15.5.06

Rilanciamo il conflitto sociale (Usi Ait)

Contro precarietà lavorativa e sociale, contro flessibilità e sfruttamento per riconquistare diritti e sviluppare autorganizzazione e autogestione

COMUNICATO/INTERVENTO DI USI AIT NAZIONALE per l'ASSEMBLEA del 13/5. Chiediamo a tutti/e di seguire il segnale che, per rompere gli indugi e senza nessuna velleità di “primogenitura”, ma solo per rispondere ad una esigenza concreta e sentita in molti posti di lavoro in città, di partecipare all'iniziativa a Piazza SS. Apostoli il 22 maggio dalle ore 16 alle ore 19 di fronte alla sede dell'UNIONE, come proposto da diversi comitati e coordinamenti di lavoratrici e lavoratori pubblici precari, di servizi in appalto. L'UNICA LOTTA CHE SI PERDE, E' QUELLA CHE NON SI FA...

Le lavoratrici e i lavoratori dell'UNIONE SINDACALE ITALIANA e delle strutture territoriali ad essa collegate ritengono necessario sviluppare forme di collegamento e di coordinamento reale tra le varie situazioni di lotta, a partire dai posti di lavoro ma in sintonia con quelle di carattere sociale.


Le decisioni prese nel nostro ultimo congresso nel 2004, che definisce l'intervento politico programmatico coerentemente con i principi statutari, non prevedono alleanze o patti permanenti ma solo patti d'azione o coordinamenti limitati nel tempo e su specifiche questioni, ribadendo la pluralità delle forme organizzative esistenti e la capacità di coordinarsi per raggiungere obbiettivi concreti e individuati, non essendo l'USI AIT interessata alla “sommatoria di sigle” ma alla costruzione reale e autorganizzata su piattaforme precise e condivise. C' è comunque la necessità di un confronto per la verifica delle compatibilità di percorso e un approfondimento in termini di chiarezza su obbiettivi e metodi.


La situazione romana ricalca per molti versi quella nazionale, la lotta contro la precarietà e le esternalizzazioni dei servizi pubblici, il ricorso ad appalti e sub appalti e la tendenza alla delocalizzazione di impianti per risparmiare sul “costo del lavoro” e ottenere margini di profitto sulla pelle di operai, lavoratrici e relative famiglie ha avuto l'effetto di natura repressiva con una arroganza padronale che non si vedeva da anni. In questo ambito la differenza tra amministrazioni pubbliche di centro sinistra o di centro destra o il posizionamento politico dei Consigli di Amministrazione delle società verso una coalizione o l'altra è stata minima, le maggiori “aperture” a favore dei settori in lotta e delle classi subalterne è dovuta ai rapporti di forza e al loro mantenimento nel tempo che si sono messi in campo, da parte nostra si è verificato che dove si è sviluppata una chiara pratica di autorganizzazione e di autonomia/indipendenza dal quadro “politico – amministrativo” istituzionale (che non significa certo non dialogare con le controparti) su precise piattaforme e obbiettivi costruiti dal basso e verificati nel corso del conflitto in corso, si è riusciti ad ottenere risultati significativi.


Quando invece si è preferito o accettato il graduale appiattimento sulla sponda “istituzionale”, disarmando la lotta dei suoi contenuti conflittuali, le conseguenze negative si sono fatte sentire. Altra caratteristica prevalente è lo sviluppo di lotte e mobilitazioni di natura “resistenziale”, ovviamente importanti e significative ma che non ci permettono di valutare fino in fondo la correttezza delle pratiche adottate e la loro efficacia, così come della tenuta delle situazioni “in movimento” e la capacità e consapevolezza di evolversi verso forme più complesse di organizzazione diretta e di autogestione.


Nella nostra esperienza concreta, le strutture che fanno riferimento all'USI AIT si sono prese in diversi casi la responsabilità di essere tra le promotrici di alcune lotte o iniziative, o di sostenere situazioni già esistenti, con una ripresa anche nelle forme di mobilitazione adottate del patrimonio comune del movimento operaio e sindacale, nel segno del conflitto sociale e di classe.


Questo con la dovuta accortezza di non accelerare i tempi di crescita e di sviluppo dei percorsi messi in piedi “bruciando” le situazioni stesse, data la estrema difficoltà di riuscire a ricomporre anche “frammenti” e settori che dovrebbero avere molti punti di contatto sul terreno della materialità delle rivendicazioni, delle idee sostenute e delle pratiche adottate, la scomposizione in termini di classe ha già prodotto in questi anni risultati terribili.


Per esempio, la USI AIT si è fatta promotrice di comitati contro lo scippo del TFR, per la previdenza pubblica e contro la precarietà in diverse città a partire da Roma, in questo accomunata al percorso intrapreso da quasi tutto il sindacalismo di base e conflittuale.


