15.5.06

Precariato, repressione e prospettive giovanili (Fgci Bologna)

PRECARIATO, REPRESSIONE E PROSPETTIVE GIOVANILI

È difficile ricordare un periodo peggiore di quello attuale per i giovani in Italia. Nemmeno nel dopoguerra, momento pure duro per la ricostruzione del Paese, ma ben carico di speranze ed attese, era così frustrante l’idea del futuro per le giovani generazioni.

Last or Lost generation?
È triste constatare come anche nella nostra Bologna si stia consumando un grande tradimento, nei confronti dei pensionati, dei lavoratori, degli studenti, e dei giovani in generale: ci hanno raccontato che i nostri padri e madri avevano condotto grandi battaglie in fabbrica, nelle piazze, nelle università, e che grazie a queste lotte avevano conquistato diritti e condizioni che le generazioni a venire non avrebbero più dovuto sudare per ottenere. Ci hanno istruiti nella convinzione che il nostro compito fosse continuare su quella strada, per fare ancora un passo avanti, per ribadire ancora una volta la centralità dell’uomo e il suo diritto a una vita dignitosa.
Nulla di tutto ciò è successo.
La nostra generazione cresce in una continua e progressiva cancellazione di possibilità – che di condizioni date è impossibile parlare… - fino a pochi anni fa garantite dalla stessa Costituzione nata dalla Resistenza.
Nel volgere di pochi anni siamo stati privati della stessa possibilità di lavorare con un posto fisso; della possibilità di avere un reddito che permetta di avere una famiglia; della possibilità di accedere ad un sapere pubblico e gratuito; della possibilità di avere una pensione a conclusione di una vita di fatica.
Ora è tutto da rifare. Con la stessa asprezza di allora, forse anche più di allora, ci viene ora negato anche il nostro diritto al dissenso, alla critica, alla lotta.
Gli stessi fondamenti dialettici della convivenza civile e democratica vengono calpestati.
Noi, però, non ci rassegniamo!
Occorre sicuramente ripensare e praticare le necessarie forme di lotta che, già al tempo dei nostri genitori e nonni, hanno consentito un reale avanzamento delle condizioni di vita di milioni di persone. Pensieri e pratiche che non possono essere compressi in un manuale di diritto penale.
Prima che la nostra sia l’ultima – e “perduta” – generazione…!

Il “laboratorio” Bologna.
Come nei peggiori tempi bui, quelli che si volevano per sempre cancellati, non viene contestata l’azione, ma la supposta intenzione “eversiva” di azioni di protesta sociale e popolare.
Molti compagni che hanno protestato contro l’inizio della guerra in Iraq, quella guerra che ancora vede la partecipazione di truppe italiane in quel Paese devastato e massacrato da potenze straniere in nome di cinici motivi economici (che nulla hanno a che vedere con la già assurda pretesa di esportare ed insegnare la democrazia), oggi sono costretti a difendersi in tribunale dalla paradossale accusa di “sovversione dello Stato” per aver manifestato il proprio dissenso invadendo, pacificamente ed in massa (nell’ordine di migliaia di persone), la stazione di Bologna.
La stessa aggravante “eversiva” è stata imputata a chi ha rivendicato il diritto al sapere con un’azione di autoriduzione da Melbook Store ed al cinema Capitol, e nella mensa universitaria.

La mensa universitaria, tra l’altro, grazie alla politica neo-aziendalistica dell’Arstud, costituisce di per sé uno scandalo, in quanto la suddetta, lungi dal fornire un servizio di supporto teso a garantire un reale “Diritto allo studio”, si preoccupa di garantire piuttosto lauti profitti. È, infatti, la mensa più cara di tutta Italia, dove il pasto medio di uno studente costa ben oltre 5 Euro.
…ma non è la sola Arstud a trarre “profitto” dagli studenti universitari.
Anche l’Università è sempre più distante ed avida con i suoi studenti-clienti.
Il rettore Calzolari, in sintonia al taglio politico dell’Arstud, ha imposto un aumento delle tasse d’iscrizione universitaria ben oltre il dovuto e, illegittimamente, ha introitato somme superiori al consentito, ben 5 milioni di Euro, di cui praticamente nulla è tornato in termini di “servizi” agli studenti. Se queste sono le condizioni per garantire il “Diritto allo studio” a Bologna…

L’attuale triste politica cittadina, in cui si iscrive oggettivamente l’azione di certi magistrati, non intende dunque processare le azioni ma le intenzioni, omettendo le cause e le condizioni che ci troviamo a vivere, e di cui siamo le prime vittime, non certo i colpevoli.
Non può essere una colpa il non poter permettersi una casa, e non crediamo sia un atto di “eversione” affermare che la casa è un diritto, che il lavoro è un diritto.
Sarebbe, altrimenti, “eversiva” la nostra stessa Costituzione!
La Federazione dei Giovani Comunisti Italiani rigetta ed avversa un’idea di società in cui è permesso speculare su beni essenziali e dove, addirittura, le risorse di primaria importanza rappresentano le fonti più redditizie di reddito.

I giovani a Bologna, tra politica e sceriffi.
Anche la tanto millantata “legalità” di cui si riempie la bocca Cofferati esprime una pura volontà repressiva, nel tentativo sempre più difficile di nascondere una manifesta inadeguatezza amministrativa, incapace di proporre soluzioni politiche alle istanze che i giovani ed i precari di ogni generazione pongono. Istanze che, ineludibilmente, si riproporranno comunque fino a che non troveranno adeguata soluzione.
È sciocco pensare che la chiusura degli spazi di aggregazione giovanile; dei punti di ritrovo cosiddetti civici, come Piazza Verdi e Pratello; che lo sgombero del Cacubò; la cancellazione di Scandellara Rock; la negazione della Street Rave Parade, possano infine produrre maggior coesione sociale e capacità di convivenza.
La mancanza di risposte e di valide alternative non può che produrre ulteriore disagio, insofferenza, in ultima analisi un crescente conflitto.
Come comunisti rigettiamo il valore negativo che viene assegnato al termine “conflitto”, poiché solo il fascismo può essere tanto stupido da pensare di cancellare la dialettica sociale con una cieca politica di “manganello ed olio di ricino”.
L’uso spregiudicato di una legge fascista (Art. 270 e reati associativi) è oggi il manganello che si agita di fronte a coloro che, irriducibili ad un modello di vita che ci vede nella parte di vittime altrimenti impotenti, intendono comunque contestare.
Chi lo impugna va contestato e combattuto. A prescindere dal suo colore partitico e/o le sue presunte appartenenze ideali ed ideologiche.

La Federazione Giovanile Comunisti Italiani della città di Bologna:
- si pone al fianco di chi riteniamo essere le vere vittime di questi eventi, persone che antepongono al diritto penale il diritto umano, e che disinteressatamente e generosamente lottano per una società migliore e meno egoista;
- esprime la sua piena solidarietà alle lotte ed alle persone oggi imputate dell’aggravante di “sovversione dello Stato” per le azioni di invasione della stazione di Bologna in protesta contro l’inizio della guerra in Iraq; per gli studenti ed i precari che hanno praticato le azioni di autoriduzione alla mensa universitaria, al cinema Capitol, alla libreria Melbook Store.

Le loro lotte sono le nostre lotte!
FGCI - città di Bologna.
Venturi Carlos Alexandre, responsabile FGCI - città di Bologna

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