3.7.06

Cancellare la 30. Serve una svolta (il Manifesto)

Si scaldano i motori per la grande assemblea «Stop precarietà ora» dell'8 luglio a Roma. Ce ne hanno già parlato Carlo Podda e Gianni Rinaldini, leader della Fp Cgil e della Fiom. Oggi tocca a Enrico Panini, segretario generale della Flc Cgil, la federazione dei lavoratori della conoscenza: la scuola, l'università, la ricerca, disastrati da 5 anni di governo Berlusconi-Moratti, ma già provati (in quanto a tagli e precarizzazioni) dal precedente esecutivo di centrosinistra. «Serve discontinuità, il nuovo governo deve dare segnali chiari - esordisce Panini - Non è possibile che tornino a dare i lavoratori, i pensionati, i giovani. Ora tocca a chi si è arricchito in questi anni, mentre l'Italia deve recuperare con urgenza il terreno perso nel settore della conoscenza, dando prospettive di sicurezza ai tantissimi precari che lavorano senza diritti e retribuzioni adeguate. E non ci si parli di moratorie, perché altrimenti in autunno lo sciopero generale sarà inevitabile».
Di quanti precari parliamo?
In questi ultimi anni è esploso un vero e proprio far west della precarietà, che ha significato un calo di diritti per i lavoratori, ma anche un'aggressione brutale a uno dei servizi essenziali: quello all'istruzione. Si parla, per difetto, di circa 300 mila persone. Il 20% del personale della scuola, il 50% delle università, fino all'80% negli enti di ricerca - eclatante il caso Cnr - il 70% nella formazione professionale. L'età media dei neoassunti in ruolo nelle scuole è di 39 anni, 5 anni più alta rispetto al 2001, ma addirittura 14 anni più alta rispetto agli anni Ottanta. Gli assegnisti di ricerca hanno un'età che varia tra i 32 e i 40 anni. Tantissime le tipologie contrattuali: esternalizzati, cococò, a progetto, borse o assegni di ricerca, consulenze, contratti di insegnamento, dottorati, lavoro volontario, per citarne alcune. Io ritengo che questo «boom» non sia stato casuale negli anni di Berlusconi e Moratti, ma che anzi sia stato voluto per indebolire il carattere pubblico della conoscenza e dare spazio al privato. Una logica che ha sottratto il futuro alle nuove generazioni, colpendole nella gestione del tempo: normalmente un progetto di ricerca dura tre, cinque o dieci anni. Ma come fai a programmarlo serenamente con un contratto di sei mesi? Idem per la relazione tra gli studenti e gli insegnanti: la maestra di mio figlio inizia a settembre e finisce a giugno, l'anno dopo rischio di trovarne un'altra.
Dunque cosa chiedete al governo?
Dobbiamo partire assumendo subito 150 mila insegnanti e Ata nelle scuole, e 30 mila nelle università; i costi per lo Stato non lieviterebbero, anzi in alcuni casi scenderebbero. Il sistema è pronto ad assorbirli: innanzitutto perché nei prossimi 10 anni andranno in pensione 400 mila insegnanti, ed entro il 2010 il 30% dei docenti universitari. Per il momento, però, non c'è alcun piano di turn over. Il ministro dell'istruzione Fioroni ha appena assunto 23.500 precari nella scuola: bene, erano l'ultimo stock annunciato dal suo predecessore Letizia Moratti a ridosso delle elezioni. A questo punto, però, il nuovo governo programmi le sue assunzioni. Quando la Conferenza dei rettori mi dice che nell'anno accademico 2002-2003 erano registrati ben 40 mila docenti a contratto titolari di insegnamenti ufficiali o di attività integrative, di cosa stiamo parlando? Sono tutti posti di lavoro necessari, occupati da personale precario. Sia Fioroni che il ministro dell'università Mussi hanno dato disponibilità, ma non dipende solo da loro: è l'intero governo che deve stanziare i fondi. Oltretutto Moratti aveva tagliato nelle ultime finanziarie, sono già saltati centinaia di insegnanti per i bambini disabili: in alcuni casi siamo dunque sotto organico. Diciamo no, inoltre, alla moratoria sui contratti: se non verranno rinnovati lo sciopero generale del settore pubblico in autunno sarà inevitabile.
Proponete l'abrogazione della legge 30, ma l'Unione non pare affatto in linea.
Io credo che non abrogare la legge 30 sarebbe un errore, così come con la riforma Moratti e la Bossi-Fini. Perché sono tutte leggi che hanno precarizzato il mondo del lavoro e dei servizi al cittadino. Chiediamo una «discontinuità»: cancellare queste leggi inique e riscriverne nuove, che mettano al centro i diritti. Cancellare tutte le forme ambigue di lavoro come i cococò, i cocoprò, e tutti quei contratti che non sono altro che tempi determinati mascherati. Bisogna tornare a due sole forme di lavoro: il tempo indeterminato e il tempo determinato, e anzi io aggiungo che subito, dai prossimi contratti, tutte le tipologie precarie devono essere rinnovate unicamente nella fattispecie di tempi determinati, riconoscendo così retribuzioni piene e diritti completi. Queste cose le diciamo da tempo nella campagna attivata dalla Flc, «Mai più precari»: sono temi che devono essere affrontati sia sul piano economico, stanziando le risorse, che su quello contrattuale, attraverso l'azione e la democrazia sindacale; parte dei nostri delegati sono infatti eletti tra i lavoratori precari. Ed è necessaria, infine, l'azione politica e legislativa: bisogna chiudere questa fase neoliberista di approccio al sapere e al lavoro, e aprire una nuova fase con la scrittura di nuove leggi.
In questo senso chiedete «discontinuità» al governo dell'Unione.
Sì, e l'8 luglio non a caso ci muoviamo insieme alle associazioni, con i movimenti e personalità della politica, perché l'approccio alla precarietà non può essere solo sindacale. Se recepiranno le nostre richieste, non potremo che dire: bene, il governo fa politiche apprezzabili. Altrimenti dobbiamo mobilitarci: perché la precarietà non va in ferie, e ricordiamo che in luglio si scrive il Dpef. Per l'autunno abbiamo previsto una manifestazione. Vogliamo risposte a questi problemi già con il Dpef e la finanziaria, l'attenzione ai lavoratori e ai pensionati, la necessità di redistribuire la ricchezza con un fisco diverso. Io parlo di una «discriminazione positiva»: questa volta devono pagare quelli che si sono arricchiti fino ad oggi. I dipendenti, i giovani, i pensionati, hanno già dato ampiamente.

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