E' importante ribadire il protagonismo diretto di lavoratrici e lavoratori, anche immigrati/e, ma va approfondita la funzione delle strutture autorganizzate, che sono uno strumento collettivo di autodifesa, di proposta e di sviluppo delle lotte, che non possono essere disarticolate rispetto ai singoli diritti rivendicati e da garantire a tutti/e, per evitare il rischio di un “inglobamento” di giuste battaglie e proposte dal modello partitico e da un sistema di stampo liberale – garantista, svuotato del significato concreto del “conflitto” e del ruolo dell'organizzazione diretta e della decisionalità dal basso.





Va chiarito, rispetto al documento pervenuto per l'assemblea del 13 maggio a Roma, per esempio nella parte dei diritti sindacali una eccessiva enfatizzazione della funzione delle “RSU”, che si ricorda sono uno dei “frutti avvelenati” degli accordi di concertazione del luglio 1992 e del 1993, che hanno introdotto un “nuovo modello di relazioni industriali” e una politica dei “redditi e di contenimento dei salari” i cui effetti negativi si sono fatti sentire a danno delle classi subalterne e sfruttate. Così come non è affrontato il nodo della battaglia per ottenere un “reddito sociale” che non si riduca al “sussidio di povertà” della legge campana o delle proposte avanzate da assessori di giunte regionali “progressiste”, riportando la questione del salario garantito senza approfondire l'oggettiva tendenza alla scomposizione delle quote di salario (salario diretto, indiretto e differito) e le costromisure da adottare per riconquistare diritti e garanzie, strettamente collegata con il generale contrasto alla precarietà, alle esternalizzazioni, allo smantellamento e al “furto” di parti di salario e di reddito, anche in termini di servizi sociali e pubblici.


Ricordiamo in tale occasione anche la nostra piattaforma di lotta, approvata dalle nostre strutture, per verificare i punti in comune:
DIRITTO al LAVORO e alla CASA; REDDITO SOCIALE GARANTITO per tutti/e precari/e, disoccupati/e e non solo; SERVIZI SOCIALI PUBBLICI (istruzione, sanità, trasporti, energia, previdenza ..); NO ALLE PRIVATIZZAZIONI e alle ESTERNALIZZAZIONI; Ritiro della LEGGE 30, del Pacchetto Treu e delle “controRIFORME” della Moratti; l'eliminazione della Legge Bossi-Fini per gli immigrati; NO alle SPESE MILITARI, per poter finanziare l’edilizia pubblica e i SERVIZI SOCIALI; No allo scippo del TFR e per richiedere una PREVIDENZA PUBBLICA; regolarizzazione dei contratti di lavoro e processi reali di stabilizzazione delle migliaia di precarie e precari nelle Pubbliche amministrazioni e nelle aziende private.


La disponibilità al confronto e alla verifica delle proposte, non ci fa dimenticare la necessità che viene chiesta da diverse situazioni che vivono quotidianamente sulla loro pelle la precarietà e lo sfruttamento, di aprire una “campagna” di lunga durata e far prendere le responsabilità ai “nuovi governanti” del superamento della precarietà sbandierato nel “programma”, anche attraverso atti concreti (lo sblocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni con servizi gestiti da precari e precarie vincitori di concorsi, della situazione di internalizzazione di servizi pubblici e l'assorbimento del personale impiegato per effetto di esternalizzazioni, della flessibilità che mette a repentaglio le condizioni minime di sicurezza e di salute, della precarietà che complessivamente si vive anche se si ha un lavoro fisso con il progressivo peggioramento di condizioni di lavoro e di ritmi di vita...).


Per questo a partire dalla situazione romana vogliamo dare un primo segnale di ripresa del conflitto, per combattere la LEGGE 30 del 2003 e la precarietà lavorativa e “sociale”, per richiedere al nuovo governo un segnale di “concreto” cambiamento a partire dal mondo del lavoro.


Chiediamo a tutti/e di seguire il segnale che, per rompere gli indugi e senza nessuna velleità di “primogenitura”, ma solo per rispondere ad una esigenza concreta e sentita in molti posti di lavoro in città, di partecipare all'iniziativa a Piazza SS. Apostoli il 22 maggio dalle ore 16 alle ore 19 di fronte alla sede dell'UNIONE, come proposto da diversi comitati e coordinamenti di lavoratrici e lavoratori pubblici precari, di servizi in appalto.
L'UNICA LOTTA CHE SI PERDE, E' QUELLA CHE NON SI FA...


UNIONE SINDACALE ITALIANA – SEGRETERIA NAZIONALE (usiaitl@yahoo.com)
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