ti aiuta". Che importa! Meglio soli che male accompagnati.
Siamo tanti, siamo un vero esercito, allora torniamo a ripetere "uniamoci e partiamo". Per dove? Questa volta lo sappiamo: per la guerra, pacifica s'intende. D'altra parte per cambiare la storia occorrono "armi" appropriate: ovviamente non parliamo di quelle letali, ma di quelle della forza delle idee. E' necessario credere in ciò che facciamo e, forse, uniti andremo avanti.
Ma c'è anche un'altra ipotesi da non scartare: alla fine, potremo pensare di unirci in maniera massiccia anche in un altro modo (a buon intenditor poche parole), lasciando in braghe di tela coloro che pensano di sfruttarci a vita o di sfruttare altri che verranno dopo di noi.
Insomma, le ipotesi sono molte. Basta saper scegliere quelle giuste.
I Co.co.co. de La Nazione
E ALLORA FATTI UN MASTER" O NO?
Precari: la punta dell'Everest
di Anonimo
Coordinamento delle Associazioni per un sindacato di servizio: Troppi disoccupati e precari, l’Ordine sospenda i master di giornalismo
Giornalismo, accesso alla professione e precariato, elemento irrinunciabile nella trattativa contrattuale. L’Ordine fermi la crescita dell’ “Everest” dei precari: nel prossimo quinquennio questo esercito arriverà a quota 8000.
Il numero di giornalisti professionisti e praticanti iscritti alle liste di disoccupazione Fieg-Fnsi sta per raggiungere quota 3000 persone.
Ogni anno 1.400 praticanti si presentano agli esami di stato per l’abilitazione professionale. E sono circa un migliaio i colleghi che passano l’esame, diventando professionisti. Però solo una minima parte di loro viene assorbita dalle aziende con contratti a tempo indeterminato. La maggior parte invece va a rafforzare le fila del precariato.
I dati del bilancio 2005 dell’Inpgi confermano la tendenza alla precarizzazione del settore dell’informazione. I rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono cresciuti meno del 5 per cento, quelli a termine del 9 per cento circa. I praticantati a termine circa del 18 per cento.
Ma il dato più impressionante riguarda l’andamento degli ultimi cinque anni: i contratti a termine sono stati il 70 per cento in una congiuntura occupazionale assolutamente sfavorevole nel settore giornalistico.
E’ del tutto evidente che se ogni anno il sistema di accesso alla professione giornalistica continuerà a sfornare mille professionisti in gran parte sotto/occupati (5000 in 5 anni più gli attuali 3000 disoccupati, porteranno la quota a 8.000) a fronte di 15.000 giornalisti con contratti stabili, la situazione diventerà drammatica trasformando il problema dell’accesso alla professione in problema sindacale.
Sono di questi giorni le forti e giuste con trapposizioni avvenute anche nelle grandi testate giornalistiche come il Corriere, e La Repubblica, tra Cdr e azienda, sulla questione degli stagisti. Come gli accordi sottoscritti in tema di sostituzione ferie a Repubblica e Corriere oltre che al Gazzettino.
La posizione della Fnsi e delle Associazioni della stampa è stata ferma in questo senso: gli stagisti, tutti, non vanno e non devono andare in produzione, né devono essere utilizzati nei grandi e piccoli giornali come sostituti ombra per le carenze di organico, le assenze per malattia o altri motivi.
Sempre di questi giorni (ma è da tempo che la protesta dilaga) sono le prese di posizione di gruppi spontanei di disoccupati contro l’uso selvaggio degli stagisti e le scuole di giornalismo.
E’ evidente a questo punto che il sistema dell’accesso sta collassando, che la svalutazione del titolo professionale corre di pari passo con la precarizzazione e marginalizzazione della categoria, sono indispensabili soluzioni urgenti senza attendere i risultati dell’Iter della riforma Siquilini.
