24.8.06

Call Center , con il nuovo governo finisce il precariato a vita

Giovedì, 24 agosto 2006
Economia
A un anno dall´esposto del Collettivo Precari Atesia, l´Ispettorato del Lavoro risponde: il lavoro nel call center più grande d´Italia è lavoro subordinato. E come tale va regolarizzato: oltre tremila operatori del servizio telefonico con contratti "fantasiosi" dovrebbero essere assunti a tempo indeterminato mentre altri diecimila lavoratori – tra gli attuali e gli ex dipendenti – dovrebbero vedere regolarizzati i contributi previdenziali che hanno maturato dal 2001 ad oggi.

L´azienda si scaglia contro le decisioni dell´Ispettorato definendole «sconcertanti e contraddittorie», denuncia «l´inaccettabile e insostenibile turbamento del mercato» e minaccia la crisi che «obbligherebbe le aziende a fare a meno di 50/60 mila lavoratori». Come dire: sopravviviamo solo se sfruttiamo. E sì, che da tempo Atesia pubblicizza utili da capogiro (53 milioni di euro solo nel 2004), vanta 300 mila contatti ogni giorno e assapora l´idea di quotarsi in borsa.

Già nel 1998, un´altra ispezione aveva denunciato l´irregolarità delle forme contrattuali del call center di Cinecittà. Ma un accordo tra azienda e sindacati aveva fatto rientrare negli argini la situazione. Ora, il rischio è che i risultati dell´ispezione cadano di nuovo nel nulla, anche se la Nidil, organizzazione dei lavoratori atipici della Cgil, ha già accolto con favore questo «passo ulteriore verso la cancellazione delle illegittimità nell'utilizzo dei contratti di collaborazione».

L´esposto, ai precari di Atesia è già costato caro, considerato che in questi anni di lotta, cinque persone sono state licenziate e ad altre 400 non è stato rinnovato il contratto. Guarda caso, la stragrande maggioranza dei mancati rinnovi ha colpito esponenti o simpatizzanti del collettivo.

Ora, con la fine di settembre, si avvicina una nuova scadenza contrattuale, che ha già fatto incrociare le braccia ai lavoratori, delusi dalle ipotesi che l´azienda ha in cantiere: contratti di inserimento – che per antonomasia dovrebbero riguardare nuovi assunti e non dipendenti già impiegati – contratti di apprendistato – che suonano vagamente ridicoli a chi magari lavora in Atesia già da qualche anno – e infine altri co.co.pro.

Il tutto condito da una liberatoria che ogni «collaboratore» è costretto a firmare ad ogni rinnovo di contratto in cui dichiara di non aver svolto in passato nessun lavoro subordinato in Atesia ma esclusivamente attività autonome.

Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Cesare Damiano per ora ha evitato di intervenire direttamente sul caso Atesia, riservandosi di leggere i risultati dell´ispezione. Ma si dice già certo che la situazione lavorativa di questi immensi centralini non può restare così com´è.

«A partire dal 15 settembre cominceremo con le ispezioni di accompagnamento - ha detto il ministro – per spiegare alle imprese quali sono i nostri intendimenti: tutto ciò che è lavoro subordinato va classificato in questo modo, quindi, tutto quello che è lavoro a progetto e ricade nella normativa del lavoro subordinato dovrà essere trasformato in lavoro subordinato».

D´altro canto, già la circolare ministeriale del 14 giugno scorso andava in questa direzione, distinguendo il lavoro nei call center tra chi presta un servizio per grandi aziende – e dunque svolge a tutti gli effetti un lavoro subordinato, con un committente, una postazione di lavoro, dei capi – e chi fa attività di promozione e sondaggi, dunque, in senso lato, segue un "progetto".

Ed è proprio a questa distinzione che fa appello Atesia per trovare un vizio nei documenti che la condannano all´assunzione dei suoi dipendenti e che, dicono, renderà «impossibile competere sul mercato e proseguire nel cammino virtuoso che abbiamo intrapreso».

Un cammino iniziato nel 1989 e che ha portato il gruppo Cos – di cui Atesia fa parte – a diventare un´azienda leader nel settore, fino a rappresentare il mercato italiano nelle classifiche internazionali nella gestione dei servizi di contact centre e nella realizzazione di indagini di mercato.

In altre parole, è il regno dell´outsourcing, ovvero di quel sistema per cui grandi aziende come Tim, Alitalia, Sky, Pirelli – per citarne solo alcune – appaltano servizi per i clienti e ricerche di mercato a società esterne.

Un giro d´affari milionario, che per i lavoratori però finora si è tradotto in una rincorsa forsennata al «contatto utile», l´unità di misura – dai 20 ai 90 centesimi – che separa ogni centralinista dalla fine del mese.

Paola Zanca
da www.unita.it

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