L’AQUILA — Il problema della precarietà nel lavoro è il tema più scottante e di stretta attualità, che si sta trasformando nel tempo in una vera e propria piaga sociale. Da anni, prima con la legge Treu e poi con la legge Biagi, la flessibilità ha creato qualche beneficio ma, di contro, ha reso ormai insopportabile e di grande impatto sociale il fenomeno della precarietà nel lavoro. E allora si scende in piazza, si cerca di sensibilizzare un po’ tutti per raccogliere firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare redatta dalla Sinistra Ds e da un vasto arco di personalità, associazioni ed organizzazioni giovanili e sindacali. Una campagna che si identifica in uno slogan estremamente incisivo e che porta ad una forte riflessione, vale a dire «Precariare stanca», quasi a voler fare da contraltare al luogo comune «lavorare stanca». Ma è stanchezza diversa, molto più sentita e accusata da chi ha un lavoro precario, da chi sa che per cominciare a lavorare deve passare attraverso queste forme di contratto che non danno alcuna certezza per il futuro, che spesso finiscono per accompagnare i giovani fino alla soglia dei 35/40 anni, dunque con risvolti particolarmente pesanti per i lavoratori e per la stessa società. All’Aquila è nato un comitato, promosso dagli studenti dell’Udu e dell’Uds, dalla Sinistra Ds, da quella giovanile, da Nidil-Cgil e da diverse individualità di spessore. «La proposta di legge, modificando alcuni articoli del codice civile — è stato detto in conferenza stampa dal Comitato "Precariare stanca" — va ad abrogare le norme più discriminatrici ed odiose della Legge 30, garantendo così ai lavoratori il riconoscimento di due soli ruoli: lavoratori economicamente dipendenti e lavoratori autonomi», oltre chiaramente alla richiesta di stabilizzazione dei lavoratori precari presenti nelle pubbliche amministrazioni, negli enti locali, nelle scuole, nelle Università e nei centri di ricerca. Qualche dato per meglio capire questa campagna di sensibilizzazione (le firme si raccolgono in Piazza Palazzo, presso il palazzo Sforza). Secondo i dati forniti dalla Cgil il numero di precari in Abruzzo è di 67 mila unità, la retribuzione annuale media di chi viene considerato un collaboratore è di 4.350 euro(contributo versato è di 844 euro); nella provincia dell’Aquila il compenso annuo medio scende a 2.732 euro (contributo versato di 546 euro). Nel 2004 solo il 10% dei Co.Co.Co si è trasformato in contratto di lavoro dipendente (a tempo determinato o indeterminato); il 28,3% dei contratti atipici hanno durata di un anno, il 56,5% di un anno, il restante di 2/3 anni. Conseguenza di questa precarietà è che il 90% dei giovani tra i 30 e i 34 anni, con lavoro precario, non hanno avuto figli e nel Sud circa il 52,6% vive ancora nella famiglia di origine. Dati questi che danno una dimensione estremamente preoccupante per l’intera società. Da qui si chiede la massima partecipazione a sostegno della proposta di legge nazionale. Del resto, non sfugge ai lettori, che uno dei punti base, non rinviabili, dell’Unione oggi al Governo, riguarda proprio il lavoro precario. E, dunque, se si fa sentire ancora e forte la volontà di eliminare la precarietà nel lavoro, quella legge troverà attenzione e tempi brevi per la soluzione di un problema non più rinviabile. «Precariare stanca» non è solo uno slogan, è soprattutto il risvolto di un quotidiano buio che i giovani e meno giovani da tempo stanno vivendo sulla loro pelle e su quella delle loro famiglie. F.G.
martedì 16 maggio 2006
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