Come prima cosa l’Ordine dovrebbe sospendere i Master in giornalismo. E il sindacato in tutte le sue articolazioni dovrebbe fare del pacchetto precariato (contratti a termine, legge Biagi, Cococo) una priorità nel rinnovo del contratto. E all’Ordine in tutte le sue espressioni nazionali e regionali va l’invito pressante e fermo di muoversi in modo tale da non consentire una ulteriore crescita dell’”Everest” della disoccupazione contingente e di prospettiva, ponendo grande attenzione alla nascita delle scuole di giornalismo universitarie quando quella storica (e gratuita) di Milano si trova oggi in grande difficoltà.
Non è un problema di difesa corporativa della categoria, ma della dignità della professione, della garanzia di un accesso al lavoro e alla professione degno di questo nome e di queste regole. Il problema va affrontato anche sul fronte dei pubblicisti, settore in cui vanno difesi e tutelati anche a livello ordinistico i veri pubblicisti, rispetto a quelli che si iscrivono per poi scomparire e riemergere solo in occasione di una verifica sul loro status professionale per la continuità dell’iscrizione all’ordine.
Troppo spesso le cancellazioni di pubblicisti fantasma decise a livello regionale vengono annullate a livello nazionale: fare giornalismo non è e non deve essere una mera preoccupazione legata all’interesse di garantire la continuità di una quota di iscrizione all’ordine professionale.
Marcello Zinola
Portavoce Coordinamento delle Associazioni per un sindacato di servizio
(Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Puglia, Basilicata)
Categorie: la_nazione il_resto_del_carlino il_giorno giugno2006 giornalisti precari il_barbiere_della_sera freelance
Un calcio alla notizia
di Anonimo
Ci scrive un lettore italiano qualsiasi, con una semplice domanda
Giornalisti,
mi spiegate perchè oggi con tre omicidi di mafia, uno contro una persona impegnata a battersi contro il racket e due catanesi, con un bimbo di 7 anni in fin di vita, tutti i grandi giornali on line e cartacei aprono su Totti?
A che gioco giocate?
Un italiano qualsiasi.
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Se questo è un mestiere
di Uiaz
Vi racconto io la vita di un collaboratore de La Nazione
Proprio oggi, via mail, mi è arrivato l'atteso cedolino delle collaborazioni del mese di maggio. Il primo dopo i tagli delle tariffe.
Risultato: 55 pezzi pubblicati, per un totale di 265 euro lorde.
Ora mi chiedo: ma quanto guadagna in un mese un clochard che sta seduto su un marciapiede fingendo di avere otto figli e una gamba amputata? E un lavavetri?
Sto infatti pensando che sarebbe molto più semplice fare tali scelte invece di continuare con questa vita da sfruttato. "Sfruttato" perché a questo punto il termine "precario" non credo sia più consono.
E il problema non finisce qui. Infatti il mio caso, come credo quello di numerosi altri giovani che si affacciano in questo mondo dove le parole rispetto umano, professionalità, meritocrazia eccetera non esistono proprio, si compie mentre sulle pagine dei giornali si sventolano le bandiere di battaglie per un mondo migliore e si parla sempre di giornale verità.
E la colpa di tutto questo, se si può parlare di colpa, non dobbiamo scaricarla interamente sui nostri editori, perché il "cancro" del nostro settore nasce dentro la casta dei giornalisti: ben stipendiati e che, prendendo spunto da Mazzarò di Verga, si tengono stretti e ammucchiano tutti i privilegi. Guai a toccarglieli, altrimenti si invocano scioperi e scioperetti, per la dignità della professione.
Ma poi in redazione cosa accade? Spesso questi giornalisti che si credono scienziati della comunicazione, scaldano la scrivania e alla fine di una giornata riescono a scrivere al massimo dieci titoli, mentre i collaboratori sgobbano da matti, dal lunedì alla domenica giorno e notte, recuperando notizie di ogni genere, incidenti, rapine, foto di morti, tabellini di dieci partite ogni domenica, conferenze stampa.
