Mentre i giornali confindustriali aziendali e industriali riempiono le loro pagine estive di inviti lavoristi, spalleggiati dagli articoli contro il reddito del Manifesto; mentre i sindacati confederali si stringono con i padroni, accerchiati dai precari, il papa (sì persino lui, il pastore tedesco rigido, dogmatico e conservatore che in gioventù faceva il nazista insiema a Gunther Grass) ha lanciato domenica un chiaro invito a non lavorare. O, almeno, a lavorare di meno.
Prendendo spunto da una lettera di San Bernando, Benedetto XVI ha ricordato che lavorare troppo conduce inesorabilmente alla "durezza del cuore" e ha consigliato di fare attenzione ai pericoli dell'"eccessiva attività" lavorativa.
Non solo: pare che il papa abbia (materialisticamente) parlato urbi et orbi, ma anche di se stesso. Per non indurirsi troppo ha ridotto i suoi impegni di etichetta. Piuttosto medita, legge, chiacchera. Resta da vedere se la "sinistra" - di solito così attenta agli sproloqui vaticani - saprà leggere questo invito papale come va letto: verso una riduzione del lavoro e una redistribuzione dei profitti.
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