21.5.06

Lombardia. Aumenta sempre più il numero dei lavoratori atipici.

Regionamenti

Lombardia. Aumenta sempre più il numero dei lavoratori atipici. A Milano e provincia sono già oltre 300mila, 600mila nella regione
Fabio Brioschi

Precariato, cifre da capogiro
Lombardia. Aumenta sempre più il numero dei lavoratori atipici. A Milano e provincia sono già oltre 300mila, 600mila in tutta la regione.
Fabio Brioschi

Se la retorica della Milano capitale morale d’Italia è stata spazzata via con la stagione di tangentopoli, ora anche la retorica della Lombardia come una delle locomotive economiche e produttive d’Europa sta per essere messa definitivamente in crisi. Da un lato sono sempre più numerose le fabbriche e le attività produttive in genere che si trasferiscono altrove, dall’altro i dati sull’occupazione ne risentono in modo sempre più pesante.

Un interessante articolo, comparso in settimana sulle pagine locali milanesi del “Corriere della Sera” a firma di Rita Querzè, raccoglie dati molto preoccupanti circa le tipologie contrattuali degli impiegati lombardi: in regione sono già 600mila i lavoratori precari, di cui circa la metà a Milano e provincia, a cui si aggiungono (ma sono dati del 2004) 156mila lavoratori cosiddetti “in affitto”. Non sono contemplati in questi numeri i contratti a termine e i part time. Una cifra pesante che metterebbe seriamente in discussione qualsiasi modello di sviluppo economico e sociale, al di là di ogni retorica di seconda e terza mano.
Rita Querzè snocciola dati seriamente preoccupanti, non solo per il settore privato – dove la fa da padrone il commercio, con un impiegato precario su due –, ma anche per il pubblico: una persona su sei nel Comune di Milano e, addirittura, una su tre per quanto riguarda la Provincia lavorano con contratti atipici. Questa tipologia di lavoratori si riscontra in ogni settore produttivo e commerciale, pubblico e privato: sanità, scuola, aeroporti, call center. In particolar modo il 15% appartiene al settore della “conoscenza”, ossia maestri, professori, ricercatori; tutti lavoratori, insomma, dalla grande preparazione scolastica e universitaria, che non riescono, però, a fare fruttare la propria alta formazione scientifica (45mila solo in provincia di Milano).
Oggi come oggi nessun settore sfugge all’utilizzo anche massiccio e spesso incontrollato di lavoratori precari, ma in particolar modo è il settore pubblico a fare grande ricorso ai contratti atipici, anche mediante l’utilizzo di cooperative. Nel comparto sanità sono ben 19mila i lavoratori con contratto diverso da quello a tempo indeterminato.

La grande varietà delle mansioni e dei settori in cui sono impiegati, tuttavia, non comporta per la maggior parte di essi una sostanziale differenziazione dello stipendio finale, che si aggira intorno ai mille euro al mese.
Sotto gli occhi di tutti, data l’alta estensione del fenomeno, sono inoltre i grandi centri commerciali, dove circa il 50% dei lavoratori ha forme contrattuali non a tempo indeterminato, e la scuola (8mila circa fra supplenti e ausiliari annuali, senza contare coloro che fanno supplenze più brevi).
Il tutto, mentre a Roma diventa ministro del Lavoro l’ex sindacalista Cesare Damiano, che di lavoro si occupava anche in seno alla segreteria nazionale Ds. Il neo-ministro ha subito dichiarato la volontà del governo Prodi di mettere profondamente mano alla riforma della legge Biagi, ma senza cancellarla integralmente. La sinistra Ds con a capo Fabio Mussi, suo collega di governo, oltre che ovviamente di partito, è impegnata da settimana nella raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare contro il lavoro precario e, quindi, palesemente contro la legge Biagi. Tuttavia, questa della legge di iniziativa popolare è una scelta difficile e parzialmente in controtendenza all’interno del centrosinistra – come dimostrano le prime dichiarazioni di Damiano – e alla quale manca il sostegno forte di un’organizzazione di partito o sindacale nel suo complesso.
Dalla Lombardia, insomma, giungono segnali importanti di un modello sull’orlo del tracollo. Quanto durerà ancora?

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