In pratica un lavoro che comporta un impegno quotidiano di almeno nove-dieci ore, nella normalità. E se di notte ci scappa il morto, ti dimentichi anche di dormire.
Tutto per 265 euro mensili, senza una possiblità di un percorso professionale, senza una considerazione concreta (spesso dobbiamo accontentarci di un "bravo"). E quando si inizia a chiedere di valutare la nostra posizione, per eventuali contratti a termine o per articoli 12, cala il silenzio più totale, mentre ti vedi sorpassare in un soffio da perfetti sconosciuti che del giornale non conoscono nemmeno il numero delle pagine, ma chissà quanti santi in Paradiso li proteggono.
Insomma, questa è la mia storia, quella di un collaboratore de "La Nazione" che da quasi dieci anni sgobba fra nera, giudiziaria, sport e chi più ne ha più ne metta, pubblicando pezzi sia sulle pagine regionali che nazionali con storie e fatti spesso in esclusiva, riuscendo a ricavare soltanto uno stage di dodici mesi, che in effetti è stato uno stage simulato, visto che, finito il periodo, mi sono ritrovato a fare il collaboratore come dieci anni fa. Con le tariffe tagliate.
E i colleghi giornalisti che mi hanno sempre spinto a continuare, che se non mi presento in redazione anche solo per un giorno mi telefonano chiedendomi notizie, cosa fanno? Niente. Niente di niente. Si limitano a dire: "Non mollare, sei nato per fare questo mestiere".
Se questo è un mestiere.
Uiaz
Arrabbiati, schifati, armiamoci e partiamo
di Cococo Nazione
Dai cococo de La Nazione: sono passate circa due settimane dal nostro ultimo intervento, ma questo non significa che siamo stati colti dalla malattia del sonno o che abbiamo esaurito le nostre forze. Anzi. Le stiamo organizzando meglio
Sottoscriviamo in pieno, punto su punto,le esternazioni dei nostri colleghi Uiaz e Other. Da una parte siamo schifati, dall'altra arrabbiati. Ma è proprio questa rabbia che ci da la forza di reagire e andare avanti.
C'è chi sostiene che la nostra sarà una battaglia inutile e persa in partenza, ma non è deprimendoci che andremo molto lontano. Solo con la convinzione delle nostre azioni potremo cambiare questo stato di cose, allora "armiamoci e partiamo". Per dove? Forse adesso non lo sappiamo, ma la méta ci sarà più chiara andando avanti e perseguendo i diritti che giorno dopo giorno ci vengono calpestati e negati.
Dobbiamo dire basta alla politica messa in atto dagli editori, pur sapendo che l'impresa sarà ardua. Molti ci diranno che facciamo prima a cambiare lavoro (se così si può ancora chiamare), che non ne vale la pena. Ma ricordiamo che le conquiste (mai facili) sono sempre state fatte sul campo di battaglia.
Invitiamo, dunque, i nostri colleghi Co.co.co a non credere alle false promesse, a non farsi intimorire dalle minacce dell'azienda e, soprattutto, a non sottostare ai ricatti. E questo non lo diciamo soltanto ai collaboratori e precari de La Nazione, ma a tutti i colleghi "sfigati" che prestano la loro opera sia nei quotidiani locali che nazionali, sia nelle emittenti radiotelevisive pubbliche e private.
Tutti quanti, lo sappiamo bene, siamo nella stessa barca. Non basta fare la "guerra" ad ogni singola azienda, ma a tutte quante le aziende messe insieme. Occorre spostare la protesta a livelli più alti: occorre andare ai ministeri e costringere chi di dovere a starci a sentire. Dal momento che nessuno muove una paglia per noi (...le mummie continuano a restare nei loro sarcofagi), dobbiamo aiutarci da soli. Della serie "aiutati.. che Dio ti aiuta". Che importa! Meglio soli che male accompagnati.
