23.8.06

Diritto al reddito, le Marche ci provano

Nelle Marche è in corso una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che prevede l’introduzione di un Reddito Sociale di 500 euro mensili e l'erogazione di servizi gratuiti (sanità, trasporti, cinema, teatro) per disoccupati e precari

La tutela del reddito ha un ruolo centrale e può essere perseguita attraverso tre strumenti: Sussidio di Disoccupazione (SD), Reddito Minimo Garantito (RMG), Reddito di Cittadinanza (RdC). Il SD, riguardando solo i disoccupati, non risolve il problema dei working poors, cioè di coloro che pur lavorando non escono dalla povertà. Il RMG assicura un dato livello di reddito: se i miei introiti sono inferiori a tale somma, lo stato li integra. Il limite consiste negli effetti disincentivanti perchè, fino al raggiungimento della soglia, il reddito non dipende da quanto si lavora. Inoltre comporta alti costi per individuare i destinatari e rischia di favorire gli evasori. Il RdC è erogato a tutti indipendentemente dalle condizioni lavorative o salariali e garantisce la libertà di non lavorare senza essere disincentivante: viene percepito comunque e il profilo reddituale è crescente rispetto a quanto si lavora.

La rivendicazione del RdC si basa su due tipologie di supporto teorico, da considerarsi complementari. La prima fa riferimento alle mutate condizioni di produzione del valore e evidenzia che “quando il tempo di vita viene messo a lavoro sfuma la differenza tra reddito e salario”. Tutti produciamo ricchezza sociale attraverso la nostra vita (relazioni, azioni, creatività) e il RdC rappresenterebbe la quota che spetta ad ogni individuo. Ne consegue un'implicazione perversa: la remunerazione dovrebbe essere differenziata tra gli individui, perchè non tutti abbiamo la stessa produttività sociale. Occorre quindi integrare con la seconda giustificazione del RdC: il diritto naturale al reddito. Ogni essere umano ha diritto di vivere, e nella nostra società questo significa diritto al reddito. Non si tratta di una remunerazione, non è la rivendicazione di una quota di ricchezza che si produce, ma è l'affermazione di un diritto che con le regole del capitalismo non ha niente a che fare. Il RdC è lo strumento efficiente per la generica lotta alla precarietà (non disincentivante, bassi costi di gestione), e il più appropriato politicamente in quanto introduce un elemento anticapitalistico. Si teme che il RdC possa accentuare la separazione tra lavoratori a tempo indeterminato e precari o spingere all'inattività, favorendo la frammentazione sociale, l'offensiva verso le garanzie conquistate, e finendo per essere uno strumento al servizio dei padroni.

Si suppone, quindi, che la coesione sociale e la voglia di ribellione vadano stimolati con interventi dall'alto e non che debbano essere costruiti dal basso. Al contrario, proprio il riconoscimento del diritto al reddito può assicurare quel potere decisionale sulla propria vita che in tal senso è fondamentale. Si sostiene che il RdC minerebbe il potere contrattuale dei lavoratori e ridurrebbe i salari. I padroni sostengono la tesi opposta: l'aumento del potere contrattuale farebbe salire i salari. Strano, ma hanno ragione i padroni. I dati OCSE mostrano una relazione negativa tra lavoro nero e spesa a tutela del disoccupato, che farebbe aumentare il potere contrattuale diminuendo la disponibilità della gente ad accettare impieghi irregolari. Il diritto al reddito non è la soluzione a tutto, ma è la base per la riappropriazione di spazi e tempi di vita. Esso non esclude la necessità, ad esempio, di agire sul mercato del lavoro (flexsecurity), sugli incentivi alla cooperazione, sulla gestione pubblica delle risorse energetiche. Ma in questo campo si possono individuare proposte che diano un senso concreto alla lotta contro la precarietà. Nelle Marche è in corso una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che prevede l’introduzione di un Reddito Sociale di 500 euro mensili e l'erogazione di servizi gratuiti (sanità, trasporti, cinema, teatro) per disoccupati e precari. Si tratta di un istituto che ricade nell'ambito del RMG. Ciò è dovuto all'esigenza di includere una norma finanziaria che consentisse di reperire nel bilancio regionale le risorse necessarie. Mentre a livello nazionale un RdC sarebbe finanziabile con una riforma complessiva, a livello regionale esistono meno margini di manovra ed è stato possibile ipotizzare solo un finanziamento per un RMG. Il principio ispiratore fa però riferimento al RdC, visto che l'art. 2 afferma che “La Regione Marche istituisce e garantisce su tutto il territorio regionale il diritto al reddito sociale”. Viene formalmente riconosciuta la separazione tra reddito e lavoro, si creano le basi per rivendicazioni future, e in presenza di altre iniziative simili anche il governo sarebbe sollecitato ad affrontare la questione.

Enzo Valentini
Dipartimento di Economia - Università Politecnica delle Marche

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