23/04/2007
Mancano i fondi, l’università è in crisi, e gli allarmi arrivano da tutte le parti: CRUI, CNR, Movimenti Studenteschi, docenti universitari. Cronaca di una emergenza che toccherà tutti.
Il crollo del sistema?
E’ ufficiale, la crisi universitaria tanto spesso annunciata e temuta è arrivata. Con tutto il peso massimo che può avere una crisi in un settore strategico per il paese come quello della ricerca e degli studi.
Cos’è accaduto esattamente? A lanciare l’allarme è la C.R.U.I., conferenza dei rettori delle università italiane, che in una nota ufficiale fa presente che mancano 1.5 miliardi di euro, per il sistema italiano che si trova cosi ad essere stritolato. Per capire quanto stritolato, basti pensare che servono a pagare gli aumenti normali degli stipendi. E dato che tali aumenti sono obbligatori per legge, gli atenei dovranno onorare i propri impegni, tagliando i fondi per ricerca e nuove assunzioni. Ovviamente pagheranno i giovani in prima persona, dato che delle diverse decine di migliaia di precari che concorrono per un posto di ricercatore, ne potranno essere assunti appena 500.
Questo però è un onere sociale che il paese pagherà anche in futuro: niente ricerca vuol dire niente avanzamento scientifico, niente volano produttivo, e alla fine una perdita secca per il sistema economico nazionale. Insomma alla fine pagheremo tutti, con un paese che perderà sempre più terreno anche nei confronti delle altre nazioni.
All’allarme della CRUI, si è unito subito il CNR, che per bocca del suo presidente Fabio Pistella ha dichiarato che “La riduzione progressiva degli ultimi anni della quota di finanziamento proveniente dallo Stato, ha raggiunto un livello non ulteriormente sostenibile. Soltanto grazie alla capacità dell’Ente di reperire consistenti risorse dall’esterno con accordi di partnership sottoscritti con soggetti esterni (Istituzioni, Regioni, operatori industriali, Consorzi Interuniversitari) è stato possibile continuare a sviluppare importanti filoni della ricerca scientifica”.
Basta un dato per capire: generalmente per ogni euro speso in ricerca istituti come il CNR (consiglio nazionale delle ricerche) ne riescono a produrre 1,8 attirando capitali industriali e investitori esterni. Come dire: se qualcosa funziona (un euro dato in ricerca), e produce (1,8 euro prodotti), meglio smettere di farla.
Commenti – Allarmati e preoccupati i commenti degli studenti di destra e sinistra. Andrea Volpi, componente dell’Esecutivo Nazionale di Azione Universitaria e candidato al prossimo Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari dichiarata che "Come conferma anche la CRUI i giovani e gli studenti stanno pagando i danni causati dai tagli che il Governo ha effettuato al sistema universitario italiano: è tangibile la diminuzione della qualità dei servizi ed è evidente lo scadimento del valore della didattica, anche per l'eccessivo numero di contratti a tempo dei docenti ed il crescente precariato tra i ricercatori. Quest'ultimo è una conseguenza ovvia dell'impossibilità di assumere per mancanza di soldi". E prosegue “Ha sbagliato il Governo Prodi con un decreto taglia-spese che sta andando tutto a danno degli studenti, visto che vengono chiuse prima le biblioteche, i laboratori e le aule. Poi ci sono i tagli di tanti altri servizi essenziali. Ma hanno sbagliato anche gli Atenei perché, se è vero che mancano 1,5 miliardi di euro per pagare gli aumenti stipendiali dei docenti e del personale tecnico-amministrativo, questo è accaduto per gli eccessi di regalie e di nepotismo del passato. È un fenomeno che doveva essere arginato prima e che noi denunciamo da anni. Troppe assunzioni di amici degli amici, tanto poi pagano i contribuenti con le loro tasse”.
Non mancano, e non sono meno teneri i commenti dell’UDU, che dichiara “Già eravamo molto delusi dalla finanziaria 2007, priva di qualsiasi incremento e investimento su diritto allo studio, borse, e servizi essenziali agli studenti. E’ palese come detto dalla CRUI, che l’università è al collasso, e che il paese e gli studenti ne pagheranno le conseguenze. Abbiamo chiesto da subito l’esclusione degli atenei dal decreto taglia spese di Bersani, speriamo almeno nella trimestrale di cassa.”
Avevamo promesso, dopo gli interventi di Prodi dal Giappone, di seguire la politica del governo sulle università. Il primo ministro non ha ancora commentato, mentre nulla trapela dal Ministero, nonostante ripetute sollecitazioni anche da parte nostra per un intervista.
Come sempre, il dubbio, molto forte, è che a pagare saremo noi e il paese.
Roberto Chibbaro
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