Siamo tanti, siamo un vero esercito, allora torniamo a ripetere "uniamoci e partiamo". Per dove? Questa volta lo sappiamo: per la guerra, pacifica s'intende. D'altra parte per cambiare la storia occorrono "armi" appropriate: ovviamente non parliamo di quelle letali, ma di quelle della forza delle idee. E' necessario credere in ciò che facciamo e, forse, uniti andremo avanti.
Ma c'è anche un'altra ipotesi da non scartare: alla fine, potremo pensare di unirci in maniera massiccia anche in un altro modo (a buon intenditor poche parole), lasciando in braghe di tela coloro che pensano di sfruttarci a vita o di sfruttare altri che verranno dopo di noi.
Insomma, le ipotesi sono molte. Basta saper scegliere quelle giuste.
I Co.co.co. de La Nazione
E ALLORA FATTI UN MASTER" O NO?
Precari: la punta dell'Everest
di Anonimo
Coordinamento delle Associazioni per un sindacato di servizio: Troppi disoccupati e precari, l’Ordine sospenda i master di giornalismo
Giornalismo, accesso alla professione e precariato, elemento irrinunciabile nella trattativa contrattuale. L’Ordine fermi la crescita dell’ “Everest” dei precari: nel prossimo quinquennio questo esercito arriverà a quota 8000.
Il numero di giornalisti professionisti e praticanti iscritti alle liste di disoccupazione Fieg-Fnsi sta per raggiungere quota 3000 persone.
Ogni anno 1.400 praticanti si presentano agli esami di stato per l’abilitazione professionale. E sono circa un migliaio i colleghi che passano l’esame, diventando professionisti. Però solo una minima parte di loro viene assorbita dalle aziende con contratti a tempo indeterminato. La maggior parte invece va a rafforzare le fila del precariato.
I dati del bilancio 2005 dell’Inpgi confermano la tendenza alla precarizzazione del settore dell’informazione. I rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono cresciuti meno del 5 per cento, quelli a termine del 9 per cento circa. I praticantati a termine circa del 18 per cento.
Ma il dato più impressionante riguarda l’andamento degli ultimi cinque anni: i contratti a termine sono stati il 70 per cento in una congiuntura occupazionale assolutamente sfavorevole nel settore giornalistico.
E’ del tutto evidente che se ogni anno il sistema di accesso alla professione giornalistica continuerà a sfornare mille professionisti in gran parte sotto/occupati (5000 in 5 anni più gli attuali 3000 disoccupati, porteranno la quota a 8.000) a fronte di 15.000 giornalisti con contratti stabili, la situazione diventerà drammatica trasformando il problema dell’accesso alla professione in problema sindacale.
Sono di questi giorni le forti e giuste con trapposizioni avvenute anche nelle grandi testate giornalistiche come il Corriere, e La Repubblica, tra Cdr e azienda, sulla questione degli stagisti. Come gli accordi sottoscritti in tema di sostituzione ferie a Repubblica e Corriere oltre che al Gazzettino.
La posizione della Fnsi e delle Associazioni della stampa è stata ferma in questo senso: gli stagisti, tutti, non vanno e non devono andare in produzione, né devono essere utilizzati nei grandi e piccoli giornali come sostituti ombra per le carenze di organico, le assenze per malattia o altri motivi.
Sempre di questi giorni (ma è da tempo che la protesta dilaga) sono le prese di posizione di gruppi spontanei di disoccupati contro l’uso selvaggio degli stagisti e le scuole di giornalismo.
E’ evidente a questo punto che il sistema dell’accesso sta collassando, che la svalutazione del titolo professionale corre di pari passo con la precarizzazione e marginalizzazione della categoria, sono indispensabili soluzioni urgenti senza attendere i risultati dell’Iter della riforma Siquilini.
