3.9.06

Quella vita da precari, che fatica


Con gli scrittori Bajani, Murgia e Desiati dibattito sul "non lavoro"


di GABRIELE DADATI
A volte, quando si è letto un bel libro o anche semplicemente un libro passabile, si teme l'incontro con l'autore: infatti temiamo che non potrebbe fare altro che deluderci essendo lui tremendamente meno interessante e impeccabile della sua opera.
Altre volte però capita che si incontra l'autore dietro il libro e si scopre che non solo ha scritto delle cose che hanno a che fare con noi, ci interessano, ma ne avrebbe anche molte altre e che non smetteremmo, se non dopo molto tempo, di ascoltarlo.
È il caso dei tre scrittori che ieri pomeriggio hanno intessuto il loro dialogo sul palco di Piazza Duomo: Andrea Bajani, Mario Desiati e Michela Murgia, coordinati con efficacia da Marco Bosonetto.
Il tema dei loro ultimi libri è, più o meno, quello del lavoro per i giovani oggi in Italia, vale a dire il non lavoro: il precariato.
Si è così snodato un percorso che va dalle due opere di Bajani sull'argomento, Cordiali saluti (Einaudi, 2005) che racconta la vita di uno «scrittore di lettere di licenziamento», e Mi spezzo, ma non m'impiego (Einaudi, 2006) che è un reportage satirico che dà voce a tanti precari, al libro d'esordio di Michela Murgia, Il mondo deve sapere (Isbn, 2006) che racconta "da dentro" la vita dei call-center, fino ad arrivare a Michele Desiati e al suo Vita precaria e amore eterno (Mondadori, 2006), che mostra nel protagonista Martino Bux come se il lavoro non è un valore garantito, lo deve essere almeno la forza della passione se si vuole in qualche modo sopravvivere.
Insieme a un Marco Bosonetto puntuale sui testi ma insieme capace di aprire a tematiche di ordine più generale, è stato bello ascoltare il dialogo che si è protratto per un'ora e mezza.
Ci si è resi conto così che, ad esempio, «è impossibile avere oggi dati sull'occupazione in Italia, perché ognuno dice i suoi e tutti hanno ragione» (così Bajani), che «il precariato può anche essere una scelta, ma non un'imposizione che priva dei diritti, perché si è lavoratori della stessa qualità per un giorno come per un mese o tutta la vita» (Murgia) e infine che «è la perdita della cultura umanistica e il dilagare di una sottocultura che vale solo a metà la cifra di questo Paese corrotto nel quale ci troviamo a vivere» (Desiati).
E il dialogo dei tre, che hanno saputo raccontare con il sorriso le loro esperienze e le difficoltà che sono poi proprie di tanti altri, non ha lasciato indifferente il pubblico, tanto che al termine ci sono stati diversi interventi. Forse vale la pena di ricordare in particolare uno di questi. Una signora infatti ha posto l'accento sul fatto che è opportuno che si senta una solidarietà tra le generazioni, perché forse proprio nel dialogo, nella condivisione delle esperienze sta il superamento di una congiuntura in cui sempre di più i figli non sono un ponte verso il futuro ma delle persone il cui quotidiano è un'incognita che pesa sulle spalle dei genitori.
Proprio su questo, passione e condivisione, si è chiuso l'incontro, con l'emozione di Michela Murgia che ha a sua volta fatto proprio l'appello.

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