21.9.06

Stop alle assunzioni nel settore pubblico

Il governo vuole bloccare il turn over per un anno. L’Ue sblocca i nuovi sgravi al Mezzogiorno
21/9/2006
di Alessandro Barbera

ROMA. Conferma del blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione per il 2007, turn over di un ingresso ogni quattro per gli anni dal 2008 in poi. Nella maggioranza garantiscono uno stop «rafforzato» rispetto a quello voluto dalle Finanziarie Tremonti, anche se resteranno esclusi gli stessi due grandi settori degli ultimi anni: sicurezza e scuola. Le manovre precedenti «sono state interventi rudi, quasi brutali che hanno falciato soltanto le spese in conto capitale», spiegava ieri il ministro dell’Economia ai deputati dell’Ulivo. Mentre non intervenivano sulla parte «dura» della spesa «laddove è più difficile intervenire». Per questo alcune delle riforme in cantiere produrranno effetti su più anni: «Sappiamo che nel breve periodo ci può essere un risultato parziale».

All’incontro alla Camera, fissato per le otto di sera, Padoa-Schioppa non ha portato con sé alcun numero: «Con voi gioco una partita a tennis senza pallina», ha detto sorridendo ai deputati più preoccupati.

Il ministro dell’Economia fa dunque sapere di voler incidere nella carne della spesa finora lasciata intatta. Come nel caso degli enti inutili: il taglio di una settantina di loro, si legge in un documento della Ragioneria, dovrebbe far risparmiare fino a un miliardo e mezzo di euro in un solo anno. Ma, come dimostra il caso del blocco delle assunzioni, per raggiungere i trenta miliardi ai quali punta il Tesoro ci vuole altro. Per di più nel frattempo è arrivata la tegola della sentenza della Corte di Giustizia Ue sui rimborsi Iva per le auto aziendali. Un fardello di arretrati (il governo dice tre miliardi all’anno, dodici di arretrati) ora da restituire e del quale, a detta del sottosegretario Alfiero Grandi, «potrebbe farsi carico in parte questa Finanziaria». Ecco perché nella maggioranza prende piede l’idea che una parte del gettito necessario alla manovra possa arrivare dalla cancellazione del secondo modulo di riforma Irpef voluto dal centro-destra. Un’idea nata in casa Diesse e graditissima ai sindacati confederali. Cgil, Cisl e Uil oggi saranno nuovamente a Palazzo Chigi per parlare di Mezzogiorno. E al tavolo della trattativa torna la fiscalità di vantaggio: «Stiamo pensando ad alcune forme di incentivazione per il Sud», ha rivelato ieri il viceministro Vincenzo Visco. In pole position ci sono due interventi: una redistribuzione fiscale dei vantaggi del cuneo fiscale e la sperimentazione di zone franche urbane sul modello francese.

Il ministro della Funzione Pubblica Luigi Nicolais, ieri a Bruxelles, ha garantito che il blocco sarà limitato «solo al 2007». Ma ha promesso anche «un capitolo pluriennale» di bilancio per l’assunzione dei dipendenti precari. Il piano di razionalizzazione della macchina statale è complesso e pianificato su più anni. Si va dall’abolizione di una settantina di enti inutili alla riorganizzazione degli uffici periferici del Tesoro e delle Province. Il sottosegretario al Tesoro con delega al Personale Paolo Cento garantisce che tutto avverrà con il consenso dei sindacati. «Niente interventi bruschi, ogni modifica avverrà nello spirito della concertazione».

«Lo schema a cui si sta lavorando per la riforma fiscale prevede l’abbattimento della tassazione sui redditi medio alti», diceva ieri il ministro della Solidarietà Paolo Ferrero. I risparmi (fra i cinque e i sei miliardi di euro) potrebbero essere utilizzati per finanziare l'abbattimento della prima aliquota Irpef dal 23 al 20%.

Una recente sentenza della Corte di Giustizia - in questo caso favorevole all’Italia - ha riaperto lo spiraglio all’uso di sgravi fiscali per il Mezzogiorno. L’ipotesi alla quale il governo sta lavorando è quella di garantire alle aziende di quell’area una parte del taglio di tre dei cinque punti di cuneo fiscale: il 30% dei 5,4 miliardi di minori oneri complessivamente per le imprese. Applicando il taglio senza correttivi il vantaggio sarebbe infatti dell'82% per il centro-nord, del 18% il sud. La redistribuzione sarebbe ottenuta con misure mirate, ad esempio detrazioni fiscali o previdenziali per le aziende con lavoratori a tempo indeterminato. Inoltre «si possono fare e si faranno le zone franche urbane», ha fatto sapere Visco. Un esperimento già fatto in Francia per attirare imprese nelle zone più degradate.

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