Come prima cosa l’Ordine dovrebbe sospendere i Master in giornalismo. E il sindacato in tutte le sue articolazioni dovrebbe fare del pacchetto precariato (contratti a termine, legge Biagi, Cococo) una priorità nel rinnovo del contratto. E all’Ordine in tutte le sue espressioni nazionali e regionali va l’invito pressante e fermo di muoversi in modo tale da non consentire una ulteriore crescita dell’”Everest” della disoccupazione contingente e di prospettiva, ponendo grande attenzione alla nascita delle scuole di giornalismo universitarie quando quella storica (e gratuita) di Milano si trova oggi in grande difficoltà.
Non è un problema di difesa corporativa della categoria, ma della dignità della professione, della garanzia di un accesso al lavoro e alla professione degno di questo nome e di queste regole. Il problema va affrontato anche sul fronte dei pubblicisti, settore in cui vanno difesi e tutelati anche a livello ordinistico i veri pubblicisti, rispetto a quelli che si iscrivono per poi scomparire e riemergere solo in occasione di una verifica sul loro status professionale per la continuità dell’iscrizione all’ordine.
Troppo spesso le cancellazioni di pubblicisti fantasma decise a livello regionale vengono annullate a livello nazionale: fare giornalismo non è e non deve essere una mera preoccupazione legata all’interesse di garantire la continuità di una quota di iscrizione all’ordine professionale.
Marcello Zinola
Portavoce Coordinamento delle Associazioni per un sindacato di servizio
(Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Puglia, Basilicata)
Categorie: la_nazione il_resto_del_carlino il_giorno giugno2006 giornalisti precari il_barbiere_della_sera freelance
15.6.06
Ancora situazioni kafkiane nella scuola
Stavolta il contenzioso scoppia tra i "montanari" chiamati in causa e quelli che non lo sono stati
di Vincenzo Brancatisano
Il punteggio di montagna crea nuovi guai ai precari della scuola e i Csa di Catania e di Enna chiedono ora l'intervento del ministero della Pubblica istruzione. L'esecuzione del provvedimento con il quale il Cga di Palermo ha confermato l'ordinanza del Tar di Catania, che come abbiamo riferito aveva dichiarato inammissibile il superpunteggio attribuito ai docenti che insegnano sopra i 600 metri, ha imposto ai Csa siciliani di rivedere le graduatorie e di detrarre i punti ottenuti dai precari.
Come si ricorderà, in gennaio il Tar etneo aveva sospeso le graduatorie delle due province ma aveva differito gli effetti della sospensione al 1 settembre 2006 allo scopo di evitare problemi all'attività didattica dell'anno scolastico in corso. Nel frattempo il Miur e i docenti controinteressati ai ricorsi avevano impugnato l'ordinanza davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa, ma erano risultati soccombenti. Il Tar aveva anche inviato gli atti alla Corte Costituzionale perchè si esprimesse sulla questione di costituzionalità della supervalutazione.
Intanto, l'esecuzione del provvedimento giudiziale sta facendo emergere una situazione paradossale che aggiunge sconcerto al clima kafkiano che si respira negli ambienti scolastici ormai da maggio 2004, quando fu emanato il decreto legge, poi convertito nella legge 143/2004, con il quale fu modificata la tabella della valutazione dei titoli anche con l'introduzione dell'ormai famigerato doppio punteggio della montagna, che si estende anche ai docenti che lavorano in carcere e nelle isole minori. La situazione paradossale è legata al fatto che la detrazione dei punti sarà subita soltanto dai controinteressati, cioè dai legittimati passivi nei singoli ricorsi, vale a dire da coloro e solo da coloro che avendo ottenuto il doppio punteggio avevano secondo i giudici causato un danno ai ricorrenti (e solo a essi). Ma, così operando, i controinteressati nei singoli ricorsi, avendo subìto la decurtazione, sono stati superati, durante le operazioni tuttora in corso presso i Csa, non solo dai ricorrenti che hanno vinto la causa, e che erano stati a propria volta superati da chi ora perde i punti, ma anche da tanti altri. E cioè da coloro che hanno mantenuto il doppio punteggio solo perché non sono stati stati chiamati in causa da nessuno dei ricorrenti perché in quel momento non erano balzati loro davanti. La legge 143 dunque è riuscita a introdurre un'ulteriore illogica discriminazione, quella tra "montanari" chiamati in causa e "montanari" non chiamati in causa, discriminazione che alimenterà nuovo contenzioso.
Pare chiaro a questo punto, ma è chiaro da sempre, che solo l'abrogazione retroattiva (e non solo per l'avvenire) del superpunteggio potrebbe sanare la sempre più imbarazzante situazione. Però non tutti i docenti sono d'accordo: coloro che hanno lavorato in montagna in questi anni, confidando nella bontà del superpunteggio ritenuto illegittimo da essi stessi oltre che dalla magistratura e dal buon senso, annunciano a propria volta ricorsi giudiziari nell'ipotesi che l'abrogazione retroattiva finisca per annullare i punti da loro ottenuti. L'ultima parola in merito spetta alla Consulta e forse al legislatore, se davvero esso tradurrà in azioni concrete le tante promesse elettorali. Si ricorderà a tal proposito che sia l'ex ministro Carlo Giovanardi, sia l'attuale viceministro alla Pubblica Istruzione, Mariangela Bastico, hanno firmato poco prima delle elezioni la petizione contro il superpunteggio.
Ci sia concessa una nota di merito per avere azzeccato quasi in pieno, molti mesi or sono, l'investitura della Bastico, ex assessore regionale dell'Emilia Romagna, a futuro ministro dell'Istruzione.
Intanto, come detto, i Csa siciliani hanno scritto una lettera al ministero investendolo formalmente della questione affinchè si faccia carico delle contraddizioni che stanno scaturendo dalla rielaborazione delle graduatorie siciliane. Quanto al citato giudizio presso la Corte Costituzionale, di cui si attendono gli esiti, si è aperta una discussione sull'efficacia temporale dell'eventuale sentenza. Secondo il legale catanese dei ricorrenti, Fabio Rossi, che pure sottolinea l'assurdità della situazione che si è venuta a creare, la sentenza della Corte Costituzionale, che avrebbe valenza nazionale, avrebbe i temuti e sperati effetti retroattivi (cioè a partire dal 2004), altrimenti non potrebbe creare le attese ripercussioni sui procedimenti giudiziari instaurati dai suoi assistiti. Dunque, anche i docenti che sono passati di ruolo grazie al superpunteggio rischiano di perdere il posto di lavoro.
Categorie: precari scuola montagna punteggi tar pubblica_istruzione giugno2006 graduatorie sicilia palermo catania
di Vincenzo Brancatisano
Il punteggio di montagna crea nuovi guai ai precari della scuola e i Csa di Catania e di Enna chiedono ora l'intervento del ministero della Pubblica istruzione. L'esecuzione del provvedimento con il quale il Cga di Palermo ha confermato l'ordinanza del Tar di Catania, che come abbiamo riferito aveva dichiarato inammissibile il superpunteggio attribuito ai docenti che insegnano sopra i 600 metri, ha imposto ai Csa siciliani di rivedere le graduatorie e di detrarre i punti ottenuti dai precari.
Come si ricorderà, in gennaio il Tar etneo aveva sospeso le graduatorie delle due province ma aveva differito gli effetti della sospensione al 1 settembre 2006 allo scopo di evitare problemi all'attività didattica dell'anno scolastico in corso. Nel frattempo il Miur e i docenti controinteressati ai ricorsi avevano impugnato l'ordinanza davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa, ma erano risultati soccombenti. Il Tar aveva anche inviato gli atti alla Corte Costituzionale perchè si esprimesse sulla questione di costituzionalità della supervalutazione.
Intanto, l'esecuzione del provvedimento giudiziale sta facendo emergere una situazione paradossale che aggiunge sconcerto al clima kafkiano che si respira negli ambienti scolastici ormai da maggio 2004, quando fu emanato il decreto legge, poi convertito nella legge 143/2004, con il quale fu modificata la tabella della valutazione dei titoli anche con l'introduzione dell'ormai famigerato doppio punteggio della montagna, che si estende anche ai docenti che lavorano in carcere e nelle isole minori. La situazione paradossale è legata al fatto che la detrazione dei punti sarà subita soltanto dai controinteressati, cioè dai legittimati passivi nei singoli ricorsi, vale a dire da coloro e solo da coloro che avendo ottenuto il doppio punteggio avevano secondo i giudici causato un danno ai ricorrenti (e solo a essi). Ma, così operando, i controinteressati nei singoli ricorsi, avendo subìto la decurtazione, sono stati superati, durante le operazioni tuttora in corso presso i Csa, non solo dai ricorrenti che hanno vinto la causa, e che erano stati a propria volta superati da chi ora perde i punti, ma anche da tanti altri. E cioè da coloro che hanno mantenuto il doppio punteggio solo perché non sono stati stati chiamati in causa da nessuno dei ricorrenti perché in quel momento non erano balzati loro davanti. La legge 143 dunque è riuscita a introdurre un'ulteriore illogica discriminazione, quella tra "montanari" chiamati in causa e "montanari" non chiamati in causa, discriminazione che alimenterà nuovo contenzioso.
Pare chiaro a questo punto, ma è chiaro da sempre, che solo l'abrogazione retroattiva (e non solo per l'avvenire) del superpunteggio potrebbe sanare la sempre più imbarazzante situazione. Però non tutti i docenti sono d'accordo: coloro che hanno lavorato in montagna in questi anni, confidando nella bontà del superpunteggio ritenuto illegittimo da essi stessi oltre che dalla magistratura e dal buon senso, annunciano a propria volta ricorsi giudiziari nell'ipotesi che l'abrogazione retroattiva finisca per annullare i punti da loro ottenuti. L'ultima parola in merito spetta alla Consulta e forse al legislatore, se davvero esso tradurrà in azioni concrete le tante promesse elettorali. Si ricorderà a tal proposito che sia l'ex ministro Carlo Giovanardi, sia l'attuale viceministro alla Pubblica Istruzione, Mariangela Bastico, hanno firmato poco prima delle elezioni la petizione contro il superpunteggio.
Ci sia concessa una nota di merito per avere azzeccato quasi in pieno, molti mesi or sono, l'investitura della Bastico, ex assessore regionale dell'Emilia Romagna, a futuro ministro dell'Istruzione.
Intanto, come detto, i Csa siciliani hanno scritto una lettera al ministero investendolo formalmente della questione affinchè si faccia carico delle contraddizioni che stanno scaturendo dalla rielaborazione delle graduatorie siciliane. Quanto al citato giudizio presso la Corte Costituzionale, di cui si attendono gli esiti, si è aperta una discussione sull'efficacia temporale dell'eventuale sentenza. Secondo il legale catanese dei ricorrenti, Fabio Rossi, che pure sottolinea l'assurdità della situazione che si è venuta a creare, la sentenza della Corte Costituzionale, che avrebbe valenza nazionale, avrebbe i temuti e sperati effetti retroattivi (cioè a partire dal 2004), altrimenti non potrebbe creare le attese ripercussioni sui procedimenti giudiziari instaurati dai suoi assistiti. Dunque, anche i docenti che sono passati di ruolo grazie al superpunteggio rischiano di perdere il posto di lavoro.
Categorie: precari scuola montagna punteggi tar pubblica_istruzione giugno2006 graduatorie sicilia palermo catania
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